Contributi nella categoria 'Vita della gente'

Stamattina abbiamo avuto la Messa d’inizio d’anno scolastico del liceo.

Rispetto a quelle della primaria è stata molto più ordinata, e tutto sommato la percentuale delle comunioni è stata molto più alta.

Ma continua a farmi tristezza, e al tempo stesso a mettermi voglia di lavorare, il vedere tanti, soprattutto maschi, che realmente non sembrano a casa loro in chiesa. Sembra proprio che alla messa non ci vadano mai: sguardi indifferenti, assenza di risposte alle acclamazioni liturgiche, non cantano.

Quello che fanno tutti è battere le mani. Viene spontaneo a un dominicano non appena sente una musica o una canzone ritmica. Ma da lì al lasciarsi coinvolgere nell’avventura della fede ce n’è del cammino da fare.

Alla fine mi sono “divertito” a dare un abbraccio a tutti. Di vari, di troppo pochi, sapevo il nome, e ho cercato di pronunciarlo, come per mandare loro il messaggio: mi ricordo di te. Della maggioranza, spero di impararlo presto il nome!

9:50 pm

Sbobinando (21)

Lunedì 25, ore 8.30.

Nella vecchissima Mitsubishi rossa con i sedili sfondati e il parabrezza con un buco dal quale si dipartono crepe identiche ai raggi del sole, Tito e io sprofondiamo più che altro sorpresi: questa ci mancava, ma è giusto provarla.

Diciamo la verità: a Genova, su una macchina così, non saremmo mai saliti. Non so se più per paura o più per vergogna. Il fatto è che da noi una macchina così potrebbe stare solo da un demolitore, qui sta onorevolmente nella media, fra le auto decenti dei benestanti e le carcasse arrugginite dei loro dirimpettai.

El chofer de confianza l’autista di fiducia trovato da don Paolo, guida con sicurezza in direzione di Juan Dolio, il posto che abbiamo chiesto di vedere e dove alla fine s’è deciso di fare un bagno, perché non si può tornare dai Caraibi senza aver assaggiato il mare e la spiaggia da cartolina.

La nostra guida è sempre Francesco. Sul pick up della missione c’è don Lorenzo: porta i ragazzi, per un giorno è gita anche per loro; Benedetta e Milena vogliono farsi fare le treccine.

Scopriremo che le ragazze haitiane fanno treccine in cambio di 20 dollari. Alla sesta cliente hanno guadagnato quanto in un mese il guardiano notturno conosciuto in cañada, quello che rischia la vita per difendere la stazione di servizio dall’assalto dei tiguere.

Un’altra conferma che le attività turistiche e assimilate viaggiano per conto loro.

Ci guardiamo intorno: gruppi di spazzine puliscono la strada (“Siamo in campagna elettorale”, ci spiega el chofer), il traffico è disordinato ma veloce, a ogni semaforo una dozzina fra ragazzi e adulti, uomini e donne, offrono qualunque cosa, dalla pulizia del vetro alle barrette di cioccolata, dalle bottigliette d’acqua ai sigari, dalle caramelle ai giornali.

Semaforo verde, siamo in seconda o terza fila; l’auto davanti a noi si sposta giusto in tempo per consentire al nostro autista di fare altrettanto, così evitiamo di travolgere la cosa che fa da spartitraffico.

La cosa è una persona. Un ragazzo di colore, avrà al massimo 25 anni.

Cammina sulle mani, aiutandosi con il moncherino della gamba sinistra, che spunta dai jeans tagliati corti. È amputata un po’ sopra il ginocchio. La gamba destra è più corta, dev’essergli stata amputata a metà coscia, forse anche più su.

Muovendosi con fatica, a ogni scatto di semaforo non fa in tempo a mettersi al sicuro, così rimane al centro della strada.

Chissà se si è abituato alle macchine che gli sfrecciano vicino alle orecchie, o se invece gli fanno ancora paura.

Stasera al gruppo Ciempiés Rosanna e Kika hanno presentato una piccola conferenza sulla sessualità e le carezze intime.

Notevole l’interesse da parte dei giovani (che in realtà sono in maggioranza adolescenti).

Speriamo e preghiamo perché possano e riescano a mettere in pratica quello che hanno imparato. Con la erotizzazione spinta della vita di barrio non sarà facile! Di fatto tra ragazzi e tra ragazze si parla prevalentemente e quasi a senso unico di quello che uno ha fatto con il fidanzato o fidanzata. E poi, dopo il “matrimonio”, soprattutto gli uomini parlano continuamente di tutto quello che hanno fatto o che si inventano che hanno fatto con la moglie e le altre donne.

Robert è un giovane padre. È cresciuto praticamente in casa di Marcial, che lo considera quasi come un figlio. Nel tempo libero dal lavoro fa l’elettricista per arrotondare il magro stipendio.

Una settimana fa andava con il motorino a far benzina, verso le dieci di sera. Già vicino al distributore, il motorino gli si è fermato, ed ha dovuto continuare spingendolo a braccia.

Dall’altra parte della strada gli sono arrivati tre ragazzi, i quali l’hanno visto in difficoltà e si sono avvicinati. In pochi istanti tre pistole minacciavano Robert. L’hanno portato un po’ più in là, gli hanno fatto tirar fuori tutto quello che aveva, e l’hanno lasciato steso in terra, grazie a Dio senza fargli niente. È rimasto in un istante senza motorino e senza i ferri da elettricista.

Per fare la denuncia non è stato facile: doveva consegnare i documenti del motorino. Purtroppo erano anch’essi tra quello che gli avevano rubato.

Così Robert ha cercato dei ragazzi che vivono vicino al luogo del misfatto, ragazzi conosciuti da lui perché erano insieme a scuola. Gli ha promesso duemila pesos (circa ottanta euro) se gli avessero dato informazioni sul suo motorino.

Due giorni dopo Robert sapeva dov’era il motorino. Così è andato dalla polizia, e per altri mille pesos glielo sono andato a “prendere”. Così adesso può muoversi di nuovo con facilità, cosa vitale per il suo lavoro.

Certo che a me rimane una domanda: chi erano i veri ladri? quelli che gli hanno portato via il motorino? quelli che sanno dove altri ladri nascondono quello che rubano (devono essere del mestiere anche loro)? i poliziotti?

9:41 pm

Sbobinando (20)

Dalla cañada alla parrocchia di Santiago el Menor, purtroppo chiusa (causa orario) e allora di nuovo alla cañada, ma da un altro lato e con un percorso che ci offre uno spaccato diverso della realtà dominicana.

Un movimento oltre una grata attira la mia curiosità. Mi avvicino e scopro un panificio semi-industriale: una fila di carrelli alti due metri e pieni di lame a loro volta piene di panini, uguali a quelli che si vendono dappertutto. Saranno migliaia.

Guardo meglio nel buio e vedo un certo numero di bambini, non distinguo che cosa facciano. Uno di loro si affaccia, domando il permesso di fare qualche ripresa, lui va a chiedere a qualcuno. Sento una voce d’adulto che dice di no.

Proseguendo precipitiamo in una scena da film anni ’50.

Frammento di paese, la strada che si apre in due, divisa da un muro largo tre metri; al centro del muro un ragazzino con la mazza tipo baseball aggredisce qualcosa che somiglia a una palla, la colpisce e parte come un proiettile per conquistare la base. Uragano d’entusiasmo.

Un secondo ragazzo, più grande d’età e di statura, si accorge della telecamere e chiede di essere ripreso. Tito fa cenno di sì, lui però non riesce a prendere una palla buona. Poi finalmente l’azzecca e fa quel che deve, ma scatta solo dopo essersi accertato che Tito l’abbia visto.
Altro uragano d’entusiasmo.

Improvvisamente ricordo che nelle pagine sportive del quotidiano che ho visto in missione, prima di pranzo, non avevo trovato una sola riga dedicata al calcio; io stesso ho visto solo baseball, pallavolo e basket. Niente calcio, neanche per sbaglio.

Per ogni cosa c’è sempre una prima volta; questa non mi è dispiaciuta.

1:31 pm

Sbobinando (19)

Tentativo d’intervista.

Dico tentativo perché si vede a occhio quando non c’è speranza: la ragazza dallo sguardo perduto sta proprio pensando ad altro.

Le chiedo della bambina. “Ha quindici giorni, si chiama Liliam”, risponde senza cambiare espressione.

La bimba è un angioletto infilato in una tutina rosa, la testina è protetta da una cuffietta bianca con disegnini di frutta.

La donna anziana ci spiega che la ragazza è preoccupata da un gravissimo problema: la bambina più grande (quella seduta accanto alla mamma), da un mese ha smesso di camminare.

Che cosa è successo? “È caduta dalla sedia e ha battuto la schiena”.

All’ospedale che cos’hanno detto? “Non ce l’hanno portata: la famiglia non ha i soldi”.

Come, la famiglia non ha i soldi: ne servivano così tanti? “No, ma la famiglia è così povera che non ha potuto nemmeno far visitare la bambina”.

Così la piccola rimane lì, senza nessuna cura. Magari bastava poco.

Prova a guardarla Orietta, che è infermiera e come minimo sa come toccarla. Ma che può fare?

Ci chiamano dalla baracca di fronte.

Da una porta di lamiera sbucano una ragazza e una bambina, in un attimo arriva un giovane con la voglia di farsi intervistare: è il terzo (o il primo) membro della famiglia, fa il guardiano di notte a un distributore di benzina.

“È un lavoro pericoloso – mi dice –soprattutto perché è proprio di notte che i tíguere fanno le loro scorribande nel barrio. Sparano, ammazzano anche”.

Hai paura?, gli chiedo. Sorride: “Non posso avere paura: è un lavoretto, ma è l’unica cosa che sia riuscito a trovare”.

Ti pagano bene? “Quattromila pesos al mese”. Centoventi, centotrenta euro, se ho contato bene.

E così adesso sappiamo il valore di una vita nella bella Repubblica Dominicana.

2:58 pm

Sbobinando (18)

Siamo ancora nella cañada.

Dice Francesco: “Peccato non ci sia don Lorenzo, lui questa zona la conosce benissimo”. Carmen e Orietta si guardano intorno sconcertate.

Penso a Milena, Eugenia, Benedetta, Fiammetta e Simone che sono rimasti coi loro coetanei della parrocchia di Amparo, per la sfida a pallavolo: questa sì che sarebbe stata un’esperienza da riportare a Genova, per raccontarla ai loro amici di Castelletto e Bolzaneto.

Penso ai giovani e giovanissimi immigrati che periodicamente vengono scoperti fra i resti della Mira Lanza di Teglia o fra le macerie di qualche altro rudere dell’archeologia industriale genovese.

Giriamo fra casette rivestite di lamiere cascanti, pezzi di legno come pareti, alberi di cocco che spuntano ovunque e almeno danno un poco di ristoro.

Davanti a una baracca c’è un quadretto dominicano che stringe il cuore: su una sedia bianca di plastica è seduta una bambina di un anno, porta solo una collana di palline colorate ed è immobile, accanto alla mamma seduta su una sedia identica e con una bimba piccolissima in braccio.

È una mamma giovane, con lo stesso sguardo senza espressione della figlia maggiore.

È vestita senza passione: gonna azzurrina che in realtà potrebbe essere l’orlo di una sottana, camicia da uomo a rettangoli grigi disposti in verticale, in testa un berretto con la visiera dal quale spunta un fazzoletto rosso con disegnini bianchi.

Accanto a loro c’è una signora che direi anziana, ma probabilmente non supera (o supera di poco) i cinquanta.

Gente della Canada, scrivo sbobinando.

Quando mi accorgo dell’errore mi scappa un sorriso amaro: “Avevo una casetta piccolina in Canadà…”.

10:56 pm

Sbobinando (17)

Ora capisco perché Juan mi aveva chiesto di aspettare: voleva rendersi presentabile prima dell’intervista.

Infatti s’è presentato indossando una bella camicia di cotone pesante, tipo jeans, con quadrettoni davanti.

È sul metro e settantacinque, faccia rotonda, baffetti morbidi. La voce è piena, il tono misurato.

Dice: “Qui abitano persone molto povere, in condizioni che hanno dell’incredibile. Guardate la cañada, il problema igienico è gravissimo: nella fogna si scaricano feci e tutti il resto”.

Mi guardo intorno. Respiriamo la puzza della fogna. Come fanno a viverci?

Mi viene in mente il fiume nero che divide in due la favela di San Josè a Belo Horizonte, in Brasile: quando la vidi, mi colpì la presenza dei maiali e il lento scorrere dall’alto in basso dell’acqua fetente, una ruga maleodorante in una montagna di spazzatura e umanità ferita.

Qui l’acqua fetente attraversa un tratto pianeggiante girando intorno ad alberi che sarebbero bellissimi, e a tratti si apre in squarci di natura che chissà cos’era prima che la cambiassero.

Vedo un giovane al lavoro fra il fiume e il retro della sua casa, sta rinforzando un argine che le ultime piogge hanno indebolito.

Dice Juan Reyos: “Il pericolo di contaminazione è enorme, è stata la povertà a creare questa situazione. Non possiamo difenderci. Non so quanti siano gli abitanti, ma so che la maggior parte non ha di che mangiare e non lavora”.

Mi hanno detto che abitare qui sarebbe proibito.

“Non abbiamo un altro posto. Però abbiamo la speranza che le cose possano migliorare, che le autorità ci aiutino”.

Insisto: vi hanno promesso qualcosa?

La risposta è un capolavoro di educazione: “So che un gruppo di abitanti è andato al Municipio, ma non ho ancora avuto occasione di vedere qualche risultato”.

Stasera abbiamo avuto la riunione di avvio della catechesi di giovani e adulti.

I catechisti sono meno dell’anno scorso: tra i catechisti giovani c’è chi lavora e non può più, altri vorrebbero ma non sono maturi, e c’è chi deve ancora fare la cresima.

Anche tra i catechisti adulti ho pensato lasciare a casa qualcuno che francamente non ha i numeri.

L’argomento più vivo, nella riunione, è stato quello delle condizioni per il battesimo degli adulti. Il Concilio Dominicano ha stabilito che quando convivono (qui si dice che sono amancebados, sarebbe come dire “arragazzati”), che sono il 98% della popolazione, devo prepararsi insieme al battesimo e al matrimonio, e celebrarli praticamente insieme.

Praticamente ciò rende quasi impossibile battezzare un adulto, perché, ammesso che il catecumeno (normalmente sono le donne) si voglia sposare, la maggior parte delle volte il marito non ne vuole sapere.

Tra i preti c’è chi lo applica più rigidamente, come faccio io da due anni a questa parte, c’è chi non si preoccupa troppo della cosa, e chi considera che il battesimo è un diritto e quindi battezza tutti quelli che glielo chiedono.

Di fatto una riflessione teologico-pastorale seria non può non tenere in conto che la convivenza, anche se non è voluta direttamente, è comunque una situazione di peccato, da superare prima di arrivare al battesimo.

Alla stessa maniera che i conviventi non fanno la comunione (e qui nessun prete gliela dà), per la stessa ragione non gli si può dare il battesimo.

Cosa significa quella frase che parla del fatto che la convivenza “non la si è voluta direttamente”? Significa che qui c’è molta gente che ha iniziato a convivere per cultura, e solo dopo si è resa conto che avrebbe dovuto fare altrimenti. E vorrebbe sposarsi, ma il coniuge non è maturato alla stessa maniera e quindi non se ne può fare niente.

Sono situazioni che richiedono molta preghiera, e, da parte dei catechisti, molta sapienza pastorale, per non scoraggiare gente che ha un sano desiderio di fare un cammino cristiano, anche se non è ancora in condizione di ricevere i sacramenti.

9:13 pm

Sbobinando (16)

Juan Reyes si è andato a cambiare per fare l’intervista.

L’avevo incontrato sulla scaletta ripida che dalla strada scende nella distesa di baracche lungo la cañada, la versione dominicana delle favelas che ho visto in Brasile; lì (in Brasile) sono impenetrabili a meno di essere accompagnati da persone credibili e conosciute, c’è da farsi ammazzare.

Per non correre rischi, prima di scendere avevo cercato qualcuno con cui parlamentare.

Juan Reyes era in jeans e canottiera, davanti alla prima baracca; mi aveva chiesto in inglese se avessi bisogno di qualcosa, gli avevo risposto che volevo notizie su questo luogo.

È un posto che fa impressione: baracche su baracche lungo un fiume putrido; vedo bottiglie di plastica squarciate, resti di un bambolotto, avanzi di pneumatici; sacchetti lacerati appesi ai rami degli alberi lungo il canale danno la misura del livello dell’acqua nei giorni di piena.

Sacchetti e altri detriti arrivano a due metri, significa che le baracche vengono invase da schifezze d’ogni genere.

Aspettando Juan mi guardo intorno. Da una casetta graziosa, pareti rosa carico con piccole finestre verdi, esce una giovane signora in canottiera rosa, con un bel sorriso aperto.

Signora, non è pericoloso abitare qui?. “Certo che è pericoloso, ma siamo poveri e non possiamo comprare casa da un’altra parte. E allora siamo costretti a restare nella cañada: quando piove stiamo in pericolo”.

È già successo. Succede ogni volta che piove: la fogna si gonfia fino a tracimare, come fanno i piumi in piena.

Chi ha mai visto la piena di una fogna?

9:13 pm

Sbobinando (15)

Ancora la storia delle scarpe, perché non mi va giù.

Percorrendo la via che dalla parrocchia di Amparo porta a una favela che si sviluppa due metri sotto il livello della strada (e dove andremo fra poco), vedo altre scarpe penzolare dai fili della luce.

Tito stringe su queste tracce di vite appese. Dondolano mosse dal vento. Sembrano bandiere a mezz’asta. Penso a come utilizzare queste immagini.

Viste così sono terribili, sembra di vedere degli impiccati.

Forse è la mia immaginazione, ma non posso non vedere come gli aquiloni e le scarpe siano i due capi di un identico filo: c’erano bambini che giocavano con gli aquiloni e poi sono finiti appesi allo stesso modo.

Francesco, succede spesso? “Sì, mi hanno detto che sono 250 i giovani che ogni anno muoiono i questo modo, in un tiroteo con la polizia”.

Quindi ci sono 250 paia di scarpe in più, appese quest’anno? “Penso proprio di sì”.

Come dire: un morto ogni 36 ore, un funerale ogni giorno e mezzo?

“Già. Si vedono tante candele accese lungo le vie che il ragazzo frequentava. Candele accese e scarpe appese esprimono la protesta contro i metodi della polizia: non è detto che tutti i giovani uccisi fossero tiguere, molte volte basta non ubbidire a un alt per essere colpito a morte”.

Per diventare scarpe appese? “Per diventare scarpe appese, sì”.

9:07 pm

Sbobinando (14)

Un bambino perse il suo aquilone che si impigliò nei fili della luce.

Un ragazzo perse le scarpe che si impigliarono nei fili della luce.

Dove sta lo sbaglio?

“Le scarpe appese sono un segno di protesta”, dice Francesco. Cioè? “Sono stati gli amici di un ragazzo ucciso dalla polizia”. Un ragazzo? “Sì, un membro di qualche banda”.

Qui soprattutto di sera è tutta una guerra di bande. La gente normale sta a casa, il barrio diventa territorio di caccia dei tiguere, li chiamano così.

Sono pericolosi? “Molto pericolosi”. E le scarpe? “Sarà andata così: una sera è arrivata la polizia e c’è stato uno scontro a fuoco, oppure più semplicemente gli hanno sparato per chissà quale ragione, non sempre quelle che succede ha una spiegazione lineare”.

Resta la testimonianza. Le scarpe appese urlano la protesta degli amici del morto. Dicono che secondo loro qui è stata fatta giustizia sommaria. Non ne sappiamo di più.

Lungo la strada fra Las Terrenas e Samanà vedremo una decina di paia di scarpe appese nello stesso punto.

Pomeriggio a spasso, vediamo che cosa troviamo. Vediamo se è vero che basta uscire per inciampare nelle notizie: l’ho sempre detto, a volte lo ripeto come se fosse una formula magica.

Ci guida Francesco, un genovese che passa qui buona parte dell’anno. “Sono in pensione, dopo una vita passata in mezzo ai numeri”, racconta.

Lavorava all’Inps (o alla Banca d’Italia?, ndr), anche in missione continua a occuparsi di conti, per esempio quelli della farmacia: “È una formidabile risorsa per la gente del barrio – mi spiega: qui tutto è a carico del paziente, le medicine costano molto, a volte i prezzi sono impossibili. Da noi si possono comprare risparmiando almeno il trenta per cento”.

Non gli chiedo come ciò sia possibile perché la mia attenzione si sposta sull’uomo che sta abbassando la saracinesca, neanche a farlo apposta, di una farmacia. Una gran bella farmacia, a giudicare dalle tre grandi serrande in fila: faranno non meno di cinque-sei metri di vetrine.

L’uomo lavora con calma, posizionando enormi lucchetti e facendoli scattare; poi controlla che siano ben chiusi, sotto gli occhi attenti della signora che gli sta al fianco, alta e bella, vestita con sobria eleganza: maglietta con ampia ma misurata scollatura, giacca beige di buon taglio sopra pantaloni scuri, capelli ramati divisi in mezzo e raccolti da un bel fermaglio.

Lui indossa pantaloni chiari di taglio classico, la camicia azzurra a maniche corte è bene infilata nei pantaloni; se la portasse fuori dai calzoni, la camicia nasconderebbe la pistola infilata nella cintura, ma è chiaro che la pistola, canna d’acciaio e calcio zigrinato nero, è lì per essere vista.

E io un farmacista con la pistola non l’avevo mai visto.

Fossimo a Genova, non mi avrebbe neanche risposto. Io stesso forse non gli avrei neanche fatto la domanda: “Señor, ¿por qué usted tiene la pistola?”.

Come si fa a chiedere a uno con la pistola nei pantaloni come mai tiene la pistola nei pantaloni? A volte si fa. E poiché a Santo Domingo la gente ha la cortesia di rispondere, anche il farmacista con la pistola interrompe le operazioni di messa in sicurezza del suo negozio e mi risponde: “Perché dobbiamo difenderci, non abbiamo alternative”.

Da chi?, gli chiedo, giusto per costruire uno spazio di dialogo. “Dalle bande di delinquenti che infestano le nostre strade”, spiega con garbo, senza alzare la voce.

I suoi trisavoli dovevano essere schiavi portati dall’Africa, chi è venuto dopo s’è incrociato con gente arrivata dall’Europa. Lui è un mulatto piuttosto chiaro, ha i capelli cortissimi e bianchi, porta occhiali senza montatura e stanghette piatte d’oro, è sul metro e settanta, robusto.

Vede le nostre facce perplesse. E domanda: “Quanta polizia ha visto in giro?”. In effetti non molta, ma sono le quattro di domenica pomeriggio e non è che la polizia possa andare dappertutto. “Qui se ne vede poca, mentre di delinquenti se ne vedono tanti”.

Guardo la pistola: le è mai capitato di doverla usare? “No, finora sono stato fortunato”. Chissà se è vero.

Abbiamo appena finito la missione di Duquesa: per due sere e una mattinata siamo andati a portare un messaggio porta a porta, e stamattina abbiamo concluso con la messa.

Sapete la ragione della missione: Duquesa ha nel suo seno una nazione. L’hanno impiantata dei giovani uomini sui trent’anni, imparando a formarla nel carcere della Victoria.

Nella visita la gente di Duquesa è stata molto attenta come sempre. Personalmente ho potuto visitare quattro chiese evangeliche, frequentate prevalentemente da haitiani, e in ognuna di esse ho lasciato al pastore il messaggio che stavamo distribuendo, un messaggio di invito alla comunità a superare le sue divisioni con la forza dell’amore di Dio.

Alla fine della messa abbiamo consegnato a tutti i presenti un ramo di palma con un cuore di cartoncino che diceva “pace”, con l’impegno di costruire la pace nella propria famiglia e con i propri cari. È stato un gesto molto bello, e credo che il messaggio sia arrivato!

Stasera, durante l’evangelizzazione a Duquesa, tre coppie sono andate a evangelizzare un gruppo di case che è oltre la avenida dell’aeroporto.

Al ritorno, verso le sette e mezza, con un’oscurità peggiorata dal black-out, al momento di attraversare la strada si sono trovati un uomo che ha esordito dicendogli: “Datemi dieci pesos, voi di qui non passate”. Detto e fatto, ha ricevuto i dieci pesos. C’erano vari adolescenti insieme a lui.

Qualcuno sussurra ai missionari: andateve, vi voglio derubare.

Con tempismo, Bernarda si abbraccia il tipo che chiedeva i soldi, e se lo trascina lungo una salita, fino ad arrivare vicino alle case. Gli altri giovani si nascondono, i missionari cercano di avvicinarsi dove c’è gente.

Se la sono vista brutta. “Ditemi se non è vero che c’è il Signore e che sta con noi, mi dice dopo Bernarda. Un uomo di quel peso, me lo sono quasi portato in braccio su per una salita, e non ci ha fatto niente”.

È vero. Duquesa è un posto pericoloso!

Nell’evangelizzazione di stasera, a Duquesa, sono stato per la seconda volta in casa del capo di una “nazione”.

Mi ha parlato espressamente della nazione, poche parole, in verità, citando il regolamento che hanno, che, dice, è molto simile al foglio che usavamo per la evangelizzazione di oggi.

Lo diceva perché parlavamo della famiglia come dono di Dio, e del rispetto ai genitori? So che tra le regole delle nazioni c’è quella di rispettare il padre e la madre.

Ma le altre regole? Ho provato a cercare su internet ma non l’ho trovate.

Il capo mi diceva che prima Duquesa era un caos, che tutte le settimane c’era un litigio che finiva male. “Adesso è tutto tranquillo, noi cerchiamo di educare questi giovani”.

Sarà proprio così?

Ho provato a chiedergli se mi faceva vedere il loro regolamento. Mi ha detto che non non poteva, che doveva chiedere permesso. “A chi?”. Nessuna risposta. “Da dove vengono?” “Da fuori”.

La moglie, nel momento di preghiera finale, ha chiesto al Signore che liberasse la loro famiglia da ogni tirannia. Ho visto un’ombra lunga presentarsi accanto alla figura del capo…

Domani è l’ultimo giorno della nostra missione a Duquesa. Faremo un’ultima visita casa per casa, e inviteremo alla messa, che sarà verso le dieci.

Se è come mi dà l’impressione, dovrebbe venire parecchia gente.

Il Signore mi mette davanti un’opportunità che non posso sprecare. Spero di riuscire a far sognare a questa gente un mondo diverso, senza violenza e senza bande.

E so che il Signore mi aiuterà.

Signore, sì, so che tu mi aiuterai.

Per chi vuole accompagnarci con la preghiera per la evangelizzazione dei prossimi giorni, e desidera avere davanti agli occhi i vari articoli su Duquesa, li può vedere con un colpo d’occhio qui.

Conto sulla vostra preghiera!

Con la comunità parrocchiale sognamo una Duquesa pacifica, laboriosa, senza delinquenza, senza bande, e che cerca di seguire le orme di Cristo.

Sognate anche voi insieme con noi? Nella preghiera, naturalmente!

Venerdì cominceremo la piccola missione speciale a Duquesa.

Da quando sono successi i fatti di Guaricano e i problemi per l’acqua (vedi /?p=906 e anche gli articoli dei giorni seguenti) abbiamo pensato di fare questa iniziativa, come una maniera di aiutare la comunità a ritrovare la pace e a uscire dalla spirale della violenza.

Stasera avevamo l’incontro di programmazione della missione con i missionari. Se ne sono presentati 33, ma potrebbero essere qualcuno di più.

Con l’aiuto di Sánchez abbiamo presentato la situazione di Duquesa, e poi abbiamo studiato il materiale con i tre messaggi da cercare di far arrivare a tutti nei tre giorni della missione.

Focalizzeremo l’annuncio:

  • sull’amore di Dio per ognuno
  • sull’amore di Dio per la nostra famiglia
  • sull’amore di Dio per la comunità di Duquesa.

Ogni coppia di missionari dovrebbe visitare 16/17 famiglie, e venerdì e sabato abbiamo a disposizione due ore.

Invece domenica mattina faremo una cosa più veloce, perché vogliamo invitarli alla messa che sarà alle dieci del mattino.

Insieme ai missionari ci porteremo a Duquesa un gruppo di oranti, per sostenere con la preghiera l’opera di chi annuncia.

Sono certo che il Signore lavorerà in questa missione, anche se non so né con chi, né come. Da parte mia ho la speranza che i capi delle bande (sembra che siano tre) lascino il loro sporco lavoro.

Ce la farai, Signore? So che anche tu lo desideri. Te lo lasceranno fare?

Il parassita che ho adesso si chiama appunto Blastocistis Hominis.

Non so come me lo sono preso, ma avevo notato da una settimana che l’intestino non funzionava perfettamente.

Il medico mi ha prescirtto uno sciroppo antibiotico, solo che si è sbagliato e mi ha prescritto la dose doppia, con il risultato che al secondo giorno avevo sintomi di influenza.

Smettendo di prendere lo sciroppo tutto è tornato alla normalità.

E se io che ho tante precauzioni riesco a prendermi ‘sti parassiti, cosa non avranno i bambini che giocano nudi per strada tutto il giorno.

Secondo me tutti hanno parassiti intestinali!

La riunione degli animatori delle CEB di oggi pomeriggio è stata bella.

Abbiamo iniziato il tema di settembre, quello sull’educazione.

Un’animatrice ha detto tra una cosa e l’altra: “Viene voglia di studiare anche a me!”. Mi ha fatto tenerezza.

Si ragionava sull’importanza di prepararsi, educarsi, studiare sempre. Ho visto una certezza che bisogna farlo, per lo meno in una parte degli animatori.

Di fatto vari di loro dall’anno scorso, e molti da quest’anno, sono tornati a scuola, qualcuno in quinta, qualcuno in ottava (terza media), qualcuno in seconda liceo. A 40 o 50 anni, e con vari figli. Sono persone eccezionali!

Durante l’incontro ho anche fatto con loro una riflessione ad alta voce: in Italia non abbiamo questa struttura di Comunità Ecclesiali di Base o di piccole comunità presenti sul territorio. Non abbiamo neppure qualcuno con la voglia di preparare un materiale ben fatto che possano usare tutte le piccole comunità della diocesi. È che qui da questo punto di vista siamo più avanti che in Italia!!!!!

10:23 pm

Sbobinando (9)

L’intervista a Emiliana la facciamo un po’ troppo di corsa: mi dovrebbe spiegare la storia di una scuola, il cui terreno è stato vigliaccamente ceduto a terzi per una speculazione edilizia la cui consistenza si vedrà più avanti.

Per evitare che la gente del barrio faccia valere i propri diritti, il proprietario (passato o presente, non l’ho capito) ha fatto erigere una parete lunga più o meno un chilometro; la parete parte proprio dal muro della scuola, ed è uno dei diversi muri della vergogna che incontreremo girando per Santo Domingo.

Non so se potrò utilizzare l’intervista fatta a Emiliana. Proverò a salvare qualcosa, almeno la frase conclusiva: “Si sa che i ricchi approfittano sempre della debolezza dei poveri”.

Niente di originale, semplicemente vera.

10:23 pm

Sbobinando (8)

Candido è magro e alto: come a chiunque abbia superato il 40, uomo o donna che sia, ha un’età che non so definire. È magro e alto, dà un certo senso di forza, forse perché parla con calma. Ci offre una curiosa analogia: “La missione di Genova è per noi quello che la batteria è per il cellulare: la inserisci e il cellulare va”.

Prima di parlare con lui ho chiesto un paio di cose a Pastora Arias, che ha risposto con grandi sorrisi e poche parole, trasmettendomi comunque una intensa carica spirituale.

Candido dà soddisfazione: il suo è un ragionamento bene articolato.

“Questo per me è un giorno meraviglioso – dice – perché segna la crescita della nostra comunità: la Cappella dimostra che abbiamo fatto così tanta strada da dover già dividere la Parrocchia, è un risultato straordinario. Stiamo facendo un grande lavoro: siamo orgogliosi di essere dominicani e di condividere questa grande esperienza, che rafforza il nostro spirito, il nostro essere cristiani”.

Perché nessuno può dimenticare l’inizio della storia: “Quando arrivò la missione vivevamo in un’enorme discarica di spazzatura; con lo sviluppo del progetto pastorale e con l’aiuto dei fratelli di Genova stiamo trasformando il nostro barrio in un posto civile, pulito. Certo, siamo poveri, ma abbiamo trovato la voglia di lottare e di avere una speranza”.

Che bella la voglia di avere una speranza.

Ieri sera i giovani hanno fatto una festa per tirare su i soldi della batteria che hanno comprato.

Oggi è venuto fuori che si sono messi a vendere anche la birra, contro quello che eravamo d’accordo. “Naturalmente” hanno pensato che avrebbero tirato su di più, e così è stato.

Abbiamo chiarito la cosa, hanno promesso che non lo faranno più.

Qui la gente è molto attenta al discorso alcoolici, anche perché spesso e volentieri dove c’è alcool succedono tutti i tipi di problemi.

Come chiesa vorremmo fare le cose con uno stile diverso, e con uno stile che le famiglie abbiano la fiducia per poter mandare i figli.

Poco a poco speriamo di riuscirci.

Stamattina una persona che conosco abbastanza bene ha ammazzato con cinque colpi di pistola un collega di partito.

Tutti e due sono (o erano) del PLD, il partito che è al governo adesso. Sembra che il problema sia nato da una differenza nell’amministrazione di aiuti per la comunità: uno l’avrebbe distribuiti alla gente, l’altro se li sarebbe venduti. Da qui l’eliminazione fisica.

La cosa mi colpisce perché non più tardi di quattro giorni fa avevo visto l’assassino, sorridente, come sempre, gentile, come sempre, mi aveva salutato. Due domeniche fa suo figlio si era rivisto a Messa dopo un sacco di tempo.

Cosa mi passerà nel cuore quando li rivedrò?

Signore, aiutami a vederli con i tuoi occhi.

Stamattina ho incontrato varie giovani donne che battezzeranno i loro figli.

Da qualche anno chiedo a tutti quelli che vogliono battezzare i figli piccoli che passino per il mio ufficio per parlare brevemente, conoscerci un po’. Lì approfitto sempre per motivarli al matrimonio, o per lo meno a pensare in maniera diversa la loro unione.

Gli effetti a breve termine non si vedono, ma sono sicuro che è uno sforzo necessario, per aiutare questa cultura a pensare il matrimonio con più serietà.

La cultura del matrimonio qui è: ci sposeremo quando ci conosceremo, che tradotto dal dominicano significa (da parte dell’uomo) ti sposerò quando non avrò più la tentazione o la possibilità di andare con un’altra donna, o (da parte della donna) ti sposerò quando smetterai di andare dietro a tutte le donne del quartiere.

Il matrimonio è considerato sacro, e per questo non ci si sposa, perché si sa che verrà sicuramente profanato.

C’è dietro un’abitudine a vivere il matrimonio alla giornata, e alla prima difficoltà molte coppie si lasciano, facilemente così come facilmente si erano messe insieme.

10:21 pm

Sbobinando (2)

Spalle alla Cappella, sguardo rivolto alla campagna, fra le mani un libro con la copertina nera. Indossa un vestito color acquamarina, un lungo velo blu elettrico le copre testa e spalle, la vita è cinta da un nastro bianco. Quando si gira mi accorgo che non è una suora, non so darle un’età. Guadagna rapidamente la parete che la ripara dai nostri sguardi e da quello, più fastidioso, della telecamera.

Abbiamo appena cominciato le riprese e già abbiamo spaventato qualcuno.

Resterà l’unica: dominicani e dominicane, senza distinzione di sesso, età e condizione sociale, si fanno fotografare e filmare più che volentieri. Infatti sorridono tutti i parrocchiani accorsi all’inaugurazione della Cappella, e nessuno più si nasconde davanti a Tito.

Sono bellissime le bambine con le treccine inanellate di giallo rosso verde blu, fanno simpatia i loro coetanei maschi, spesso più compresi nel ruolo e dunque più distaccati, ma solo in apparenza.

Sono belle e gentili le loro mamme, che esplodono di felice curiosità, come i loro figli, quando si accorgono che le diavolerie della tecnica permettono loro di vedersi in diretta (mentre la telecamera gira) o di rivedersi subito, immortalati nel display della macchina fotografica.

Cambia l’immagine. Compare don Paolo arrampicato su una scala, dietro l’altare, appiccicato alla parete sulla quale misura il Crocifisso. Chi ha messo il chiodo ha sbagliato la mira, confortato da un paio di consiglieri che abbiamo visto all’opera, senza però avere il coraggio di fermare la sciagurata operazione: inchioda più a destra, no… inchioda più a sinistra.

Insomma, si poteva fare meglio. Quel che conta è che Gesù in croce prenda il proprio posto, poi gli farà compagnia la sua bellissima Madre. E don Paolo farà i gesti della consacrazione. Fuori, los monaguillos e il diacono Marcial preparano l’incenso: camera stretta su un grappolo di mani. Voce di donna, parole felici: “Benvenuti nella nostra nuova Cappella”.

Ovunque si sia, ovunque si vada, l`incontro con i bambini è quello che più ti appaga! E i niños del Guaricano non fanno eccezione! Vivaci, trasparenti e autentici i niños ti accolgono, ti prendono la mano, si addormentano sulle tue ginocchia durante la messa e diventano i tuoi pazienti, spassosissimi traduttori! Vero, me ne sono già innamorata, forse perché sono una catechista per vocazione?

Hola, mi chiamo Sandra e sono atterrata in Santo Domingo il 6 agosto! “Separa piú URI con gli spazi”! Cosa cavolo vorrà adesso ‘sto “coso”?

Allora, stavo dicendo che sono atterrata… e adesso sono sudata marcia: sono due ore che tento di scrivere due parole! S.O.S Sivia, dove sei? Adesso cercheró di darvi la buonanotte, non dovrebbe essere poi tanto difficile…

Buenas noches!

9:19 pm

Sbobinando (1)

Nel nostro gergo, sbobinare significa vedere la registrazione (“il girato”) e prendere appunti: li condivido con voi e provo a raccontarvi, una briciola per volta come pollicino, quello che ho visto. Vi ringrazio ora, e procedo.

(1)

Guaricano, 24 luglio 2005. la luce secca del mattino. la telecamera di Tito inquadra donne e uomini che sembrano venirci incontro: alle sette appena passate non si va a passeggio ma alla prima messa. sono tanti, si presentano in perfetto ordine, uno di loro ha un cartellino che lo qualifica responsabile del servizio d’ordine. penso che non ho mai visto niente del genere nelle nostre parrocchie. forse è un segno che qui, come altri posti in cui la gente ha poco, avere un ruolo è già qualcosa.

Oggi è un giorno importante, si inaugura la nuova cappella. come ricorderà don Paolo (padre Pablo) durante la messa, la costruzione in cemento e legno, col tetto di lamiera come quasi tutti i tetti delle case del barrio Guaricano, è frutto del lavoro dei parrocchiani. “Ciascuno di voi – dirà – ha rinunciato a qualcosa pur di mantenere l’impegno”. Non dev’essere stato facile: mi hanno detto che per i dominicani una delle cose più naturalmente negoziabili è l’appuntamento. ho visto che molti di loro non portano l’orologio. Beh, anch’io, soprattutto d’estate, lo porto malvolentieri.

Stamattina, nell’ambito della preparazione del nuovo anno scolastico, abbiamo ascoltato una conferenza sull’aborto ad opera di una donna che è attivista del Movimiento por la Vida Dominicano.

La presentazione è stata ben chiara e convincente, ed è stata accompagnata da un video (The silent scream, L’urlo silenzioso) dove si spiega per filo e per segno come si realizza un aborto.

La mia speranza è che i maestri aiutino la nostra popolazione studentesca a capire l’importanza del valore della vita umana fin dal concepimento, e la nefandezza dell’aborto.

4:18 pm

In partenza

Che dire?

Tra poche ore partiamo, torniamo nella nostra vecchia e fredda Italia.. Sulle mie quattro settimane qui potrei scrivere paginate, e al momento stesso so che a parole non riuscirei a rendere bene quello che ho vissuto.

Come rendere, su una pagina, i colori, gli abbracci, le canzoni, il battito delle mani, i buchi per strada? Come spiegare, come raccontare gli odori, i bambini, le messe, il caldo e le zanzare?

So di certo, però, che questa esperienza mi ha fatto crescere molto, mi ha arricchito in un modo per me inaspettato, sotto tutti i punti di vista; e di questo ringrazierò sempre il Signore, per primo, che mi ha permesso di venire qui, e poi tutte le persone che non riesco a ringraziare a voce, forse anche perché mi metterei a piangere come una fontana… Don Paolo e Don Lorenzo, che mi hanno lasciato condividere con loro un po’ della loro vita, della loro missione; poi Francesco, Sandra, Carmen, sempre disponibili per tutto e così pazienti… e Fiammetta, fondamentale per me la sua presenza qui.

Non sono una persona dai facili entusiasmi, sono sempre portata a tenere un certo distacco dalle cose… eppure questo posto mi ha contagiata, mi ha portato via un pezzetto di cuore, mi ha cambiata, mi ha reso un’altra persona.

Mi porto via tante cose… mi porto via la gioia di andare a Messa tutti i giorni, la gioia di dire compieta tutte le sere, di incontrare il Signore così tante volte al giorno, tutti i giorni; mi porto via l’interesse e il divertimento che provo quando c’è sempre qualcosa da imparare, da scoprire, da capire.

Con l’augurio di poterle a mia volta trasmettere a Genova e nella mia vita di tutti i giorni, mi porto via l’accoglienza straordinaria delle persone che abbiamo visitato con Paolo, la gentilezza e l’allegria di tutti quelli che abbiamo incontrato.

Lascio volentieri qui, invece, il caldo e le zanzare…

Alla riunione degli animatori abbiamo condiviso il tema sui valori dominicani e sulle cose tipiche dei dominicani.

La cosa viene dal fatto che nel piano pastorale che stiamo vivendo agosto è connotato come il mese della patria.

Sono venute fuori veramente parecchie cose, e mi fa piacere condividerli con voi. Le cose proprie dei dominicani sono:

  • Riso, fagioli e carne (piatto tipico che si chiama anche bandiera domenicana).
  • Il cazabe: una focaccetta fatta di yuca tritata e cotta su un forno a legna.
  • Il merengue e la bachata (ritmi musicali).
  • L’ospitalità.
  • La solidarietà.
  • L’allegria.
  • Il piacere di ascoltare la musica.
  • La voglia di cantare.
  • Il ballo, anche in chiesa.
  • Il battere le mani quando si canta.
  • La religiosità.
  • L’amore a Maria.
  • La Madonna dell’Altagrazia.
  • L’evangelizzazione porta a porta.

Non invidiamoli noi che siamo italiani, cerchiamo piuttosto di scoprire quali sono i nostri doni e di potenziarli al massimo, così come cercano di fare loro!

Stamattina sono stato al Ministero dell’Educazione per parlare con il direttore di Risorse Umane.

Chiaramente, secondo la Legge di Murphy, non c’era (o non voleva ricevere nessuno).

Alla segretaria che me lo comunicava ho chiesto: mi può dare un appuntamento con lui?

Risposta: no; riceve il martedì e il giovedì.

Aggiungo: ma oggi è martedì.

Controrisposta: sì, ha dovuto uscire.

Replico: ma non c’è maniera di sapere quando mi può ricevere, per evitare di fare un viaggio a vuoto?

E lei: La vita è un avventura, bisogna giocarsela! Venga giovedì.

…alla posa del primo mattone: sono un po’ questo, la visione delle immagini girate e la verifica delle interviste effettuate. Rappresentano l’autentico inizio della fase esecutiva di un servizio televisivo (vale anche per la radio: la procedura è identica).

Il primo mattone è stato cotto nella telecamera di Tito (quando abbiamo realizzato immagini e interviste), poi è stato messo a seccare (durante i miei dieci giorni di vacanza) nel computer (sempre di Tito) che ha trasformato il contenuto di una dozzina di videocassette digitali in un certo numero di dvd, ciascuno guarnito con pochi ma significativi simboli: il tale dvd contiene le tali videocassette.

Sono gli ingredienti necessari alla preparazione del cibo di cui si nutre il teleutente: appunto, un prodotto giornalistico. Servono immagini, voci, facce, mani, occhi, rughe, sorrisi, dolori. C’è bisogno di persone, delle loro storie, i loro pensieri.

Il mio mestiere è entrare nelle loro storie, nei loro pensieri. Il mio compito è capire se e quando e come le loro cose possano (debbano) essere trasformate in cose di tutti. a volte è pesante. a volte è bellissimo pensare di aver dato voce a persone e storie senza diritto di cronaca.

Sono pensieri che precedono ogni attesa del primo mattone.

Oggi tutto fermo anche qui in Repubblica Dominicana, ma non per il ferragosto.

Domani, 16, toccava la festa della Restaurazione della Repubblica, ma una legge di alcuni anni fa muove questa e altre festività civili infrasettimanali al lunedì.

Nato come colonia spagnola, il paese passò sotto gli haitiani dal 1822 al 1844.

I vari governi che si sono succeduti da lì in avanti erano in funzione degli interessi di alcune famiglie. Queste stesse famiglie annessarono nuovamente il paese alla Spagna nel 1861.

Il 16 agosto 1863 veniva iniziata la guerra che avrebbe riportato alla indipendenza nazionale. È il processo detto della Restaurazione della Repubblica, che culminó nel 1865.

C’è da dire che il paese perse altre volte la indipendenza:

  • Dal 1916 al 1924 ci fu l’invasione nordamericana, dovuta al ritardo nel pagare il debito pubblico: gli Stati Uniti si impossessarono della Dogana finché non recuperarono i loro soldi.
  • Ci fu la dittatura di Trujillo, dal 1930 al 1961.
  • Nel 1965 tornarono gli americano, abbattendo con un colpo di stato il governo “comunista” di Juan Bosch.
  • Andandosene gli americani, lasciarono al governo Joaquín Balaguer, che era uno dei principali collaboratori di Trujillo negli anni della dittatura.

Oggi il paese è indipendente, ma al tempo stesso è fortemente vincolato dalle decisioni di politica economica “suggerite” dal FMI e dai ricatti a cui lo espone il forte debito estero e la necessità di continuare a chiedere ulteriori prestiti.

Stamattina mi sono reincontrato con il capo della banda di Duquesa, stavolta da solo io e lui, nel mio ufficio.

Il Signore mi ha aiutato a fargli un appello accorato a cambiare, a lasciare quel mondo che gli porta tanti problemi.

Alla fine abbiamo pregato insieme, chiedendo al Signore la grazia della conversione. L’ho visto disponibile, quasi commosso.

Adesso voglio continuare a pregare per lui, so che il Signore farà qualcosa di straordinario.

Con Lorenzo abbiamo pensato di non appoggiare le richieste di Guaricano di accompagnarlo a porre la denuncia contro la banda di Duquesa.

Ci concentraremo solo sul problema dell’acqua. Risulta infatti che la gestione da parte di Guaricano dell’acquedotto che abbiamo fatto con i soldi del fondo per l’acqua lasciava molto a desiderare: ha messo rubinetti privati a varie famiglie e ha quasi eliminato i rubinetti pubblici. Quest’ultima cosa sarebbe stata la causa del problema dell’altro ieri.

Probabilmente adesso metteremo un automatico per accendere e spegnere la pompa, in maniera che non ci sia bisogno di interventi manuali. E l’idea è quella di eliminare i rubinetti privati e di ripristinare tutti quelli pubblici. Lorenzo ha già mezzo parlato con la gente a Duquesa, e sembra che vada bene anche a loro. Dovremo però fare una riunione con tutta la comunità.

Oggi pomeriggio sono stato a Duquesa. Sono andato con l’intenzione di vedere i capi della banda che hanno ferito i parenti di Guaricano.

La prima sorpresa è stato trovare la polizia là. C’era una camionata di agenti, e si sono portati via la moglie (incinta) di uno di quelli che hanno partecipato al disordine.

Poi, con l’aiuto di Sánchez, siamo andati a vedere i capi della banda. È venuto con noi anche Mario, il rappresentante comunale.

La versione dei tiguere di Duquesa è stata ben diversa da quella di Guaricano. Quelli che erano arrivati a casa sua non erano parenti suoi, ma altri tiguere di Cristo Rey che Guaricano stesso avrebbe fatto venire apposta per dare una lezione ai tiguere di Duquesa. La camionetta che è stata incendiata sarebbe stata di uno che lavora trasportando gente. Il parente che ha ricevuto i colpi di macete sarebbe uno dei tiguere di Cristo Rey.

La spiegazione non mi convince del tutto, ma vedendo che Sánchez sembrava credersela ho cominciato a pensare che Guaricano ci abbia mentito. Mi sono sentito un gusto amaro in bocca, e mi sono sentito strumentalizzato. Se è vero quello che ci hanno detto lì in mezzo ai prati, Guaricano si è visto ritorcere contro di sé l’arma che ha puntato contro la gente del suo batey, e poi ha chiesto aiuto a noi per farsi passare da santerello e continuare a far passare problema ai suoi nemici.

Spero di riuscire a chiarire meglio questa faccenda.

Una cosa a cui mai e poi mai mi abituerò sono i fischi dei ragazzi per strada quando passiamo… grrrrr, mi fanno venire un nervoso…

10:36 pm

Casini a Duquesa

Oggi sono successi dei casini a Duquesa.

Alle quattro mi chiama Sánchez al cellulare dicendomi che i tigre stanno minacciando Guaricano (un uomo di là), che è quello che ha seguito con Lorenzo il progetto dell’acqua e che sta gestendo l’apertura e chiusura dei rubinetti.

Purtroppo poi verso le nove sono venuti a casa di Guaricano una famiglia di amici con la loro macchina, e lì sembra che i tigre di Duquesa hanno avuto paura che Guaricano avesse chiamato altri tigre a difenderlo, per cui sono andati là e hanno bruciato la macchina dei visitatori. Non contenti, hanno abbattuto le persiane della casa di Guaricano, tirato dentro pietrate, una delle quali ha ferito Andreina, sua figlia, e sono entrati a colpi di macete sul figlio degli ospiti.

È stato a quel punto che Guaricano mi ha chiamato, perché gli facessi andare là la polizia e un’ambulanza. Combinazione, Lorenzo era appena uscito con la nostra per andare a prendere la tipa che vive qui che due volte alla settimana va a farsi la dialisi, per cui ho dovuto cercare, e alla fine ho potuto far andare là un’ambulanza della Plaza de la Salud.

Il tutto ci ha commossi abbastanza, anche perché Guaricano è molto amico mio e di Lorenzo.

Domani chiamerò con più calma per avere un sentore più preciso di quello che è successo.

1:27 pm

Notte di fuoco

Siccome il caldo non bastava, il guardiano di questo coso orrendo qui di fianco ha pensato bene di sparare qualche colpetto di fucile…
ho fatto un salto sul letto… che spavento…

Ieri sera, dopo che i missionari avevano finito i loro -santi- giri, Paolo ha detto la Messa in mezzo ad una strada.

All’inizio non ci ho fatto tanto caso, poi tornata a casa ho provato ad immaginarmi Spianata Castelletto piena di gente che canta senza vergognarsi, batte le mani, prega ad alta voce..

È stata purtroppo la cosa meno realistica che mi sia venuta in mente negli ultimi giorni….

Che puzza!!!

Duquesa ha colpito ancora…..

Quasi meglio la pipa di Francesco!!!!!!

Suor Serafina ha trovato un bambino per strada che pare sia scappato dal padre che vive ad Haiti… era ricoperto di brigole per la sporcizia… era completamente solo e finora ha dormito sotto gli alberi…

Gli abbiamo dato dei vestiti, scarpe e una saponetta per lavarsi…

Per stanotte sará ospitato da una famiglia qui vicino…

Era contentissimo….

1:44 pm

Pensieri sparsi

Le ragazze che sorridono. Le vecchiette che ti guardano. I bambini che ti saltano addosso. “Tíreme una foto, tíreme una foto”. Click. La tecnologia a volte facilita i rapporti umani: schiacci un tasto e compare la foto. Il bambino ride, si volta a cercare qualcuno che lo prenda in giro. “Tíreme una foto” . Un’altra. Arrivano altri bambini, una mamma, una zia, una nonna, qui si dice “abuela”. Gli uomini si scompongono un po’ meno, ma essere fotografati piace anche a loro.

Penso a come siamo ingessati noi. Vado avanti nel barrio, cerco le differenze, incontro emozioni impreviste: “Qui c’è un ragazzo con una grave infermità”, avverte suor Serafina nel suo italiano che non ha molto da invidiare al mio spagnolo: artigianale il suo, artigianale il mio. L’importante è capirsi. Guardo il ragazzo e mi accorgo di non aver capito: da noi starebbe al Cottolengo, qui è in mezzo agli altri. Giusto o sbagliato? Mi chiedo se fotografarlo oppure no. Giusto o sbagliato? Mi chiedo se provare a parlargli oppure no. Giusto o sbagliato? Penso alla distanza fra le mie troppe domande e la loro immediatezza. Non ne vengo a capo.

Alla fine lo fotografo con discrezione e provo a parlargli. Non mi risponde. Gli sorrido (l’ho visto sorridere: forse capisce). Qualcuno mi chiama, vado a vedere un bimbo piccolissimo, penso ad altro. Qualcuno mi chiama: “Tíreme una foto”. Click. Un’altra foto. L’emozione continua. Con un po’ di confusione. Come la tua, amico lettore dei miei pensieri sparsi.

10:21 pm

Faro a Colombo

Abbiamo visitato oggi pomeriggio il Faro a Colombo, che è il mausoleo eretto a Cristoforo Colombo in occasione del quinto centenario della scoperta dell’America e dell’evangelizzazione del nuovo mondo.

Il governatore del faro, Andi Mieses, ci ha accolto come fossimo capi di stato, con una formalità inimmaginabile.

Dopo, ci ha mandati a fare un giro del museo del faro, che raccoglie materiale di una cinquantina di paesi di tutto il mondo.

Al centro del Faro c’è il sarcofago con le ossa di Colombo. Naturalmente qui dicono che è assolutamente certo che sono le sue. Stessa cosa dicono a Cuba e a Siviglia con i resti che tengono anche loro.

Il sarcofago è al centro di un monumento molto bello, in marmo di Carrara, che anteriormente era nella cattedrale di Santo Domingo.

9:57 pm

Freschetto

Con la tormenta/uragano che ci sta passando a sud la temperatura si è abbastanza abbassata, è gradevolissima!

10:07 pm

Pioggia

Anche oggi molta pioggia: acquazzoni violenti, probabilmente frutto del passo dell’uragano Emily.

Grazie a Dio (per noi) l’occhio del ciclone sta transitando 200 km a sud della Repubblica Dominicana. Purtoppo sembra che investirà quasi in pieno la Giamaica, e dovrebbe continuare verso lo Yucatan, secondo questa immagine.

Da questo mese il governo paga per via elettronica il personale di educazione.

Ogni dipendente ha ricevuto una carta di debito su cui verrà addebitato lo stipendio, e si potrà ritirare dagli sportelli “bancomat”.

A mio parere è una forma che si presta più che mai a abusi, a “bottiglie” (così si chiamano qui quelli che sono pagati dallo stato e non lavorano).

E questa nuova forma toglie autorità a noi direttori: prima tra una cosa e l”altra la consegna dell”assegno era una forma di ricalcare la propria autorità sui dipendenti, adesso sarà più facile per il personale fare quello che vuole.

9:32 pm

Prove nazionali

Si stanno svolgendo le prove nazionali di ottavo, normale e serale.

Le nostre quattro classi sono impegnatissime, ma dal sondaggio che ho fatto con loro stessi si sentono che stanno facendo bene l”esame. Conoscendo la cultura dominicana sono portato a pensare a una sovrestima, ma non voglio essere prevenuto.

Le autorità hanno riunito insieme le tre scuole più grandi, tra esse noi, nella scuola Guaricano Afuera.

E quest”anno c”è più serietà, mi sembra, soprattutto nel fatto che impediscono ai membri interni di avvicinarsi ai ragazzi. La trovo una cosa giusta, perché gli anni scorsi ho visto maestri che suggerivano a piene mani.

La cosa su cui continuo ad essere perplessissimo è la modalità delle domande multirisposta. Secondo me non è una maniera seria di fare un esame.

E poi anche il fatto che, in questo esame come in tutta la carriera scolastica di un ragazzo, non gli si insegna mai a fare un componimento scritto (il nostro tema). I risultati purtroppo si vedono: qui ben poca gente è capace di scrivere in maniera sensata, gli stessi giornalisti spesso scrivono a braccia.

Grazie all’acqua che è caduta oggi più riprese, la temperatura è oggi più fresca.

Invece dei 32º dei giorni scorsi siamo oggi a 23º. Una bella differenza.

Stanotte si dorme bene. Uauuuu!

10:01 pm

Un tigre morto

L’altro ieri sera la polizia ha ammazzato un tigre, cioè un delinquente, ladro, ecc.

Stasera è cominciato il novenario, naturalmente per la strada, perché sono arrivati un 500/600 tigre.

Chiaramente, secondo la spiegazione di uno di loro, “a ‘sto tipo gli piaceva divertirci, quindi noi lo ricordiamo divertendoci”.

Senza nessun problema hanno messo un altoparlatone in strada, musica e birra a tutto spiano.

il mondo è bello perché è vario!

9:59 pm

Maribel

Stasera sono stato a casa di Maribel Tolentino.

È una giovane signora sposata in chiesa 5 anni fa, con tre bellissimi bambini.

È animatrice di comunità di base, ha fatto il ritiro di evangelizzazione e appartiene a una comunità apostolica.

Per via del marito, che ha cambiato lavoro ed ha dei colleghi evangelici, ed è andato alcune volte a una chiesa evangelica, anche lei, forse in un momento di stanchezza, o di sconforto, o di disincanto, è andata. Per un mese ha ascoltato le loro prediche.

Risultato: un inizio di lavaggio del cervello. È confusa perché gli evangelici le hanno detto che il suo battesimo da piccola non è valido e si deve (ri)battezzare. E che deve convertirsi. E che non ci possiamo fare il segno della croce.

Mi ha accolto bene, e sono riuscito ad entrare su qualcuno di questi argomenti perturbanti.

Ho cercato di rispondere alle questioni prettamente evangeliche, e di spiegare che la chiesa cattolica è la nostra madre e che non ha senso abbandonarla e cercarci un’altra madre.

Alla fine mi ha promesso che sarebbe tornata alla Messa e alla comunione, e anche alla comunità apostolica, ma senza porre data.

Mi ha chiesto di pregare per lei, e lo farò senz’altro!

10:38 pm

Caldo

Da quindici giorni fa abbastanza caldo: sui 31-33 gradi.

La settimana scorsa era anche molto umido, e quindi soffocante, perché pioveva spesso. Ora l’umidità grossa se n’è andata, ma rimane il caldo.

Per almeno quattro mesi sarà così.

Ieri abbiamo avuto tutto il giorno problemi con la connessione a internet.

Il server del provider aveva problemi (virus? crash del disco?), la giornata di domenica non gli è bastata per risolverli. Oppure i tecnici non sono andati a risolvere perché era giorno di festa!

Stamattina sono andato a dire Messa a Duquesa. Era un po’ ch enon andavo, l’ultima volta avevo mandato Lorenzo.

Dopo la Messa ci siamo seduti, e mi hanno raccontato alcune cose abbastanza preoccupanti.

Sembra che da poco più di un anno si sia formata a Duquesa una “Nazione”, cioè una banda di delinquenti/ladri, mezza invischiata con il satanismo.

Sànchez, l’animatore del gruppo carismatico che vive là, è la persona che rispettano di più, e nonostante questo gli hanno rubato in casa già due volte. Sembra che tutte e due le volte, al lamentarsi lui con i capi della Nazione, hanno dato una saccata di botte ai ladri, che erano di loro. Senza però che gli restituissero quello che avevano rubato.

La gente di Duquesa ha paura, e ha paura di parlare della cosa.

Una donna che era a Messa stava raccontandoci che un suo figlio adolescente da un mese è sparito e non se ne sa più nulla. L’unica cosa che sa è che pochi giorni dopo la sparizione alcuni componenti della Nazione gli hanno portato a casa i vestiti del figlio.

Segno che l’hanno fatto fuori. Secondo Sánchez perché era uscito dal giro.

La polizia? Duquesa è un posto troppo isolato perché la polizia possa fare qualcosa. O può essere che anche la polizia ha paura. In ogni caso ha paura la gente di Duquesa, e in caso di un’improbabile investigazione direbbero ben poco.

Al dire di Sánchez, la gente di chiesa ha una chance di risolvere qualcosa. Come Gesù nel vangelo di oggi, in cui ha chiamato il ladro Matteo con il fascino della sua persona e evitando l’accusa e il dito puntato, così i nostri cattolici cercano di amare i membri della Nazione di Duquesa, non li evitano, li salutano, gli sorridono. Li trattano come persone. Cercano di amarli.

Chi conosce il vangelo sa che questa è l’unica soluzione. E Sánchez e i suoi fratelli sono disposti a portare avanti questa lotta, con la preghiera e il sacrificio.

L’Avvocato dello Stato ha fermato oggi pomeriggio i lavori di costruzione del muro del progetto della Banca Nazionale della Casa.

È triste vedere che i potetnti si fermano solo di fronte alla giustizia!

La Banca con la quale c’è il conflitto con il barrio Mirador Norte aveva assicurato ieri che avrebbero fermato i lavori del muro fino a trovare una soluzione.

Invece oggi stanno continuando a fare il muro, come se niente fosse.

È mala fede!

L’incontro davanti all’Avvocato dello Stato, oggi pomeriggio, è stato tutta un’esperienza.

L’Avvocato ci ha fatto esporre le nostre ragioni, dopodiché ha dato la parola ai rappresentanti della Banca.

L’atteggiamento del Consutore Giuridico della Banca è stato rigido e a tratti sprezzante.

Secondo loro sono nel pieno diritto, avendo ricevuto in donazione quei terreni che sono reclamati dalla comunità.

Ma la cosa tragica è stato quando si è scoperto dal documento di donazione che la terra gli è stata donata realmente, ma per sviluppare un progetto per famiglie povere. Mentre in realtà quello che loro stanno facendo è un residenziale, tant’è vero che stanno costruendo il muro perimetrale per evitare passaggi di ladri vari.

E la cosa più triste è che l’Avvocato dello Stato è la carica a cui tocca difendere i diritti dello stato in materia di terre, e quindi è competente e deve alzare la voce sull’uso contrario al contratto di donazione che la Banca sta facendo della terra del suo progetto.

La Banca ci ha citati per martedì nella loro sede per trovare un accordo.

Ma prima la comunità deve mettersi d’accordo su quale posizione prendere.

Il caso del barrio Mirador Norte, dove la comunità reclama che non se le sottraggano i terreni destinati a servizi ed area verde, è finito ieri sul giornale, il Listin Diario.

A questo indirizzo c’è l’articolo di ieri (puoi vedere la prima pagina del giornale).

Per oggi alle due, tra meno di due ore, siamo convocati davanti al Tribunale della Terra per chiarire le cose.

Secondo le informazioni che hanno i dirigenti comunitari la Banca che sta costruendo il progetto ha ricevuto solo 200,000 metri quadrati di terra, e in donazione, mentre che la Banca sostiene che ne ha comprati 900,000.

Oggi si dovrebbe far chiarezza sulla cosa.


Una delle recite

I ragazzi del gruppo di teatro della parrocchia – che sono praticamente gli stessi del gruppo Ciempiés – hanno fatto oggi pomeriggio la celebrazione della “festa della mamma”.

Anzitutto c’è da dire che qui la festa della mamma non è solo dei bambini, ma è vissuta con molto amore da parte di tutti, compresi gli adulti. Molti di loro vanno a passarsi il fine settimana al campo dalla mamma per stare con lei con calma e coccolarsela con amore!

Nonostante il tempo sia stato capriccioso (ogni tanto apparivano spruzzi di pioggia), le cose sono andate bene: varie canzoni e poesie, tre belle recite, due balli, e un concerto finale di un gruppo che suona bachata.

Per realizzare la celebrazione abbiamo dovuto fermare la trivellazione del pozzo. Continueranno domani.

Da stamattina, perché la festa riuscisse bene, ho dovuto fare il lavoro del “maggiordomo”, cioè del padrone di casa, per fornire tutto il materiale che la parrocchia ha e che era necessario per la buona riuscita: teloni per il sole e la pioggia, playwook per fare il piccolo palco, sedie, ecc.


Alcune delle madri presenti

Mi sono sentito poco prete, ma molto servitore.

I responsabili del gruppo di teatro, poi, hanno un bel modo di dire le cose. Sono molto rispettosi, e cercano di non entrare in conflitto. In questo senso si lavora molto bene con loro.

Dall’altra parte, sono un po’ sbadati e un po’ irresponsabili: alle due mi hanno acceso il generatore elettrico per provare i microfoni (naturalmente non c’era luce) e poi l’hanno lasciato acceso come se niente fosse; hanno usato i playwood senza domandare se si poteva o no; hanno vestito con minigonne astronomiche le ragazzine che facevano il ballo.

Nel complesso però, la celebrazione è stata una cosa molto positiva. Alla fine dell’attività varie madri mi hanno ringraziato dicendomi che gli era piaciuta molto.

Per i vari trasporti in camionetta ho trovato autisti molto disponibili, soprattutto José e Lewis, che mi hanno scarozzato i ragazzi del gruppo e gli apparati musicali in lungo e in largo.

Qui si dice “giorno della madre”. Si celebra in tutte le salse, e non solo l’ultima domenica di maggio, che è il giorno canonico, ma anche i giorni precedenti, nella scuola, parrocchia, catechismo, ecc.

Tutte le madri dominicane sono felici in questi giorni.


L'incensazione del Santissimo

La celebrazione diocesana del Corpus Domini è stata fantastica.

Eravamo nel parco Mirador del Est, che non è tanto un parco quanto una specie di giardinetti ben grandi, senza scivoli ma con il gigantesco “faro a Colombo”, mausoleo di commemorazione dei 500 anni della scoperta dell’America.

Ho visto che i preti c’eravamo un bel numero.


La grande folla presente alla celebrazione

La gente ha risposto oltre misura. A occhi c’erano tra le 50 e le 100 mila persone! La maggior parte di loro erano i messaggeri del terzo piano pastorale, che hanno ricevuto il mandato ufficiale dal cardinale arcivescovo. Immaginatevi questa multitudine immensa, sparsa sui prati, tra monti e valli (il terreno è irregolare), tra alberelli e aiuole.

Il tempo ci è stato clementissimo. Una giornata perfettamente tersa, con un venticello piacevolissimo.

Dalle 3 e mezza che è iniziato, abbiamo finito alle sette!

La gente mi sembrava molto contenta.


La benedizione dei messaggeri

La nostra parrocchia ci siamo organizzati il trasporto per settore. Ogni settore contrattava gli autobus che necessitava. Credo che in tutto hanno partecipato un 500 persone.

Il momento più emozionante è stata la benedizione dei messaggeri. Il cardinale ha invitato i messaggeri ad alzare la mano destra in segno di giuramento e di impegno, quindi ha fatto loro alcune domande sullo stile delle promesse battesimali, ma riferite al loro lavoro di portare la lettera mensile alle 10/15 famiglie che saranno loro assegnate.

Il silenzio in cui tutta quella moltitudinaria assemblea era immersa faceva toccare con mano l’azione di Dio in questo popolo dominicano.

Dopo queste promesse è venuta la benedizione solenne, seguita da un caloroso applauso.

Il barrio Mirador Norte, della nostra parrocchia, è in lotta per le sua aree verdi.

La legge domenicana prevede che ogni progetto abitazionale abbia date percentuali del terreno dedicate ad aree verdi, sport, servizi.

Purtroppo il progetto Mirador Norte è stato concluso in fretta e furia senza realizzare né aree verdi, né aree sportive, né religiose,… niente!

Adesso, da qualche anno, una banca a partecipazione statale si è impossessata di un terreno limitrofo del progetto Mirador Norte, e in questi giorni hanno cominciato a fare una parete divisoria.

La comunità si è messa in allerta, e ci sono state anche minacce di morte da parte di un capitano dei militari inviati a proteggere i lavoratori.

Stamattina abbiamo avuto la visita di un pezzo grosso della banca, ma ha fatto orecchie da sordo a quello che la comunità diceva.

Sono conflitti che non sono facili da gestire, e io personalmente non vede come la comunità possa var valere il suo diritto.

Continuerò ad appoggiarli, in maniera che non si sacrifichi chi già c’è in favore di chi verrà.

9:52 pm

Pan Pepín

Pan Pepín è una marca di pan carré. Però l’industria fabbrica anche una specie di baghette, che vende congelate ai vari mcDonald per fare panini vari.

Sembra che nei giorni scorsi abbiamo avuto un problema alle celle frigorifere, e si sono trovati con montagne di pane che non possono vendere.

Un loro dipendente mi ha avvicinato ieri, e mi ha riferito che questo pane lo stavano regalando a chi potesse farlo arrivare ai poveri.

Così stamattina sono andato là, con un po’ di diffidenza, e con la paura che fosse una cosa strana.

Invece mi hanno dato ben 60 scatole contenenti ognuna 30 panini lunghi mezzo metro! erano mezzi congelati, ma ci hanno detto che sono da consumare al più presto. Sono precotti, e quindi la cottura deve terminare con 15/20 minuti di forno in casa.

Le 60 scatole stipavano la camionetta all’inverosimile. Grazie a Dio avevo con me Pepe, che sempre mi accompagna quando vado in città.

All’arrivo in parrocchia, nel pomeriggio, ho detto a Pipín che mi chiamasse la gente dei dintorni. Sono cominciati ad arrivare a frotte, e a tutti davamo 2/3 panini, secondo la composizione della famiglia. Come un ritornello, le raccomandazioni sulla cottura e sul consumo veloce.

Un bel po’ di scatole sono andate alla scuola, uno o due panini per ognuno degli studenti del pomeriggio. Una volta tanto sono stati privilegiati loro!

Mi sono rimaste una quindicina di scatole, che domani mattina farò arrivare ai vari settori con i responsabili di settore, perché li facciano arrivare alle famiglie più bisognose.

9:03 pm

Piove a dirotto

Alle otto e un quarto di stasera si è messo a piovere a dirotto.

Le previsioni dicono che continuerà almeno fino a domenica, anche se diminuendo di intensità.

Di fatto siamo all’umido già da quindici giorni.

Il tempo sembra ormai migliorato.

Domani se il Signore ci aiuta riprendiamo i lavori della nuova cappella!

È da più di una settimana che il sole si vede mezz’ora al giorno.

Piove dalle tre alle 12 ore al giorno, nell’interno del paese ci sono state frane e inondazioni.

La pioggia ci ha rallentato i lavori di costruzione della cappella. Domenica era il giorno in cui potevamo avanzare di più, e si è potuto lavorare solo al pomeriggio, e solo nel tetto. Volevamo mettere la terra di livellamento del terreno, ma era troppo bagnata.

1:45 pm

Notte infame

Ieri sera, ritornato da Bayahibe, non vedevo l’ora di dormire.

Invece, mi ha accolto una musica assordante.

La discoteca di fronte a noi aveva uno spettacolo musicale all’aperto. Da camera mia si sentiva fortissimo, m’immagino cosa doveva essere vicino ai loro altoparlanti.

Appena mi sono reso conto di come girava la cosa ho telefonato alla polizia, la quale è arrivata sul posto, sembra, dopo mezz’ora.

Dico sembra perché al passare la mezz’ora la musica si è zittita.

Invece dopo un ulteriore quarto è ripresa. Ho interpretato che la polizia se n’era andata e che quindi si sono sentiti liberi di riiniziare.

Così ho chiamato un altro servizio della stessa polizia, radiopattuglia. Hanno mandato un’unità, e a quel punto la musica è finita definitivamente.

Erano le due e un quarto.

Lara, te lo sei perso, dovevi andare via il giorno dopo!

Io non amo i saluti.

Mi sembra ieri che sono arrivata e già me ne vado… Per la prima volta in un mese mi sento un po’ triste al pensiero di non rivedere più i volti sempre sorridenti dei ragazzi della scuola.

Quando li ho salutati è stato da una parte gratificante perché ho capito quanto loro ci tenessero a me, dall’altro sono stata male all’idea del distacco. È sempre così per me, in ogni posto dove vado incontro persone speciali con le quali nasce subito un bel rapporto di amicizia, mi ci affeziono tantissimo, solo che poi arriva il momento si salutarsi. In fondo non penso che le distanze contino molto, i miei migliori amici abitano lontano da me e non li vedo quasi mai, ma so che ci sono sempre.

In questo caso però mi viene anche da pensare: chissà quando potrò ripetere un’esperienza simile… Di sicuro voglio che questa sia solo la prima del genere. Mi piacerebbe tornare un giorno e rimanere per più tempo, almeno tre mesi, per riprendere da dove ho lasciato e sicuramente cercare di svolgere un lavoro più completo.

Penso di avere imparato tanto in questo mese: innanzitutto un po’ di spagnolo… Ora so che posso cavarmela da sola, nel senso che partire e venire qua di mia iniziativa mi spaventava anche un pochino (ovviamente non lo dicevo in giro perchè sennò non partivo proprio…); però era una cosa che desideravo tanto e alla fine ce l’ho fatta!

Da sempre sono convinta di essere una persona a cui piace condividere la propria vita con quella degli altri, però è anche vero che ho bisogno dei miei spazi. Amo stare da sola a guardare il mondo intorno a me. In questo periodo ho avuto modo di pensare tanto, anche agli aspetti negativi della vita e sono contenta di come ho reagito, sinceramente!

Veniamo ai ringraziamenti speciali: il primo a don Paolo che mi ha dato la possibilità di far parte di questo mondo splendido che è la missione. Non so se ricordate con quale gioia dice ogni singola Messa… In pratica sorride sia fuori che dentro, non puoi restare triste se lo ascolti!

Don Lorenzo che io non conoscevo è davvero una persona singolare. Voglio ricordarlo per la sua sensibilità estrema e costanza in un ambiente (questo di Santo Domingo) dove tali doti non vengono proprio contemplate…

Le suore che mi hanno fatto da mamma e per loro mi sono già ampiamente espressa ieri.

Infine le persone del barrio: bambini, ragazzi, giovani, adulti e anziani. La loro ospitalità, il loro calore, la loro amicizia sono qualcosa che si capisce solo stando qui al loro fianco, lavorando con loro o ascoltandoli nelle loro battaglie quotidiane, condividendo tutto quello che hanno e anche le cose che qua mancano… fino a dimenticare di essere piccoli “sé stessi” per diventare un grosso “noi “.

Ora vi saluto davvero e lo faccio con un gesto che ho imparato qui e cioè con un abbraccio di pace. Facciamo in modo che esso possa nascere dal nostro cuore e invadere il mondo intero!

9:53 pm

Duquesa (Lara)

Stamattina dalla casa si sentiva odore di spazzatura; capita quando bruciano i rifiuti a Duquesa, un campo non molto distante da qui. Don Paolo e don Lorenzo hanno lavorato molto per risolvere i problemi di questa zona che un tempo era un campo tranquillo, ma che ora funge da discarica per la città di Santo Domingo. Un giorno con suor Cristina ci sono anche stata, ma non ho trovato subito le parole per spiegare ciò che ho visto…

Venendo dalla strada principale c’è un punto in cui l’aria è quasi irrespirabile, forse è dovuto al fatto che non sono per niente abituata, non so… Lungo il tragitto si incontrano camion della spazzatura che appunto vanno a depositarla lì e quando dico lì significa proprio a fianco delle case del villaggio. In teoria ci sarebbe una certa distanza da rispettare, di fatto qui non esistono regole e se anche ci fossero non sarebbero rispettate: mentre eravamo ferme a parlare di fronte a una casa abbiamo proprio visto un camion che scaricava tutto ai suoi piedi!

Però la spazzatura non viene presa male qua, i ragazzi e bambini ci giocano sopra e soprattutto cercano materiali riutilizzabili come metalli o vetro per poi rivenderli. Mi ha detto Cristina che guadagnano bene e che è per questo che continuano a farlo. Ovviamente qui non conta se fa male alla salute…

Comunque c’è anche una nota positiva: quando stavamo tornando dal villaggio ho visto poco lontano una cisterna verde. Mi è stato spiegato che era opera nostra. Sì perchè da tempo Duquesa viveva praticamente senza acqua (un problema solo, mai…); grazie alla Missione Genovese e in particolare all’interessamento di Lorenzo si è potuto costruire questa cisterna e risolvere la questione dell’approvvigionamento idrico.

Mi ricordo che leggere le notizie di Duquesa da casa mi faceva sempre un certo effetto, forse perché studiando i criteri di progettazione di una discarica pensi che poi si debbano mettere in pratica. Vedendola dal vero non è mica così, senza tener conto delle vite umane che ci sono dentro… è sempre questione di adattarsi a un mondo molto diverso…

1:17 pm

Ladruncoli

A mezzogiorno di fianco alla cappella mi hanno rubato 8,000 pesos. Erano sul sedile della macchina, che avevo lasciata con i finestrini aperti perché eravamo lì un sacco di gente.

È bastato però spostarmi di alcuni metri, concretamente per fare il giro della cappella, e uscire così dalla vista della camionetta, perché due ragazzini che erano lì con noi addocchiassero i soldi e se li portassero via.

Mi direte: ma perché lasci i soldi sul sedile della macchina? È che erano una sacco di piccole banconote, praticamente due mazzette foltissime che neppure stavano nella tasca. Erano soldi della decima delle Comunità Apostoliche, Carmen me li aveva appena consegnati, e nella sossobra che stavo muovendo delle assi non ho pensato di nasconderli o di metterli al sicuro.

Così adesso devo tirare fuori ‘sti 8,000 pesos dalla mia tasca. Pazienza. Non è niente. Mi spiace di più che dei bambini di 12 anni che ti stavano aiutando non sanno resistere alla tentazione di rubare.

Questa sera alle sei doveva esserci la Via Lucis per le vie del campo, in realtà è saltata per un violento temporale che si è rovesciato su di noi e che dura ancora adesso, cioè da circa un’ora e mezza.

Al termine del corso di inglese io e la suora abbiamo trovato nel cortile della scuola don Lorenzo con la macchina: ci è venuto a prendere perché in effetti avevamo un minimo di dieci centimetri d’acqua e fango tutto intorno. Lorenzo per queste cose ha sempre un pensiero particolare…

Così abbiamo accompagnato a casa una professoressa e per strada mi è capitato di assistere a qualcosa di inusuale (cioè, non per i ragazzi del barrio). Quando piove così forte loro escono praticamente in costume, cosparsi di sapone e si lavano sotto l’acqua. Non so se già ve l’ho detto, ma i Dominicani hanno proprio la fissa della pulizia pur disponendo di quantità di acqua limitate.

Poi piano piano sono scesi proprio tutti in strada per fare festa, come quando da noi nevica. E passando con la macchina non corri il rischio di bagnarli perché già lo sono del tutto!

Quando piove le poche strade asfaltate diventano grossi laghi e se ci sono lavori in corso si creano buchi enormi che ovviamente non si vedono.

La prima cosa che ho pensato guardando quel fiume d’acqua sulla strada è che ci fossero i tombini intasati, ma qui la rete fognaria non esiste, è solo per quello che l’acqua si accumula in superficie e si mischia a tutto quello che poi ci galleggia sopra…

A casa ho parlato con Paolo e Lorenzo. Mi spiegavano che per ogni casa del barrio sarebbe già ottimale avere un tubo che si ricolleghi in profondità alla falda idrica per scaricare le acque nere: il ché mi ha lasciato abbastanza interdetta. Quindi la falda acquifera è bella che inquinata…perché in realtà quella a cui si ricollega l’acquedotto che rifornisce i dintorni dovrebbe stare a una profondità superiore, ma basta una zona di terreno più permeabile o un lavoro fatto male per mischiare le due cose! È per questo che non si può bere né è carino lavarsi i denti con l’acqua che esce dal rubinetto… lo stesso vale in generale anche per tutta la verdura cruda, che dev’essere lavata e disinfettata accuratamente prima di essere consumata. Ovviamente le famiglie che vivono nel barrio ci sono un po’ più abituate e non ci fanno così attenzione, ma credo che a lungo termine la cosa non faccia molto bene alla salute.

Chissà se la realtà col tempo migliorerà un pochino, il fatto che il barrio sia circondato da zone benestanti mi fa sperare che la ricchezza si diffonda un po’ anche qui.

10:48 pm

Gita! (Lara)

Oggi giornata bellissima, sono stata con tutte le classi dell’ottavo (i più grandi della primaria) a visitare le dune e le saline di Punta Salina che sta a tre orette di guagua dal Guaricano in una zona molto bella nel sud del paese… E soprattutto siamo andati alla spiaggia!¡!

I ragazzi dell’ottavo sono davvero simpatici, in pratica sono stati loro i primi a comunicare in pseudo-spagnolo con me; ora grossomodo li capisco e mi faccio capire (plus o más)… Così quando hanno saputo della gita mi hanno subito chiesto di accompagnarli e io che il venerdì tengo il corso di inglese solo con loro ho accettato. Non avrei mai pensato di trascorrere una giornata così tra tutti dominicani, io che quando sono arrivata di spagnolo non sapevo una parola!

La mattinata è stata questa: partenza 8.30 su due guague sinceramente a norma e ogni ragazzo aveva il suo posto, persino io! Musica e conversazione durante il tragitto, prima sosta alle dune con spiegazione della loro formazione e visita accurata (cioè, la mia un po’ meno, dopo due passi su quel minideserto ho pensato bene di rientrare e vederle da lontano per il sole e il caldo un po’ fortini…).

Seconda fermata alle saline dove i ragazzi hanno osservato i processi attraverso i quali si ottiene il sale. Al termine della visita hanno anche compilato un questionario che riassumeva un po’ quello che avevano visto: molti di loro si sono davvero impegnati nel rispondere alle domande, a ognuna mi chiedevano cosa ne pensavo e come sempre mi ha fatto piacere vederli così.

Terza ed ultima fermata: SPIAGGIA!!! Ora io una spiaggia tropicale dotata di mare tropicale e di palme o cocchi che siano non l’avevo mai vista dal vivo prima… non saprei come definirla… perchè le parole non le renderebbero merito! Comunque la cosa che più mi è piaciuta è stata quella di condividere il mio stupore, la felicità che provavo e la gioia di essere lì in quel momento con tutti i ragazzi che avevo intorno. Ho sempre pensato che quando si va in un posto nuovo come turisti non si possa capire fino in fondo la realtà che hai intorno perchè la vedi esternamente e “non la vivi dal di dentro” come se fosse la tua terra…oggi non è stato così, io mi sentivo una di loro, o meglio, loro mi hanno fatto sentire così!

Ovviamente abbiamo condiviso anche il cibo, i dominicani ti mettono a disposizione tutto quello che hanno, anche se non hanno molto, SEMPRE. Credo che questa cosa mi mancherà parecchio quando me ne andrò, così come i loro sorrisi, gli abbracci di pace, le piccole attenzioni che ti riservano continuamente e il tempo che sembra fermarsi quando tu desideri parlare con uno di loro perchè sistematicamente ti ascolterebbe all’infinito…

E la cosa più stupefacente è l’energia che ti danno queste persone: in pratica dopo una giornata di mare e guagua mi sento benissimo e rigenerata… Di beni materiali qui non ce ne sono, ma il cuore compensa!

9:47 pm

Primo venerdì

Stasera alla messa del primo venerdì c’era meno gente del solito, e non mi spiego perché.

L’unica cosa degna di nota oggi è che abbiamo cominciato la messa che c’era ancora la luce (se n’è andata a metà messa), e quindi probabilmente la gente che è arrivata verso le sei dal lavoro si è fermata in casa a lavare.

Di fatto era da un bel po’ che non avevamo luce a quell’ora!

Tutto il pomeriggio di oggi abbiamo avuto un rumore tremendo in parrocchia: stanno aprendo la calle principal per mettere i tubi che daranno al Guaricano (finalmente) l’acqua di fiume.

Purtroppo di fronte all’ufficio parrocchiale c’è uno spezzone di roccia durissima, che la ruspa non ha potuto togliere, e così ci stanno dando con i martelli pneumatici.

Un rumore incredibile. E purtroppo dà l’idea che ne avranno anche per la giornata di domani. Pazienza!

È comunque un sacrificio che si accetta volentieri, perché potrà risolvere un problema annoso: la mancanza d’acqua e la qualità dell’acqua. È un sogno: avere acqua quasi potabile in Guaricano!

Speriamo che diventi presto una realtà.

Stasera Don Paolo mi ha detto una frase che mi ha fatto riflettere:
“La cosa più difficile qua è riuscire ad accettare di essere in un mondo diverso dal tuo.”

Credo che la violenza che si respira lungo le strade del barrio sia da ricercarsi in un insieme di concause tra cui certamente l’ignoranza di alcune persone. Il fatto è che alla gente di qui manca a priori tutta una serie di opportunità che noi diamo per scontate. E adeguarsi a una realtà così differente rimane a volte difficile.

9:51 pm

Vandalismo

Stamattina ho scoperto cosa è l’impotenza contro il crimine.

Nel fare un posteggio ho fatto un piccolo segnetto a un paraurti di plastica vecchio di una macchina vecchio.

L’ho visto, e a dir la verità non mi sono preoccupato di rendermi conto se c’era il padrone della macchina o no.

Invece il padrone era lì, e appena sono stato un po’ più in là ha rotto apposta i fanali della camionetta della parrocchia.

Al rendermi conto, sono tornato indietro, calmo, e ho chiesto a vari uomini che c’erano lì chi era stato, mi hanno risposto candidamente “il padrone della macchiana”. E chi è? ho chiesto io. “Un delinquente del barrio. È meglio che te ne vai prima che gli venga voglia di tornare e magari ti rompe anche i vetri”.

Ho dovuto giocoforza andarmene, arrendendomi di fronte a una violenza gratuita.

Faccio fatica ancora adesso, a dodici ore di distanza, ad accettare che sia così, che abbia potuto rompermi quelle parti della macchina senza darmi una possibilità di spiegare o di chiedere scusa.

È il mondo dei “tigre”.


Lara al fiume

Oggi è stata una giornata bellissima…posso? Ok, lo ammetto: mi sono divertita un casino!!!

Sono stata insieme a Suor Modesta e al gruppo giovani della Parrocchia al Rio. La partenza è stata puntuale alle 8.00 su due guague (le nostre corriere ma un po più distrutte) che però non erano sufficienti perché alla fine si sono aggiunte 25 persone al di fuori del gruppo e lì sopra si stava strettini….

Diciamo che all’inizio mi è un po’ preso male: tutti quei ragazzi in così poco spazio, le norme di sicurezza qui non esistono… Poi siamo partiti ed è cominciata la musica ad alto volume (salsa, merengue, bachata) e visto che sono una ragazza come loro… ho incominciato a divertirmi e a ballare anch’io!¡!

Arrivati al fiume ci siamo tuffati immediatamente e abbiamo giocato nell’acqua per almeno due ore. Apro una parentesi: è impressionante vedere che la maggior parte di questi ragazzi non sa nuotare e nemmeno stare a galla…in pratica non hanno mai avuto la possibilità di imparare che ne so in piscina o al mare, perchè ci possono andare solo di rado. Ogni volta che mi avvicinavo a un punto dove non si toccava (tranquilla nonna, so che l’acqua non ti piace, ma come vedi va tutto molto bene anche se sinceramente mi manchi un po’) mi richiamavano all’ordine perchè a loro non è logicamente consentito andarci… E vista la mia passione per l’acqua, nel pomeriggio mi sono data alle lezioni collettive di nuoto!

E non è tutto… tra una nuotata e l’altra, c’era una pista da ballo (la piattaforma davanti al bar) sempre molto affollata. I ragazzi di qua ballano benissimo e poi i balli sono molto diversi dai nostri…io non ero molto capace, però a turno mi hanno insegnato, era un po’ che non mi divertivo così!!!

Nel pomeriggio ci hanno raggiunto anche don Paolo e le suore; per scacciare i brutti sogni don Paolo si è tuffato con noi e spero che stanotte la lotta con la zanzariera vada meglio…

La giornata mi è piaciuta in special modo perché ho finalmente avuto la possibilità di stare insieme a questi ragazzi e conoscere un po’ tutti, parlando, cantando, giocando,… cosa che nella riunione settimanale non riesco molto a fare perchè dura così poco e loro sono così tanti…

Al ritorno eravamo tutti stanchini e al ritmo di salsa siamo rientrati nel barrio. È stato proprio un giorno di festa questo, non solo nel senso di pausa dal lavoro come lo intendiamo noi, ma anche e soprattutto di gioia pura e allegria!!!

7:52 pm

Foto del barrio

Eccovi una serie di foto, per farvi un’idea anche visuale della vita di qui.


Una anziana signora

Molti anziani malati o semi malati passano la giornata fuori della casa aspettando che qualcuno scambi due parole con loro.


Strada non asfaltata

La condizione di molte strade del Guaricano è fatiscente

La distribuzione dell’energia elettrica è molto precaria e ogni giorno ci sono dalle 6 alle 12 ore di black-out


Groviglio di fili

L’ambiente verdeggiante e pieno di luce mette allegria nel cuore e fornisce molti alimenti di prima necessità in maniera facile.


Canna e banane

Casa di lamiera

Molte case del Guaricano sono poverissime.


Casa due piani

Chi riesce a mettere insieme qualcosa di più lo usa per dare solidità alla casa.

Le acque (bianche e nere) scorrono spesso più o meno incanalate tra una casa e l’altra.


Acqua tra le case

Il traffico non è gran cosa, e i bambini possono permettersi di giocare in strada.


Bambini in strada

Stamattina a lezione di inglese Gloria era ovviamente assente, il ragazzo morto ieri era suo fratello maggiore. Insieme a Suor Modesta sono stata a casa loro, non so che dire… Ho smesso di chiedermi il perché di certe cose che succedono, però non ho smesso di pregare… e magari non sono una che lo fa spesso o con le parole giuste però ci metto il cuore… Perciò chiedo anche a voi una preghiera per quel ragazzo e la sua famiglia, sono sicura che il vostro amore li aiuterà.

2:21 pm

Traffico

Stamattina ho dovuto andare in città, e ho passato due ore in un traffico tremendo.

La ragione: la feria del libro, che si sta facendo in un palazzo del governo nella Máximo Gómez.

Tutto lì attorno c’è un traffico che non ci si muove.

Amada è un membro, ben attivo, dell’Associazione di genitori della nostra scuola. È anche animatrice di comunità di base.

Ieri sera le hanno ammazzato un figlio di 26 anni, si chiamava Joselito.

Faceva l’autista di uno dei tanti autobus privati che si sono in Repubblica Dominicana, tutti i giorni in servizio sulla stessa linea.

Ieri sera è andato come al solito a portare l’autobus al garage sociale, e all’uscita gli hanno sparato tre colpi. Un taxi l’ha portato all’ospedale, dove è morto mezz’ora dopo.

La cosa tragica è che non si vede nessuna ragione logica per cui possano averlo ammazzato.

Inizialmente si è detto che erano dei ladri, ma poi si è scoperto che non gli hanno portato via niente.

L’unica ipotesi che rimane è che sia una vendetta dell’altro sindacato dei trasporti. In pratica nel paese si contendono i trasporti FENATRANO e CONATRA. È successo varie volte che si sono dati botte in strada, normalmente per il controllo di una linea.

Sembra che qualche giorno fa un autista membro di CONATRA è stato vittima di un’aggressione, e questa poteva essere una vendetta, visto che Joselito apparteneva a FENATRANO.

Rimane da spiegare perché se la sono presa con una persona assolutamente tranquilla, e che dentro al sindacato non contava assolutamente niente.

Tutte queste cose aggiungono dolore alla situazione già tragica che la famiglia sta affrontando.

Amada è abbastanza preoccupata perché il marito l’ha lasciata da vari anni e non l’aiuta per niente. Era Joselito che la manteneva, lei e soprattutto Danielito e Gloria, i suoi due figli più piccoli che fanno seconda e terza media.

Così stiamo pensando a che maniera aiutarla, con la parrocchia e con la scuola.

Ciao, sono Lara. Vi racconto la mia giornata che in effetti è stata particolarmente intensa.

Ieri notte sono stata insieme a don Lorenzo con l’ambulanza all’ospedale (ho anche guidato!); lì infatti accompagna due volte la settimana una ragazza che ha bisogno della dialisi e che sinceramente non sembra stare molto bene. Tralasciando condizioni igieniche nelle corsie e nelle sale di aspetto della clinica, la cosa che mi ha un po’ stupito è il fatto che questa ragazza arriva all’ospedale sistematicamente nel primo pomeriggio, si mette in coda per la dialisi e di norma non esce prima delle 11 di sera!!! Ieri poi in via del tutto eccezionale ha terminato all’una passata…

Stamattina sveglia presto per corsi inglese (ci sto prendendo gusto); a metà mattinata insieme al personale della scuola ho preparato un megacartellone che raccoglie i disegni fatti dai miei ragazzi dell’oratorio in Italia per quelli di qua. La cosa ha attirato l’attenzione di todos los niños e durante la ricreazione sono stata letteralmente presa d’assalto da due classi di prima, cioè circa da settanta bambini!

Pomeriggio pieno di lezioni fino alle 17.30 quando ho finalmente cominciato il corso di inglese per i professori. Da ieri Suor Serafina segue le mie due ultime lezioni del pomeriggio e mi da una mano: è indiana e l’inglese lo sa abbastanza, perciò si può pensare che prosegua il mio lavoro quando me ne andrò (stiamo già organizzando…).

Infine verso le sette ho partecipato alla riunione del gruppo giovani che si tiene ogni mercoledì e al quale non posso proprio mancare perchè i ragazzi di qua mi hanno accolto a braccia aperte da subito e ovviamente la simpatia è reciproca.

Sono stanchina, stasera a tavola non vedevo nemmeno il piatto… però sono entusiasta della mia giornata lunga lunga ma volata via in un attimo, alla prox!

Lara

Ciao a tutti,

sono Lara. Ormai è più di una settimana che vivo qui ma ancora non sono in grado di valutare quello che vedo perché non lo conosco e non mi va di dare giudizi affrettati. Voglio però parlarvi delle mie impressioni nel confrontarmi con una realtà tanto diversa da quella a cui sono abituata.

Appena sono entrata nel barrio sono rimasta impressionata dalla quantità di persone che lo animano, dal costante rumore che c’è per le strade, dagli aquiloni costruiti dai bambini che poi finiscono incastrati tra i fili della luce.

La luce: spesso, e praticamente sempre quando serve, non c’è. Ad esempio verso sera, quando ho lezione con i grandi del liceo rimaniamo sempre al buio; ma l’unica a farci veramente caso sono io, per i ragazzi questo fa parte della normalità, come tante altra cose.

Un po’ di giorni fa (precisamente nel momento in cui mi ero dedicata al bucato) è piovuto forte per un po’. Quando a Genova diciamo che bastano due gocce d’acqua per mandare in crisi un mondo forse non ci rendiamo molto conto… Nel barrio le stradine non sono asfaltate e la terra, che solitamente con il vento alza una discreta quantità di polvere, diventa fango misto a sporcizia: ovviamente qui la vita va avanti e i bambini rimangono a giocare nel fango.

Mi guardo intorno e non ho il tempo di pensare: don Paolo mi ha dato subito tanto lavoro da fare, cosa che per me è stata sicuramente un bene (grazie davvero anche per questo…). Alla mattina quando entro nella scuola i bambini mi corrono incontro e mi saltano addosso, ogni volta è un’emozione bellissima: c’è chi mi abbraccia, chi mi da un bacio, chi mi prende per mano e chi tenta di parlarmi in inglese, basta stabilire un contatto e si sa che con i bambini ci sono mille modi non spiegabili a parole.

Anche il rapporto con don Lorenzo, le suore, i professori e il personale della scuola e della casa è speciale, sono sempre gentili e attenti a quello di cui potrei aver bisogno.

Qui le persone hanno sempre tempo da dedicarti… Il primo è proprio don Paolo: anche quando è di corsa riesce con uno sguardo o un saluto a considerare tutti quelli che gli stanno intorno; e, come la gente del posto, lo fa con il sorriso!

Questo non è in assoluto un posto triste: ci sono problemi reali molto grossi, che probabilmente io posso solo immaginare, però ogni persona vive con il sole dentro e il sole, si sa, illumina tutto quello che ha intorno.

Alla prox! Lara

Stasera abbiamo fatto il penultimo incontro.

Forti dell’esperienza delle altre volte (poche coppie che si sposano subito) ho deciso di incentivare la cosa offrendo il salone parrocchiale per il rinfresco, e mettendo con la parrocchia la torta.

Inoltre si è suggerito di trovare chi possa prestare i vestiti agli sposi e spose, perché questa è un’altra causa di grosse spese e quindi, in mancanza di soldi, di ritardo a sposarsi.

Delle coppie che hanno fatto il corso negli ultimi tre anni, credo che solo il 20% si sono sposati. Gli altri… il motivo sembra economico, soprattutto.

3:05 pm

Sangue marcio

Stamattina sono andato per cambiare un certificato bancario. Per evitare di ritornare mi sono premurato di telefonare prima di andare in maniera di sapere precisamente cosa mi serviva. Così mi sono procurato tutto il necessario e sono partito.

Purtroppo arrivato là, ed entrato dall’impiegato dopo 15 minuti di coda, mi è stato detto che mi mancava un timbro della parrocchia.

Aaaaargh! Mi sono trattenuto ma ho avuto un momento di rabbia. Ho cercato di mettere la cosa in mano del Signore, con fede, e il Signore mi ha aiutato e mi ha subito tranquillizzato.

Abbiamo celebrato la messa del funerale del papa stamattina, alle 10 nella parrocchia dell’Amparo.

Il padre Federico ha presieduto, e io ho fatto la predica, centrata al 90% sul testamento di Giovanni Paolo II.

La chiesa era piena (circa 400 persone), presenti varie classi di liceo.

Faremo una messa di suffragio per il papa tutte e tre le parrocchie di Guaricano insieme, venerdì mattina alle 10. La celebraremo nella parrocchia dell’Amparo.

Stiamo invitando tutti i presidenti di Juntas de Vecinos, e tutta la popolazione in generale, compresa la polizia.

Invece a livello nazionale si celebrarà una Messa, lo stesso giorno e alla stessa ora, nella basilica di Higüey.

Tutta la chiesa diocesana di Santo Domingo si unisce nella preghiera per il papa. Allo stesso tempo è piena di riconoscenza per un ministero vissuto in maniera tanto intensa e feconda.

E c’è anche un po’ di aspettativa, qui, per l’ipotesi che il card. Nicolás López Rodríguez possa essere il prossimo papa. Nel mio studio c’è una foto mia con lui di quando abbiamo consacrato l’altare nuovo della parrocchia, che è lì pronta per essere messa in primo piano nell’eventualità che…

Domani pomeriggio nella cattedrale di Santo Domingo si celebrarà una Messa per il papa.

La gente qui è molto sensibile a queste cose, andando per la strada molti mi domandano come sta.

9:08 pm

Umido

Stasera sta piovviginando, e si sente molto l’umidità.

È strano, qui si considera che la quaresima è secca, e che dopo comincia a piovere. E quest’anno la quaresima è bello presto!

Boh…

Liciale ed Emiliana sono una coppia di sposi. Vi parlo di loro perché stanno vivendo un’esperienza molto bella di carità.

Nel loro settore, nel loro barrio, c’è un anziano abbandonato. Ha una sorella più anziana di lui, e un nipote, figlio della sorella, mezzo malato. Non si vedono altri parenti, e di fatto è abbandonato a se stesso. Tra l’altro quando era più giovane sembra che fosse una persona insopportabile.

Bene, da vari mesi Liciale ed Emiliana vanno tutti i giorni a lavarlo. E non è una cosa da niente, perché questo signore non controlla i suoi sfinteri, e quindi ci sono escrementi da tutte le parti. Liciale ed Emiliana lo puliscono con pazienza e puliscono la casa.

Altri vicini gli portano da mangiare tutti i giorni.

È un caso pietoso, ma che ha suscitato generosità grandi.

1:13 pm

‘sta luce…

Ieri sera dovevo finire di mettere a posto il pc del liceo, perché ne avevano bisogno (l’ho migrato a ubuntulinux), ma le batterie dell’inversore si sono scaricate e mi hanno lasciato senza luce alle 22.20.

Così ho dovuto finire l’ultima mezz’oretta stamattina prima della messa. Adesso sia tutto a posto. Ho messo a posto gli ultimi dettagli quando abbiamo fatto la prova con la segretaria alle 8 di stamattina.

Questa settimana nelle CEBs (Comunità Ecclesiali di Base) rifletteremo sul messaggio del papa per la quaresima.

Parla del significato e dell’importanza della vecchiaia.

Ho voluto farli lavorare su questo messaggio perché lo stesso ha un sapore molto autobiografico, e fa riflettere realmente sul valore che i vecchi hanno nel mondo.

Qui in Repubblica Dominicana non c’è ancora la corsa ai ricoveri come in Italia, perlomeno qui in Guaricano (in zone più ricche della città sembra di sì), ma dobbiamo stare attenti perché appena salirà il livello del tenore di vita il rischio è di fare la stessa fine.

Da una settimana eravamo dietro al problema della spazzatura di Duquesa. Era successo che dal novembre scorso avevano cominciato a tirare la spazzatura dell’immondezzaio a cielo aperto a 20 metri dalle case del paese.

La gente all’inizio si è messa sul piede di guerra, facendo qualche sciopero. Ma non è riuscita ad avere niente.

Poi, grazie a Dio, è scoppiato un piccolo caso con una denuncia di lavori minorili appunto nel tirare fuori spazzatura riciclabile da quello che depositavano i camion. Così il ministero del lavoro si è mosso, e l’incaricato ha avuto la capacità di riunire i soggetti interessati: la comunità, che poi ha chiesto una mano anche a me, il municipio, e l’impresa che gestisce l’immondezzaio.

Le cose sono andate a finire che ieri eravamo seduti attorno a un tavolo, in presenza del magistrato dell’ambiente. Il quale ha provvisto a mettere in una condizione di quasi detenzione il rappresentante del municipio e il gerente dell’immondezzaio, per costringerli a mettersi d’accordo con la comunità su una distanza più prudente.

La cosa ha sortito il suo effetto, perché stamattina abbiamo potuto concludere e siglare l’accordo: la spazzatura sarà deposta a non meno di 225 dal centro abitato.

È un bel risultato, considerato che due mesi fa sembrava non ci fosse possibilità di dialogo sulla faccenda. Un bell’esempio di concertazione andata a buon fine. La presenza di un prete ha costituito un richiamo alla serietà e un aiuto per trovare una soluzione al problema.

Rimane l’incongruenza con una legge che obbliga a trovare una sistemazione diversa all’immondezzaio, perché si prescrive che deve essere almeno a un kilometro e mezzo dalle case. E l’attuale immondezzaio è tutto in un raggio di un kilometro da Duquesa. Come si risolverà la faccenda? In una prossima puntata vi dirò qualcosa di più!

Approfitto di qualche settimana di vacanza a Genova, dalla mia famiglia, per scrivervi con più calma questa lettera, che vuole essere innanzitutto un ringraziamento al Signore per tutto quello che la Missione Diocesana di Santo Domingo ha potuto essere in quest’anno, e quindi un ringraziamento anche a ciascuno di voi, che, ognuno da casa sua, con l’attenzione amorosa, l’offerta del lavoro, del sacrificio e della preghiera, ci siete stati vicini.

È stato un anno intenso, e anche un anno molto particolare. Provo a scrivere le cose principali, perché aiutino me e voi ad amare sempre più quel Signore che ha reso possibile tutto questo.

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Una cosa molto bella che abbiamo vissuto è stata la presenza con noi di Paola Longhi, una sorella di Quinto che per la seconda volta è venuta a passare qualche mese con noi. Paola è stata per noi un dono grande, con la sua femminilità laica, che si è integrata molto bene nella comunità della Missione.

Paola si è integrata nel lavoro della nostra scuola, aiutando la direzione e lo psicologo a trattare un caso abbastanza difficile: una bambina che subiva violenze sessuali in casa da parte del patrigno. La mamma dipendeva economicamente dal marito, e per questo non aveva il coraggio di far uscire alla luce la situazione. Il problema si è manifestato perché la bambina ha cominciato a rinchiudersi in un mutismo preoccupante, e a scuola se ne sono resi conto. Lo psicologo ha parlato con la bambina, ma senza troppi risultati. Così del caso si sono fatti carico Paola, lo stesso psicologo, e la vice direttrice. Hanno portato avanti una serie di riunioni, prima con la madre, poi con il marito della donna. Per Paola è stata un’esperienza significativa, che le ha permesso di entrare in contatto con la vita concreta di una famiglia, e di dare il suo contributo di esperienza.

Ma l’esperienza di Paola si è vista soprattutto nel lancio del gruppo di auto-aiuto. Il lavoro ormai decennale che Paola realizza a Genova con genitori di tossicodipendenti, con malati di cancro e altre persone che vivono situazioni difficili si è concretizzato anche nel tessuto della Missione. Riunendo una decina di uomini e donne, Paola li ha accompagnati in modo che possano a loro volta aiutare altri con questo tipo di cammino. L’esiguità del tempo a disposizione ha lasciato il discorso aperto, e chiediamo al Signore che Paola possa tornare e portare avanti questo lavoro.

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Nella scuola e nella parrocchia Santa Margarita abbiamo invece vissuto una situazione di prova. Una maestra che lavorava come direttrice docente della scuola serale già da tempo aveva difficoltà a vivere una collaborazione serena con il sottoscritto e con il resto dei collaboratori. La cosa si manifestava periodicamente in atti di disobbedienza su cose importanti, in conflitti con membri della Associazione di Genitori, in parole violente verso gli studenti e altre persone.

La situazione, analizzata in ripetute occasioni con il Consiglio Pastorale della Parrocchia, era arrivata a un punto tale che si è dovuto decidere l’allontanamento della direttrice. Pur avendo cercato i momenti e le forme migliori per comunicarle la decisione, il risultato è stato che ella si è risentita fortemente. In presenza del sottoscritto, e anche in presenza dei maestri che lavoravano con lei si è espressa varie volte con foga e anche con rabbia, lamentandosi di essere stata calpestata e trattata a pesci in faccia. La cosa è uscita pure in una riunione di direttori della zona didattica. La situazione è evoluta in maniera peggiore del dovuto per il marito, che era del gruppo dei maestri della scuola serale, e che naturalmente le ha dato man forte. Inoltre tutti i maestri della scuola serale si sono schierati con lei, e tre di essi, tutti evangelici, se ne sono voluti andare dalla scuola. La prova è continuata quando si è scelto il sostituto, perché al non scegliere uno dei maestri suoi collaboratori, gli stessi si sono ulteriormente risentiti. La nuova direttrice, che fa la maestra nel turno del pomeriggio, si è trovata a dover gestire una situazione incandescente, che solo adesso, dopo quattro mesi, sta cominciando ad assumere i toni della normalità.

Questa situazione si è potuta gestire grazie alla compattezza della Parrocchia e dell’Associazione dei Genitori della Scuola, che condividevano e vedevano chiaramente la necessità del cambio. E per me è stato importante anche sapere della preghiera di tanti fratelli e sorelle, al di là dell’Oceano, nella Chiesa che mi ha inviato.

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Continuando a parlare della scuola, nel Liceo questo è stato l’anno dell’informatica. Già si impartiva la materia, prevista dai programmi ministeriali, ma solo in maniera teorica, per la mancanza di un laboratorio. Grazie al Signore, abbiamo avuto questo e altro. Come?

  • Un locale che prima usavo come mio ufficio si è ampliato ed ha potuto alloggiare 13 computer. Sfruttando una tecnologia server-cliente su piattaforma Linux si è potuto realizzare un laboratorio economico ma tecnologicamente all’avanguardia. L’uso di Linux invece di Windows ci ha evitato i costi esorbitanti delle licenze software. E per le macchine clienti non ci sarà bisogno di aggiornarne l’hardware periodicamente, perché si collegano al server, e i programmi girano su quello.
    La presenza di questo laboratorio, anche se limitato (le classi sono di 30 alunni), ha permesso di dare il complemento pratico necessario. Anzi, durante l’estate si è cominciato a tutta birra con un corso accelerato, che hanno frequentato una trentina di ragazzi.
  • La seconda realizzazione è stato il corso di amministratore di sistema. Il Signore mi ha fatto incontrare un ex professore universitario che ha messo su una fondazione per la promozione del software libero. Costui ci ha offerto la possibilità di un corso base di informatica avanzata per trenta studenti della scuola. La cosa bella è che gli studenti hanno accolto con entusiasmo la cosa, soprattutto perché dal dialogo con il professore è emerso che saranno concrete le possibilità di lavoro. I genitori, dal canto loro, sono più che contenti, considerando anche che il corso costerà alle famiglie 150 pesos settimanali (quattro euro) compresi gli spostamenti, quando altri corsi che si trovano in giro costano qualcosa come 500 pesos mensili solo per il corso.

Tutto questo mi riempie di gioia, perché significa opportunità per i nostri ragazzi di inserirsi meglio nel mondo del lavoro e nell’università. Al tempo stesso, ci spinge a mettere ancora più impegno nel dare spessore umano e cristiano al cammino formativo del Centro Educativo.

A questo riguardo, tutti gli anni, in Quaresima facciamo dei momenti di ritiro spirituale per gli studenti: a gruppi di 60, andiamo in una casa molto adatta, e lì cerchiamo di far scoprire ai ragazzi la bellezza del cammino di fede nella chiesa. Non è facile, perché solo una piccola parte dei nostri studenti vengono a Messa. Al tempo stesso è meno difficile di quello che sarebbe qui, perché nella cultura dominicana la religiosità è vista con interesse e non con sospetto come in Italia. E in questi ritiri si risolvono anche tanti conflitti tra studenti della stessa classe, alcuni ragazzi cominciano ad avvicinarsi ai gruppi giovanili della parrocchia, e a giudizio unanime dei professori l’impegno nelle lezioni diventa maggiore.

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Per finire con la scuola, in quest’estate che è passata abbiamo potuto realizzare la terminazione di un pezzo di edificio che era rimasto inconcluso: mancava una parte di intonaco, e il tetto era rimasto indeterminato, nel senso che bisognava decidere se si lasciava come era o si aggiungeva un altro piano. Alla fine abbiamo optato per la seconda soluzione, ma realizzando una struttura leggera in travi di acciaio perché il cemento armato non offriva le adeguate garanzie per la sicurezza dell’edificio.

Ne è venuto fuori una terminazione inconsueta, forse, ma funzionale. Il costo: attorno ai 100.000 dollari. Qui sono venute bene le varie offerte, che, silenziosamente ma in maniera costante, molti di voi hanno inviato. Quando l’ingegnere mi aveva dato il preventivo, con tutti i dettagli dei costi, all’inizio mi ero spaventato, ma alla fine mi sono detto: valeva la pena. Adesso, a lavoro concluso, con spazi in più a disposizione, e con un’aula in più che ci ha permesso di iscrivere più bambini, il mio cuore ringrazia solo il Signore. E, naturalmente, anche ognuno di voi, che siete stati suo strumento per quest’opera meravigliosa.

Adesso, se il Signore ci aiuta, per l’estate prossima si pensa di aggiungere un piano all’altro edificio. Lì alloggeremo il Laboratorio di Informatica della scuola primaria, in maniera che già dalla quinta possano cominciare a prendere dimestichezza con i computer. Oltre a ciò, alloggerà un’aula per l’educazione artistica ed una sala per la biblioteca. Il preventivo dovrebbe essere sui 90.000 dollari, una parte dei quali speriamo di riceverli dalla Regione Liguria. E sono sicuro che la Provvidenza non ci farà mancare il resto.

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La Parrocchia di Santiago el Menor ha vissuto un momento speciale quando sono stati inaugurati i lavori di rimodellazione della chiesa. Don Franco si è fatto in quattro perché tutto rimanesse perfetto, e bisogna dire che c’è riuscito. Il cardinale di Santo Domingo, venuto per l’inaugurazione, ha detto di trovarsi nella “Basilica del Guaricano”. I lavori hanno compreso la costruzione del nuovo presbiterio, l’allargamento della navata, l’intonacatura di una parete mezza nascosta, e la plafoniera che ha finalmente nascosto il tetto in lamiera. Oltre a questo, la parte esterna è stata rimodellata completamente, e resa bella dallo studio architettonico realizzato da una sorella architetta.

La gente è orgogliosa, e finalmente sente di avere una vera chiesa. Un locale più accogliente è segno di una chiesa-comunità più aperta. La domenica seguente all’inaugurazione, don Franco pensava di vedere spazi vuoti in chiesa. Invece, il nuovo spazio in più ha subito trovato chi lo riempisse. Ed è vero che a volte la gente non viene a Messa perché non sa dove sedersi! A don Franco vanno i complimenti di tutti noi!

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La parrocchia di Santa Margarita sta vivendo un momento molto bello, con due uomini sposati che si stanno preparando per essere ordinati diaconi. Marcial e Juan Luis hanno cominciato l’ultimo anno degli studi teologici (sono tre in tutto). Hanno ricevuto il ministero del lettorato, e in questi giorni, purtroppo me lo perdo, il ministero dell’accolitato. Tutta la parrocchia si sente con una gioia grande, perché vede l’opera di Dio nella crescita di questi fratelli.

Per loro la preparazione al diaconato significa un impegno forte per vivere la chiesa e il servizio pieno e disinteressato in essa. Per Marcial l’ordinazione sarà, a Dio piacendo, nel giugno prossimo, mentre Juan Luis farà prima un anno di più intensa pratica pastorale. Questi frutti sono la cosa più bella, più ancora che tante opere di ingegneria, perché è lo stesso Spirito Santo che suscita nei cuori la generosità e la voglia di servire.

Alla celebrazione del lettorato c’era anche suor Cristina. Cristina è un altro frutto dell’evangelizzazione che con l’aiuto del Signore si realizza nella Missione. Tre anni fa aveva iniziato la formazione religiosa nella casa madre delle nostre suore Brignoline, e il 18 Aprile, in Guaricano, ha emesso i primi voti, nelle mani della madre generale suor Daniela, e con la presenza del vescovo ausiliare di Santo Domingo, mons. Amancio Escapa. Anche questo evento è stato un dono specialissimo per la nostra comunità missionaria. L’arrivo di suor Cristina in comunità ha reso più leggera la partenza di suor Roberta, chiamata dalla congregazione ad altro servizio.

E le cose belle non sono finite, perché quest’anno abbiamo avuto l’ingresso di un nuovo giovane della parrocchia al Seminario Minore. Miguel Angel si è aggiunto a Heriberto e Willy, che già erano entrati l’anno scorso. Il Signore mi fa il regalo grande di vedere sbocciare queste vocazioni. Sono solo all’inizio, e dovranno passare molte prove, però sono comunque segno del Signore Gesù che è vivo e continua ad affascinare giovani perché si mettano al suo servizio!

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Ma l’avvenimento principale di quest’anno è stata senz’altro la visita del Cardinal Bertone. Ai primi di settembre è venuto a visitare la Missione, e si è fermato con noi dieci giorni. Sono stati giorni di grazia, anzitutto perché la nostra piccola vita comunitaria è stata arricchita dalla presenza affabile e umana del nostro pastore e di don Stefano, il suo segretario. Ma anche perché le comunità parrocchiali hanno potuto incontrare colui che ha inviato noi preti. Gli incontri nelle parrocchie sono stati momenti di sentire ecclesiale grande. La gente del Guaricano si è sentita amata dalla chiesa genovese!

Il cardinal Bertone ha potuto incontrare anche il presbiterio di Santo Domingo. Non ho potuto essere presente quel giorno a causa di un malessere: ma pochi giorni dopo vari preti dominicani, vedendomi, hanno voluto… farmi i complimenti, per la ricchezza umana e pastorale che hanno visto nel nostro vescovo. Con lui siamo anche stati a pranzo dal cardinale di Santo Domingo e dal Nunzio. Al tempo stesso il cardinal Bertone non si è tirato indietro quando si è trattato di visitare i villaggi e di andare nei settori dove le strade sono ancora di fango. Per tutti ha avuto una parola di affetto e di incoraggiamento.

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La visita del nostro arcivescovo è stata anche l’occasione per fare il punto della situazione. Dal dialogo è emersa la realtà dell’opera della Missione, che ormai ha “dissodato” bene il terreno. Se quando la Missione è arrivata al Guaricano le cose erano agli inizi, adesso ci sono tre parrocchie, un Centro Educativo e un Dispensario Medico che funzionano a pieno ritmo.

Il cardinale ha visto che è ormai il tempo di lasciare camminare il bambino senza sorreggerlo per le braccia. Così le due parrocchie di Santiago el Menor e di Nuestra Señora del Amparo sono state consegnate all’Arcivescovo di Santo Domingo per essere portate avanti dal clero secolare. È stato un momento non facile, per don Franco che ha passato le consegne, e anche per le due parrocchie, che non possono dimenticare i dodici anni camminati con al fianco la chiesa genovese. Ciononostante, la serenità del trapasso ha reso meno pesante il cambio, e il nuovo parroco, il padre dominicano Federico Marcial, che tra le altre cose parla perfettamente l’italiano perché ha studiato per tre anni a Roma, ha iniziato con gioia il suo ministero.

Don Franco, da parte sua, ha effettuato un forte lavoro di programmazione e preparazione delle attività dei prossimi mesi, in maniera che la transizione fosse la più delicata possibile. E il padre Federico, riconoscente, ha potuto rendersi conto di questo ultimo gesto di generosità ricevuto da Genova. A fine novembre don Franco è partito per Genova. I suoi tre anni sono stati fruttuosi: un giovane è entrato in seminario, è stata fatta nascere l’esperienza dei Ritiri di Evangelizzazione già ben collaudata in Santa Margarita, ed è stato notevole l’impulso dato a tutte le attività parrocchiali, soprattutto a quelle giovanili.

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La visita del card. Bertone ha permesso di delineare anche i progetti futuri: come far fruttare al meglio le offerte che da tante persone generose arrivano alla missione, in maniera libera o come adozioni a distanza?

Oltre al lavoro che già si sta portando avanti, con il Consultorio Medico e il Centro di Nutrizione per Bambini Poveri e Denutriti, il card. ci ha indicato un’altra direttrice importante: cominciare a costruire la nuova chiesa di Santa Margarita. Questa parrocchia ha già una tettoia, peraltro abbastanza funzionale. Però c’è un terreno nuovo, donato già due anni fa da una banca dominicana, con la finalità di costruire una chiesa nella parte più bassa della parrocchia. Per la gente la notizia di questo nuovo e forte impegno della chiesa genovese è stata accolta con l’entusiasmo più grande, perché la presenza di una chiesa, con i suoi locali parrocchiali, significa possibilità nuova per la pastorale e per la carità.

I lavori della chiesa nuova saranno affiancati dall’ampliamento della zona dove si trova l’attuale centro parrocchiale: un terreno al lato della tettoia che vi dicevo è estremamente necessario perché la vita parrocchiale continui ad avere un respiro, e stiamo cercando di comprarlo. Per questo vi chiedo soprattutto una preghiera, in modo che le trattative ci conducano a condizioni che ci permettano di realizzare l’acquisto.

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La visita del card. Bertone ha visto anche l’inaugurazione consultorio nuovo. I lavori di costruzione della nuova struttura sono durati quasi un anno. Abbiamo abbandonato i vecchi locali attigui alla parrocchia di Santa Margarita, e sono stati costruiti i nuovi nel giardino della casa. Chi è stato ed ha visto si è reso conto che la nuova struttura è funzionale, ampia ed aperta a progetti futuri.

Ebbene, il 9 Settembre ha visto, oltre al nostro arcivescovo, anche la presenza del card. López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, e dell’Ambasciatore Italiano, dott. Giorgio Sfara. Molta gente è intervenuta al solenne atto di inaugurazione, per la gioia di noi preti e delle nostre suore, che lavorano in prima persona nel dispensario.

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Ma il 2004 era anche l’Anno dell’Acqua. Già dalla metà del 2003 in diocesi si era pensato di celebrarlo con la realizzazione di varie opere legate all’acqua nei vari continenti. Per l’America, sarebbe stato portare l’acqua a un piccolo villaggio di 250 famiglie, Duquesa, situato sul limite della parrocchia Santa Margarita.

Don Lorenzo si è messo con molto amore dietro alla realizzazione di questo progetto. Una prima idea di realizzare un pozzo profondo con una pompa per tirare su l’acqua è stato abbandonato per la concomitanza del deposito della spazzatura della capitale. Così si è valorizzato un acquedotto che fino a qualche anno fa portava l’acqua alla piccola comunità, ma che da parecchio tempo non è più in funzione per la rottura dei tubi.

Così, sotto la guida di don Lorenzo, si è realizzata una cisterna di più di 20 metri cubici, nella quale si accumula l’acqua che, intermittentemente, arriva dai vecchi tubi. Da lì, una potente pompa elettrica manda l’acqua verso Duquesa, che è situata su un piccolo altopiano, e che risulta circa 20 metri più in alto del punto dove arrivavano i tubi. Arrivando dentro al villaggio, alcuni rubinetti posti in punti strategici consentono alla gente di rifornirsi dell’acqua necessaria per bere, lavare e lavarsi. La gente della comunità ha aiutato negli scavi, nella messa in posa dei tubi, nella costruzione della cisterna. Cosicché all’impegno della chiesa genovese è corrisposto un impegno anche della comunità locale. Varie persone hanno lavorato vari giorni gratuitamente. Sono gli aspetti belli, che la vostra carità, e le offerte che moltissimi hanno mandato per questo scopo, rende possibili!

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Manca solo una cosa di cui parlare: la nuova ambulanza! Qualche anno fa, una generosa benefattrice ha mandato una somma ingente, perché la Missione si dotasse di un’ambulanza. La cosa è stata realizzata adagio adagio. Non è stato facile individuare il veicolo adatto, comprarlo, adattarlo. Don Lorenzo ha sudato sangue perché tutto fosse fatto bene. Purtroppo non ho foto, ma posso dirvi solo una cosa. L’ambulanza, non ancora inaugurata, ha fatto già due servizi, e Lorenzo ne è stato l’autista.

I prossimi passi da fare sono quelli per formare la comunità dei volontari: autisti, semi-infermieri, telefonisti, ecc. Grazie a Dio si è fatta avanti una associazione che raggruppa vari giovani del Guaricano, con desiderio di dare una mano. Le cose sono in via di definizione, e con l’aiuto di Dio e la vostra preghiera presto l’ambulanza sarà un servizio disponibile per tutti!

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Vi ho parlato poco delle suore. Attualmente sono in quattro.

Suor Modesta è adessa la più vecchia di permanenza nella missione: è arrivata sei anni fa insieme a me e a don Lorenzo. Svolge il suo lavoro nella scuola, insegnando religione nel turno del mattino. Lavora parecchio anche in casa, soprattutto facendo la grande spesa settimanale per la comunità. Inoltre porta avanti il Circolo Vocazionale della Parrocchia, e accompagna vari gruppi di giovani. Suor Modesta è così un punto di riferimento bello della vita di Santa Margarita.

Suor Blessila, in missione da tre anni, è arrivata insieme a Franco. Infermiera professionale, svolge la sua attività nel Dispensario Medico, dove passa le mattinate nella Farmacia e a contatto con il personale medico e paramedico. Silenziosa, lavoratrice, con i suoi scherzi rallegra la vita di casa.

Suor Cristina: di lei già vi ho detto che in aprile è arrivata e ha fatto la sua prima professione religiosa. I tre anni di formazione in Italia l’hanno irrobustita nella preparazione teologica, e la giovane età le rende facile dare la sua testimonianza di amore al Signore e di consacrazione a lui. Attualmente si dedica soprattutto allo studio della pedagogia nell’Università Cattolica di Santo Domingo, dove si prepara per il futuro lavoro nella nostra scuola.

Ultima arrivata, suor Serafina è una donna matura. Indiana, del Kerala (India) come Modesta e Blessila, porta la sua esperienza e la sua preparazione come infermiera. Svolge la funzione di superiora della comunità, e lavora nel Consultorio insieme a suor Blessila. Finora ha un po’ di difficoltà con la lingua (da pochi mesi è arrivata direttamente dall’India), ma la buona volontà è tanta e non tarderà a capire e farsi capire dai dominicani.

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Volevo fare un piccolo resoconto, mi è venuto più lungo del previsto. Ve ne chiedo scusa. Ma sento che in questa maniera mi comincio a “sdebitare” con tanti fratelli e sorelle che hanno sentito come propria, perché di tutta la comunità diocesana genovese, la Missione del Guaricano.

Come avete potuto leggere, l’amore di Dio mette le ali alla carità. Dove dei cuori amano insieme a Cristo, sbocciano i fiori e nascono i miracoli. Quando l’evangelizzazione accompagna la promozione umana, i cuori si aprono a Cristo e le famiglie e le persone guariscono da cancrene pericolose. Gesù è l’unica salvezza, e con il vostro aiuto ci sforziamo di portarlo a tutti. Sappiamo che anche voi, nella nostra amata Genova, vi sentite impegnati per realizzare questo compito meraviglioso. Con l’aiuto di Dio, tutti cerchiamo di portare avanti quest’opera, certi delle parole di Gesù: “Andate e annunciate il Vangelo a ogni creatura. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,16).

Grazie! Grazie di cuore, a tutti!

Ieri pomeriggio il sindaco ha inaugurato un pezzo di strada che il municipio ha asfaltato.

È stato una celebrazione già di campagna elettorale, con tutte le persone che hanno parlato che dicevano che questo è il sindaco ideale, che fa tutto bene, ecc.

Da parte mia, dopo aver fatto la preghiera, nel breve tempo che avevo il microfono in mano gli ho fatto i complimenti per questo lavoro, ma gli ho anche detto che i cittadini si aspettano due cose:

1. Che l’amministrazione delle risorse sia sempre più trasparente, perché tutti possiamo sapere quanto entra e quanto esce e dove va.

2. Che bisogna evitare a tutti i costi di pagare stipendi a persone che non fanno niente, come succede di vedere molte volte che si entra nelle officine pubbliche.

Non credo che siano piaciute molto queste cose, ma qualcuno le deve pur dire.

Da parte sua il sindaco ha detto che ha fatto molti lavori in Guaricano. Che io sappia ne ha fatto uno solo, aggiustare il campo di basket dei multis.

In realtà deve aver fatto qualcosa anche a una “cañada”, ma il lavoro non è durato molto.

Comunque voglio informarmi meglio, per sapere bene com’è la situazione, se ha fatto qualcosa o no.

9:08 pm

Notte da bestie

La notte scorsa abbiamo fatto fatica a dormire.

Di fronte a noi c’è da sei mesi un disco car wash, cioè una discoteca dove ti lavano la macchina che parcheggi.

Ieri sera, venerdì, invece della solita musica al chiuso hanno fatto musica all’aperto. È cominciata abbastanza tardi, verso le undici. Stavo giá dormendo, e non me ne sono accorto.

Il problema è nato alle due e mezza, quando un bisogno mi ha costretto ad alzarmi dal letto. Mi sono reso conto che la musica della discoteca all’aperto era tanto forte che sembrava di avere in camera uno stereo a tutto volume. E questo con le persiane sbarrate completamente.

Per il colmo dell’ironia, nello stesso pomeriggio il padrone della discoteca è venuto a cercare Lorenzo dicendo che ci sarebbe stata la musica all’aperto, e che si scusava, e che non sarebbe stato troppo spesso… Cronaca di una pugnalata annunciata! Dalle due e mezza sono riuscito a riaddormentarmi alle tre e mezza, quando hanno smesso.

Le suore non hanno dormito niente, Lorenzo neppure, il padre Federico neppure. Sila, la nostra cuoca, che vive a trecento metri di distanza, e che è infossata perché vive dietro a una collinetta, ha detto che anche a lei sembrava di avere la musica in casa.

Domani o dopodomani andrò a parlare con il padrone della discoteca. Ma se non arriviamo a un cambio dovremo andare dalla polizia.

2:10 pm

Sconti

Mi è successa una cosa, che forse è indicativa dei rapporti commerciali di qui.

È da anni che come tipografia vado da una fabbrica di buste. Sono loro cliente almeno da 2 anni.

Ho fatto fare un preventivo di una certa quantità di buste stampate per la parrocchia. Totale: 7,900 pesos.

Per controllare, ho fatto fare un altro preventivo, da un tipografo lì vicino, che so che compra le buste da loro. risultato: 6,350 pesos!

Al reclamare al primo, me l’ha lasciate a 6,000 pesos.

Mi sono allora chiesto: se prendevo per buono il suo primo prezzo, quanto ci guadagnava?!?

Se le settimane passate avevamo circa 10 ore di luce, a orari regolari, adesso le cose stanno peggiorando: ieri e oggi le ore di luce sono state solo 6. Si prospetta un uso più intenso dei generatori elettrici.