Contributi del mese di Settembre 2005

Siamo alle battute finali della costruzione dell’ufficio e canonica della Divina Misericordia.

Manca solo il pozzo settico e mettere le piastrelle nella stanza. Ah, e anche montare l’arredamento dei bagni e le persiane alle finestre. Beh, sono un po’ di cose. In realtà bisogna anche terminare di pitturarla, ma ormai ci siamo.

È possibile che tra quindici giorni la inauguriamo!

L’atto finale della Settimana Biblica è stata la processione con la Bibbia.

L’abbiamo fatta in tre gruppi: uno il settore dei campos, uno la parrocchia di Santa Margarita, e il terzo la parrocchia Divina Misericordia.

Il numero di gente che c’era era più o meno quello che ha partecipato alle quattro catechesi sulla Bibbia: un centinaio a Betania a alla Divina Misericordia, e una cinquantina nel settore San Ramón.

Per la processione di Santa Margarita ho passato il pomeriggio pensando come mettere in bella evidenza la Bibbia, senza riuscire a trovare una maniera facile, decorosa e degna.


I chierichetti con la Bibbia

Poi, pochi minuti prima di partire, l’idea: ho fatto salire i chierichetti sulla camionetta (ce n’erano una decina), e a turno uno di loro teneva la Bibbia ben in alto, aperta. Di fianco, altri due chierichetti in piedi come quello del mezzo, con in mano ognuno un cerone. Un altro chierichetto sosteneva un vaso con una composizione floreale che era ancora quella di domenica scorsa. E gli altri chierichetti portavano in mano rametti di una pianta di qua che è in fiore adesso e che da dei fiori viola bellissimi. Spero di riuscire a farvi vedere la foto, l’effetto era troppo bello.

La camminata è durata un’ora e mezzo, siamo passati per tutti e quattro i settori che compongono la parte urbana di Santa Margarita. Cinque stazioni, preparate a partire da un materiale diocesano, ci hanno aiutato a meditare sulla bellezza e l’importanza della Parola di Dio.

La processione si è conclusa con la Messa, e dopo ho anche aprofittato per correggere varie cose nel servizio dei chierichetti. Mi piace molto questo gruppo di chierichetti che c’è adesso, sono ben gasati, vari di loro sono ben intelligenti, c’è anche il figlio di Félix, il direttore del distretto scolastico.

Che dire? Il Signore mi sta facendo vivere esperienze molto belle! Spero che altri confratelli genovesi possano avere questa possibilità: si fatica (come del resto a Genova) ma si vedono anche tantissime cose belle (come a Genova).

La Disco Light di ieri sera è stata brava: hanno smesso alle 10 e mezza. Fa pensare che probabilmente era una festa di un compleanno, qualche padrino pieno di soldi ha pensato di affittare camion con altoparlanti e con tanto di dj.

E stasera non sono tornati, grazie a Dio! Se continuavano, stavamo tre notti senza dormire!

Stasera mi sono reso conto ancora di più dell’entusiasmo di questi fratelli domenicani per la bibbia.

Il tema di oggi era sul rapporto Antico-Nuovo Testamento. Ho cercato di sminuzzarlo con amore, alla fine, facendo un giro di quello che avevano registrato nella memoria, ho visto che più o meno, tra tutti, hanno captato tutto.

Poi, tornando in parrocchia (ricordate che io la settimana biblica l’ho fatta a Jacagua?), e portando con me Chapito e Noni, due giovani del gruppo, abbiamo trovato lì Yonatan e Grégory, altri due giovani dello stesso gruppo Ciempiés.

Ho chiesto a questi ultimi di dirmi cosa avevano capito, e hanno sfornato immediatamente una serie di nozioni, corrispondenti ai quattro giorni. In quel momento allora Chapito e Noni si sono entusiasmati, e hanno rincarato con quello che hanno imparato loro. La cosa è andata avanti con due o tre battute e ribattute, ma mi ha commosso al vedere l’entusiasmo e la gioia di sapere qualcosa di più.

Anche questo è una cosa grande: grazie, Signore!

9:40 pm

Disco Light

Sono qui che sto cercando di fare qualcosa, ma mi riesce difficile perché a 100 metri da casa nostra hanno piazzato una Disco Light, cioè un camion carico di altoparlanti che diffondono musica sfrenata a un volume altissimo.

Va be’ che sono ancora le nove e mezza, ma se continuano, come l’esperienza fa pensare, fino alle tre di notte, nessuno dormirà qui.

Oggi pomeriggio ho parlato con due madri, in cui figli sono implicati in una rivalità tra bande.

È cominciato tutto con il fatto che uno dei due aveva una fidanzata. Dopo un certo tempo, la fidanzata lo lascia e si mette con un altro. Il primo non glielo perdona, e diventa nemico del secondo. Gli amici del primo diventano amici del secondo.

Comincia così una minaccia continua, un tirar fuori (e varie volte) usare il machete, o il pugnale.

Finché la madre di uno di questi ragazzi di 17/18 anni si stufa e mette una denuncia contro uno della banda opposta che aveva minacciato suo figlio pochi giorni prima.

La cosa arriva quindi davanti al giudice conciliatore, che convoca le due madri e i due figli, cercando di trovare una soluzione pacifica.

La speranza è che i due giovani riflettano. Di fatto le due madri rimangono molto lontane. Ognuna delle due pensa che l’altra sta proteggendo suo figlio, e pure che l’altra sottostima il genere di vita di banda che fa il figlio dell’altra.

Sto cercando di farle incontrare, ma la vedo dura…

Pensaci tu, Signore!

Stamattina con la riunione dei genitori è stata la volta del liceo.

Abbiamo approfittato per riaffermare alcuni punti poco chiari per gli studenti.

Da parte mia ho insistito sull’identità Cattolica del nostro liceo. Cristina poi ha rinforzato il concetto parlandogli del fatto che la sua materia (religione) è una delle più importanti nel nostro centro educativo. Di fatto i ragazzi tendono a considerarla una materia cuscinetto (come in Italia).

Ho anche presentato il preventivo per l’anno nuovo. Lì ho creduto bene dire che il direttore (io) non riceve uno stipendio, ma che quando ci sarà un prete domenicano bisognerà darglielo.

C’erano 150/200 persone: una buona parte dei genitori.

Alla fine abbiamo invitato chi fosse disponibile a collaborare con il lavoro dell’Associazione di Genitori, e sono venute fuori quattro persone. Insieme ai cinque dell’anno scorso (Jacinta, Deisy, Laura, Leonidas, Morena Hierro) collaborareranno con la direzione nel prendere le decisioni più importanti, aiuteranno con le gite, daranno una mano a sorvegliare i ragazzi nella ricreazione, esigiranno il pago delle quote mensili.

Con l’aiuto del Signore faremo un buon lavoro anche quest’anno!

10:27 pm

Sbobinando (28)

Dopopranzo alla missione: due seminaristi stanno dipingendo la scritta Ambulancia, non perché ci sia da riservare un posto (chi glielo porta via, a don Lorenzo?) ma perché così farà la sua figura; scaletta, scatoletta e pennellino, vedrai che bello.

Io sto guardando il lustrascarpe Pepe: ha la faccia triangolare, un po’ palestinese, la fronte spaziosa e il naso che punta dritto verso le labbra; la bocca piccola contiene parte di una dentatura sgangherata, le orecchie sono grandi e un po’ a sventola; ha il modo di parlare delle persone semplici, con l’espressione un po’ felice e un po’ incerta, la lingua che batte sui denti che mancano.

Sui jeans indossa una felpa bluette con lo stemma di una chiesa, sulla schiena leggo: Hacia El Tercer Plan Pastoral, verso il terzo piano pastorale; la scritta è rotonda e al centro c’è un Gesù Cristo sorridente.

Il lustrascarpe Pepe sa di inestricabili nodi interiori; magrissimo, di media statura, i capelli sono corti e più scuri dei baffi brizzolati, ha una barba non fatta da due o tre giorni; le braccia sono sottili e pelose, le dita magre si muovono con grande abilità: con la mano sinistra prende il lucido nero dalla scatoletta che sringe fra le ginocchia, e con le dita spalma il lucido sul mocassino nero in cui ha infilato la mano destra.

Pepe, da quanti anni fa il lustrascarpe? “Ho cominciato a pulire scarpe da piccolo e non ho mai fatto un altro lavoro: avevo 6 anni, ora ne ho 41. Mi sarebbe piaciuto fare qualcos’altro, studiare per diventare avvocato, ma mi hanno mandato a pulire scarpe e questa è l’unica cosa che ho fatto in vita mia”.

La catechesi di oggi della Settimana Biblica era su come cercare una citazione della bibbia.

È un tema molto importante, perché qui moltissima gente legge le letture giornaliere in casa sua con una bibbia e un calendario liturgico.

E se non sa decifrare le citazioni del calendario legge ben poco o legge cose a caso.

A jacagua c’era anche oggi un bel gruppo, anzi, direi che più di ieri, e pieni di entusiasmo.

Grazie, Signore!

Stasera è stato il primo incontro della I Settimana Biblica Parrocchiale.

Io sono stato a farlo a Jacagua, Lorenzo alla cappella del Chimbú, e Francesco a Betania. Tutti avevamo un bel po’ di gente, e forse l’incontro più partecipato è stato appunto quello di Betania, il più centrale.

Da parte mia avevo una quarantina di persone, tutti o quasi quelli delle comunità apostoliche, più altri, compresi vari giovani del gruppo di là.

Lorenzo, nel Chimbú, ha avuto un po’ di problemi con la luce: mi sono dimenticato di passargli la lampada ricaricabile, e dopo il tramonto ha dovuto lavorare a lume di candela. Mi ha anche fatto presente che per la quantità di gente gli serve anche un amplificatore.

Nello spostarmi a Jacagua ho anche bucato una gomma. Grazie al Signore avevo con me Noni e Chapito, due giovani del gruppo Ciempiés, che mi hanno aiutato e non ci è venuto tardi. E pensare che quando mi hanno detto che volevano andare a Jacagua con me mi sono detto “Ma chi ce li vuole questi?”. Il Signore mi ha fatto capire che dovevo accettarli più bene!

Stamattina abbiamo celebrato santa Virginia nella Messa che si celebra tutti i lunedì nel dispensario medico.

Le suore hanno preparato un altare bellissimo, con fiori ben curati e tovaglia dorata.

Il sottoscritto ha presieduto la celebrazione, accompagnato da Marcial e da tre chierichetti.

La festa ci fa sentire la presenza di tanti fratelli genovesi, e più ancora quest’anno al pensare che il giorno 22 in casa madre si sono ritrovate parecchie persone legate alla missione: Paola, Fiammetta, Lara, Sandra, Orietta, Carmen, suor Serafina, suor Daniela. Loro là, noi qua, uniti nella venerazione di questa grande santa della carità della Genova del XVII secolo.

Le nostre suore, con la loro operosità spesso silenziosa, ci fanno sentire presente santa Virginia in mezzo a noi.

Domani celebriamo la festa di Santa Virginia, la fondatrice delle nostre suore.

Per prepararmi la predica ho approfittato e ho messo su wikipedia una parte della sua vita. La potete leggere a http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Virginia_Centurione_Bracelli.

Se volete andare avanti a scriverla, potete farlo, ma per favore evitate il copia-incolla da altri siti, perché si va a finire subito in un problema di copyright.

Stasera ho approfittato che la messa me la diceva Lorenzo e sono andato ad accompagnare quasi tutti i seminaristi al seminario.

Ho potuto anche parlare con il nuovo vicerettore del prefilosofato, il padre … (mannaggia, non mi ricordo il nome!)… ah, sì, David, ordinato prete da un mese. È stato un colloquio interessante.

Mi rimane da parlare con il padre Alejandro, che è il rettore.

Gli scambi di idee con i superiori del seminario sono sempre utili. Dopo tutto essendo il parroco di questi ragazzi sono un loro formatore anch’io!

Stamattina abbiamo avuto il ritiro eucaristico, fatto con le catechesi rielaborate da me.

I proclamatori hanno lavorato decisamente meglio. Ho fatto un po’ di fatica a rielaborare il lavoro del padre Navarro, ma ne è valsa la pena!

Se ancora non l’avete fatto guardate la nostra foto qualche articolo più in basso…

Fatto? Eh sì, finalmente ho conosciuto Fiammetta e ho rivisto Suor Serafina, che bel trio, non vi pare?

Siamo state ieri alla festa in onore di Santa Virginia Centurione Bracelli dalle Suore Brignoline, è stato proprio un bel pomeriggio. La Messa celebrata dal Vescovo ha visto anche la consacrazione di Suor Elisa, una ragazza che Suor Serafina mi aveva presentato qualche giorno prima al convento e che devo dire non mi aspettavo avrebbe preso i voti di lì a poco; non avevo mai assistito a nessuna consacrazione e devo dire che è stato un momento bello che non mi dimenticherò. E mi sono rimaste impresse le parole della predica sul fatto che esser santi significa “fare della propria esistenza un dono d’amore per gli altri”: per dire una cosa così mi ci sarebbe voluto un mese, per farla chissà se basterà una vita…

Al termine della Messa Suor Serafina ci ha fatto conoscere la Madre Generale alla quale abbiamo chiesto il permesso per poter trascorrere con Serafina qualche pomeriggio fuori e anche se la vedo dura dovremmo averla convinta (spero, anche perchè mi piacerebbe farle conoscere i ragazzi della mia Parrocchia che tanto si son dati da fare per la missione e poi ci sono i bambini del catechismo,… la sua testimonianza sarebbe molto importante!). Infine ho conosciuto anche Carmen, Sandra, Orietta,Paola e spero di averle ricordate tutte perchè c’era una tale confusione e risate che alla fine non avevo le idee molto chiare sui nomi. Per me pensare che avevo vicino persone appena tornate da Santo Domingo è stato un ulteriore incitamento a ritornarci prima o poi visto che mi manca tantissimo.

E poi è successa un’altra cosa significativa: mentre eravamo lì hanno chiamato dalla missione le suore! Così io e Fiammetta abbiamo potuto parlare direttamente con loro: Suor Cristina come al solito mi ha comunicato il sole che ha dentro anche se non la vedevo e Suor Modesta (alla quale dedico un pensiero particolare perchè sa sempre cosa dirmi per tirarmi sù…) mi ha detto che i ragazzi del liceo le chiedono sempre di me! Alla fine ogni volta che le sento ricevo sempre dei doni così grandi…

In settimana dovrebbe partire la spedizione dei famosi pacchi, Suor Serafina mi farà sapere, io intanto mi organizzo con le varie attività della parrocchia in vista di incontrarla di nuovo. Un abbraccio dal trio!!!

Oggi pomeriggio il liceo serale “Guaricano Adentro” aveva la cerimonia di graduazione (all’americana) dei nuovi bacillieri.

Sono stato invitato, e ho potuto fare un piccolo annuncio della parola di Dio: le beatitudini come invito all’impegno nella chiesa e nel mondo.

Celidio, il direttore, ha detto due parole in cui ha invitato ad affrontare le sfide della vita con fede, insieme al Signore Gesù. Ha cominciato dall’anno scorso a vivere con un po’ più di fedeltà la chiesa, grazie a un gruppo di preghiera carismatica.

Adesso sembra intenzionato a prepararsi per ricevere l’eucaristia (si è battezzato da grande e non ha mai fatto la prima comunione), e mi fa tenerezza l’idea che, spero tra qualche mese, faccia la comunione.

Te lo affido, Signore, attiralo verso di te.

Oggi, festa della Madonna della Mercé (Virgen de las Mercedes) ho cercato di organizzare una piccola gita al mare (o al fiume), con l’idea che mi aiutasse a stare qualche ora con i giovani di Jacagua.

I giovani di Jacagua in realtà o avevano altri programmi o non ne avevano voglia. Hanno declinato l’invito.

Già prima di ciò avevo detto anche ai responsabili dei vari gruppi giovanili che venissero anche loro, in maniera che anche loro li potessero conoscere. Al declinare i giovani di Jacagua, siamo rimasti d’accordo che saremmo andati solo con loro.

In realtà poi non siamo andati per niente. Kika e Rosanna non avevano capito che saremmo andati sicuramente, e avevano fatto anche loro altri programmi.

Vabbé, ho approfittato per stare un po’ più tranquillo, e mi sono fatto anche una dormitina nel pomeriggio.

7:44 pm

Sbobinando (27)

Il dubbio è di quelli più atroci: Cristoforo Colombo l’Ammiraglio, oppure Cristoforo Colombo l’Emigrante, il primo italiano della storia? E poi: il primo? E Marco Polo da Venezia? E Andalò di Savignone, che fece dopo di lui la stessa strada?

Niente paura, è che ho scoperto di potermi concedere un giorno di festa. Meglio: ho scoperto che c’è un festivo del quale non avevo mai sentito parlare: il 5 dicembre a Santo Domingo si festeggia l’immigrato italiano in Repubblica Dominicana; la festività è stata istituita nel 2004.

Il motivo va cercato nella storia: la data famosa è il 12 ottobre 1492, ma c’è, diciamo, un sotto-evento, datato appunto 5 dicembre 1492, quando Cristobal approdò davanti a un posto bellissimo, nel Nord, poco lontano da Puerto Plata, e gli parve adatto a celebrare la sua grande protettrice, la regina Isabela.

Il posto venne chiamato “La Isabela”; nonostante i saccheggi del periodo diattatoriale, c’è ancora qualcosa che ricorda Cristobal e la sua regina.

Anche questa storia me l’ha raccontata Aldo Burzatta.

7:41 pm

Sbobinando (26)

Martedì 26.07.05

Segretariato della comunità italiana di Santo Domingo, ufficio di Aldo Burzatta, faccia e fisico da ragazzone vitaminizzato. Capelli castani corti pettinati da un lato, fronte ampia e intonazione ottimistica nella voce; gesticola con sicurezza e sottolinea i concetti con una grande mobilità degli occhi e della bocca. Si vede che è abituato a trattare con la gente.

Siamo nella palazzina di fronte all’Ambasciata d’Italia, il posto sa di lavoro da vice-ambasciata: rapporti commerciali, pratiche di emigrazione e cose di questo genere.

Lo studio di Burzatta è piccolo: poltrona, scrivania con ampie bordature color radica, due poltroncine, un divanetto; alle pareti diplomi e fotografie, ma anche quadri con grandi disegni precolombiani in rilievo, un grande specchio divide la scrivania dalla finestra, una grande bandiera dominicana incrocia una grande bandiera italiana.

Dice il segretario: “Gli italiani qui fanno cose bellissime cose. Per esempio abbiamo l’accademia della cucina, l’associazione sommelier che questo ottobre ospiterà il congresso nazionale, sarà il primo svolto fuori dall’Italia. Il made in Italy qui è rappresentato al cento per cento, dal turismo alla cultura”.

Gli chiedo: in che rapporti siete con i missionari? Risponde: “Abbiamo ottimi contatti, ma ancora limitati, li abbiamo conosciuti tardi, vogliamo recuperare, far conoscere le attività delle missioni, come quella di Genova in Guaricano”.

Ancora: qual è l’atteggiamento delle autorità locali? “Le istituzioni locali appoggiano moltissimo queste associazioni volontarie, concedendo permessi, facilitando l’importazione di aiuti. Certo, loro non possono fare molto perché il bilancio del Paese non lo permette”.

Insomma si lasciano aiutare. Il simpatico ed efficiente Burzatta valorizza la generosità degli italiani di qui: i proprietari della storica pizzeria Vesuvio che a Natale “svuotano il ristorante e danno da mangiare ai bambini di strada”, oppure un bolognese che a Las Terrenas sta cercando di avviare “un corso di italiano per i bimbi italo-dominicani tramite la collaborazione con il Comune di Castel San Pietro che ha mandato insegnanti e tantissimo materiale”.

Non è proprio così, ma lo scopriremo più avanti.


Lara e Fiammetta con suor Serafina

Ohhhh… ecco… quanto tempo…

Indovinate un po’? Oggi… si è formato un trietto super…
1: LARA
2: SUOR SERAFINA
3: FIAMMETTA

Dunque: ho rivisto Serafina!!! E… ho conosciuto Lara!

Oggi c’è stata una festa per la madre fondatrice delle Suore Brignoline (si dice così?) nel convento a Marassi… Messa col cardinale (un’ora e mezza in piedi…) e poi rinfresco.

Ma a parte questo indovinate chi c’era oltre a noi tre? Carmen, Sandra, Orietta, la sorella di Carmen, la mamma di Lara, e Paola…. Mi ha fatto un certo effetto rivedere tutti insieme a Genova…

Serafina ci ha accolto sorridente (e ubriaca) come al solito (ovviamente scherzo con l’”ubriaca”)… Che strano vederla col vestito nero, velo tutto a posto senza neanche un capello fuori ecc…

Ci ha presentato la madre generale (che inspiegabilmente mi conosceva di nome… ?? … anzi lo so il perché ma tralasciamo…) e con Lara abbiamo cercato di strapparle un’uscita con Serafina.

Piccolo riassunto:

  • Sandra è arrivata in chiesa urlando che doveva confessarsi (ma era troppo tardi) e poi per penitenza si è seduta sotto un santo (scusate l’ignoranza ma non mi ricordo il nome) con una lancia puntata sulla sua testa… che ridere…
  • Poi ci ha raccontato di una urlata di Francesco per uno dei suoi (abituali) ritardi… altre risate …
  • La madre generale ci ha conosciuto uno per uno… (la sequenza Sandra – suor Daniela non è casuale. Chi ha orecchie per intendere…)
  • Carmen subito non l’ho riconosciuta perché i capelli erano più rossi del solito… Poi però quando si è appesa alla mia trippa prendendomi in giro ho capito subito…
  • Orietta si è informata di quando ci vedremo con Tarcisio e Tito (di nuovo “chi ha orecchi… intenda”…). E con Carmen giù a ridere di nuovo…
  • Lara si è dovuta sorbire un’ora e mezza di messa in piedi spiaccicata dietro una signora diciamo non magrissima…

Insomma è stato un pomeriggio di grandi risate di gruppo… Alla fine ero felicissima… Mi sono divertita molto e ho finalmente rivisto Serafina che con le sue risate di gusto e contagianti mi ha caricato tantissimo e mi ha risvegliato dal mio letargo (iniziato con l’inizio della scuola…)

C’era un atmosfera bellissima…

Ora però mi si stanno incrociando gli occhi… quindi… che dire…: Blessilla, Cristina, Lorenzo, Paolo, Francesco, suor Modesta (anche se non ti conosco)… vi aspettiamo con ansia!

Lo stesso vale per Willy, Heriberto, Elvis e gli altri ragazzi che prima o poi verranno a Roma…

A presto!

9:41 pm

Sbobinando (25)

Ancora Boca Chica, le ultime dalla spiaggia.

Una cesta di aragoste spettacolari, rosse come non le avevo mai viste. Mio suocero Achille me ne parlava sempre raccontandomi dei suoi viaggi nei Caraibi e dei pesci straordinari che vedeva pescare e vendere per quattro soldi. Lui le cucinava alla grande, quando ne parlava gli brillavano gli occhi. Ora che le vedo capisco.

Niente passa inosservato. Il buttadentro di un famoso bar ristorante di Boca Chica è un metro ottanta per 130 chili, camicione bianco aperto sulla pancia, pizzetto brizzolato, aria da predicatore, eloquio da televenditore. Faccio in tempo a chiedergli che cosa ci sia nel menu. Scrivo come capisco, e poiché parla a raffica capisco la metà.

Dice: “Questa è l’università del marisco, abbiamo il pesce fresco, aragosta, polpo, lambì, gamberi, pesce freschissimo, arroz, habichuela, la carne, insalata, la migliore piña colada dominicana. Tranquillità, onestà e sicurezza per voi. Tutti gli italiani vengono qui. È il nostro motto: onestà e sicurezza”.

Intorno, ragazze vestite alla marinara che ballano, baristi e camerieri indaffaratissimi, e poi capannelli di giocatori di domino, chiacchiere multilingue, un enorme americano legge l’ultima di Harry Potter, un fruttivendolo espone frutta strepitosa, un gigantesco poliziotto ci guarda con interesse.

Sembra Denzel Washington, l’attore. No, è il suo sosia dominicano: alto e massiccio, stemma di riconoscimento sul berretto scuro calato sugli occhiali scuri e a specchio, divisa di un bianco impeccabile, mostrine da sergente sui pizzi del colletto.

“Appartengo alla Politur, la Polizia turistica. Siamo qua per garantire la sicurezza degli ospiti, per orientarli e per proteggerli. Noi diamo appoggio al turista affinchè non abbia problemi e al suo ritorno in patria dica a tutti che si è trovato bene. Il turismo per noi è una risorsa importante”.

Non male l’idea del Politur. Voi che ne dite?

9:41 pm

Sbobinando (24)

(Scusate l’assenza, ma il lavoro chiamava e non ho potuto sbobinare; comunque, rieccomi: è sempre il pomeriggio di lunedì 25 luglio 2005)

Da Boca Chica a Prà il passo è breve: merito di Nancy, proprietaria di un ristorante ma soprattutto di un bel faccione sorridente.

Siamo entrati nel locale perché prometteva cucina italiana e abbiamo trovato una dominicana che dice “la nostra cucina romagnola” e sa tutto sul pesto, mostra il menu che vanta le nostre care trenette e confessa, come unico cruccio, l’uso di un mortaio di legno anziché di marmo.

Nancy è un bel tipo: ha imparato la cucina romagnola da un fidanzato romagnolo, e i segreti del pesto, su suggerimento (indovinate un po’) di un altro fidanzato, li ha appresi nei ristoranti di Genova e riviere; sa tutto, comprese naturalmente le qualità del miglior basilico.

Non vorrebbe farsi intervistare perché non è in tiro come dovrebbe esserlo la dueña di un ristorante, poi si arrende.

“Lo so che il vero basilico è quello di Prà – ci spiega sfidando la nostra incredulità – quando sono stata a Genova sono andata a cercarlo, è stata una cosa davvero interessante”.

Sfodera due tovagliette, una raffigurante i luoghi colombiani di Genova e Liguria, una monografica sul pesto.

Ma come fa a farlo qui? “Ho un po’ di terra, me lo coltivo. Uso solo le foglioline piccole, altrimenti sa di menta e non va bene”.

Il suo italiano è ottimo. Il locale è molto bello. La cucina sarà anche romagnola con un’eccezione per il pesto, ma le pareti sono tutte dedicate a Genova: foto, carte nautiche, ce n’è perfino una dettagliata sul porto con la diga foranea in primo piano.

Peccato non siano neanche le quattro del pomeriggio: io che all’estero non mangio italiano, per le trenette al pesto avrei fatto un’eccezione.

Le due lezioni di oggi ai maestri mi hanno lasciato soddisfatto, e spero anche loro.

Mi sento bene a fare queste lezioni, che tra l’altro mi obbligano a prepararmi e quindi mi fanno rifare il rodaggio al cervello e alla memoria.

Al mattino ho fatto una panoramica sulla storia nei del popolo d’Israele nei tempi dell’Antico Testamento. Non sono riuscito ad arrivare in fondo perché ci siamo persi a parlare del conflitto Israele-Palestina.

Al pomeriggio un’introduzione biblica e liturgica al battesimo, mezza catechesi e mezza lezione (non posso usare troppo il genere della catechesi perché con i maestri è giocoforza tenere un taglio più culturale), sfociata in maniera molto interessante sulle modalità antiche e nuove del battesimo degli adulti.

Maestro dei maestri. Realmente più porto avanti questo lavoro più mi rendo conto che è necessario, e anche se gli studenti “perdono” due ore di lezione ogni quindici giorni, sono certo che si avvantaggiano perché mantengo i maestri più svegli culturalmente e spiritualmente.

Anche questo è un bel dono che sto ricevendo qui. Grazie, Signore!

Stasera mons. Amancio Escapa ha introdotto il padre Isidro Salas come parroco di Santiago el Menor e Nuestra Señora el Amparo.

C’era naturalmente il servizio dei seminaristi del seminario Redemptoris Mater, obbligatorio perché Isidro è un neocatecumeno.

Anche se un po’ in ritardo è arrivato il padre Federico, che un anno fa aveva sostituito don Franco, e c’era anche don Lorenzo, che è stato il secondo parroco.

Messa abbastanza secca, secondo lo stile di mons. Amancio, ma non nei canti, nei quali il “coro” di Santiago el Menor si è profuso a squarciagola (sic).

Sono celebrazioni che ti fanno sentire chiesa. Di fatto c’erano belle rappresentanze delle tre, prossimamente quattro, parrocchie del Guaricano.

Oggi ho scritto abbastanza, tanto che a cena avevo un po’ di mal di testa.

Domani ho la formazione dei maestri, ho da fare in mattinata una lezione sulla bibbia e nel pomeriggio una sul battesimo.

Domenica c’è il ritiro Eucaristico dei fratelli e sorelle che hanno fatto l’ultimo ritiro di evangelizzazione, e le catechesi del padre Alfonso Navarro per questo ritiro sono fatte con i piedi, cosi le rielaboro un po’ in maniera che siano più comprensibili.

E poi ho le catechesi sulla bibbia per la Settimana Biblica che è da lunedì a giovedì.

Praticamente mi sono passato tutto il giorno chiuso nell’ufficio al computer.

Cioè: di mattina sono andato con l’idraulico a comprare varie cose per gli uffici della Divina Misericordia, e dalle dieci e mezza che siamo partiti sono arrivato a casa alle tre.

È da due giorni che sto scrivendo le quattro catechesi della Settimana Biblica. Da lunedì a giovedì prossimo ci saranno in cinque punti della parrocchia queste catechesi fondamentali sulla bibbia, partendo dalla presentazione dei suoi libri per arrivare al discorso dell’Autore e degli autori e quindi al rapporto Antico-Nuovo Testamento.

Professori d’eccezione saranno, oltre al sottoscritto, Lorenzo, Francesco, Marcial e Juan Luis. Spero che gli ultimi due non mi ceffino i temi, ma non ho alternative. Se voglio che la gente partecipi, glielo devo mettere vicino a casa.

I cinque posti saranno: Betania, Jacagua, la Divina Misericordia (la cappella della parrocchia nuova), Chimbú e Guaricano Adentro. Tutti e quattro i giorni in tutti e cinque i posti! (gli informatici parlerebbero di elaborazione distribuita: siamo avantissimo con la tecnologia qui!!!!).

Per il venerdì è prevista una processione portando in “trionfo” la Bibbia. Saranno tre processioni: una attorno a Betania, una nel settore san Ramón, e l’ultima attorno alla Divina Misericordia.

È il primo anno che facciamo questa settimana biblica, e sono curioso di sapere come andrà. Sono fiducioso che il Signore ci aiuterà a farla bene!

Te lo dico già in anticipo: Grazie, Signore!

In occasione del Mese della Bibbia (settembre), ho replicato con i ministri la catechesi fatta quindici giorni fa ai maestri sul canone della Bibbia.

Il discorso si è allargato alle sette evangeliche, le quali non riconoscono come canonici i sette libri “deuterocanonici” dell’Antico Testamento che non erano riconosciuti come ispirati dalle comunità giudaiche di lingua ebrea.

L’accoppiata Bibbia+protestantesimo è sempre vincente qui, perché entrambe le cose “bruciano” ai dominicani: la Bibbia, perché la amano e la leggono più che noi italiani, i protestanti perché è la lotta di tutti i giorni.

Non ci capisco. Ieri Sánchez era disperato e voleva andarsene da Duquesa.

Oggi, dopo aver parlato con la mamma del vice della Nazione, era più rilassato.

Ieri voleva sporgere una denuncia, oggi sembra che non ce ne sia bisogno. Quindi resterà lì a Duquesa, sembra che non gli daranno più fastidio.

Chi ci capisce è bravo!

Venerdì ci sarà l’ingresso del nuovo parroco di Santiago el Menor e Nuestra Señora del Amparo.

È il padre Isidro Salas, un neo-catecumeno. Lo affianca un diacono ordinato l’anno scorso, José Reyes.

C’è da pregare perché il nuovo prete si integri nel tessuto delle parrocchie, a volte i preti neo-catecumeni non riescono a portare avanti la pastorale dominicana normale (gruppi di preghiera carismatica, comunità ecclesiali di base) e vanno avanti solo con le comunità neocatecumenali.

Mi dice Sánchez che a Duquesa non è cambiato niente.

I capi della Nazione che erano stati dentro e che sono usciti con una apparente conciliazione con Guaricano gli stanno facendo capire (a Sánchez) che è bene che se ne vada da Duquesa. Sembra che gli scagnozzi lo continuano a minacciare e a spaventare di notte.

All’incontro di preghiera carismatica vanno tre o quattro persone, contro le trenta dei momenti migliori. Secondo Sánchez la gente ha tremendamente paura ad uscire di casa di sera.

Nel frattempo il catechismo non è ancora cominciato lì a Duquesa, perché non ci sono catechisti con un minimo di preparazione, e non ho ancora trovato la maniera di risolvere il problema.

Vorrei chiamare Minyoli (il capo) e vedere cosa mi dice, ma ho anche paura che mi strumentalizzi.

Per la prima volta dopo sei mesi sono riuscito a tornare a visitare qualche comunità apostolica.

Tra una cosa e l’altra mi ero lasciato vincere dalla pigrizia e non l’avevo più fatto.

E dire che, adesso come prima, tutte le comunità che visito non cessano di ringraziare il Signore per la mia visita!

Voglio continuare, Signore, aiutami a non impigrirmi di nuovo!

Ñaña è una signora sui cinquantacinque anni, molto cara e molto attaccata alla chiesa. Suo marito era andato quattro anni fa a Miami per cercare di mandare qualcosa a casa, se la guadagnava come venditore ambulante di hot dog. Tre mesi fa è morto improvvisamente di un infarto, là en los Países, come dicono qua. Il travaglio del rimpatrio della salma, tanto dolore. La fede che si era manifestata viva e forte.

Un mese fa, durante una “campagna” degli evangelici della chiesa di fronte a casa sua, Ñaña ha sentito qualcosa. “La mia vita è diversa, sono una creatura nuova”, dice sorridendo, una frase che qui è tipica per indicare una decisione di vita, un cambio radicale.

Le domando se prima non amava il Signore. “Sì, lo amavo, ma adesso sono diversa”. E con tanta leggerezza lasci la chiesa in cui hai amato il Signore per tanti anni? “Ho scoperto adesso che la Parola di Dio mi dice cose che prima non capivo. Ho scoperto tante piccole bugie e me ne sto liberando”.

Questo delle bugie mi puzza. Risulterà che è il discorso delle immagini, che da parte degli evangelici di qua è un cavallo di battaglia contro la chiesa cattolica, forti anche del fatto che nell’afrocristianesimo caraibico esiste la santería simile a quella cubana, nella quale gli spiriti della tradizione vudú sono rivestiti delle apparenze dei santi cristiani, e quindi c’è tutta una religiosità sommersa che “lavora” con altari su cui si collocano decine di immagini di santi.

Provo a parlare a Ñaña dell’Eucaristia che adesso riceverà solo una volta al mese (quella chiesa per lo meno ha un ritmo mensile per la “santa cena”, altre chiese la celebrano una sola volta all’anno). Sembra che non le importi più di tanto. Le parlo del fatto che ha sempre vissuto in obbedienza al papa, non sa cosa rispondermi, ma si accorge che si avvicina (per caso?) una sorella della sua chiesa e mi mette a discutere con lei. Ho tagliato corto e me ne sono andato, con il sorriso sulle labbra e con l’amarezza nel cuore.

9:19 pm

Apagones

Ci risiamo con i black-out lunghi. Ieri ci si sono scaricate le batterie dell’inversore. Era da un po’ che non succedeva. Si scaricano perché il black-out dura sulle dieci ore.

Stasera di nuovo. Oggi abbiamo avuto luce dall’una alle sette e mezza del mattino, e dalle otto e mezzo fino all’una del pomeriggio.

Dovrebbero essere dovuti al fatto che il petrolio è aumentato troppo e il governo non ce la fa a pagarlo.

9:17 pm

Sbobinando (23)

A Boca Chica arriviamo intorno alle 15; ho letto e mi hanno detto che è un luogo di peccatori e peccatrici.

È incredibile che il posto si presenti, almeno dall’accesso dove capitiamo noi, come luogo per famiglie: un pezzo di spiaggia grande quanto mezzo campo di calcio, giochi per bambini, venditori ambulanti carichi di salvagenti di tutte le taglie, per un mare la cui profondità non supera la misura di una tibia; verso destra la spiaggia diventa una lingua di sabbia compatta e dura, larga due metri e lunga qualche centinaio.

Penso che abbiamo fatto bene a preferire Juan Dolio, prima di tutto perchè qui non saremmo riusciti a fare il bagno, poi perché c’è più confusione; quanto al resto, non so.

Mi guardo intorno e penso a quando ero militare (purtroppo sono già passati quasi trent’anni): i miei amici volevano essere invitati a Genova con la promessa di accompagnarli in via Prè.

Non mi credevano quando dicevo che era un luogo di peccati trascorsi, sempre meno colorato e sempre più triste: poca e sgangherata sostanza, tanta leggenda, storie da sopravvissuti.

A Boca Chica staremo poco. Forse perché cerchiamo altro, troveremo solo qualche comparsa. E per fortuna, tracce di altre storie.

9:17 pm

Sbobinando (22)

Alla spiaggia di Juan Dolio si arriva percorrendo una superstrada ampia e veloce, una mezz’ora abbondante dopo l’uscita dal centro di Santo Domingo; a un certo punto si svolta a destra e ci si trova in un posto identico a tanti altri.

Almeno qui, i Caraibi, come aveva detto un tizio a proposito dell’Italia, sono un’espressione geografica: gli stradoni sono uguali dappertutto, quelli che corrono paralleli al mare fanno ancora più impressione.

Vedendo le palme, finalmente un sussulto: stiamo per entrare nella cartolina. C’è un bar-capanno, siamo i primi clienti, c’è anche una signora italiana un po’ volgare: chi l’ha detto che solo gli uomini fanno turismo sessuale? Dice che viene spesso. Buona vacanza.

Il posto è “telegenico”, ma non ridete se dico che la spiaggia di Arenzano, alla stessa ora, con la sabbia stirata dalla risacca non è meno attraente; in più, l’acqua sa di mare e il mare libera uno sapore di iodio che qui non riesco a sentire.

Il posto mi sembrerebbe finto se un recente ciclone non avesse seminato un po’ di danni, costringendo il titolare di un albergo a svenderlo nonostante sia in buone condizioni generali.

Da una villa ben protetta esce il guardiano e ci spiega che centomila dollari, qualcosa di più qualcosa di meno, bastano per comprare un posto da sogno come quello in cui sta facendo lavori di manutenzione.

Ci guardiamo intorno, tutti vendono qualcosa: un monolocale, un esercizio commerciale, una casa con piscina.

La spiaggia è maltrattata: rami, tronchi d’albero, arbusti: ma l’ha fatto il ciclone di metà luglio? “No, señor, è stato l’anno scorso”. L’anno scorso? Vabbè.

Tito gira a lungo, trova perfino una sorta di prato davanti al mare, ed è bello il gioco della telecamera, che sale dalle piantine alla classica panoramica sulle palme inchinate verso gli ombrelloni e le sdraio.

I ragazzi fanno il bagno, don Lorenzo va a fare la spesa per il pranzo (consumeremo ottimi panini), Francesco stupisce tutti con un formidabile cappellaccio a tesa larga e floscia: uno spettacolo che non mi avventuro a descrivere.

Milena non resiste alle ragazze haitiane che le propongono una testa di treccine, altrettanto la Benny: per lei (Milena aveva già concordato la tariffa) ingaggio una trattativa che vale uno sconto di 5 dollari e un’accusa. “Tu non sei italiano”, mi dice una delle parrucchiere.

Un po’ più in là Tito sta riprendendo una barca carica di pesce fresco; Francesco accetta l’invito di un venditore di noci di cocco e in pochi minuti abbiamo anche il dessert.

L’apertura delle noci è spettacolare, a colpi di machete, la lama che sfiora le dita che tengono il cocco, lui sicuro di sé e noi col fiato sospeso. Il conto è onesto.

La troupe (Francesco, Tito e io) dichiara finita la gita e parte per Boca Chica.

Oggi pomeriggio primo incontro di formazione per i catechisti delle due parrocchie.

Io ho fatto quello di Santa Margarita, e Marcial quello della Divina Misericordia.

Abbiamo parlato della setta “Pare de sufrir” (smetti di soffrire), quella setta pentecostale che sembra una holding finanziaria. E poi ho presentato loro il tema che svilupperanno con i genitori dei loro bambini sabato 8 ottobre. È una chiaccherata semplice sui sacramenti, penso che i catechisti siano in grado di svilupparla bene. Comunque ho detto loro che in questa settimana si riuniscano per settore per analizzare in profondità e verificare che tutti l’abbiano capito bene.

Questi incontri con i genitori li faremo ogni due mesi, ho fiducia che ci aiuteranno a portare avanti meglio il catechismo!

Ieri ho rivisto Suor Serafina!!!

Sono stata a trovarla al convento delle Suore Brignoline a Marassi. Sinceramente mentre l’aspettavo mi sono chiesta come potesse trovarsi una come lei in un luogo così silenzioso e raccolto, quando a Santo Domingo era sempre in mezzo al rumore e al calore della gente… Poi mi giro, la vedo correre verso di me con quel suo splendido sorriso di sempre e non mi sono più fatta tante domande.

Ci siamo sedute a un tavolo e abbiamo parlato tanto: mi ha raccontato della vita nella missione, della scuola e del centro nutrizionale che lei segue sempre con dedizione e amore. Io le ho un po’ spiegato quello che ho fatto in questi mesi, dei progetti che ci sono nella mia Parrocchia, nella mia vita… E come quando ero a Santo Domingo, anche ora la sentivo vicina a me come una mamma, è una persona che mi ha sempre rassicurato fin dal primo momento.

Poi mi ha detto una cosa che non vedevo l’ora di scrivere sul diario: nei mesi estivi sono stati donati alle suore di Genova sei pacchi colmi di vestiario nuovo (magliette, canottiere, pantaloni per bambini e adulti) insieme a roba da bagno e per la pulizia e Suor Serafina ha appena ottenuto il permesso di mandarli in Guaricano! A me è sembrata un’idea bellissima anche considerando il fatto che ci sono famiglie nel barrio così povere e numerose da non potersi permettere vestiti nuovi e Suor Serafina lo sa bene lavorando a stretto contatto con loro quando è al centro nutrizionale . Mentre me lo raccontava era felicissima!

Sabato prossimo c’è la festa della madre fondatrice delle Suore Brignoline, Santa Virginia e la suora mi ha invitato. Ci vado sicuramente e spero di incontrare anche Eugenia e Fiammetta, sarebbe l’occasione per conoscerle! Vi saprò dire anche qualcosa sulla spedizione dei pacchi, ok? Intanto vi saluto e vi porto l’abbraccio di pace di Suor Serafina che come al solito mi ha contagiata…!

Al mattino te ne rendi conto: il maiale come urla quando lo ammazzano. Lo appendono a testa in giù e gli bucano l’arteria del collo, in maniera che muoia dissanguato.

Nel minuto che dura l’agonia urla a tutto spiano, o meglio, comincia urlando a tutto spiano, poi la voce si fa via via più flebile finché non si sente più.

Due o tre volte alla settimana partecipiamo a questo “lutto”, alle sei di mattina. Oggi poi ne stanno ammazzando una serie, tutti qui vicino a noi.

Eppure noi la carne di questi maiali di Guaricano non l’abbiamo mai assaggiata. La macellano all’aperto, sulla strada, tra la polvere e i cani, e la vendono su tavolini sudici di sangue di molte macellazioni.

Alla riunione del clero della zona di stamattina tutti i preti abbiamo espresso preoccupazione per una nuova chiesa che è arrivata vicino a noi.

Si tratta della Iglesia Universal del Reino de Dios, ed è una denominazione “cristiana” nata in Brasile nel 1977 dal tronco pentecostale. Ha un sito anche in italiano, centroaiuto. In Italia si è rivestito dell’immagine delle nuove religioni senza corpo, molto soft e si direbbe new age, e lo stesso sito web è accompagnato da una musica dolce e suadente.

Invece qui, come in Brasile, l’immagine è quella della sanazione interiore. Il loro lemma dice Pare de sufrir, “smetta di soffrire”. Ai poveri oppressi da situazioni economiche e umane tremende offrono la guarigione interiore distribuendo, per molti vendendo, pietre del Getsemani, pezzi della croce di Gesù, olii da ungere alle foto dei propri cari. La cosa che più colpisce sono le rose di terrasanta, rosse per i problemi sentimentali, bianche per quelli familiari, gialle per quelli economici. Distribuiscono sacchettini di plastica da appendere dietro della porta della casa (ricordano le piante di sávila che qui si usano alla stessa maniera, cioè come amuleto).

E insieme a tutto questo chiedono soldi: la decima, ma non di quello che si guadagna, quanto di quello che si vorrebbe guadagnare, assicurando che Dio benedirà quelli che danno generosamente e li libererà da tutti i loro mali. Al contrario, una guarigione che non avviene è spiegata senza ombra di dubbio con una mancanza nel dare la decima.

Insomma, una azienda travestita da religione. Conforta questa interpretazione il fatto che in tutti i paesi ha ricevuto denunce forti per truffa, riciclaggio di soldi sporchi, ecc.

Stamattina abbiamo preso coscienza del problema, ma il mese prossimo manderemo a tutte le famiglie una piccola lettera mettendole in guardia da questo evangelismo di bassa lega e molti soldi.

Da varie settimane vari fedeli della mia parrocchia mi avevano avvisato di gente che va a quella setta e poi fa la comunione, e la cosa è veramente preoccupante, perché sembra che si facciano credere cattolici, e sfruttando la superstizione della gente attirano molti adepti.

Gli uffici provvisori della Divina Misericordia sono quasi pronti. Manca il pavimento, le finestre, le inferriate. Il più è fatto.

Cándido tiene sette/otto persone a lavorare, le cose avanzano abbastanza alla svelta.

Da qualche giorno Miguel, il direttore docente della primaria, viene a piedi a scuola.

Sembra che con gli ultimi aumenti della benzina il costo sia diventato insostenibile per lui.

Il problema è che mi arriva alle otto e mezza invece che prima delle otto. Ho chiesto a Matilde di parlargli, per evitare di richiamarlo io. Matilde mi ha spiegato che ha sua moglie mezza malata, e che deve fare vari lavoretti di casa prima di uscire. Vediamo se lunedì mi dice qualcosa.

I miei allievi sono stati eccezionali: suor Cristina, suor Modesta, suor Blessila.

Ho spiegato loro un paio di cosette del gnome linux, che del resto è molto simile a un windows 98 o XP.

Se ce n’è bisogno continueremo i giorni prossimi.

Ho anche abilitato tutte e tre per scrivere qui sopra. Coraggio!!!

Don Paolo mi ha appena dato la possibilità di scrivere qui…. sono emozionata….

Un salutone a tutti!!!!!

Ogni giorno il corso di preparazione al matrimonio diventa più bello.

Si respira un’aria serena, docile, semplice. La parola di Dio, anche se è esigente, non spaventa, ma viene ricevuta con obbedienza e rispetto.

A differenza di altri corsi, queste coppie fanno un buon lavoro di studio dei passi biblici durante la settimana, e il risultato si vede nella ricchezza della condivisione.

L’équipe con cui stiamo facendo il corso si sta affinando sempre più. A volte mi cadono le braccia per errori madornali o perdite di tempo banali e inutili, o perché qualcuno dell’équipe non capisce un testo da proporre e dice cose che non c’entrano, ma so che non posso lamentarmi.

Marcial, al suo primo corso da diacono, fa dei bei passi avanti.

Adesso, con la divisione della parrocchia, dobbiamo chiedere al Signore che ci mandi altre coppie preparate per costituire due équipe, ognuna delle quali lavori nella sua parrocchia. E chissà che possano in futuro entrare a farne parte qualcuna delle coppie che adesso stanno facendo il corso.

La cosa è nelle tue mani, Signore Gesù!

Stamattina abbiamo avuto la Messa d’inizio d’anno scolastico del liceo.

Rispetto a quelle della primaria è stata molto più ordinata, e tutto sommato la percentuale delle comunioni è stata molto più alta.

Ma continua a farmi tristezza, e al tempo stesso a mettermi voglia di lavorare, il vedere tanti, soprattutto maschi, che realmente non sembrano a casa loro in chiesa. Sembra proprio che alla messa non ci vadano mai: sguardi indifferenti, assenza di risposte alle acclamazioni liturgiche, non cantano.

Quello che fanno tutti è battere le mani. Viene spontaneo a un dominicano non appena sente una musica o una canzone ritmica. Ma da lì al lasciarsi coinvolgere nell’avventura della fede ce n’è del cammino da fare.

Alla fine mi sono “divertito” a dare un abbraccio a tutti. Di vari, di troppo pochi, sapevo il nome, e ho cercato di pronunciarlo, come per mandare loro il messaggio: mi ricordo di te. Della maggioranza, spero di impararlo presto il nome!

9:50 pm

Sbobinando (21)

Lunedì 25, ore 8.30.

Nella vecchissima Mitsubishi rossa con i sedili sfondati e il parabrezza con un buco dal quale si dipartono crepe identiche ai raggi del sole, Tito e io sprofondiamo più che altro sorpresi: questa ci mancava, ma è giusto provarla.

Diciamo la verità: a Genova, su una macchina così, non saremmo mai saliti. Non so se più per paura o più per vergogna. Il fatto è che da noi una macchina così potrebbe stare solo da un demolitore, qui sta onorevolmente nella media, fra le auto decenti dei benestanti e le carcasse arrugginite dei loro dirimpettai.

El chofer de confianza l’autista di fiducia trovato da don Paolo, guida con sicurezza in direzione di Juan Dolio, il posto che abbiamo chiesto di vedere e dove alla fine s’è deciso di fare un bagno, perché non si può tornare dai Caraibi senza aver assaggiato il mare e la spiaggia da cartolina.

La nostra guida è sempre Francesco. Sul pick up della missione c’è don Lorenzo: porta i ragazzi, per un giorno è gita anche per loro; Benedetta e Milena vogliono farsi fare le treccine.

Scopriremo che le ragazze haitiane fanno treccine in cambio di 20 dollari. Alla sesta cliente hanno guadagnato quanto in un mese il guardiano notturno conosciuto in cañada, quello che rischia la vita per difendere la stazione di servizio dall’assalto dei tiguere.

Un’altra conferma che le attività turistiche e assimilate viaggiano per conto loro.

Ci guardiamo intorno: gruppi di spazzine puliscono la strada (“Siamo in campagna elettorale”, ci spiega el chofer), il traffico è disordinato ma veloce, a ogni semaforo una dozzina fra ragazzi e adulti, uomini e donne, offrono qualunque cosa, dalla pulizia del vetro alle barrette di cioccolata, dalle bottigliette d’acqua ai sigari, dalle caramelle ai giornali.

Semaforo verde, siamo in seconda o terza fila; l’auto davanti a noi si sposta giusto in tempo per consentire al nostro autista di fare altrettanto, così evitiamo di travolgere la cosa che fa da spartitraffico.

La cosa è una persona. Un ragazzo di colore, avrà al massimo 25 anni.

Cammina sulle mani, aiutandosi con il moncherino della gamba sinistra, che spunta dai jeans tagliati corti. È amputata un po’ sopra il ginocchio. La gamba destra è più corta, dev’essergli stata amputata a metà coscia, forse anche più su.

Muovendosi con fatica, a ogni scatto di semaforo non fa in tempo a mettersi al sicuro, così rimane al centro della strada.

Chissà se si è abituato alle macchine che gli sfrecciano vicino alle orecchie, o se invece gli fanno ancora paura.

Stasera al gruppo Ciempiés Rosanna e Kika hanno presentato una piccola conferenza sulla sessualità e le carezze intime.

Notevole l’interesse da parte dei giovani (che in realtà sono in maggioranza adolescenti).

Speriamo e preghiamo perché possano e riescano a mettere in pratica quello che hanno imparato. Con la erotizzazione spinta della vita di barrio non sarà facile! Di fatto tra ragazzi e tra ragazze si parla prevalentemente e quasi a senso unico di quello che uno ha fatto con il fidanzato o fidanzata. E poi, dopo il “matrimonio”, soprattutto gli uomini parlano continuamente di tutto quello che hanno fatto o che si inventano che hanno fatto con la moglie e le altre donne.

Con un po’ di fatica abbiamo riiniziato la pastorale familiare della parrocchia.

Dei 5 settori di Santa Margarita ce n’erano solo 3 (più del 50%, wow!). Abbiamo chiaccherato per un’oretta, e ho cercato di spiegare il lavoro che avevo in mente:

  • Essere espressione della attenzione alla famiglia di tutta la parrocchia.
  • Visitare e motivare le coppie che hanno fatto il corso di preparazione al matrimonio e poi non si sono sposate.
  • Visitare pure le coppie sposate che si sono allontanate dalla chiesa.
  • Preparare la liturgia e le attività di novembre, mese della famiglia: un ritiro per coppie e una conferenza per coppie.
  • Preparare la festa della famiglia dell’ultima domenica di dicembre

Ho visto entusiasmo in queste tre coppie, e sono sicuro che il lavoro inizierà con entusiasmo.

Grazie, Signore!!!

Con la parrocchia di Santa Margarita abbiamo comprato un duplicatore digitale. È costato 55,000 pesos (quasi 1,600 euro), di mezz’uso, un modello di un anno fa. È un Riso CR1610

Dovrebbe permetterci di risparmiare un bel po’ di soldi, soprattutto con le circolari della scuola, le lettere mensili alle famiglie e i volantini vari della parrocchia.

Da oggi la riunione degli animatori di comunità di base la facciamo sdoppiata: alle quattro a Betania per gli animatori di Santa Margarita, alle cinque e mezza nella cappella del Barrio per gli animatori della Divina Misericordia.

Io faccio la riunione in Betania, Marcial partecipa anche lui e dopo fa l’altra.

Sembrava che non ci fosse quasi nessuno alla riunione delle quattro. Ma ho approfittato per dire loro che dobbiamo impegnarci a motivare ognuno un animatore nuovo. Molti di quelli che fanno gli animatori oggi hanno cominciato così!

Robert è un giovane padre. È cresciuto praticamente in casa di Marcial, che lo considera quasi come un figlio. Nel tempo libero dal lavoro fa l’elettricista per arrotondare il magro stipendio.

Una settimana fa andava con il motorino a far benzina, verso le dieci di sera. Già vicino al distributore, il motorino gli si è fermato, ed ha dovuto continuare spingendolo a braccia.

Dall’altra parte della strada gli sono arrivati tre ragazzi, i quali l’hanno visto in difficoltà e si sono avvicinati. In pochi istanti tre pistole minacciavano Robert. L’hanno portato un po’ più in là, gli hanno fatto tirar fuori tutto quello che aveva, e l’hanno lasciato steso in terra, grazie a Dio senza fargli niente. È rimasto in un istante senza motorino e senza i ferri da elettricista.

Per fare la denuncia non è stato facile: doveva consegnare i documenti del motorino. Purtroppo erano anch’essi tra quello che gli avevano rubato.

Così Robert ha cercato dei ragazzi che vivono vicino al luogo del misfatto, ragazzi conosciuti da lui perché erano insieme a scuola. Gli ha promesso duemila pesos (circa ottanta euro) se gli avessero dato informazioni sul suo motorino.

Due giorni dopo Robert sapeva dov’era il motorino. Così è andato dalla polizia, e per altri mille pesos glielo sono andato a “prendere”. Così adesso può muoversi di nuovo con facilità, cosa vitale per il suo lavoro.

Certo che a me rimane una domanda: chi erano i veri ladri? quelli che gli hanno portato via il motorino? quelli che sanno dove altri ladri nascondono quello che rubano (devono essere del mestiere anche loro)? i poliziotti?

9:41 pm

Sbobinando (20)

Dalla cañada alla parrocchia di Santiago el Menor, purtroppo chiusa (causa orario) e allora di nuovo alla cañada, ma da un altro lato e con un percorso che ci offre uno spaccato diverso della realtà dominicana.

Un movimento oltre una grata attira la mia curiosità. Mi avvicino e scopro un panificio semi-industriale: una fila di carrelli alti due metri e pieni di lame a loro volta piene di panini, uguali a quelli che si vendono dappertutto. Saranno migliaia.

Guardo meglio nel buio e vedo un certo numero di bambini, non distinguo che cosa facciano. Uno di loro si affaccia, domando il permesso di fare qualche ripresa, lui va a chiedere a qualcuno. Sento una voce d’adulto che dice di no.

Proseguendo precipitiamo in una scena da film anni ’50.

Frammento di paese, la strada che si apre in due, divisa da un muro largo tre metri; al centro del muro un ragazzino con la mazza tipo baseball aggredisce qualcosa che somiglia a una palla, la colpisce e parte come un proiettile per conquistare la base. Uragano d’entusiasmo.

Un secondo ragazzo, più grande d’età e di statura, si accorge della telecamere e chiede di essere ripreso. Tito fa cenno di sì, lui però non riesce a prendere una palla buona. Poi finalmente l’azzecca e fa quel che deve, ma scatta solo dopo essersi accertato che Tito l’abbia visto.
Altro uragano d’entusiasmo.

Improvvisamente ricordo che nelle pagine sportive del quotidiano che ho visto in missione, prima di pranzo, non avevo trovato una sola riga dedicata al calcio; io stesso ho visto solo baseball, pallavolo e basket. Niente calcio, neanche per sbaglio.

Per ogni cosa c’è sempre una prima volta; questa non mi è dispiaciuta.

Da oggi anche Lorenzo lavora con linux, più precisamente con Ubuntu. Risponde alla posta e a volte legge il giornale.

Il “suo” computer lo usa anche Francesco per leggere i giornali italiani. Spero che prima o poi faccia qualche lavoretto anche su wikipedia.

Ieri ho installato linux, è stato veramente facile. Ci mette qualche mezz’ora per spacchettare tutto il software da installare, ma poi funziona alla prima!

Bravi quelli che l’avete fatto: Mark Shuttleworth e i suoi ragazzi!

Oggi pomeriggio con le comunità apostoliche del settore Emmaus abbiamo celebrato l’Eucaristia.

Con calma, senza guardare l’orologio, ho cercato di rendere vivo e partecipato ogni momento della messa: l’accoglienza, la richiesta di perdono, l’omelia, la preghiera dei fedeli, il ricordo dei morti, il segno di pace, il ringraziamento dopo la comunione, l’impegno prima di salire.

Mi sono sentito bene con loro, anche se alcune comunità hanno dei problemini: vari membri partecipano poco o mostrano poco interesse.

Durante la messa appunto ho dovuto lottare per non farmi prendere da questi pensieri, che sono quelli che rendono triste anche me, e che quindi trasmettono depressione ai presenti. E so per esperienza certa che quando cerco di vedere il lato positivo e l’impegno della gente vengono fuori cose meravigliose.

Anche il settore Emmaus può vivere con più profondità il vangelo. Già da oggi!

Grazie, Signore!

Il pomeriggio del ritiro me lo sono passato a confessare. Non molte persone, e più direzioni spirituali che una confessioni.

L’ultimo momento del pomeriggio, prima della messa, è stata la condivisione su quello che il ritiro ha dato ad ognuno.

Ne sono venute fuori cose belle, quasi tutti hanno parlato.

Le persone che si erano allontanate dalla comunità apostolica sembravano intenzionate a ritornare.

Da parte loro, Teófilo e Águeda hanno fatto un buon lavoro, positivo, e hanno conquistato tutti i presenti!

Sembra che il ritiro ha dato frutto!

Grazie, Signore!

…un “QUI” che vorrei fosse il barrio El Guaricano e che invece viene da Genova Pegli.

Indovinate un po’? Sono proprio io, Lara.

Vi assicuro che scrivere dal portatile sul tavolo di casa con luce costante e nessuna zanzara malefica che mi tedia mi fa davvero strano… Per non parlare del caldo umido che quasi mi manca…

Da quando sono tornata non c’è giorno ch’io non pensi all’esperienza vissuta in missione e che non legga il diario; a questo proposito devo ammettere che ultimamente saranno gli articoli di “sbobinando” o gli accenti azzeccati di Don Paolo (dovete sapere che me li ha sempre corretti lui…), ma a me leggendo viene voglia di ripartire all’istante.

Mi sa però che per ora io debba restare “QUI” e nel frattempo scrivo.

Lo sapete che fine ha fatto Suor Serafina? Io è una settimana che cerco di rintracciarla ma ho saputo che torna a Genova domani da Lourdes. E anche questo fa parte della missione… no perché lei la missionaria la fa sempre e quindi anche nel periodo di pausa dalla missione in Repubblica Dominicana. Sicuramente una persona bella così non ha bisogno di ulteriori parole, non vedo l’ora di riabbracciarla! Ovviamente mi piacerebbe anche farle conoscere la mia città, il mare,… e le farei vedere dove vivo, la gente del mio quartiere e la mia Parrocchia. Con Don Mario siamo già d’accordo di invitarla una domenica alla Messa dei bambini perché possa raccontare insieme a me la sua esperienza nella missione: sono sicura che ne sarà entusiasta, lei adora stare con i piccoli… Inoltre vorrei organizzare un incontro con la mia classe di catechismo e con il gruppo degli anziani, quindi presto vi saprò dire!

Anche perchè come dice Don Paolo la missione è ovunque ti trovi, a Santo Domingo come anche nella tua città…
…solo così il “QUI” di prima può essere generalizzato e ha un senso…

Alla messa dei giovani di stamattina hanno inaugurato la batteria nuova.

Il tipo che la suona è veramente in gamba, devo solo lavorarlo ancora un po’ perché adatti il volume alle voci.

Però il risultato è fantastico. È tutta un’altra cosa!

Oggi si svolge un ritiro di calientamento, “riscaldamento”, traduzione letterale, ma che in italiano non rende.

Abbiamo invitato a farlo quei fratelli e sorelle che dopo il ritiro di evangelizzazione si sono mezzi allontanati (qui si dice enfriados, “raffreddati”).

Insieme a loro abbiamo invitato i responsabili di tutte le comunità apostoliche, in maniera che ricevessero un di più per continuare il loro lavoro, che è impegnativo.

Sono in tutto quasi ottanta, stamattina ne ho confessato qualcuno e oggi pomeriggio continuo con le confessioni.

Stamattina alla Divina Misericordia avevamo il battesimo di un uomo anziano semiparalizzato.

Non parlava, ma mi ha commosso che quando è stato il momento delle domande che gli si fanno sulla fede, sulla rinuncia al peccato, sul battesimo che vuole ricevere ha tirato fuori dei suoni mezzi confusi ma che si interpretavano chiaramente come dei sì pieni di fede.

Non gli ho dato la confermazione e l’eucaristia perché sembrava avesse bisogno di ancora un po’ di catechesi, e anche perché non è ben definita la situazione del matrimonio.

1:31 pm

Sbobinando (19)

Tentativo d’intervista.

Dico tentativo perché si vede a occhio quando non c’è speranza: la ragazza dallo sguardo perduto sta proprio pensando ad altro.

Le chiedo della bambina. “Ha quindici giorni, si chiama Liliam”, risponde senza cambiare espressione.

La bimba è un angioletto infilato in una tutina rosa, la testina è protetta da una cuffietta bianca con disegnini di frutta.

La donna anziana ci spiega che la ragazza è preoccupata da un gravissimo problema: la bambina più grande (quella seduta accanto alla mamma), da un mese ha smesso di camminare.

Che cosa è successo? “È caduta dalla sedia e ha battuto la schiena”.

All’ospedale che cos’hanno detto? “Non ce l’hanno portata: la famiglia non ha i soldi”.

Come, la famiglia non ha i soldi: ne servivano così tanti? “No, ma la famiglia è così povera che non ha potuto nemmeno far visitare la bambina”.

Così la piccola rimane lì, senza nessuna cura. Magari bastava poco.

Prova a guardarla Orietta, che è infermiera e come minimo sa come toccarla. Ma che può fare?

Ci chiamano dalla baracca di fronte.

Da una porta di lamiera sbucano una ragazza e una bambina, in un attimo arriva un giovane con la voglia di farsi intervistare: è il terzo (o il primo) membro della famiglia, fa il guardiano di notte a un distributore di benzina.

“È un lavoro pericoloso – mi dice –soprattutto perché è proprio di notte che i tíguere fanno le loro scorribande nel barrio. Sparano, ammazzano anche”.

Hai paura?, gli chiedo. Sorride: “Non posso avere paura: è un lavoretto, ma è l’unica cosa che sia riuscito a trovare”.

Ti pagano bene? “Quattromila pesos al mese”. Centoventi, centotrenta euro, se ho contato bene.

E così adesso sappiamo il valore di una vita nella bella Repubblica Dominicana.

Stasera sono proprio stanco, cerco di andare a dormire presto.

Eppure non ho fatto niente di particolare per stancarmi, forse un po’ di sonno arretrato e probabilmente l’indebolimento per un parassita che mi sembra di avere di nuovo.

E c’è anche il caldo, che da qualche giorno è abbastanza forte, si suda parecchio e devo bere vari litri di acqua al giorno.

2:58 pm

Sbobinando (18)

Siamo ancora nella cañada.

Dice Francesco: “Peccato non ci sia don Lorenzo, lui questa zona la conosce benissimo”. Carmen e Orietta si guardano intorno sconcertate.

Penso a Milena, Eugenia, Benedetta, Fiammetta e Simone che sono rimasti coi loro coetanei della parrocchia di Amparo, per la sfida a pallavolo: questa sì che sarebbe stata un’esperienza da riportare a Genova, per raccontarla ai loro amici di Castelletto e Bolzaneto.

Penso ai giovani e giovanissimi immigrati che periodicamente vengono scoperti fra i resti della Mira Lanza di Teglia o fra le macerie di qualche altro rudere dell’archeologia industriale genovese.

Giriamo fra casette rivestite di lamiere cascanti, pezzi di legno come pareti, alberi di cocco che spuntano ovunque e almeno danno un poco di ristoro.

Davanti a una baracca c’è un quadretto dominicano che stringe il cuore: su una sedia bianca di plastica è seduta una bambina di un anno, porta solo una collana di palline colorate ed è immobile, accanto alla mamma seduta su una sedia identica e con una bimba piccolissima in braccio.

È una mamma giovane, con lo stesso sguardo senza espressione della figlia maggiore.

È vestita senza passione: gonna azzurrina che in realtà potrebbe essere l’orlo di una sottana, camicia da uomo a rettangoli grigi disposti in verticale, in testa un berretto con la visiera dal quale spunta un fazzoletto rosso con disegnini bianchi.

Accanto a loro c’è una signora che direi anziana, ma probabilmente non supera (o supera di poco) i cinquanta.

Gente della Canada, scrivo sbobinando.

Quando mi accorgo dell’errore mi scappa un sorriso amaro: “Avevo una casetta piccolina in Canadà…”.

Sono stato stamattina in tipografia a ritirare la “lettera alle famiglie” di settembre.

È sul tema dell’educazione/istruzione: soy más cuando me educo, “valgo di più quando mi educo”.

C’ho messo la testimonianza della mia comadre Maribel, che a 35 anni si è rimessa a studiare: ha ripreso da una prima media, ha poi fatto tutto il liceo, e adesso si iscrive all’università.

Tutte le famiglie vengono invitate lì a fare una riunione familiare per parlare delle loro esperienze scolastiche.

E il piano pastorale diocesano prevede pure per questo mese che i cristiani di ogni settore della parrocchia si avvicinino ai centri educativi presenti sul loro territorio per entrare in contatto con le comunità educative.

Si profila un lavoro molto interessate!

Da una settimana hanno fatto il tetto degli uffici-casa canonica della parrocchia Divina Misericordia.

Adesso stanno intonacando, l’idraulico e l’elettricista stanno installando tubi e fili.

Sta venendo un bel lavoro: ufficio della segretaria e del parroco davanti, non molto grossi; in mezzo una sala grande dove possono sedersi una trentina di persone; dietro la stanza del futuro parroco e il suo bagno.

Penso che in meno di un mese dovrebbe essere terminata. Ho già comprato le piastrelle, in fabbrica, a prezzo la metà di quello che si pagano nei negozi.

Prima che i lavori finiscano devo pensare chi metterci di segretaria.

L’incontro di formazione del pomeriggio verteva sui sacramenti.

Ho fatto una panoramica generale, e dal prossimo incontro comincerò a trattare il battesimo.

Alla fine ho chiesto che tutti dicessero qual è il sacramento che piace loro di più. La maggioranza hanno detto il battesimo, perché ci fa figli di Dio.

Altri hanno parlato del matrimonio, qualcuno anche con la nostalgia di non averlo potuto ancora celebrare.

Mi è piaciuto troppo il clima bello che c’era!

La riunione di stasera della Commissione Parrocchiale di Pastorale Giovanile mi ha riempito di gioia.

Otto giovani, ahimé, tutte ragazze (l’unico ragazzo non può continuare per impegni di studio e lavoro), ma piene di vita e di entusiasmo. E anche con una discreta preparazione e un buon livello di vita di chiesa.

Tra le altre cose abbiamo programmato la settimana giovanile per l’inizio di dicembre, varie gite per ragranellare i soldi della batteria, un ritiro per fidanzati, e altre attività minori.

Arlín e Virginia si sono impegnate a far nascere un nuovo gruppo giovanile nella parrocchia nuova. Brave, ragazze!!!

Stamattina ho ripreso la formazione del personale della scuola.

Con l’aiuto del Signore, la continuerò ogni quindici giorni.

Di mattina sarà sulla Bibbia: chi l’ha scritta, i vari tipi di libri, le lingue, la cultura, ecc.

Di pomeriggio comincio oggi pure, e lo farò sui sacramenti.

L’argomento di stamattina è risultato ben interessante, riguardava il canone biblico e la maniera in cui si è formato.

10:56 pm

Sbobinando (17)

Ora capisco perché Juan mi aveva chiesto di aspettare: voleva rendersi presentabile prima dell’intervista.

Infatti s’è presentato indossando una bella camicia di cotone pesante, tipo jeans, con quadrettoni davanti.

È sul metro e settantacinque, faccia rotonda, baffetti morbidi. La voce è piena, il tono misurato.

Dice: “Qui abitano persone molto povere, in condizioni che hanno dell’incredibile. Guardate la cañada, il problema igienico è gravissimo: nella fogna si scaricano feci e tutti il resto”.

Mi guardo intorno. Respiriamo la puzza della fogna. Come fanno a viverci?

Mi viene in mente il fiume nero che divide in due la favela di San Josè a Belo Horizonte, in Brasile: quando la vidi, mi colpì la presenza dei maiali e il lento scorrere dall’alto in basso dell’acqua fetente, una ruga maleodorante in una montagna di spazzatura e umanità ferita.

Qui l’acqua fetente attraversa un tratto pianeggiante girando intorno ad alberi che sarebbero bellissimi, e a tratti si apre in squarci di natura che chissà cos’era prima che la cambiassero.

Vedo un giovane al lavoro fra il fiume e il retro della sua casa, sta rinforzando un argine che le ultime piogge hanno indebolito.

Dice Juan Reyos: “Il pericolo di contaminazione è enorme, è stata la povertà a creare questa situazione. Non possiamo difenderci. Non so quanti siano gli abitanti, ma so che la maggior parte non ha di che mangiare e non lavora”.

Mi hanno detto che abitare qui sarebbe proibito.

“Non abbiamo un altro posto. Però abbiamo la speranza che le cose possano migliorare, che le autorità ci aiutino”.

Insisto: vi hanno promesso qualcosa?

La risposta è un capolavoro di educazione: “So che un gruppo di abitanti è andato al Municipio, ma non ho ancora avuto occasione di vedere qualche risultato”.

Sto valutando se comprare un duplicatore digitale.

Ho ricevuto tre offerte, tutt’e tre per 60,000 pesos (circa 2,000 euro).

Devono portarmeli per vederli, dopo deciderò se prenderlo e quale.

Il Corso di Preparazione al Matrimonio sta prendendo una bella piega.

Stasera in vari si sono sbottonati, spiegando che erano ubriaconi ma che sono riusciti a cambiare, qualcuno per i mal di testa, qualcuno per amore al Signore.

Si respira un clima bello, fatto di amicizia, di confidenza, di fiducia reciproca.

Grazie, Signore!

Stasera abbiamo avuto la riunione di avvio della catechesi di giovani e adulti.

I catechisti sono meno dell’anno scorso: tra i catechisti giovani c’è chi lavora e non può più, altri vorrebbero ma non sono maturi, e c’è chi deve ancora fare la cresima.

Anche tra i catechisti adulti ho pensato lasciare a casa qualcuno che francamente non ha i numeri.

L’argomento più vivo, nella riunione, è stato quello delle condizioni per il battesimo degli adulti. Il Concilio Dominicano ha stabilito che quando convivono (qui si dice che sono amancebados, sarebbe come dire “arragazzati”), che sono il 98% della popolazione, devo prepararsi insieme al battesimo e al matrimonio, e celebrarli praticamente insieme.

Praticamente ciò rende quasi impossibile battezzare un adulto, perché, ammesso che il catecumeno (normalmente sono le donne) si voglia sposare, la maggior parte delle volte il marito non ne vuole sapere.

Tra i preti c’è chi lo applica più rigidamente, come faccio io da due anni a questa parte, c’è chi non si preoccupa troppo della cosa, e chi considera che il battesimo è un diritto e quindi battezza tutti quelli che glielo chiedono.

Di fatto una riflessione teologico-pastorale seria non può non tenere in conto che la convivenza, anche se non è voluta direttamente, è comunque una situazione di peccato, da superare prima di arrivare al battesimo.

Alla stessa maniera che i conviventi non fanno la comunione (e qui nessun prete gliela dà), per la stessa ragione non gli si può dare il battesimo.

Cosa significa quella frase che parla del fatto che la convivenza “non la si è voluta direttamente”? Significa che qui c’è molta gente che ha iniziato a convivere per cultura, e solo dopo si è resa conto che avrebbe dovuto fare altrimenti. E vorrebbe sposarsi, ma il coniuge non è maturato alla stessa maniera e quindi non se ne può fare niente.

Sono situazioni che richiedono molta preghiera, e, da parte dei catechisti, molta sapienza pastorale, per non scoraggiare gente che ha un sano desiderio di fare un cammino cristiano, anche se non è ancora in condizione di ricevere i sacramenti.

9:13 pm

Sbobinando (16)

Juan Reyes si è andato a cambiare per fare l’intervista.

L’avevo incontrato sulla scaletta ripida che dalla strada scende nella distesa di baracche lungo la cañada, la versione dominicana delle favelas che ho visto in Brasile; lì (in Brasile) sono impenetrabili a meno di essere accompagnati da persone credibili e conosciute, c’è da farsi ammazzare.

Per non correre rischi, prima di scendere avevo cercato qualcuno con cui parlamentare.

Juan Reyes era in jeans e canottiera, davanti alla prima baracca; mi aveva chiesto in inglese se avessi bisogno di qualcosa, gli avevo risposto che volevo notizie su questo luogo.

È un posto che fa impressione: baracche su baracche lungo un fiume putrido; vedo bottiglie di plastica squarciate, resti di un bambolotto, avanzi di pneumatici; sacchetti lacerati appesi ai rami degli alberi lungo il canale danno la misura del livello dell’acqua nei giorni di piena.

Sacchetti e altri detriti arrivano a due metri, significa che le baracche vengono invase da schifezze d’ogni genere.

Aspettando Juan mi guardo intorno. Da una casetta graziosa, pareti rosa carico con piccole finestre verdi, esce una giovane signora in canottiera rosa, con un bel sorriso aperto.

Signora, non è pericoloso abitare qui?. “Certo che è pericoloso, ma siamo poveri e non possiamo comprare casa da un’altra parte. E allora siamo costretti a restare nella cañada: quando piove stiamo in pericolo”.

È già successo. Succede ogni volta che piove: la fogna si gonfia fino a tracimare, come fanno i piumi in piena.

Chi ha mai visto la piena di una fogna?

9:13 pm

Sbobinando (15)

Ancora la storia delle scarpe, perché non mi va giù.

Percorrendo la via che dalla parrocchia di Amparo porta a una favela che si sviluppa due metri sotto il livello della strada (e dove andremo fra poco), vedo altre scarpe penzolare dai fili della luce.

Tito stringe su queste tracce di vite appese. Dondolano mosse dal vento. Sembrano bandiere a mezz’asta. Penso a come utilizzare queste immagini.

Viste così sono terribili, sembra di vedere degli impiccati.

Forse è la mia immaginazione, ma non posso non vedere come gli aquiloni e le scarpe siano i due capi di un identico filo: c’erano bambini che giocavano con gli aquiloni e poi sono finiti appesi allo stesso modo.

Francesco, succede spesso? “Sì, mi hanno detto che sono 250 i giovani che ogni anno muoiono i questo modo, in un tiroteo con la polizia”.

Quindi ci sono 250 paia di scarpe in più, appese quest’anno? “Penso proprio di sì”.

Come dire: un morto ogni 36 ore, un funerale ogni giorno e mezzo?

“Già. Si vedono tante candele accese lungo le vie che il ragazzo frequentava. Candele accese e scarpe appese esprimono la protesta contro i metodi della polizia: non è detto che tutti i giovani uccisi fossero tiguere, molte volte basta non ubbidire a un alt per essere colpito a morte”.

Per diventare scarpe appese? “Per diventare scarpe appese, sì”.

Il pomeriggio l’ho passato comprando la ceramica per gli uffici della parrocchia Divina Misericordia.

L’ho trovata in fabbrica a 150 pesos il metro, contro i 250 che si paga nei negozi di grossisti.

Tutto fa, visto soprattutto il fatto che questi uffici li facciamo con i soldi che danno i nostri fedeli.

Oggi ho mandato al distretto scolastico la richiesta di sostituzione di Carlos.

Vediamo se la portano avanti o se la mettono nel cassetto!

Stamattina ho fatto un passo in più per sostituire Carlos, il maestro che ha abbandonato il lavoro, ma ho scoperto che è meno facile del previsto.

L’impiegata del ministero dell’educazione mi ha richiesto di passare per il distretto scolastico, i quali hanno sempre dato l’idea di non volerlo licenziare.

Così domani faccio la richiesta via distretto, vediamo cosa succede.

Sono stato alla scuola serale stasera, e ho visto qualcosa di bello: gli iscritti sono già un centinaio (l’anno scorso in tutto l’anno se ne sono iscritti solo 67), e quando sono passato per le classi ho visto tutti impegnatissimi a copiare una lezione dalla lavagna.

Ieri sera c’è stato un problema, ma dovuto a uno studente che era con noi l’anno scorso. È saltato dentro scavalcando il muro, con l’intenzione di provocare uno studente. È poi uscito, ma per aspettarlo fuori. Così Germania ha dovuto chiamare la polizia, che ha provveduto a portarlo dentro.

Non sembra, ma di sera ci possono essere facilmente dei problemi. Sono contento perché Germania sta acquistando grinta, e mi sembra che abbia imparato a dominare la situazione.

9:07 pm

Sbobinando (14)

Un bambino perse il suo aquilone che si impigliò nei fili della luce.

Un ragazzo perse le scarpe che si impigliarono nei fili della luce.

Dove sta lo sbaglio?

“Le scarpe appese sono un segno di protesta”, dice Francesco. Cioè? “Sono stati gli amici di un ragazzo ucciso dalla polizia”. Un ragazzo? “Sì, un membro di qualche banda”.

Qui soprattutto di sera è tutta una guerra di bande. La gente normale sta a casa, il barrio diventa territorio di caccia dei tiguere, li chiamano così.

Sono pericolosi? “Molto pericolosi”. E le scarpe? “Sarà andata così: una sera è arrivata la polizia e c’è stato uno scontro a fuoco, oppure più semplicemente gli hanno sparato per chissà quale ragione, non sempre quelle che succede ha una spiegazione lineare”.

Resta la testimonianza. Le scarpe appese urlano la protesta degli amici del morto. Dicono che secondo loro qui è stata fatta giustizia sommaria. Non ne sappiamo di più.

Lungo la strada fra Las Terrenas e Samanà vedremo una decina di paia di scarpe appese nello stesso punto.

Pomeriggio a spasso, vediamo che cosa troviamo. Vediamo se è vero che basta uscire per inciampare nelle notizie: l’ho sempre detto, a volte lo ripeto come se fosse una formula magica.

Ci guida Francesco, un genovese che passa qui buona parte dell’anno. “Sono in pensione, dopo una vita passata in mezzo ai numeri”, racconta.

Lavorava all’Inps (o alla Banca d’Italia?, ndr), anche in missione continua a occuparsi di conti, per esempio quelli della farmacia: “È una formidabile risorsa per la gente del barrio – mi spiega: qui tutto è a carico del paziente, le medicine costano molto, a volte i prezzi sono impossibili. Da noi si possono comprare risparmiando almeno il trenta per cento”.

Non gli chiedo come ciò sia possibile perché la mia attenzione si sposta sull’uomo che sta abbassando la saracinesca, neanche a farlo apposta, di una farmacia. Una gran bella farmacia, a giudicare dalle tre grandi serrande in fila: faranno non meno di cinque-sei metri di vetrine.

L’uomo lavora con calma, posizionando enormi lucchetti e facendoli scattare; poi controlla che siano ben chiusi, sotto gli occhi attenti della signora che gli sta al fianco, alta e bella, vestita con sobria eleganza: maglietta con ampia ma misurata scollatura, giacca beige di buon taglio sopra pantaloni scuri, capelli ramati divisi in mezzo e raccolti da un bel fermaglio.

Lui indossa pantaloni chiari di taglio classico, la camicia azzurra a maniche corte è bene infilata nei pantaloni; se la portasse fuori dai calzoni, la camicia nasconderebbe la pistola infilata nella cintura, ma è chiaro che la pistola, canna d’acciaio e calcio zigrinato nero, è lì per essere vista.

E io un farmacista con la pistola non l’avevo mai visto.

Fossimo a Genova, non mi avrebbe neanche risposto. Io stesso forse non gli avrei neanche fatto la domanda: “Señor, ¿por qué usted tiene la pistola?”.

Come si fa a chiedere a uno con la pistola nei pantaloni come mai tiene la pistola nei pantaloni? A volte si fa. E poiché a Santo Domingo la gente ha la cortesia di rispondere, anche il farmacista con la pistola interrompe le operazioni di messa in sicurezza del suo negozio e mi risponde: “Perché dobbiamo difenderci, non abbiamo alternative”.

Da chi?, gli chiedo, giusto per costruire uno spazio di dialogo. “Dalle bande di delinquenti che infestano le nostre strade”, spiega con garbo, senza alzare la voce.

I suoi trisavoli dovevano essere schiavi portati dall’Africa, chi è venuto dopo s’è incrociato con gente arrivata dall’Europa. Lui è un mulatto piuttosto chiaro, ha i capelli cortissimi e bianchi, porta occhiali senza montatura e stanghette piatte d’oro, è sul metro e settanta, robusto.

Vede le nostre facce perplesse. E domanda: “Quanta polizia ha visto in giro?”. In effetti non molta, ma sono le quattro di domenica pomeriggio e non è che la polizia possa andare dappertutto. “Qui se ne vede poca, mentre di delinquenti se ne vedono tanti”.

Guardo la pistola: le è mai capitato di doverla usare? “No, finora sono stato fortunato”. Chissà se è vero.

Il ministero dell’Educazione ci ha assegnato una televisione da 14″, l’ho ritirata stamattina.

Speravamo fosse un po’ più grande, ma, come si dice, a caval donato non si guarda in bocca.

Grazie, Signore, grazie, Ministero dell’Educazione.

10:21 pm

Partita Sandra

Stasera è partita Sandra.

È stata con noi quasi un mese, dando una mano forte a Lorenzo in cucina, e mantenendoci tutti allegri.

Ha una comunicativa bellissima. Nonostante non sapesse lo spagnolo ha imparato qualche parola e all’occasione si è fatta capire.

Brava, Sandra!

Speriamo che tu possa tornare!

L’amore é un’ottima… ragione! per fare cose che altrimenti non faremmo!

Si va a Duquesa! Missione impossibile? Nemmeno per sogno!

Armati di “fede-speranza-caritá”, don Paolo, il gruppo “scelto” della parrrocchia ed io ci imbarchiamo alla volta di Duquesa, quartiere degradato al cui lato la città di Santo Domingo deposita la spazzatura!

Aiutare la gente di Duquesa a scoprire l’amore di Dio: è questo quello che si sono proposti i missionari. Qui tutto acquista maggiore importanza perchè capire richiede un impegno maggiore!

Voglio assorbire questi momenti: la luce del sole, il lungo viale e le povere case in lamiera e muratura, macchine arrugginite, bambini e un vecchio che legge la bibbia, a cavallo di una sedia, davanti all’ingresso della… cappella! Anche il cattivo odore di Duquesa resterá tra i miei ricordi più… preziosi, perchè no?

Fuori è già buio, una luce fioca illumina la sala, i canti e la preghiera hanno ripreso vigore. Siamo stanchi, accaldati, ma teniamo duro!

Una mamma e la sua bambina vestite di rosa si sorridono teneramente, un bambino si affaccia alla porta e lo saluto.

A un certo moemnto la responsabile della preghiera, che è una signora attempata poco stabile emozionalmente, si arrabbia con la signora vicino a lei perché le è sembrato che l’abbia interrotta nel leggere un salmo.

Verso le sette e mezza cominciano ad arrivare i missionari, che stanno terminando il loro giro porta a porta. Alle otto ci siamo finalmente tutti, concludiamo la preghiera con il Padre Nostro e don Paolo impartisce la benedizione.

Stanchi ma felici rientramo in Guaricano. C’è stato solo il piccolo inconveniente che alla guagua gli si sono bucate due gomme posteriori tutt’e due insieme. Ma non c’era da preoccuparsi, come dimostra il fatto che i missionari per l’occasione si sono messi a cantare a squarciagola.

È stata un’esperienza che mi ha toccato. Mi ha fatto sentire fuori misura ma mi ha dato forza. Mi sento più “carica”.

Ahimé, i capi della nazione di Duquesa non sono venuti alla messa.

Hanno dato una mano per preparare, hanno prestato amplificatore e casse, hanno portato le sedie, e poi se la sono squagliata.

Ho domandato a Sánchez se sapeva il perché. Mi ha risposto: “Padre, lei non li conosce ancora…”

Abbiamo appena finito la missione di Duquesa: per due sere e una mattinata siamo andati a portare un messaggio porta a porta, e stamattina abbiamo concluso con la messa.

Sapete la ragione della missione: Duquesa ha nel suo seno una nazione. L’hanno impiantata dei giovani uomini sui trent’anni, imparando a formarla nel carcere della Victoria.

Nella visita la gente di Duquesa è stata molto attenta come sempre. Personalmente ho potuto visitare quattro chiese evangeliche, frequentate prevalentemente da haitiani, e in ognuna di esse ho lasciato al pastore il messaggio che stavamo distribuendo, un messaggio di invito alla comunità a superare le sue divisioni con la forza dell’amore di Dio.

Alla fine della messa abbiamo consegnato a tutti i presenti un ramo di palma con un cuore di cartoncino che diceva “pace”, con l’impegno di costruire la pace nella propria famiglia e con i propri cari. È stato un gesto molto bello, e credo che il messaggio sia arrivato!

Stasera, durante l’evangelizzazione a Duquesa, tre coppie sono andate a evangelizzare un gruppo di case che è oltre la avenida dell’aeroporto.

Al ritorno, verso le sette e mezza, con un’oscurità peggiorata dal black-out, al momento di attraversare la strada si sono trovati un uomo che ha esordito dicendogli: “Datemi dieci pesos, voi di qui non passate”. Detto e fatto, ha ricevuto i dieci pesos. C’erano vari adolescenti insieme a lui.

Qualcuno sussurra ai missionari: andateve, vi voglio derubare.

Con tempismo, Bernarda si abbraccia il tipo che chiedeva i soldi, e se lo trascina lungo una salita, fino ad arrivare vicino alle case. Gli altri giovani si nascondono, i missionari cercano di avvicinarsi dove c’è gente.

Se la sono vista brutta. “Ditemi se non è vero che c’è il Signore e che sta con noi, mi dice dopo Bernarda. Un uomo di quel peso, me lo sono quasi portato in braccio su per una salita, e non ci ha fatto niente”.

È vero. Duquesa è un posto pericoloso!

Nell’evangelizzazione di stasera, a Duquesa, sono stato per la seconda volta in casa del capo di una “nazione”.

Mi ha parlato espressamente della nazione, poche parole, in verità, citando il regolamento che hanno, che, dice, è molto simile al foglio che usavamo per la evangelizzazione di oggi.

Lo diceva perché parlavamo della famiglia come dono di Dio, e del rispetto ai genitori? So che tra le regole delle nazioni c’è quella di rispettare il padre e la madre.

Ma le altre regole? Ho provato a cercare su internet ma non l’ho trovate.

Il capo mi diceva che prima Duquesa era un caos, che tutte le settimane c’era un litigio che finiva male. “Adesso è tutto tranquillo, noi cerchiamo di educare questi giovani”.

Sarà proprio così?

Ho provato a chiedergli se mi faceva vedere il loro regolamento. Mi ha detto che non non poteva, che doveva chiedere permesso. “A chi?”. Nessuna risposta. “Da dove vengono?” “Da fuori”.

La moglie, nel momento di preghiera finale, ha chiesto al Signore che liberasse la loro famiglia da ogni tirannia. Ho visto un’ombra lunga presentarsi accanto alla figura del capo…

Domani è l’ultimo giorno della nostra missione a Duquesa. Faremo un’ultima visita casa per casa, e inviteremo alla messa, che sarà verso le dieci.

Se è come mi dà l’impressione, dovrebbe venire parecchia gente.

Il Signore mi mette davanti un’opportunità che non posso sprecare. Spero di riuscire a far sognare a questa gente un mondo diverso, senza violenza e senza bande.

E so che il Signore mi aiuterà.

Signore, sì, so che tu mi aiuterai.

Il consiglio pastorale di stamattina è stato l’ultimo della parrocchia Santa Margarita fatto le due parti insieme.

Dal prossimo faremo le riunioni separate. Tra poche settimane dovrebbere essere pronti gli uffici di fianco alla cappella san Francisco, che saranno gli uffici provvisori della parrocchia Divina Misericordia.

Lì ci sarà anche una piccolo salone che appunto useremo per i consigli pastorali e per le altre riunioni.

Stiamo già mettendo a punto la lista dei membri, perché i membri attuali sono parte di Santa Margarita e parte della Divina Misericordia.

I responsabili di settore rimarranno ognuno nella parte dove vivono e lavorano.

Così anche i responsabili delle varie aree di pastorali, integrati in ognuno dei due consigli con gli elementi mancanti.

Abbiamo finalmente la cappellina del settore Sinaí.

È stato un affarone, sfruttando un uomo che aveva fretta di vendere e l’ha messa a un prezzo molto basso. In pratica l’abbiamo pagata lo stesso prezzo di quello che avremmo pagato un terreno senza casa tre anni fa.

Considerando l’inflazione tremenda che c’è stata è stato un colpo grosso. Grazie Signore!

Si tratta di una casa di legname, in un terreno di circa 80 metri quadrati. Il tutto è in condizioni abbastanza buone.

Ci faremo catechismo il sabato, e la celebrazione della parola il martedì sera.

E altre attività per dinamizzare il settore!!!

La missione è cominciata con 14 coppie di missionari.

Siamo partiti da Betania alle cinque e mezza di pomeriggio, arrivati là ci siamo messi in preghiera per mezz’oretta, e quindi ogni coppia a portare il vangelo alle sue 10/15 famiglie.

La gente di chiesa di là ci aveva preparato uno stuolo di ragazzini come accompagnatori dei missionari.

Io sono stato a casa del capo della banda, e anche di un altro, e poi mi hanno portato da un gruppo di giovani che lavorano nella discarica.

Con tutti abbiamo cercato di riflettere sull’amore di Dio per noi.

Sento che il Signore mi ha messo parole azzeccate in bocca: ho visto il frutto di queste parole nel fatto che persone rozze e che non mettono mai piede in chiesa si sono aperte a fare una preghiera e a gustare un po’ della parola di Dio.

È venuta anche Sandra, ha fatto l’esperienza di andare sulla guagua con i missionari e di farsi riempire le orecchie dai loro canti gioiosi durati tutto il viaggio.

E al ritorno (verso le otto e mezza) ha avuto l’esperienza di due gomme scoppiate allo stesso tempo.

Alle nove eravamo a casa sani e salvi.

Guardando i log del server, mi imbatto in questi report:

$  last | grep admin
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admin    pts/0        par69-3-82-224-1 Tue Aug 16 16:51 - 16:51  (00:00)
admin    pts/0        essen027.server4 Tue Aug 16 00:02 - 00:03  (00:00)
admin    pts/0        ih3-accentnetwor Fri Aug 12 09:39 - 09:39  (00:00)
admin    pts/0        202.155.119.194  Mon Aug  8 14:31 - 14:31  (00:00)

Sembrano dei tentativi di intrusione, sfruttando l’utente admin che avevo (l’ho subito cancellato) non so da quando.

Però sembra che non siano riusciti a entrare.

Grande vecchio zio linux!

Effettivamente sta macchina è da due anni che gira con linux, è in rete almeno 12 ore al giorno, ma non è mai stata manomessa da niente: né virus, né trojan, né programmini maliziosi….

A windows non ci torno più!

Sveglia ore 5,30 (in missione, dormire la mattina è disdicevole) !! Si và al Campo, “barrio” poco lontano da Guaricano. Statale, svolta a destra, la strada procede tortuosa in salita come scavando dentro la foresta e le ruote della jeep sognano…un’autostrada! Poi, all’improvviso, lo scenario muta quasi per incanto. E’ un minuscolo villaggio circondato di verde e di tepore. Alla prima svolta vedo un uomo con in mano un macete, bambini scalzi e ignudi che giocano , ragazzi che vanno a scula, galline e cani, cani quasi ovunque. Ci stanno aspettando: scambio di saluti, si entra in cappella per celebrare il
rosario (si recita sempre prima della messa!) poi inizia la S.Messa. Dimenticavo, oggi si festeggia S. Ramon!!!! La cappella è piccola, alle pareti tendaggi bianchi, i ritratti di Gesú e della Madonna di Altagracia, patrona di S. Domingo. Due ragazze suonano il tamburello spendidamente a tempo, la gente si alza in piedi e inizia a cantare ed io insieme a loro e mi sento felice! Con la gente “alla buona” si ci sente a …casa!! È l’ora di partire! Rincorro il don che vuole lasciarmi a terra e scatto un’ultima fotografia a due spendidi bambini. Pablo indugente sorride e a malincuore lasciamo il Campo!

… è tempo non di migrare, ma di tirarsi su le maniche, perché il tempo vola e fugge, mi sembra ieri che eravamo a gennaio.

Tra poco senza neanche accorgercene siamo già a Natale!

10:50 pm

RJ45

Oggi ho imparato finalmente a montare i connettori RJ45 dei cavi ethernet. Dovevo riuscire a farlo per rimettere in rete il computer delle suore, isolato da quando Willy ha strappato con la scala che aveva sulla camionetta il filo ethernet teso tra la loro casa e la nostra.

Mi è costato un po’ di fatica capirlo, ma grazie alla wikipedia inglese e agli amici di linux-it su IRC ce l’ho fatta.

Sono soddisfatto! Ho imparato qualcosa di nuovo! E le suore sono di nuovo in linea!

Per chi vuole accompagnarci con la preghiera per la evangelizzazione dei prossimi giorni, e desidera avere davanti agli occhi i vari articoli su Duquesa, li può vedere con un colpo d’occhio qui.

Conto sulla vostra preghiera!

Con la comunità parrocchiale sognamo una Duquesa pacifica, laboriosa, senza delinquenza, senza bande, e che cerca di seguire le orme di Cristo.

Sognate anche voi insieme con noi? Nella preghiera, naturalmente!

È da due giorni che mi passo molto tempo chiuso nell’ufficio della parrocchia.

Avevo da preparare i tre foglietti da distribuire i tre giorni della missione Duquesa.

Avevo anche da mettere a posto i testi della catechesi prematrimoniale. Son otto catechesi, sono a un 50% del lavoro.

Ho da scrivere tre lettere di presentazione per i tre seminaristi nostri che entrano al prefilosofato. fino ad ora ne ho scritto una, rimangono da fare le altre due, e penso che mi porteranno via almeno due ore l’una tra una cosa e l’altra.

Edilenia ormai sa che deve farmi da filtro, e a questo è servita anche la rimodellazione dei due uffici. Adesso non si può arrivare al mio ufficio senza passare per Edilenia.

Di fatto non riesco mai a lavorare più di quindici minuti senza interruzione. Un po’ che ci sono dei collaboratori stretti che sanno che hanno accesso perenne al mio ufficio, Marcial per primo, e poi Carmen, Bilma, Miguel, Nidia, Germania, e la stessa Edilenia. Ma anche le varie bidelle quando mi portano qualche documento da firmare. Un po’ che arriva sempre qualche telefonata di gente che mi richiama, o che comunque sono responsabili di settore o ministri, e c’è sempre qualcosa di importante da coordinare.

A ‘sta maniera non mi annoio facilmente…

Il Corso di Preparazione al Matrimonio che stiamo facendo non ha tante coppie, ma sono proprio forti!

Ci sono Elvira e Carlos Rafael. Lei viene a Messa quasi tutti i giorni, ed è una giovane sui 28 anni, sempre sorridente. Lui ha alle spalle una vita da alcolizzato e dongiovanni, che ha lasciato un anno fa quando è entrato in pieno nella chiesa, e adesso va all’incontro di preghiera carismatica e canta nel coro.

Ana e Ramón vivono nella parte bassa della parrocchia. Ana è figlia di Carlos, un uomo molto impegnato e molto “cattolico”. Suo marito è da poco che viene a messa, ma gli si vede una gioia di vivere la fede. Quando andavano via stasera mi ha colpito la forma in cui si davano la mano, sembravano due innamorati, e hanno per lo meno 15 anni di vita insieme.

Concepción e Ramona sono abbastanza giovani. A lui piace molto parlare, ma a volte sembra che vada per conto suo, mentre lei è più profonda in quello che dice.

Ci sono poi il “Pollo” e sua moglie. Lui ha questo soprannome da quando era piccolo, e gli piace, e si presta anche a scherzarci su. Hanno sulla settantina, ma gli si vede un’allegria da giovincelli. Si sono messi insieme tardi, lui ha un’altra famiglia alle spalle.

C’è poi un’altra coppia molto bella: Hugo e Guillermina, lei è animatrice di comunità e catechista, lui si è avvicinato alla chiesa da quando abbiamo aperto la parrocchia nuova. Sono tutti e due allegri e positivi.

La volta scorsa, che era il primo incontro, vari di loro hanno espresso la volontà di sposarsi presto. Mi ha fatto piacere, perché normalmente la gente fa mille conti di quello che deve spendere, e alla fine passa moltissimo tempo prima di sposarsi.

Oggi Ana e Ramón mi hanno confermato che anche loro si sposeranno al più presto. E anzi, spenderanno solo per gli anelli e per ritrovare i documenti, il resto non gli importa, né vestito né rinfresco.

È un entusiasmo che mi commuove sempre!

Stasero mi sono reincontrato con il capo della banda di Duquesa.

L’ho chiamato che gli volevo parlare, con relazione alla tre giorni di evangelizzazione che faremo a partire da domani.

L’ho trovato meno sincero dell’altra volta. Là si era arrivato a sbottonare, aveva ammesso di essere il capo della banda, stasera invece ha negato tutto.

Gli ho comunque chiesto di aiutarci a far accettare bene i missionari nelle case, di motivare soprattutto gli uomini e i giovani perché ricevano con amore e attenzione la visita.

Gli vedo un fondo di bontà, spero con il Signore e sogno che in futuro sia un lider della chiesa.