Contributi nella categoria 'Tarcisio'

Volantino incontro MGM 13 Febbraio 2008“Vi aspettiamo, vogliamo esprimervi il ringraziamento per tanto sostegno, preghiera e attenzioni che avete avuto per la missione di Santo Domingo in tutti questi anni. Se la missione ha potuto fare un po’o molto bene è stato grazie a tutti voi!”

Con questo messaggio il nostro don Paolo, di rientro in questi giorni dalla Repubblica Dominicana, ci saluta e ci aspetta numerosi

mercoledì 13 febbraio
ore 20.45
in sala QUADRIVIUM a Genova

per una serata importante dedicata interamente al Guaricano.

All’incontro, che si chiama CHIESA GENOVESE, CHIESA MISSIONARIA NEL MONDO”, saranno presenti i missionari genovesi che in questi sedici anni hanno contribuito alla crescita della vita nella missione portando la Chiesa genovese “verso altri mari”.

A prender parte alla serata anche le suore Brignoline, la cui instancabile opera nel barrio del Guaricano continua, e va sostenuta con forza anche adesso che i nostri missionari rientrano.

Inoltre, saranno presenti all’incontro i gruppi di ragazzi che in questi anni si sono alternati nelle visite alla missione e nell’animazione missionaria a Genova: primi fra tutti gli “Amici del Guaricano”, il Movimento Giovanile Missionario, i tanti giovani delle esperienze missionarie estive e i volontari che hanno prestato servizio a Santo Domingo.

Come ha scritto Don Paolo, la serata vuol essere un momento importante di ringraziamento a quanti sono stati vicini alla missione sempre, aiutandola con la preghiera e con il loro sostegno economico. L’incontro è aperto al pubblico e vogliamo esserci in tanti (contiamo su ciascuno di voi, spargete la voce!), per condividere nella gioia una lunga esperienza di missione, ascoltare quanto di buono è stato fatto, e poi raccontarlo.

Perché molto altro ancora si può fare: INSIEME.

Scrivo due righe prima di andare a dormire perchè sono troppo contenta: sono appena tornata dall’incontro di febbraio del Movimento Giovanile Missionario, quello con l’Arcivescovo e Tarcisio Mazzeo.

Sapete una cosa? La sala Quadrivium era strapiena di persone e soprattutto di vari gruppi di ragazzi!!! Sono strafelice, ho vinto la scommessa con chi nelle ore prima della riunione era caduto in una sorta di “pessimismo cosmico” e credeva non venisse nessuno, tantomeno i giovani.

La cosa più bella però è stata vedere la faccia di quelli che arrivavano in ritardo e si aspettavano un numero limitato di persone. A qualcuno è uscito un: “Ma quanta gente c’è qui dentro? Ma come avete fatto? è un miracolo…”

Tra l’altro tutto l’incontro è stato molto bello, l’arcivescovo ha fatto un lungo discorso sul cammino dei giovani parlando delle varie tappe della vita e poi anche del viaggio missionario: era ben tosto, ma mi è piaciuto stare a sentire tutto, è una persona ben preparata e completa in ogni suo discorso. Credo che anche gli altri ragazzi lo abbiano percepito, evviva!

Colgo l’occasione per sottolineare un aspetto del discorso di Mons. Bagnasco e cioè il fatto che quando ci si mette in viaggio, fisicamente o anche tramite un cammino interiore, si affrontano due momenti importanti: la partenza prima del viaggio e lo sguardo intorno a noi nel corso dello stesso. Rivolgendomi a tutti i ragazzi di stasera davvero interessati alle esperienze missionarie estive, voglio dirvi di non avere paura di partire, o meglio, abbiate il coraggio di superare le vostre paure, di “fare il grande salto”, perchè quello che ne riceverete sarà immensamente più grande. In viaggio guarderete la realtà, talvolta difficile e assurda, con occhi diversi: occhi non di curiosità e finto interesse, ma riflessivi, capaci cioè di imparare e interiorizzare i fatti e le persone che incontrerete nel corso del vostro cammino.  La missione fa anche questo, provare per credere!

Grazie di cuore a tutti quelli che hanno partecipato all’incontro, ai giovani presenti, in particolare a quelli che non conosco per nome, ma che, sulla fiducia, sono venuti numerosi!

Le delegate con don Giandomenico Torre, direttore del Centro Missionario DiocesanoIncontro al Centro Missionario, oggi pomeriggio, con le delegate parrocchiali delle missioni.

Abbiamo visto il DVD di Tarcisio Mazzeo, e poi si è chiaccherato. Ho visto molto interesse, abbiamo delle buone delegate!

Le altre delegate presenti alla riunioneTra l’altro don Giandomenico ha segnalato che l’ufficio missionario inizierà presto un cammino di formazione per giovani che vogliano realizzare quest’estate una visita a una missione, la nostra o qualchedun’altra – nel mondo ci sono molte realtà genovesi.

Il cammino di formazione sarà preceduto da un’incontro dei giovani con l’arcivescovo mons. Bagnasco, al quale interverrà anche Tarcisio Mazzeo. L’incontro sarà lunedì 5 febbraio al Quadrivium.

E in realtà la pastorale missionaria si è sviluppata abbastanza in diocesi, e sono fiducioso che sta maturando una nuova e più matura sensibilità.

Grazie, Signore!

Carissimi amici e benefattori,

28 Ottobre 2006: 8 anni al Guaricanoapprofitto dei giorni che passo a Genova con la mia famiglia per lasciarvi un racconto un po’ più organizzato di quella che è stata la vita della missione nell’anno che è appena passato. Vuole essere un ringraziamento al Signore per tutto quello che abbiamo potuto vivere, e un ringraziamento anche a ciascuno di voi, che, con l’attenzione amorosa, l’offerta del lavoro, del sacrificio e della preghiera, ci siete stati vicini.

È stato un anno bello, con molti momenti intensi di vita di fede e con ricchezza di relazioni umane. Vi racconto le cose più importanti, per fare memoria dell’amore del Signore che ci ha accompagnato e che ha reso possibile tutto questo.

Genova presente!

Cominciamo con i fratelli di Genova che si sono fatti nostri compagni di viaggio. In gennaio abbiamo avuto con noi Erika e Alessandro, una coppia giovane di Sant’Eusebio. Insieme a loro sono venuti don Giulio Boggi, che è stato con don Lino il primo missionario al Guaricano, don Franco Buono, che ha lavorato qui per tre anni, e don Mario Montaldo.

Tutto il mese di marzo invece ci ha accompagnato Carmen Moro, una sorella di Geo, che ha alleggerito il lavoro della cucina. Più avanti nell’anno, in agosto è stata la volta di Sandra Iannoni, che si è cimentata nello stesso servizio. Entrambe sono state nominate cuoche dell’anno della missione!

Don Gianfranco ha presieduto l'Eucaristia alla Divina MisericordiaNella seconda metà di aprile è stata la volta di Gianni e Cinzia, entrambi attivissimi nell’Azione Cattolica genovese, insieme a Julia, una giovane liceale, e a don Gianfranco Calabrese.

A inizio giugno la breve visita di don Francesco Di Comite e di altri cinque adulti genovesi, che hanno fatto tappa da noi dopo aver passato qualche giorno nella nuova missione di Cuba.

Franco, Paolo e Francesca con suor SerafinaIn novembre abbiamo poi avuto con noi due oculisti genovesi: Franco Reggiardo e Paolo Dell’Erna. Si sono fermati rispettivamente una e due settimane, realizzando visite e operazioni delicate nel nuovo ambulatorio di oculistica. Francesca, figlia di Paolo, ha dato una bella mano a suo padre!

Come vedete, è stato un anno molto ricco: tutti questi fratelli e sorelle ci hanno portato, insieme al pesto e al parmigiano, peraltro graditissimi, la vostra vicinanza, il vostro affetto, la vostra preghiera. Chiediamo al Signore che anche il 2007 ci porti tanti messaggeri e ambasciatori dell’amore della nostra chiesa. Sì, perché in una realtà come quella del Guaricano, dove la gente fa di tutto per andarsene, la stessa gente rimane colpita profondamente dal fatto che ci sia chi invece viene qui, a respirare polvere nei giorni belli e a camminare nel fango quando piove: ogni visita è un segno vivo dell’amore di Dio che si esprime con tenerezza a questi fratelli dominicani!

Nel 2006 non abbiamo avuto visite di gruppi di giovani, ma il 2007 si preannuncia buono in questo senso: don Nicolò ha intenzione di organizzare un gruppo, e anche il clan del Genova 26 con i suoi capi e con il loro assistente don Francesco saranno con noi. Li aspettiamo, loro e tutti quelli che il Signore ci invierà, con grande gioia!

Inviati dalla Chiesa genovese

Il nostro lavoro di missionari al Guaricano non può dimenticare mai che siamo inviati dalla Chiesa Genovese, e che ci situiamo all’interno del lavoro di Cooperazione Missionaria che tutta la Chiesa Italiana porta avanti.

Lara con suor Serafina e FiammettaMolte persone hanno lavorato, a Genova, per tenere vivo nella diocesi il legame con la missione. L’Ufficio Missionario Diocesano, con don Giandomenico e don Francesco, e il Movimento Giovanile Missionario. Lara Cavezarsi, da parte sua, oltre a rendersi presente in molte iniziative ha realizzato il primo Calendario del Guaricano! L’ex Arcivescovo di Genova, il card. Tarcisio Bertone, non ha mancato mai di dimostrarci affetto e vicinanza.

Da parte mia ho avuto il dono di rappresentare la nostra comunità missionaria nell’incontro di tutti i missionari fidei donum italiani che lavorano in America Latina. Per quattro giorni, nel mese di febbraio, siamo stati insieme a Salvador, in Brasile: occasione preziosa di conoscenza e di scambio di esperienze.

La Chiesa Genovese poi ci ha dato e ha ricevuto molto, grazie anche al DVD che l’amico Tarcisio Mazzeo, giornalista della RAI, ha preparato dopo la sua visita del novembre 2005. Il servizio da lui realizzato è stato trasmesso varie volte sulle reti RAI regionali e nazionali, e in formato digitale si sta distribuendo gratuitamente a tutti gli amici della missione. Un lavoro ben fatto, frutto di una dedizione amorosa e appassionata!

Il nostro lavoro nella pastorale dell’Arcidiocesi di Santo Domingo

Con alcuni preti della nostra zona pastoraleInviati da Genova, lavoriamo nel tessuto vivo dell’Arcidiocesi di Santo Domingo. Con essa stiamo vivendo la preparazione alla V Conferenza dei Vescovi Latinoamericani, che si terrà a Aparecida, in Brasile, nel 2007. Abbiamo così vissuto vari momenti di incontro, consultazione e formazione; e spesso si prega per questo appuntamento, che indicherà le linee portanti della vita della chiesa latinoamericana per i prossimi dieci anni.

Va avanti pure lo sviluppo del Terzo Piano Pastorale Arcidiocesano. Ispirato al Movimento per un Mondo Migliore (in Italia è conosciuto come NIP), prepara la Chiesa di Santo Domingo all’appuntamento del 2011, che costituirà il quinto centenario dell’erezione canonica dell’Arcidiocesi. Il Terzo Piano Pastorale è stato ed è una benedizione per tutte le parrocchie: stimola alla comunione, mette in cammino le parrocchie stanche, raggiunge tutta la popolazione attraverso l’esperienza mensile della lettera alle famiglie e le azioni significative che si realizzano all’interno di ogni settore delle parrocchie. Inoltre sta aiutando molto le nostre comunità parrocchiali a “lanciarsi” di più in ognuno dei settori in cui sono suddivise; e i frutti si vedono, perché la gente sente la Chiesa più vicina a sé, e si avvicina di più alla Chiesa stessa.

I passi delle parrocchie

Messa dei malati alla Divina MisericordiaVi avevo parlato già l’anno scorso della nuova parrocchia della Divina Misericordia. Grazie a Dio il lavoro in questa nuova parrocchia si è consolidato. La Messa della domenica è sempre più una festa gioiosa – don Lorenzo è parte di questa gioia -, e le attività pastorali si portano avanti parallelamente a quelle di Santa Margarita. Particolarmente significativo è stato il momento della Missione Parrocchiale di Agosto, che alla Divina Misericordia è stata coordinata interamente da Marcial, il nostro caro diacono, e che si è potuta realizzare molto meglio perché portata avanti separatamente.

Nel 2006 per la prima volta le Celebrazioni Penitenziali di Avvento e Quaresima sono state ristrette solamente alle persone che possono ricevere l’assoluzione. Per i conviventi (qui li si chiama popolarmente amancebados) abbiamo organizzato momenti di dialogo separati, nei quali hanno avuto più tempo per fare un dialogo approfondito con il sacerdote e si è potuto studiare insieme come portare avanti il cammino verso la riconciliazione piena con Dio. Ve lo sto raccontando con soddisfazione, perché è stata una cosa che il Vescovo di Santo Domingo ha chiesto, e che all’inizio ho faticato ad accettare. Ci ha imposto un cambiamento nella forma di lavorare, ma ha portato effettivamente frutto!

Gita al mare con Marcial e i seminaristiSono molto contento anche per i seminaristi che il Signore ci ha mandato. Due di loro, Willy e Miguel Ángel, hanno iniziato il seminario maggiore, gli altri cinque sono ancora al minore; inoltre c’è un ragazzo di Santa Margarita, Deivy, nel seminario dei salesiani, e in occasione della missione di agosto la comunità l’ha potuto conoscere. Con questo bel gruppetto abbiamo passato una bella giornata tropicale al mare il 26 dicembre, momento di svago ma anche occasione preziosa di formazione.

Sul fronte dei ministri laici, il vescovo ha rinnovato gli incarichi. In prima persona avevo fatto con loro un cammino di formazione di più di un anno. I ministri sono in tutto quaranta, e aiutano nella distribuzione della comunione, soprattutto ai malati, ai quali la portano tutte le domeniche mattina. Dodici di essi, poi, sono incaricati anche dell’annuncio della parola nei settori.

Marcia per la vita e per la pace con il Nunzio ApostolicoI giovani hanno lavorato sodo. Ci sono gruppi giovanili in vari settori della parrocchia, che hanno momenti forti comuni nei campi estivi – per bambini, adolescenti e leaders dei gruppi –, e nella Settimana giovanile di inizio dicembre. Nelle attività estive i nostri seminaristi hanno dato una mano significativa! E sono stati ancora alcuni giovani ad organizzare, a fine novembre, una Settimana per la Vita, culminata in una Marcia che ha visto la partecipazione del Nunzio Apostolico: grande soddisfazione, a suggello di un lavoro ben impostato.

E il 2007 sarà l’anno di apertura della nuova parrocchia di Santa Virginia, nella zona dei campos: Jacagua, Los Cazabes, Duquesa. Se ne è parlato con il vescovo e con la gente per tutto il 2006, e l’Arcivescovo di Santo Domingo ha già ricevuto il progetto pastorale. Un imprenditore edile ha regalato un terreno per il quale egli stesso ha promesso un apporto significativo di un milione di pesos (circa 25.000,00 euro) per la costruzione della chiesa. L’apertura della nuova parrocchia coinciderà poi anche con l’ordinazione diaconale di Juan Luis, un signore quasi cinquantenne di Santa Margarita, che si è preparato con cura, e adesso le cose sono mature per l’ordinazione. Riceverà dal vescovo l’incarico di seguire e guidare il cammino di questa parrocchia nuova, naturalmente sotto la mia responsabilità di parroco.

Un aspetto inquietante del 2006 è stato il furto del tabernacolo di Santa Margarita. Nella mattinata del 31 di Maggio è stato portato via, ad opera, sembra, dei membri di una “Nazione”, un gruppo delinquenziale imparentati con il satanismo. Il movente: celebrare probabilmente una Messa Nera il giorno 6 giugno, giorno che aveva la particolarità di rispondere al numero 6-6-6 (sei giugno duemilasei), che sarebbe il numero della bestia dell’Apocalisse! Purtroppo la polizia non è riuscita a stabilire nessuna responsabilità concreta, e il delitto è rimasto senza seguito giudiziale.

Il dispensario, una risorsa preziosa

La farmaciaPrima opera della missione, nata nel 1992, il dispensario medico realizza un lavoro sempre più qualificato. L’opera generosa di suor Serafina e di suor Blessila dà temperamento cristiano all’istituzione.

Attualmente abbiamo un medico generale, un pediatra, un ginecologo, un laboratorio di analisi in convenzione, oltre naturalmente al Centro di Nutrizione, che offre pasti nutrienti a venti/trenta bambini poveri e denutriti. La farmacia popolare, che offre le medicine a prezzo di costo, è un altro fiore all’occhiello della missione.

Babbo Natale in visita ai bambini del centro nutrizionaleIl 2006 ha significato poi l’inizio dell’ambulatorio di oculistica, reso possibile dalla donazione delle apparecchiature che ci sono arrivate a fine 2005. Oggi un oculista dominicano visita tutti i giovedì mattina e realizza semplici chirurgie a prezzo contenuto. E siamo orgogliosi di questo, perché è l’unico servizio specialistico di questo tipo presente non solo in Guaricano, ma anche nei quartieri circostanti.

Continua pure il lavoro dell’ambulanza, con il nostro don Lorenzo impegnato in prima fila nell’organizzazione di autisti e volontari, e disponibile in prima persona per il servizio notturno.

Il lavoro della scuola

Don Giulio in visita a una seconda elementareLa scuola continua a pieno ritmo il suo lavoro. Con 1100 bambini nella scuola primaria (elementari e medie), 240 nel liceo, e 200 nella scuola serale primaria, si porta avanti un lavoro che non è solo di educazione scolastica, ma anche di formazione del personale e delle famiglie.

Infatti realizziamo quindicinalmente momenti di formazione religiosa per tutto il personale, mentre mensilmente ognuno dei maestri realizza un momento di formazione per i genitori dei suoi alunni. Questo ci ha permesso di agire in maniera più profonda sul tessuto delle famiglie. Il mio sogno e la mia preghiera è che si arrivi a costruire processi di evangelizzazione esplicita per i genitori dei bambini. Anche con gli studenti del liceo si realizzano momenti di ritiro, e vengono invitati sistematicamente ai gruppi giovanili.

Il nuovo laboratorio di informatica con i 40 computersGrazie al contributo della Regione Liguria, che nel 2005 ha stanziato varie decine di migliaia di euro per le aule di informatica, nel gennaio 2006 abbiamo iniziato l’insegnamento dell’informatica agli studenti del secondo ciclo della primaria (quinta – terza media) . Gli studenti che frequentano le lezioni del mattino seguono le lezioni di informatica al pomeriggio, e viceversa, ogni classe per due ore alla settimana. L’idea è che arrivino al liceo già con buone basi, in maniera che nella scuola superiore si offra loro una preparazione molto qualificata e in grado di inserirli meglio nel mondo del lavoro.

A questo riguardo, sotto richiesta della totalità dei genitori dei nostri alunni abbiamo iniziato un processo che ci porterà con l’anno scolastico 2007/2008 a trasformare il nostro liceo, che fino ad adesso è simile a un liceo scientifico, in un politecnico. Avremo due specialità, verosimilmente contabilità e informatica, e saranno necessari aggiustamenti nella distribuzione del personale. Ci sta costando un certo sforzo, organizzativo ma anche economico, ma siamo certi che risponderà a un’esigenza concreta e avvicinerà la nostra scuola al mondo del lavoro.

La scuola serale, alla quale c’era stato nell’estate del 2005 un cambio della guardia nella persona che la coordina, aveva vissuto un periodo di stanchezza, con pochi alunni e malesseri nei maestri. Grazie a Dio il 2006/2007 è stato l’anno della ripresa, con il massimo storico nel numero di iscritti. E questo grazie anche alla vostra preghiera! Gli alunni della serale che finiscono la terza media ci chiedono insistentemente di implementare il liceo serale, ma per adesso non è possibile; chissà in futuro…

Se da anni la scuola è autosufficiente economicamente, per lo meno per la gestione ordinaria, riceve invece una bella mano dalla Chiesa Genovese attraverso le borse di studio, che permettono il proseguimento degli studi a quasi un centinaio di alunni del liceo.

Sul fronte della collaborazione con lo stato, una buona notizia di quest’anno è l’assunzione, da parte dello stato, di una buona fetta di quei maestri e bidelli che ancora non erano stati assunti: ciò ha rappresentato per loro un notevole sollievo, con la sicurezza di un’economia familiare che sarà più stabile.

La prof. Laura con suo marito Mario il giorno delle nozzeInfine, tre maestre hanno potuto sposarsi: Ana Marlemny, insegnante di matematica, Laura Peña, di lettere, che fino ad ora stavano convivendo. Il nostro corpo docente è ora più vivamente inserito nella vita della Chiesa e nell’amore di Cristo. Si è sposata pure Belkis, professoressa di biologia nel liceo, la qual cosa è stata ancora più bella per il fatto che, a differenza della maggioranza, non ha ceduto alla tentazione della convivenza.

La comunità delle suore

Voglio dirvi qualcosa di più anche delle nostre magnifiche suore. Anzitutto sono quattro: suor Serafina e suor Blessila, che lavorano nel dispensario, e suor Modesta e suor Cristina, che lavorano nella scuola. Senza di loro la missione sarebbe molto più povera. La gente ringrazia Dio tutti i giorni per la loro presenza, che rappresenta un segno di amore grande per tutta la comunità del Guaricano.

La festa di Nostra Signora del Rifugio, patrona delle suoreCome sapete, suor Cristina è una vocazione scaturita dalla parrocchia di Santa Margarita. Come lei, ora altre tre ragazze sono in cammino verso la vita religiosa, e stanno facendo un periodo di esperienza nella casa delle suore: Taína, Yúdith e Carolina. Tutte e tre hanno un bel cammino di chiesa alle spalle, nella catechesi e nei gruppi giovanili, e sotto la guida dolce e materna di suor Serafina si preparano per il noviziato che, con l’aiuto di Dio, inizieranno in quest’anno 2007.

Suor Daniela, suor Eliana, suor Carlita con la comunità e le aspirantiIn novembre, la comunità ha ricevuto la visita di suor Daniela Burol, la madre generale, che con suor Eliana stava accompagnando in Nicaragua la neo professa suor Carlita. Le abbiamo viste all’andata e al ritorno. Purtroppo un incidente di macchina in Nicaragua, grazie a Dio senza conseguenze permanenti, ha impedito loro di fermarsi qualche giorno di più con noi.

Don Lorenzo

Don Lorenzo al lavoro per la comunitàNon vi ho parlato molto di don Lorenzo. Il suo carattere schivo, alieno dai riflettori, si sposa egregiamente con uno stile di laboriosità nascosta.
Don Lorenzo ha portato avanti anche quest’anno l’impegno per l’acqua. A Jacagua ha coinvolto la comunità nella realizzazione di un piccolo impianto per estrarre l’acqua dal sottosuolo e distribuirla a un gruppo di famiglie a cui l’acqua posta dal Comune non poteva arrivare. E ha trovato molta collaborazione nelle famiglie beneficiarie, con grande sua soddisfazione. Dove la comunità assume e fa proprio lo sforzo di chi l’aiuta, le cose continuano per il meglio!

Oltre a questo, in cucina, nel dispensario, nei mille lavoretti da fare in casa, don Lorenzo rende concretamente possibile tutto quello che succede nella missione. Per non parlare del lavoro parrocchiale, soprattutto alla Divina Misericordia e nelle cappelle dei campos, dell’attenzione ai malati, delle confessioni. E senza ripetere quanto già detto sull’impegno dell’ambulanza. Con uno stile di servizio operoso che è di edificazione per ognuno di noi.

Qualche passo in avanti nella tecnologia

A livello tecnologico, una nuova centralina telefonica ci facilita di più la comunicazione tra casa, dispensario e parrocchie. Grazie poi a un contributo di un ente statale dominicano, si sta aprendo un centro pubblico di accesso a internet, che dovrebbe servire soprattutto agli studenti per realizzare lavori di ricerca. Da parte nostra abbiamo lavorato perché non si possa accedere a siti di contenuto moralmente pericoloso, così come non permetteremo l’uso delle stanze di chat, usate qui spesso e volentieri per adescare minori per il mercato della pornografia.

Anche il diario sul web della missione si è rinnovato, con una nuova grafica più dominicana e con la possibilità di introdurre commenti da parte dei lettori. Il nuovo indirizzo è: . Visitateci, vi aiuterà a sentirvi là con noi!

La situazione del paese

Un accenno finale alla situazione sociopolitica del paese.

Il 2006 è stato segnato da due fatti. Anzitutto l’avanzamento dei lavori della metropolitana di Santo Domingo, con molte polemiche da parte delle forze sociali per il pozzo senza fondo del costo dei lavori, a scapito di molte altre opere che non sono state programmate.

E poi le elezioni amministrative. Abbiamo senatori, deputati e sindaci nuovi. Come già nel 2002, un solo partito (diverso da quello di quattro anni fa) ha il controllo di tutte le istituzioni dello stato. Che Dio ce la mandi buona!

Grazie!

Concludo, quindi, questa carrellata. Volevo essere più breve, ma le cose sono tante, grazie a Dio! Solamente voglio dire ancora una volta: il Signore è grande. Tutto quello che avete potuto leggere è opera sua, è lui che l’ha ispirato e che l’ha reso possibile, suscitando collaborazione attiva e operosa in Guaricano e a Genova.

Per questo dico, non solo al Signore, ma anche a tutti voi: Grazie! Grazie! Grazie di cuore, a tutti!

Il DVD realizzato da Tarcisio Mazzeo è a disposizione di tutti gli amici della missione del Guaricano, iniziando da coloro che hanno fatto l’adozione a distanza.

Dovrebbe essere disponibile in Centro Missionario Diocesano (010 246 8897), e sicuramente da don Chicco a Geo (scrivetemi se avete bisogno del suo numero di telefono).
Buona visione a tutti!

5:42 pm

DVD pronti!

Mi dice don Chicco che sono pronti i DVD del servizio di Tarcisio Mazzeo, realizzato a partire dalle riprese effettuate l’anno scorso in occasione della visita sua e di Tito al Guaricano.

Sembra che sia per regalarlo alla gente che contribuisce con offerte, e anche a chi non contribuisce.

Stasera con Lorenzo e le suore ci siamo visti il video di Tarcisio Mazzeo sulla Missione e Santo Domingo.

È la versione più lunga, dev’essere quella che è andata in onda sulla RAI nazionale.

Il servizio è veramente belle, moltissimi complimenti a Tarcisio e all’operatore Tito.

Ieri sera, nella nostra parrocchia di San Bartolomeo della Certosa, abbiamo presentato le foto della nostra esperienza a Santo Domingo. Una cinquantina i presenti insieme al parroco Don Renzo. La serata è inziata con la proiezione di due spezzoni del filmato di Tarcisio Mazzeo per proseguire con le foto.

I nostri parrocchiani hanno avuto modo, attraverso le immagini, di conoscere il barrio, la missione, le nostre suore, don Paolo, le scuole e le realtà di Santa Margherita e della Divina Misericordia. E siamo convinti che, attraverso i volti delle tante persone incontrate nella nostra settimana a Santo Domingo, sia passata l’immagine di una Chiesa viva che ha tanto da insegnarci.

Alla serata ha dato un prezioso contributo anche Julia con la sua presenza e la sua testimonianza.

Dopo questa serata Certosa e Santo Domingo sono “sicuramente” piu’ vicine.

Carissimi amici e benefattori,

approfitto di queste vacanze a Genova, dalla mia famiglia, per scrivervi con più calma questa lettera, che vuole essere innanzitutto un ringraziamento al Signore per tutto quello che la Missione Diocesana di Santo Domingo ha potuto essere e realizzare durante l’anno 2005, e quindi un ringraziamento anche a ciascuno di voi, che, con l’attenzione amorosa, l’offerta del lavoro, del sacrificio e della preghiera, ci siete stati vicini.

È stato un anno intenso, e anche un anno molto particolare. Provo a scrivere le cose principali, perché aiutino me e voi ad amare sempre più quel Signore che ha reso possibile tutto questo.

***

Come già sapete, a fine 2004 avevamo consegnato al vescovo di Santo Domingo le parrocchie di Santiago el Menor e Nostra Signora del Amparo (Guardia). Il cardinale di Santo Domingo aveva subito provveduto alle parrocchie mandando come parroco il padre Federico, che aveva sudiato in Italia, un prete molto amico di don Giulio Boggi. Il padre Federico ha fatto un buon lavoro, portando avanti con amore le comunità che don Franco gli aveva consegnato; e ciò nonostante fosse anche responsabile della radio diocesana. La permanenza del padre Federico non è stata lunga, perché il vescovo l’ha chiamato a diventare formatore in seminario. E così in settembre le due parrocchie hanno ricevuto il loro nuovo parroco nella persona del padre Isidro, un giovane sacerdote dei neo catecumenali. Pieno di entusiasmo, è all’inizio del suo ministero e sta cercando di conoscere la realtà a cui è stato mandato. Lo affianca un diacono permanente.

***

A Santa Margarita c’è stato abbastanza fermento, ma non per cambi di preti, quanto per il nuovo entusiasmo generato dal lancio del Terzo Piano Pastorale Diocesano. Siamo arrivati cioè alla fase operativa di questo Piano Pastorale, che si sta elaborando da circa tre anni, e che è pensato per essere le linee guida della vita diocesana nei prossimi trent’anni. In pratica il 2005 è stato l’anno in cui sono stati chiamati e formati i messaggeri e le equipe di settore. I primi hanno l’incarico di portare alle famiglie della parrocchia una lettera mensile del parroco con un tema uniforme a livello di tutta la diocesi: ogni messaggero si occupa di dieci/quindici/venti famiglie, delle quali si occupa in maniera amorosa e particolare. Invece le equipe di settore hanno la funzione di organizzare nei vari punti della parrocchia attività mensili che aiutino a recepire e interiorizzare i temi del piano pastorale. Grazie a Dio la comunità di Santa Margarita ha risposto molto bene a queste sollecitazioni: i messaggeri svolgono il loro lavoro nella gran maggioranza, e le equipe di settore discretamente bene; purtroppo in qualche settore le persone che sono state chiamate non si sono rivelate in grado di svolgere il compito, speriamo di rimediare in questo 2006.

Naturalmente una parrocchia non può limitarsi a chiedere servizi alla sua gente, deve anche offrire una formazione solida. Per questo è stato portata avanti lungo tutto l’anno la formazione dei candidati ministri. Avevamo già i ministri, ma sono praticamente “scaduti”, e per questo c’è un gruppo che si prepara, in parte “vecchi” in parte “nuovi”. Non si è ancora potuto mandare la lista al vescovo per la dovuta istituzione in quanto per molti candidati è stato difficile recuperare i documenti che la diocesi richiede. Spero di concludere il lavoro nei primi mesi di quest’anno.

Un altro momento di formazione è stato il nuovo Ritiro di Evangelizzazione che si è fatto in giugno, ed i cui partecipanti sono già entrati alle comunità apostoliche. E proprio in questi giorni parte la preparazione per un nuovo Ritiro. Sapete che i Ritiri di Evangelizzazione sono un momento di riannuncio del Vangelo, preceduto e seguito da un cammino di approfondimento catechetico e inserimento comunitario. Hanno fatto molto bene alla nostra parrocchia, e continueremo invitando la gente a passare per questa tappa!

In agosto abbiamo avuto come tutti gli anni la Missione Parrocchiale: due settimane in cui non abbiamo fatto altro che muoverci ai vari settori della parrocchia per portare un annuncio del Vangelo casa per casa. I circa 100 missionari hanno lavorato con entusiasmo, e dalla Missione si sono rivitalizzate le Comunità Ecclesiali di Base. Si è poi resa necessaria una ulteriore missione di tre giorni a Duquesa, che è il paesino più periferico della parrocchia: a causa di un problema molto forte in quella comunità (vedi più avanti) c’era un forte bisogno di riconciliazione, e per questo la parrocchia si è mossa e ha visitato tutte le famiglie di quella comunità per tre giorni consecutivi. Di fatto, grazie a Dio, gli animi si sono rasserenati e adesso la comunità vive meglio.

E in questo 2005 per la prima volta abbiamo fatto la Settimana Biblica. A fine settembre, tutte le sere di una settimana sono state dedicate a una catechesi fondamentale sulla Parola di Dio. L’abbiamo fatta nei vari settori, cioè in sei punti diversi, e i relatori siamo stati io, don Lorenzo, Francesco Zannini sempre molto disponibile, Marcial (che era già diacono) e Juan Luis (candidato diacono). Ho preparato gli schemi della catechesi per tempo, e in tutti e sei i punti è stato fatto lo stesso cammino. La settimana si è conclusa con la processione, portando in alto per le strade del barrio la Bibbia. La partecipazione della gente è stata superiore alle aspettative, circa 400 persone hanno partecipato assiduamente!

Anche a livello giovanile c’è stato fermento. La commissione di pastorale giovanile è uscita dala fase di rodaggio e adesso coordina bene le attività degli otto gruppi di adolescenti e giovani sparsi nei vari punti della parrocchia. Nell’estate abbiamo avuto bivacco dei responsabili, campo adolescenti e campo bambini; praticamente tutto il mese di luglio è passato concentrati nel lavoro con i giovani. In particolare il campo adolescenti ha lasciato il segno, perché alcuni ragazzi un po’ più grandi sono stati colpiti da un incontro dedicato all’aborto, e hanno iniziato a progettare un’attività parrocchiale, che poi si è svolta magnificamente a fine novembre, e che ha permesso di risvegliare le coscienze su questo tema tanto importante (vi preciso che in Repubblica Dominicana l’aborto non è legalizzato, e di fatto la cultura della gente è abbanstanza lontana, grazie a Dio, dalla legalizzazione). Inoltre una giovane della parrocchia ha potuto partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, e il viaggio è stato pagato con i soldi raccolti nei vari gruppi. Poi a inizio dicembre c’è stata la Settimana Giovanile, alla quale hanno partecipato circa 300 giovani: tutte le sere c’era una conferenza, e i temi gravitavano attorno alla sfera sessualità / fidanzamento / matrimonio. Relatore di eccezione, la seconda sera, il card. Nicoĺás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo!

Anche sul versante famiglia c’è stato un buon lavoro: si sono fatti nell’anno due CPM (Corsi di Preparazione al Matrimonio). E a dicembre c’è stata la “mietitura”, con 13 coppie che si sono sposate. Sono tutte coppie “navigate”, con almeno dieci-venti anni di matrimonio sulle spalle. Alcuni avevano fatto il CPM vari anni fa, ma non avevano potuto celebrare le nozze per motivi economici – il paese ha vissuto una crisi economica tremenda da fine 2002 a metà del 2004. Oltre a ciò, il mese di novembre, dedicato alla famiglia, abbiamo avuto la grazia di ricevere un Ritiro di Guarigione Familiare che ha segnato profondamente la vita di molte coppie che hanno partecipato.

E, per finire questa carrellata su Santa Margarita, con gli aiuti venuti da Genova abbiamo potuto comprare una casa che è diventata una nuova cappellina di settore: così il settore Sinaí, che prima doveva chiedere ospitalità in un collegio privato (con molti problemi) adesso ha il suo spazio per la catechesi, le riunioni e l’annuncio della parola!

***

Ma legato a Santa Margarita c’è un fatto ancora più importante: la nascita della nuova parrocchia della Divina Misericordia.

Già da tempo mi rendevo conto che Santa Margarita, con i suoi 40,000 abitanti, era troppo grande. E di fatto il card. Nicolás, arcivescovo di Santo Domingo, vuole che si dividano queste parrocchie grandi perché la chiesa sia più vicina alla gente. Pur capendo l’esigenza, non mi era ancora mosso in questo senso per il timore che la gestione di due parrocchie potesse appesantire eccessivamente i ritmi di lavoro.

La cosa si è fatta possibile invece a partire da giugno, mese in cui il nostro caro Marcial Nova, laico molto impegnato nella parrocchia, ha ricevuto l’ordinazione diaconale. Ha terminato il cammino di formazione, durato tre anni, e il 25 giugno ha ricevuto il diaconato insieme a una ventina di altri uomini più o meno attempati come lui (Marcial ha quasi cinquant’anni). Tra l’altro questa ordinazione è stato un momento molto gioioso di tutta la comunità, che in questi anni è sempre stata molto vicina a Marcial è ha detto presente in tutti i momenti in cui ha fatto i vari passi di avvicinamento all’ordinazione. Così, già due anni fa avevo parlato con il vescovo di Santo Domingo della destinazione di Marcial, e alla mia proposta che lui lavorasse nella futura nuova parrocchia ho trovato perfetta consonanza. Ho iniziato quindi un forte lavoro di sensibilizzazione della comunità parrocchiale sul fatto che dividere la parrocchia in due ci avrebbe aiutato nella missione evangelizzatrice. Se ne è parlato almeno per sei mesi, senza fretta, e la gente si rendeva conto ogni giorno di più che si poteva e si doveva fare la divisione. Si sarebbe celebrata Messa domenicale nella nuova parrocchia, ci sarebbe stato il suo consiglio pastorale, animatori e catechisti si sarebbero riuniti là, ecc. ecc.

Così, in maggio, abbiamo cominciato a costruire una cappella provvisoria sul terreno che già da qualche anno era stato donato per costruire una chiesa. L’opera è stata avviata coinvolgendo la comunità parrocchiale: pulire il terreno, innalzare i pali della struttura, inchiodare le assi, mettere il tetto di lamiera. Il progetto non era ambizioso, anzi, era fatto all’insegna dell’economia, perché l’idea era che la comunità parrocchiale facesse qualcosa di suo, con le sue forze e i suoi soldi. Di fatto la “chiesa” che è nata è provvisoria, può contenere solo 200 persone (più altrettante all’esterno), ed è fatta con materiali economici. A questa maniera, però, è stata alla portata delle forze e delle finanze della comunità. In tutto è costata circa 150,000 pesos (equivalenti a 4,000 euro), ed è pensata per funzionare qualche anno.

Dopo aver fatto la nuova “chiesa”, ci siamo imbarcati nella costruzione dell’ufficio parrocchiale e della casa canonica. Anche qui una cosa piccola, ma necessaria, perché l’apertura della parrocchia-istituzione richiede di mettere in atto tutta una serie di azioni (libri dei sacramenti, conti, archivio documenti, ecc.) che hanno bisogno di una struttura stabile e definitiva. Questa nuova costruzione, fatta al lato della “cappella del barrio”, è stata fatta con criteri costruttivi seri, e di conseguenza il prezzo è stato serio pure lui: è costata circa 500,000 pesos (13,000 euro), che avevamo solo in piccola parte, e che non abbiamo ancora finito di pagare; anzi, siamo nei debiti fino al collo con la parrocchia vecchia e la nuova. Ma siamo nei debiti apposta, perché considero importante che le comunità sappiano che le cose costano e che dobbiamo sforzarci per pagarle. Dopotutto le offerte che molti di voi hanno dato, e danno!, e che hanno reso possibili moltissime cose, non sono forse frutto di sacrifici e rinunce? La chiesa genovese si è sacrificata moltissimo, dando spesso ben oltre il superfluo, e come parroco sento la responsabilità di educare anche la mia gente di là a rinunciare a quello che hanno perché la chiesa possa vivere e lavorare.

Così in luglio è stata terminata e inaugurata la nuova “chiesa” della Divina Misericordia. Abbiamo cominciato a celebrare lì l’Eucarestia alla domenica alle sette di mattina (stessa ora che a Santa Margarita). I piano erano di aggiungere altre messe festive, ma non si è ancora potuto. Fatto sta che, contrariamente alle mie aspettative, quell’inizio della messa domenicale ha significato molto. Io avevo paura di rimanere con la messa di Santa Margarita vuota. Invece quello che è successo è stato che a Santa Margarita mi sono trovato con 200 persone in meno, ma alla Divina Misericordia ne vanno 400!!!! “La chiesa vicino alla gente!” Ho capito perfettamente in quel momento l’insistenza del cardinale per l’apertura di nuove parrocchie! E di fatto la situazione ha gasato tremendamente i parrocchiani “storici” della Divina Misericordia, quelli che hanno lavorato per anni a Santa Margarita: tutti ci siamo resi conto che la mano del Signore era presente in quel momento di vita parrocchiale. E il card. Nicolás ha voluto condividere la nostra gioia: la domenica 11 dicembre ha detto presente, presiedendo l’Eucarestia e dando molto calore alla nuova comunità parrocchiale. La gente ha sentito e apprezzato moltissimo questa presenza del suo vescovo!

Dopo aver cominciato a celebrare l’Eucaristia alla Divina Misericordia, si è sdoppiato anche il Consiglio Pastorale. Gli animatori delle Comunità Ecclesiali di Base hanno cominciato a riunirsi in “casa” loro, e lo stesso i catechisti. Chi porta avanti questo lavoro pastorale è appunto il diacono Marcial, con il quale condividiamo la preparazione delle riunioni e lui le fa alla Divina Misericordia. Anzi, spesso lui partecipa alla riunione che faccio io a Santa Margarita, e la “riproduce” alla Divina Misericordia. E segue con amore la gente di là, visita le comunità, parla con le persone, ecc., tutto quello che farebbe un prete, solo che ovviamente non presiede l’Eucaristia, non confessa e non da l’Unzione dei Malati. Gli è toccato invece battezzare già varie volte e benedire vari matrimoni! Marcial lavora al mattino nel baretto della scuola (da vari anni fa questo lavoro), e il pomeriggio e la sera li dedica alla parrocchia. La comunità, da parte sua, gli dà un piccolo aiuto di 3,000 pesos (quasi 100 euro) al mese per le spese di trasporto e anche per aiutarlo a mantenere la sua famiglia.

***

Le nostre parrocchie cercano di vivere intensamente la pastorale diocesana. Come vi dicevo il 2005 è stato l’anno del lancio operativo del Terzo Piano Pastorale. Ciò ha comportato un lavoro parrocchiale di motivazione delle persone e di formazione dei nuovi operatori. L’entusiasmo per questo lavoro è venuto da vari momenti in cui la comunità diocesana si è riunita in massa e il card. Nicolás, pastore di questa porzione del popolo di Dio, ha incoraggiato con unzione dello Spirito Santo preti, diaconi e laici.

Il giorno del Corpus Domini ci siamo riuniti da tutte le parrocchie della Diocesi nel parco del grandioso Faro a Colombo: 50,000 persone, provenienti dalle dodici zone pastorali in cui Santo Domingo è divisa. La giornata era dedicata in particolare ai futuri messaggeri che avrebbero distribuito alle famiglie la lettera mensile correlata al Terzo Piano Pastorale. La partecipazione non è stata massiva solo dal punto di vista numerico, ma anche nella qualità dei presenti e nella decisione a realizzare l’opera che veniva proposta. Della nostra parrocchia hanno partecipato ben duecento cinquanta messaggeri, che a tutt’oggi sono attivi nella consegna puntale della lettera alle loro famiglie.

A livello zonale il momento forte dell’anno è stata la Via Crucis del Venerdi Santo. È ormai una tradizione ben consolidata, essendo già il quinto anno che si svolge. Da ogni parrocchia si parte alle 4/5 del mattino, pregando con le stazioni preparate da un’apposita equipe, e camminando a piedi per circa 15 km. Nel punto finale ci si ritrova tutti, stanchi ma gasati dal vedere tanta gente professare la nostra stessa fede e vivere il nostro stesso amore alla Chiesa.

Meno estusiasmante è stata invece la chiusura dell’Anno Eucaristico, che si è svolta anche lei al Faro a Colombo l’ultimo sabato di ottobre. Il poco tempo a disposizione per prepararla, e il fatto che sia stato sabato e non domenica – qui il sabato è dedicato alle pulizie della casa e soprattutto ai lavaggi, senza contare che molta gente lavora di sabato – ha reso molto meno partecipata, ma non per questo meno significativa, la celebrazione.

E per finire in bellezza con questi momenti diocesani, il giovedi prima di Natale tutti i preti di Santo Domingo siamo stati ospiti del Cardinale per gli auguri natalizi. Non è mancata buona musica, fervidi auguri, e l’immancabile pranzo!

***

Venendo alla vita della nostra comunità missionaria, abbiamo avuto un lutto: suor Patrizia, che ha lavorato nella missione dal 1994 al 2002, è mancata il 7 aprile; entrata nelle nostre suore Brignoline dall’età di sedici anni, da due soffriva di un tumore all’utero, era stata operata due volte, e due volte aveva fatto la chemioterapia. Ha lottato, ma alla fine ha dovuto arrendersi e lasciarsi andare nelle braccia di quel Signore che tanto ha amato come cristiana e come consacrata. La gente del Guaricano, che la vedeva al lavoro nella farmacia, e ancora di più le donne che lavorano in casa nostra, che erano a contatto con lei in cucina, e tutti noi della comunità missionaria abbiamo percepito il dolore della sua partenza, insieme alla certezza che il Signore l’ha accolta come “serva buona e fedele”.

La comunità delle suore in compenso già da fine del 2004 si era arricchita con la presenza di suor Serafina, una donna piena di vita che aiuta tutti noi a mantenerci allegri. E si è visto il suo tocco in particolare nella festa di Nostra Signora del Rifugio, che è appunto la patrona della loro congregazione. Quest’anno l’abbiamo celebrata l’11 luglio, lunedì, con la messa nella sala d’attesa del nostro consultorio nuovo fiammante. È stata la prima volta che questa festa l’abbiamo celebrata in questo salone, la qual cosa ha reso questa festa ancora più bella!

Ma la cosa grande di quest’anno di comunità è stata la ricchezza delle visite. Sono stati alla missione il gruppo degli Amici del Guaricano, organizzato dall’attivissimo don Francesco Di Comite (don Fra o don Chicco per gli amici), il quale si è portato dietro vari giovani e adulti, nonché un confratello prete. La cosa bella è stata che quando se ne sono andati ci hanno lasciato due signore di Geo, Carmen e Orietta, che hanno allungato la loro permanenza in missione fino a restare un mese intero. Orietta, che è infermiera, ha dato una mano alle suore, soprattutto visitando in casa loro persone anziane bisognose di piccole medicazioni. Invece Carmen ha dato una mano in vari settori, non ultimo la cucina, dove si è rivelata collaboratrice preziosa e cuoca inimitabile, e anche attraverso un piccolo servizio di taglio dei capelli ai bambini poveri del barrio. Entrambe hanno desiderio di tornare, e chiediamo al Signore che il progetto si possa realizzare presto.

Insieme a loro avevamo due ragazze giovani ma molto in gamba: Eugenia e Fiammetta. Anche loro sono arrivate con il loro don Fra, e come Carmen e Fiammetta hanno passato un mese in missione, dando una mano in tanti piccoli lavoretti: dare l’impermeabilizzante al tetto, preparare il cartello indicante la Divina Misericordia, accompagnare don Lorenzo sull’ambulanza, ecc.; hanno inoltre affiancato i missionari nella missione parrocchiale di agosto, e si sono prese una bella vista della vita della gente del Guaricano. Un’esperienza arricchente e ben formativa. E hanno saputo rendersi ben utili senza mai essere di peso. Veramente brave!

Quasi in contemporanea abbiamo con noi avuto anche Sandra: lei si è dedicata alla cucina, permettendo a don Lorenzo di portare avanti altri lavori che aveva dovuto giocoforza lasciare indietro. Ha rallegrato notevolmente la casa, e nonostante l’età non troppo giovane ha dimostrato una vitalità senza precedenti!

Invece prima dell’estate abbiamo avuto con noi Lara, una giovane di Pegli, laureata in ingegneria ambientale. Al finire la laurea ha voluto donare alla missione un mese, e lo ha fatto con frutto facendo un corso intesivo di inglese, quasi come fosse stata insegnante di madre lingua, a un gruppo selezionato di studenti della nostra scuola. Di lei abbiamo apprezzato il notevole spirito di adattamento, e la capacità di entrare in un’ottima relazione con tanti ragazzi e giovani della parrocchia e della scuola. Bravissima Lara, e ti aspettiamo ancora!

A fine ottobre sono stati con noi vari personaggio molto speciali: i miei genitori con mio fratello e mia zia, e due oculisti.

Chiaramente la visita della mia famiglia è stata speciale per me, e anche per la gente della parrocchia, che desiderava rivederli dopo la prima volta che ci hanno visitato nell’anno 2000.

Invece quella degli oculisti è stata una gradita sorpresa. Carlo Mosci e Massimo Corazza sono venuti, accompagnati da alcuni dei loro figli ventenni, per montare e cominciare a usare le nuove apparecchiature oculistiche che attraverso di loro, di Carlo in particolare, ci erano arrivate in donazione. Si tratta di un “set” completo di strumenti che permettono di visitare in profondità l’occhio, individuando difetti e permettendo un’analisi profonda della cornea, del cristallino e della retina. Ebbene, Carlo e Massimo hanno montato il tutto a tempo di record il giorno dopo il loro arrivo, e poi nei cinque giorni lavorativi che sono rimasti hanno visitato ben 350 pazienti. La maggior parte di loro avevano ben poca cosa, ma l’esperienza è stata importante anche per Carlo e Massimo al fine di rendersi conto delle patologie della di qua, con l’idea di dare continuità alla cosa.

Dovevamo continuare subito il lavoro delle visite, e avevamo trovato un’oculista domenicana che sembrava disponibile a portare avanti il lavoro. Purtroppo però appena Carlo e Massimo se ne sono andati ci ha fatto capire che non aveva tempo, che lavorava già in troppi posti, ecc. Così adesso, al ritorno alla missione, dovrò mettermi sotto per trovare un altro oculista di fiducia, capace, e desideroso di spendersi per i nostri poveri.

Un discorso speciale merita anche la visita dei giornalisti della RAI. Tarcisio Mazzeo, vice capo redattore del TG3, da vari anni gira il mondo raccogliendo testimonianze di missionari e missionarie legati a Genova. Così a inizio del 2005 ha fatto la proposta anche a noi, attraverso il centro missionario, e la cosa si è potuta realizzare nello stesso periodo in cui abbiamo avuto don Chicco e gli Amici del Guaricano. In sostanza sono state fatte da dieci a venti ore di riprese, il tutto in vista di preparare vari condensati: un servizio per il TG1, vari per il TG3 regionale, una videocassetta e un DVD di venti minuti per diffondere nelle parrocchie. La cosa è già uscita alla luce, perché sono stati trasmessi un servizio su RAI 1 nell’ambito di TV7, servizio in cui si evidenziava il contrasto tra l’Isola dei Famosi e l’altro lato dell’Isola, rappresentato appunto dal Guaricano. E poi nella settiamana prima di Natale sono andati in onda vari piccoli servizi nell’ambito del TG3 regionale della sera. Aspettiamo ora il DVD e la cassetta! Grande Tarcisio! La tua opera, che sappiamo ti è costata un bel po’ di lavoro, ha permesso a molti di sentirsi molti più vicini a noi, e ha avvicinato moltissimo il Guaricano a Genova. Inutile dire che il 90% delle persone che ho visto in questi giorni mi hanno detto: “Vi abbiamo visto in televisione”. Non mi sembra vero: il Guaricano è entrato in tutte le case di Genova!!!!

Paola Longhi, che già due volte è stata con noi in Guaricano, ogni volta per vari mesi, quest’anno non ha potuto venire a causa di una rottura di una spalla. Ci assicura però che verso l’estate riuscirà a organizzarsi, precisamente dopo la nascita di un nuovo nipote. Augurissimi, Paola, e… ti aspettiamo!

Quasi mi stavo dimenticando di Francesco Zannini. Credo che lo conoscete, perché affianca il lavoro della missione dal 1998, stando con noi dai sei ai nove mesi all’anno. La sua presenza è quasi istituzionale: al mattino collabora con le suore nella farmacia, dove custodisce la cassa (non ci crederete, ma non ci si può mai fidare…). Al pomeriggio è un punto di riferimento prezioso in casa, dove mantiene una presenza importante, visto che io e Lorenzo abbiamo molti impegni fuori casa. Tra pochi mesi tornerà con noi, lo aspettiamo noi e anche la gente del barrio, che lo conosce e apprezza il suo sorriso e la sua capacità di ascolto.

***

Permettemi di dirvi due parole sulla Missione sorella che è nata a Cuba. Nelle prime settimane di Ottobre il nostro card. Bertone ha accompagnato all’isola nostra vicina don Marino Poggi, presbitero genovese molto conosciuto a Genova, e don Federico Tavella, della Diocesi di Chiavari. I due missionari hanno ricevuto dal vescovo della locale Diocesi di Santa Clara due parrocchie. Molte difficoltà li aspettano, e in parte si sono già manifestate: per prima quella del regime di Fidel Castro, che nonostante i restyling di facciata continua a mettere i bastoni tra le ruote al lavoro svolto dalla chiesa. Basti dirvi che don Marino non ha il permesso di fare chiamate internazionali, né può usare la posta elettronica. Per tutto questo deve recarsi alla curia vescovile, e stare molto attento a quello che dice o scrive, perché il regime tiene sotto controllo tutto e tutti. Ma al di là di questi aspetti, vi sto parlando di questa nuova missione perché mi rallegra profondamente vedere come l’impegno missionario della nostra diocesi sta crescendo. Vent’anni fa nessuno immaginava che avremmo avuto una missione, e ora le missioni sono due. Veramente il Signore ci sta facendo fare un cammino molto bello!

***

Il dispensario medico che nel 2004 si è trasferito alla nuova sede, continua il suo lavoro sotto la direzione puntuale e attenta delle suore. Come sapete, lavorano in esso un medico generale e un ginecologo (pagati dalla missione), una pediatra (pagata dallo stato). Visitano ognuno circa 25 pazienti al giorno. La gente dà un apporto di cinque pesos (otto centesimi di euro) per la visita, come forma di contribuire, da poveri ma con dignità, al sostentamento del lavoro medico. Inoltre la nostra farmacia vende a prezzo di costo la maggior parte dei medicinali (i nostri prezzi variano dal 50 al 70% dei prezzi delle normali farmacie!), e il laboratorio di analisi con cui ci siamo convenzionati, e che si reca tutti i giorni al dispensario, pratica prezzi attorno all’80% degli altri laboratori di analisi, senza contare che a un certo numero di pazienti realizzano le analisi gratis.

In più, già vi dicevo del nuovo laboratorio di oculistica: ce ne vantiamo anche perché è l’unico del Guaricano. Contiamo sulle vostre preghiere per trovare presto un buon oculista che vi possa lavorare!

E l’ambulanza, iniziata nel 2004 grazie alla perspicacia di don Lorenzo, viaggia a pieno ritmo, realizzando ogni giorno uno o due servizi. Inoltre c’è stata una cosa molto bella: i volontari sono stati trovati molto facilmente, grazie a una locale associazione di protezione civile che si è messa a disposizione con generosità grande. Don Lorenzo ha dovuto cercare gli autisti, e anche lì il Signore ha mandato più di quello che era necessario. Lo stesso don Lorenzo non disdegna di partire lui stesso con l’ambulanza quando chiamano in ore notturne. Insomma, un servizio che ci fa sentire utili: annunciamo il vangelo attraverso la pastorale parrocchiale, e lo rendiamo vita vissuta attraverso queste opere. Benedetto il Signore!

Naturamente continua anche il Centro Nutrzionale per Bambini. Negli ultimi anni c’è stata una variazione nel tipo di intervento. Il Centro era nato per rimettere in sesto i bambini che dai medici erano trovati sotto peso. Grazie a Dio non ci sono più tanti bambini che presentano questa tipologia, ma in compenso sono sempre molte le famiglie al limite della misera. Soprattutto si tratta di donne abbandonate dai mariti (spesso perché malate) insieme ai loro 4/5/6 figli, e che per la responsabilità di stare con i bambini non possono realizzare nessun lavoro. Queste “famiglie” vivono della carità dei vicini, e un certo numero di loro anche dell’aiuto che dà loro la missione sfamando i loro bambini più piccoli. E quest’opera non è nostra, ma vostra: di tutti voi, cioè, che con le vostre offerte ci aiutate a mantenere in vita quest’opera preziosa! Un grazie di cuore a tutti!

***

La vita della scuola procede, con i suoi aspetti feriali e con alcune novità.

Cominciando dai primi, quest’anno abbiamo 1,050 studenti nella scuola primaria (elementari e medie). Vanno a scuola metà al mattino e metà al pomeriggio, e sono accompagnati e serviti da un bel gruppo di maestri, una quarantina in tutto. In più abbiamo 250 studenti al liceo, e un centinaio nella scuola serale.

Il liceo è partito nel 2001 come scuola semi-privata: ciò ha permesso mantenerlo più funzionale (non si fanno scioperi in questa modalità), e comunque l’assunzione del pagamento del personale da parte dello stato sarebbe arrivata molto tardi. In definitiva, le famiglie devono pagare una retta mensile perché si possa pagare il personale che lo stato non paga. All’inizio dell’anno scolastico pagavano 270 pesos (circa 7 euro) mensili, e la quota è stata ridotta a 250 (6 euro e mezzo) a partire da novembre perché lo stato ha nominato due dei professori del liceo. Non sono cifre alte in assoluto, ma per molte famiglie diventano difficili da pagare. Per questo da quasi subito con il vostro aiuto abbiamo instituito delle borse di studio, da dare in relazione al merito e alla condizione economica. Attualmente sono un centinaio gli studenti beneficiati, alcuni sgravati nella misura della metà della quota mensile, altri per intero. Credo che nel complesso il lavoro del liceo realizzi una risposta concreta e effettiva al conclamato diritto allo studio che a volte le autorità tanto decantano quanto disattendono. E, ripeto, tutto questo grazie anche a voi e al vostro generoso contributo.

Dicevo dei due maestri del liceo che lo stato ha cominciato a pagare. La buona notizia è ancora maggiore, perché hanno cominciato a ricevere lo stipendio anche altri tre della scuola primaria, e, sembra, anche quattro bidelle. Rimarremmo così con un carico, assunto peraltro dalla comunità delle famiglie della scuola, di aiutare ancora tre maestri e tre bidelle: una riduzione di questo carico di più del 50%! Ciò significherà per il 2006 che le casse della scuola potranno permettersi spese più dirette al miglioramento del servizio. Abbiamo in programma di comprare una televisione grande e un video lettore per poter usare i sussidi audiovisuali nelle aule, di mettere i ventilatori in parecchie aule che non l’hanno mai avuto, di rinnovare cattedre vecchie e piccole che stanno ancora usando una parte dei maestri. Progetti che saranno realizzati con i contributi dei genitori, progetti quindi sostenibili a lungo termine, perché la gente grazie a Dio ha accettato e capito che non si può ricevere sempre tutto regalato, ma che ognuno secondo le sue possibilità deve farsi carico delle spese di gestione delle istituzioni.

Ma l’aspetto più bello della nostra scuola è il lavoro formativo che riusciamo a fare con i maestri e con i genitori.

Con i maestri, quattro volte all’anno facciamo un ritiro, praticamente lasciando a casa gli studenti (non c’è altra maniera!). Questi ritiri portati avanti sistematicamente hanno beneficiato molto il lavoro scolastico e la stessa crescita dei docenti, perché ci permettono di fare una proposta di fede a queste persone che sono disponibili, ma che spesso per pigrizia o per stanchezza non partecipano alla Messa nella parrocchia. Inoltre, ho iniziato già due anni fa a portare avanti un cammino di formazione culturale-teologica, cioè una lezione quindicinale che faccio io stesso ai maestri. Mi costa un po’ di fatica, anche perché cerco di prepararla bene, ma mi permette di incontrarli e di dare loro un qualcosa di più a livello di conoscenza della loro fede. E anche loro sentono che è un momento importante, e se per varie ragioni passano alcune settimane senza farlo subito mi domandano cosa sta succedendo.

Con i genitori, invece, il lavoro formativo che si fa è quello di un incontro mensile. Ci prendiamo quella mattinata per incontrare i genitori invece degli studenti, e poi nel tempo restante si integra con le riunioni dei maestri. La formazione dei genitori ha spaziato, nell’ultimo anno, su temi soprattutto di vita familiare: il dialogo, l’attenzione ai figli, il perdono e la comprensione, la preghiera in famiglia. Normalmente usiamo un sussidio preparato a livello diocesano per le piccole comunità, e invece di usarlo nel corso di un mese lo estendiamo all’anno intero. Ogni maestro introduce e dialoga il tema con i genitori dei suoi studenti. Alla fine dello scorso anno scolastico ho potuto ascoltare testimonianze di genitori che hanno percepito un miglioramento forte nella vita della loro famiglia. C’è stato chi ha ringraziato commosso, perché aveva già perso la speranza di una vita di famiglia serena. Sono cose che anche qui mi commuovono, e sono segni che il Signore mi dà e che mi fanno capire che il cammino è quello giusto.

Sempre a livello di formazione, negli ultimi 15 mesi abbiamo realizzato un piano di finanziamento per l’acquisto di computer da parte dei maestri. Il ministero dell’educazione sta battendo abbastanza perché i maestri imparino le tecnologie informatiche (paradossalmente, poi, in molte scuole mancano ancora i banchi…), e ha proposto in più riprese finanziamenti di computer che però, a un’analisi attenta, si rivelavano quasi truffe per la spesa complessiva che il maestro doveva affrontare. Invece, fatto “in casa”, il finanziamento nostro gli ha dato la possibilità di avere una macchina equivalente a quelle che finanziava il ministero, ma al 50% del prezzo: 15,000 pesos (375 euro) invece di 32,000 (800 euro)! Una bella soddisfazione, e il primo gruppo sta quasi finendo, mentre gli ultimi termineranno di pagarli tra quasi due anni.

Il 2004/2005 è stato segnato dalla decisione del ministero dell’educazione di iniziare le lezioni in anticipo: il 22 agosto invece del 3 settembre. Mentre in altre scuole pubbliche c’è stato un vacillamento, e in pratica è cambiato poco, i nostri maestri hanno collaborato volentieri a un cambiamento che significava per loro un discreto lavoro in più. Speriamo che i ragazzi riescano a recepire effettivamente la maggior quantità di tempo che la scuola mette a loro disposizione!

A livello di strutture e logistica, nell’estate abbiamo rifatto i pavimenti del liceo. Aprofittando di un disavanzo di bilancio, abbiamo risanato alla radice un problema che ci trascinavamo da anni, e che consisteva praticamente in uno sgretolamento dello cemento sotto i colpi dei banchi che spesso si muovono… violentemente!

È stato fatto anche un investimento molto più grande: la costruzione di un piano ulteriore dell’edificio, piano destinato ad alloggiare i laboratori che ancora non avevamo: di educazione artistica, di scienze, e di informatica. Quello di artistica è quello che è ancora più indietro, e che spero si potrà attrezzare nella prossima estate, mentre quello di scienze aveva già una parte del materiale disponibile grazie a una donazione ricevuta a inizio del 2004 da parte del ministero: vari microscopi, provette, reagenti, ecc. che di fatto erano già usati dalla professoressa di chimica del liceo. Adesso sarà a disposizione anche degli studenti della scuola primaria.

È nuovo invece il laboratorio di informatica, che è già attrezzato con 40 computer tutti collegati in rete tra loro. Tra l’altro la tecnologia del tipo “software libero” che ho utilizzato mi ha permesso di fare un’unica spesa grossa per il server, e di comprare 40 clienti leggeri da 80 dollari l’uno! si tratta di tecnologie informatiche popolari nate negli ambienti universitari americane, e che nei prossimi anni sempre più prenderanno campo in tutto il mondo. E tutto questo senza rinunciare a niente di quanto è indispensabile perché i ragazzi imparino a usare il computer. Questo laboratorio è già funzionante a metà tempo, e adesso, al mio ritorno, ho già pronto un nuovo istruttore da mettere a lavorare con gli studenti dalla quinta all’ottava classe.

La costruzione del piano dei laboratori è costata 100,000 dollari (circa 80,000 euro): una bella somma, corrispondente a un investimento duraturo per migliorare la qualità della formazione dei nostri studenti. Da dove sono venuti questi soldi? 37,000 euro dalla Regione Liguria, a cui appunto avevamo chiesto di finanziare il progetto, e il resto… avete idea? sì, non vi sbagliate: da voi! dalla vostra squisita sensibilità, che ha potuto tradursi in un beneficio permanente per migliaia di ragazzi dominicani.

***

Il lavoro sociale della missione non si riduce alla scuola e al dispensario medico. Esiste e lavora permanentemente un fondo prestiti con il quale si aiutano le famiglie ad uscire da situazioni difficili (usura, spese mediche) o ad iniziare una nuova attività commerciale. Il fondo è frutto della sollecitudine della parrocchia dell’Immacolata di via Assarotti, e dell’amore di don Mario Terrile, il quale ha saputo sensibilizzare molti e periodicamente ci invia somme notevoli che vengono appunto investite, tra el altre cose, in questo fondo prestiti. Il fondo ha attualmente una consistenza di 1,400,000 pesos (circa 35,000 euro), che vengono prestati da poche migliaia di peso a un massimo di 50,000 pesos in una volta. Viene esigita la restituzione, ma c’è un 20% di prestiti che prima o poi diventano inesigibili. Può sembrare una percentuale alta, ma in realtà è un risultato che considero più che lusinghiero, tenendo conto delle difficoltà che molte famiglie affrontano per sbarcare il lunario tutti i giorni. E continuerà a funzionare, perché ho visto che per molti è stata l’alternativa viabile all’impegnare la casa (con il rischio poi di perdere l’unica cosa che avevano). In Guaricano infatti la disponibilità di denaro per le emergenze è offerta da tutta una rete di “Compravendite”, nelle quali si riceve un prestito quando si impegna un oggetto di valore o appunto la casa stessa. Gli interessi di queste compravendite hanno un livello più che usuraio: un minimo del 10% mensile, per arrivare anche a un 20% quindicinale! Si capisce quindi la necessità di un approccio umano ed economico al grande problema dell’affrontare un’emergenza economica della famiglia.

In termini più congiunturali, ci siamo impegnati varie volte al fianco della gente povera. Due situazioni tra tutte.

A Duquesa ho dovuto dare una mano a lottare, perché il deposito della spazzatura della capitale era arrivato a pochi metri dalle loro case. Ci sono state varie riunioni nel Ministero dell’Ambiente, si è dialogato e litigato con i responsabili del trattamento della spazzatura, e alla fine, grazie a Dio, il luogo di deposito è stato spostato a distanza più cristiana. Se ricordate, Duquesa è il paesino dove l’anno scorso avevamo realizzato la cisterna dell’acqua dopo vari anni che erano rotte le tuberie che portavano l’acqua all’abitato.

L’altra situazione invece è la lotta di un barrio dentro al Guaricano per riavere dei terreni che erano destinati a loro come aree verdi. Purtroppo questa lotta, che ha visto in certo momento anche la partecipazione dei giornali, non è andata, per adesso a buon fine, perché la banca che si è impossessata, ai margini della legalità, di quelle aree comunitarie, ha provveduto a abbreviare i tempi e sta già costruendo dove dovevano esserci parchi giochi e scuole. Ho sperimentato l’impotenza e la rabbia di non poter ottenere quello che era un diritto della cittadinanza. Classicamente e semplicemente, ha vinto il più forte!

***

Per andare verso la conclusione, due “chicche”.

La prima è che in questi ultimi anni nelle nostre parrocchie sono “spuntati” sei seminaristi: tre di loro sono al seminario minore, e gli altri tre nell’anno propedeutico alla filosofia; le suore, poi, dopo l’entrata di Cristina nel 2001 (e Cristina è ormai suor Cristina!), hanno adesso due altre ragaze che vogliono entrare con le nostre suore, due ragazze veramente in gamba, che, se il Signore vorrà che continuino, credo che saranno ottime religiose. Sono segni di speranza, questi, che veramente ci fanno sentire amati dal Signore!

E l’altra è stato il “Viaggio della speranza” di Enmanuel. Enmanuel è un ragazzo di dodici anni, nato cerebroleso, con il palato saldato sopra con sotto, senza un occhio e con il cervello fuori dal cranio per la mancanza di una parte del cranio stesso. Ebbene, grazie all’interessamento di Paola, di Francesco e di don Franco ha potuto essere portato a Roma dove nel giro di più di sei mesi gli si è aperto il palato, ricostruito il cranio, messa la protesi dove mancava l’occhio, e tanta fisioterapia. Il risultato: prima Enmanuel poteva ingerire solo liquidi e non si alzava dal letto, adesso può alimentarsi normalmente e riesce a stare seduto su una sedia a rotelle. e non ha più il pericolo di morire perché qualcuno gli urta inavvertitamente la testa. Per lui e per Ydaísa, la madre, è stato un rinascere a una vita nuova. Un grazie grandissimo a tutti quanti hanno lavorato perché ciò potesse essere realtà.

***

Già l’anno scorso vi parlavo della visita del nostro vescovo, avvenuta a settembre 2004. Quando il card. Bertone ha visitato la missione, ha voluto guardare in avanti e pensare in grande: metteremo mano anche alla costruzione della chiesa nuova della Divina Misericordia! Il progetto è abbastanza costoso, in quanto si tratta prima di livellare il terreno che è abbastanza scosceso, poi di realizzare i camminamenti, scalette e vie di accesso veicolari, quindi di costruire un salone per riunioni e ritiri, in seguito di fare la chiesa parrocchiale, per terminare con gli uffici e la canonica. Quanti soldi ci vorranno non si sa, un ingegnere sta preparando un progetto ma il costo non è ancora chiaro. Tuttavia, la cosa non ci preoccupa né ci spaventa. Prima di tutto perché è un progetto a lungo termine, che noi cominceremo e che forse altri porteranno a termine, ma poi anche perché la comunità diocesana genovese ha dato segno più volte, anzi, sempre, di sentirsi protagonista nel Guaricano. I vari don Orione, don Giuseppe Cottolengo, non pensavano ai problemi di soldi perché sapevano che la Provvidenza era sempre all’opera, e in questo stesso atteggiamento vogliamo metterci noi, con la certezza che l’opera comincerà e sarà portata a termine, con l’aiuto di Dio. Che ve ne pare?

***

Concludo, quindi, questa carrellata. Ci sono state tante cose, più tante altre che non ho riportato per motivi di spazio. Solamente voglio dire ancora una volta: il Signore è grande. Tutto quello che avete potuto leggere è opera sua, è lui che l’ha ispirato e che l’ha reso possibile, suscitando collaborazione in Guaricano e a Genova.

Per questo non solo al Signore, ma anche a tutti voi, dico: Grazie! Grazie! Grazie di cuore, a tutti!

Carissimi don Paolo e don Lorenzo,

vi informo che questa sera siete andati in onda su RaiTre al telegiornale regionale: EVVIVA! Per la verità anche ieri dopopranzo e alla sera c’era il servizio relativo alla missione, ma io non lo sapevo e me lo sono perso. Oggi però mi sono documentata, cioè ho mobilitato mezza Genova per avere notizie (un grazie a mia zia e a Tarcisio Mazzeo per la collaborazione), e a mia volta ho cercato di spargere la voce… Molti miei amici e parrocchiani l’hanno visto, a giudicare dal numero di volte che ha squillato il cellulare dopo.

Che bello vedere i volti dei ragazzi del barrio in tv… mi hanno trasmesso una carica che ancora adesso non penso ad altro! E la sapete una cosa? Domani e per altri tre giorni sarà mandato in onda il resto del reportage, sono al settimo cielo!!!

Grazie Gesù per questo grande regalo…

È andato in onda poco fa il servizio (penso) di Tarcisio Mazzeo sulla missione del Guaricano.

Non l’ho visto, ovviamente, ma me ne aveva avvisato don Francesco Di Comite, e ne ho avuto un riscontro su wikipedia.

Se qualcuno l’ha visto ci dica qualcosa!

11:05 pm

Sbobinando (32)

Faccio una foto: giovane donna con bambini, due tre quattro cinque sei sette otto, tutti pulitissimi; ne arrivano altri, scatto ancora. Altro scatto, gruppo di famiglia in un esterno, baracca graziosa in un posto qualunque del barrio, ai margini di un acciottolato faticoso da percorrere.

Altra baracca, una giovane donna mi dice qualcosa: le sorrido, “no he comprendido”, sorride anche lei. In braccio ha una bambina biondissima, i capelli a boccoli le cadono sulle spalle. “Qui c’è passato un bastardo”, mi dice Fiammetta: il dono della sintesi è uno dei pregi della gioventù.

Le indico un giocattolo fatto con una bottiglia di latte a cui sono state messe le ruote. Le si illumina lo sguardo. Passiamo oltre. Uno sguardo pieno di luce: un altro pregio della gioventù. Eccone un altro: gli occhi incredibilmente verdi di una giovane mamma, due bambini e un terzo già a buon punto.

Sto per dire che non vedo uomini quando spunta un cappello bianco con le tese ricurve: “¿Dónde están los hombres?”. “Están trabajando”. Forse è vero. Speriamo sia vero. Lo so, sono un po’ prevenuto.

Faccio capolino in una baracca. Soggettiva sulla miseria. Interno della camera da letto: a destra un lettino con le lenzuola arrotolate e dimenticate, a sinistra un letto a castello, sul letto in alto c’è di tutto; la cucina è un disastro.

Suor Serafina e Orietta entrano a portare qualche medicina. Spunta un uomo di mezza età, sembra infilato a forza nella sua sedia a rotelle. Serafina gli misura la pressione, Benny e Fiammetta regalano fermacapelli alle bambine, una ha un’incredibile testa di capelli e si presenta quando elastici e fermagli sono finiti, quasi si mette a piangere, poi spunta un cerchietto e anche i suoi occhi si riempiono di luce.

Mi cade l’occhio sugli enormi piedi dell’uomo infilato nella sedia a rotelle. Serafina finisce di misurargli la pressione. Una delle bambine gli fa una carezza. Martina una volta mi disse: “Papà, tu non sarai mai vecchio”. È bello avere una figlia.

10:52 pm

Sbobinando (31)

Ripassiamo davanti a Betania, dove le comunità di base stanno vivendo un pomeriggio di preghiera: è un bel gruppo, rivedo uomini e donne già notati per intensità di partecipazione all’inaugurazione della nuova cappella, è bella e intensa anche la preghiera.

Fuori dalla chiesa rivedo una vecchia che ho fotografato al mattino, mentre preparava il banchetto sul quale espone le sue piccole mercanzìe: un thermos di non so cosa, pochi sacchetti di caramelle, un paio di confezioni di biscotti, qualche banana in condizioni così così.

Impensabile dalle nostre parti, ma una volta di più mi chiedo se questa miseria non sia più umana della nostra civiltà: che ne sarebbe di questa povera vecchia se non potesse provare a vendere qualcosa?

Ripenso a lei più avanti, quando il giro di visite di suor Serafina ci porta dal ragazzo con la testa enorme.

Ho parlato di lui nel primo intervento fatto sul blog di don Paolo, il mio scritto di presentazione messo in rete direttamente dallo studio della missione; ne ho riparlato nell’articolo scritto per MissioGenova, la rivista curata da don Francesco.

L’ho visto entrando nella casa dipinta di rosso, superando la porta marroncina con la parte bassa rinforzata da una lamiera verde marcio: la casa rossa chiude il vicolo d’accesso, con il viottolo che si sdoppia sui due lati; insomma, ci si va a sbattere contro.

Il ragazzo è infermo dalla nascita: ammesso che si potesse fare qualcosa, l’assoluta povertà dei genitori (ma conoscerò solo la madre) ha cancellato ogni speranza alla radice.

Così il collo e la testa sono le uniche parti del corpo che si siano sviluppate normalmente, sembrano un pezzo unico sparato dal tronco verso l’alto; le braccia sono sottili e lunghissime, ripiegano davanti al ventre e finiscono in mani grandi, appoggiate sui piedi senza forma, premuti l’uno contro l’altro: nella mano destra tiene qualcosa, forse un giocattolo, la sinistra è chiusa a pugno.

È seduto su una sedie di plastica arancione, impilata su una sedia dello stesso tipo, azzurra; accanto a lui, sulla sedia rosa accanto, una bambina con due grandi fiocchi rosa legati ai capelli; di fronte, la sedia a rotelle con imbottitura nera su telaio rosso fiammante.

Lo sguardo è intenso, attento; sulla bocca grande e carnosa un accenno di baffo, sul viso, un accenno di sorriso: non so se è vero o se lo vedo solo io, forse perché penso che da noi sarebbe sepolto in un istituto, proprio come la vecchietta sarebbe sepolta, dimenticata?, in una casa di riposo.

9:22 pm

Sbobinando (30)

Dalle lezioni di informatica alle lezioni di vita: la scuola è il barrio, le aule sono gli squarci che ci si aprono davanti.

Camera stretta su un paio di scarpe appese, ormai sapete di che cosa si tratti: gioventù buttata via; ecco il contrappunto: bambini che fanno il bagnetto nella vasca davanti all’ingresso della missione, ne abbiamo visti e ne vedremo a ogni passaggio.

Sono le 4 del pomeriggio e fa un caldo incredibile; seguiamo suor Serafina e Orietta, con Fiammetta e Benedetta catechizzate da don Francesco: si va a portare aiuti e medicine a poveri e malati del barrio.

La strada è una pietraia che fa male ai piedi. Si arrampica una piccola autobotte di acqua potabile. Un grande portone di ferro spalanca la vista su una distesa di batterie esauste, non ne ho mai viste così tante. Chiedo all’operaio che cosa ne facciano: “Le ripariamo”, mi risponde con un sorriso largo. Non sapevo si potesse.

Suor Serafina saluta una vecchia che stava dormendo davanti casa: le fa festa e la invita a entrare, ne escono quasi subito in quattro, c’è anche una ragazza dal passo malfermo, sostenuta dal padre.

La ragazza non credo abbia 18 anni, ha un colorito terribile, un olivastro tendente al grigio; faccia da india, piccolina, indossa una canottiera azzurra, entrambe le spalline sottili passano su grandi cerotti imbottiti: è lì che le attaccano le macchine per la dialisi.

Ogni passo le costa fatica, ogni gesto la costringe a una sofferenza vanamente dissimulata dal sorriso. Eh già, sorride. È contenta della visita. Sono contenti anche i suoi genitori: suor Serafina consegna un po’ di medicine, Fiammetta fa una carezza al fratellino e prova a dargli un cagnolino di peluche, ma lui non lo vuole.

Mi guardo intorno: la casa è tristissima, il mazzo di rose di plastica che vorrebbe ingentilire il tavolo produce un contrasto che sa di desolazione totale.

Finiamo di consegnare le medicine e andiamo via.

10:46 pm

Sbobinando (29)

(Scusate l’assenza, causata da insopportabili quanto ineludibili necessità di lavoro: incombe il Salone Nautico).

Riprendo a sbobinare dalle lezioni di computer, che si tengono in un locale di fronte alla scuola.

La stanza è piccola (quattro per sei, più o meno), un grande ventilatore sul soffitto aiuta la decina di aspiranti informatici e l’insegnante, che come spesso accade quando si tratta di computer è assai più giovane dei suoi allievi.

Angelo è un magrolino dall’aria energica, sul metro e sessantacinque, poco più che ventenne, un filo di pizzetto, l’espressione molto sveglia, ha una bella maglietta rossa e un berretto con visiera; i computer lavorano in ambiente Linux, politica di don Paolo, che è orgoglioso di aver abbandonato Windows per risparmiare sui costi e guadagnare in praticità.

Il corso di informatica fa parte dell’insegnamento che si dà ai ragazzi durante l’anno; agli adulti si offre la possibilità di fare un corso più breve, un paio di mesi: bastano, dice Angelo, per consentire a chiunque si trovasse davanti a un computer di sapere quel che deve fare.

Mi viene in mente don Milani e la sua pedagogia così ancorata ai bisogni elementari: cultura è prima di tutto (per esempio) sapersela cavare in un ufficio postale. Dice Angelo: “I ragazzi vengono qui per giocare, ma le persone da 30 anni in su vengono perché sanno che nel 21mo secolo non si può fare a meno dell’informatica”.

E poi c’è un terzo gruppo, le donne che “vengono perché non costa niente e possono dare un esempio ai figli, al marito”.

Dare l’esempio: non sembra anche a voi che il concetto di esempio contenga l’idea della speranza?

7:44 pm

Sbobinando (27)

Il dubbio è di quelli più atroci: Cristoforo Colombo l’Ammiraglio, oppure Cristoforo Colombo l’Emigrante, il primo italiano della storia? E poi: il primo? E Marco Polo da Venezia? E Andalò di Savignone, che fece dopo di lui la stessa strada?

Niente paura, è che ho scoperto di potermi concedere un giorno di festa. Meglio: ho scoperto che c’è un festivo del quale non avevo mai sentito parlare: il 5 dicembre a Santo Domingo si festeggia l’immigrato italiano in Repubblica Dominicana; la festività è stata istituita nel 2004.

Il motivo va cercato nella storia: la data famosa è il 12 ottobre 1492, ma c’è, diciamo, un sotto-evento, datato appunto 5 dicembre 1492, quando Cristobal approdò davanti a un posto bellissimo, nel Nord, poco lontano da Puerto Plata, e gli parve adatto a celebrare la sua grande protettrice, la regina Isabela.

Il posto venne chiamato “La Isabela”; nonostante i saccheggi del periodo diattatoriale, c’è ancora qualcosa che ricorda Cristobal e la sua regina.

Anche questa storia me l’ha raccontata Aldo Burzatta.

7:41 pm

Sbobinando (26)

Martedì 26.07.05

Segretariato della comunità italiana di Santo Domingo, ufficio di Aldo Burzatta, faccia e fisico da ragazzone vitaminizzato. Capelli castani corti pettinati da un lato, fronte ampia e intonazione ottimistica nella voce; gesticola con sicurezza e sottolinea i concetti con una grande mobilità degli occhi e della bocca. Si vede che è abituato a trattare con la gente.

Siamo nella palazzina di fronte all’Ambasciata d’Italia, il posto sa di lavoro da vice-ambasciata: rapporti commerciali, pratiche di emigrazione e cose di questo genere.

Lo studio di Burzatta è piccolo: poltrona, scrivania con ampie bordature color radica, due poltroncine, un divanetto; alle pareti diplomi e fotografie, ma anche quadri con grandi disegni precolombiani in rilievo, un grande specchio divide la scrivania dalla finestra, una grande bandiera dominicana incrocia una grande bandiera italiana.

Dice il segretario: “Gli italiani qui fanno cose bellissime cose. Per esempio abbiamo l’accademia della cucina, l’associazione sommelier che questo ottobre ospiterà il congresso nazionale, sarà il primo svolto fuori dall’Italia. Il made in Italy qui è rappresentato al cento per cento, dal turismo alla cultura”.

Gli chiedo: in che rapporti siete con i missionari? Risponde: “Abbiamo ottimi contatti, ma ancora limitati, li abbiamo conosciuti tardi, vogliamo recuperare, far conoscere le attività delle missioni, come quella di Genova in Guaricano”.

Ancora: qual è l’atteggiamento delle autorità locali? “Le istituzioni locali appoggiano moltissimo queste associazioni volontarie, concedendo permessi, facilitando l’importazione di aiuti. Certo, loro non possono fare molto perché il bilancio del Paese non lo permette”.

Insomma si lasciano aiutare. Il simpatico ed efficiente Burzatta valorizza la generosità degli italiani di qui: i proprietari della storica pizzeria Vesuvio che a Natale “svuotano il ristorante e danno da mangiare ai bambini di strada”, oppure un bolognese che a Las Terrenas sta cercando di avviare “un corso di italiano per i bimbi italo-dominicani tramite la collaborazione con il Comune di Castel San Pietro che ha mandato insegnanti e tantissimo materiale”.

Non è proprio così, ma lo scopriremo più avanti.


Lara e Fiammetta con suor Serafina

Ohhhh… ecco… quanto tempo…

Indovinate un po’? Oggi… si è formato un trietto super…
1: LARA
2: SUOR SERAFINA
3: FIAMMETTA

Dunque: ho rivisto Serafina!!! E… ho conosciuto Lara!

Oggi c’è stata una festa per la madre fondatrice delle Suore Brignoline (si dice così?) nel convento a Marassi… Messa col cardinale (un’ora e mezza in piedi…) e poi rinfresco.

Ma a parte questo indovinate chi c’era oltre a noi tre? Carmen, Sandra, Orietta, la sorella di Carmen, la mamma di Lara, e Paola…. Mi ha fatto un certo effetto rivedere tutti insieme a Genova…

Serafina ci ha accolto sorridente (e ubriaca) come al solito (ovviamente scherzo con l’”ubriaca”)… Che strano vederla col vestito nero, velo tutto a posto senza neanche un capello fuori ecc…

Ci ha presentato la madre generale (che inspiegabilmente mi conosceva di nome… ?? … anzi lo so il perché ma tralasciamo…) e con Lara abbiamo cercato di strapparle un’uscita con Serafina.

Piccolo riassunto:

  • Sandra è arrivata in chiesa urlando che doveva confessarsi (ma era troppo tardi) e poi per penitenza si è seduta sotto un santo (scusate l’ignoranza ma non mi ricordo il nome) con una lancia puntata sulla sua testa… che ridere…
  • Poi ci ha raccontato di una urlata di Francesco per uno dei suoi (abituali) ritardi… altre risate …
  • La madre generale ci ha conosciuto uno per uno… (la sequenza Sandra – suor Daniela non è casuale. Chi ha orecchie per intendere…)
  • Carmen subito non l’ho riconosciuta perché i capelli erano più rossi del solito… Poi però quando si è appesa alla mia trippa prendendomi in giro ho capito subito…
  • Orietta si è informata di quando ci vedremo con Tarcisio e Tito (di nuovo “chi ha orecchi… intenda”…). E con Carmen giù a ridere di nuovo…
  • Lara si è dovuta sorbire un’ora e mezza di messa in piedi spiaccicata dietro una signora diciamo non magrissima…

Insomma è stato un pomeriggio di grandi risate di gruppo… Alla fine ero felicissima… Mi sono divertita molto e ho finalmente rivisto Serafina che con le sue risate di gusto e contagianti mi ha caricato tantissimo e mi ha risvegliato dal mio letargo (iniziato con l’inizio della scuola…)

C’era un atmosfera bellissima…

Ora però mi si stanno incrociando gli occhi… quindi… che dire…: Blessilla, Cristina, Lorenzo, Paolo, Francesco, suor Modesta (anche se non ti conosco)… vi aspettiamo con ansia!

Lo stesso vale per Willy, Heriberto, Elvis e gli altri ragazzi che prima o poi verranno a Roma…

A presto!

9:41 pm

Sbobinando (25)

Ancora Boca Chica, le ultime dalla spiaggia.

Una cesta di aragoste spettacolari, rosse come non le avevo mai viste. Mio suocero Achille me ne parlava sempre raccontandomi dei suoi viaggi nei Caraibi e dei pesci straordinari che vedeva pescare e vendere per quattro soldi. Lui le cucinava alla grande, quando ne parlava gli brillavano gli occhi. Ora che le vedo capisco.

Niente passa inosservato. Il buttadentro di un famoso bar ristorante di Boca Chica è un metro ottanta per 130 chili, camicione bianco aperto sulla pancia, pizzetto brizzolato, aria da predicatore, eloquio da televenditore. Faccio in tempo a chiedergli che cosa ci sia nel menu. Scrivo come capisco, e poiché parla a raffica capisco la metà.

Dice: “Questa è l’università del marisco, abbiamo il pesce fresco, aragosta, polpo, lambì, gamberi, pesce freschissimo, arroz, habichuela, la carne, insalata, la migliore piña colada dominicana. Tranquillità, onestà e sicurezza per voi. Tutti gli italiani vengono qui. È il nostro motto: onestà e sicurezza”.

Intorno, ragazze vestite alla marinara che ballano, baristi e camerieri indaffaratissimi, e poi capannelli di giocatori di domino, chiacchiere multilingue, un enorme americano legge l’ultima di Harry Potter, un fruttivendolo espone frutta strepitosa, un gigantesco poliziotto ci guarda con interesse.

Sembra Denzel Washington, l’attore. No, è il suo sosia dominicano: alto e massiccio, stemma di riconoscimento sul berretto scuro calato sugli occhiali scuri e a specchio, divisa di un bianco impeccabile, mostrine da sergente sui pizzi del colletto.

“Appartengo alla Politur, la Polizia turistica. Siamo qua per garantire la sicurezza degli ospiti, per orientarli e per proteggerli. Noi diamo appoggio al turista affinchè non abbia problemi e al suo ritorno in patria dica a tutti che si è trovato bene. Il turismo per noi è una risorsa importante”.

Non male l’idea del Politur. Voi che ne dite?

9:41 pm

Sbobinando (24)

(Scusate l’assenza, ma il lavoro chiamava e non ho potuto sbobinare; comunque, rieccomi: è sempre il pomeriggio di lunedì 25 luglio 2005)

Da Boca Chica a Prà il passo è breve: merito di Nancy, proprietaria di un ristorante ma soprattutto di un bel faccione sorridente.

Siamo entrati nel locale perché prometteva cucina italiana e abbiamo trovato una dominicana che dice “la nostra cucina romagnola” e sa tutto sul pesto, mostra il menu che vanta le nostre care trenette e confessa, come unico cruccio, l’uso di un mortaio di legno anziché di marmo.

Nancy è un bel tipo: ha imparato la cucina romagnola da un fidanzato romagnolo, e i segreti del pesto, su suggerimento (indovinate un po’) di un altro fidanzato, li ha appresi nei ristoranti di Genova e riviere; sa tutto, comprese naturalmente le qualità del miglior basilico.

Non vorrebbe farsi intervistare perché non è in tiro come dovrebbe esserlo la dueña di un ristorante, poi si arrende.

“Lo so che il vero basilico è quello di Prà – ci spiega sfidando la nostra incredulità – quando sono stata a Genova sono andata a cercarlo, è stata una cosa davvero interessante”.

Sfodera due tovagliette, una raffigurante i luoghi colombiani di Genova e Liguria, una monografica sul pesto.

Ma come fa a farlo qui? “Ho un po’ di terra, me lo coltivo. Uso solo le foglioline piccole, altrimenti sa di menta e non va bene”.

Il suo italiano è ottimo. Il locale è molto bello. La cucina sarà anche romagnola con un’eccezione per il pesto, ma le pareti sono tutte dedicate a Genova: foto, carte nautiche, ce n’è perfino una dettagliata sul porto con la diga foranea in primo piano.

Peccato non siano neanche le quattro del pomeriggio: io che all’estero non mangio italiano, per le trenette al pesto avrei fatto un’eccezione.

9:17 pm

Sbobinando (23)

A Boca Chica arriviamo intorno alle 15; ho letto e mi hanno detto che è un luogo di peccatori e peccatrici.

È incredibile che il posto si presenti, almeno dall’accesso dove capitiamo noi, come luogo per famiglie: un pezzo di spiaggia grande quanto mezzo campo di calcio, giochi per bambini, venditori ambulanti carichi di salvagenti di tutte le taglie, per un mare la cui profondità non supera la misura di una tibia; verso destra la spiaggia diventa una lingua di sabbia compatta e dura, larga due metri e lunga qualche centinaio.

Penso che abbiamo fatto bene a preferire Juan Dolio, prima di tutto perchè qui non saremmo riusciti a fare il bagno, poi perché c’è più confusione; quanto al resto, non so.

Mi guardo intorno e penso a quando ero militare (purtroppo sono già passati quasi trent’anni): i miei amici volevano essere invitati a Genova con la promessa di accompagnarli in via Prè.

Non mi credevano quando dicevo che era un luogo di peccati trascorsi, sempre meno colorato e sempre più triste: poca e sgangherata sostanza, tanta leggenda, storie da sopravvissuti.

A Boca Chica staremo poco. Forse perché cerchiamo altro, troveremo solo qualche comparsa. E per fortuna, tracce di altre storie.

9:17 pm

Sbobinando (22)

Alla spiaggia di Juan Dolio si arriva percorrendo una superstrada ampia e veloce, una mezz’ora abbondante dopo l’uscita dal centro di Santo Domingo; a un certo punto si svolta a destra e ci si trova in un posto identico a tanti altri.

Almeno qui, i Caraibi, come aveva detto un tizio a proposito dell’Italia, sono un’espressione geografica: gli stradoni sono uguali dappertutto, quelli che corrono paralleli al mare fanno ancora più impressione.

Vedendo le palme, finalmente un sussulto: stiamo per entrare nella cartolina. C’è un bar-capanno, siamo i primi clienti, c’è anche una signora italiana un po’ volgare: chi l’ha detto che solo gli uomini fanno turismo sessuale? Dice che viene spesso. Buona vacanza.

Il posto è “telegenico”, ma non ridete se dico che la spiaggia di Arenzano, alla stessa ora, con la sabbia stirata dalla risacca non è meno attraente; in più, l’acqua sa di mare e il mare libera uno sapore di iodio che qui non riesco a sentire.

Il posto mi sembrerebbe finto se un recente ciclone non avesse seminato un po’ di danni, costringendo il titolare di un albergo a svenderlo nonostante sia in buone condizioni generali.

Da una villa ben protetta esce il guardiano e ci spiega che centomila dollari, qualcosa di più qualcosa di meno, bastano per comprare un posto da sogno come quello in cui sta facendo lavori di manutenzione.

Ci guardiamo intorno, tutti vendono qualcosa: un monolocale, un esercizio commerciale, una casa con piscina.

La spiaggia è maltrattata: rami, tronchi d’albero, arbusti: ma l’ha fatto il ciclone di metà luglio? “No, señor, è stato l’anno scorso”. L’anno scorso? Vabbè.

Tito gira a lungo, trova perfino una sorta di prato davanti al mare, ed è bello il gioco della telecamera, che sale dalle piantine alla classica panoramica sulle palme inchinate verso gli ombrelloni e le sdraio.

I ragazzi fanno il bagno, don Lorenzo va a fare la spesa per il pranzo (consumeremo ottimi panini), Francesco stupisce tutti con un formidabile cappellaccio a tesa larga e floscia: uno spettacolo che non mi avventuro a descrivere.

Milena non resiste alle ragazze haitiane che le propongono una testa di treccine, altrettanto la Benny: per lei (Milena aveva già concordato la tariffa) ingaggio una trattativa che vale uno sconto di 5 dollari e un’accusa. “Tu non sei italiano”, mi dice una delle parrucchiere.

Un po’ più in là Tito sta riprendendo una barca carica di pesce fresco; Francesco accetta l’invito di un venditore di noci di cocco e in pochi minuti abbiamo anche il dessert.

L’apertura delle noci è spettacolare, a colpi di machete, la lama che sfiora le dita che tengono il cocco, lui sicuro di sé e noi col fiato sospeso. Il conto è onesto.

La troupe (Francesco, Tito e io) dichiara finita la gita e parte per Boca Chica.

9:50 pm

Sbobinando (21)

Lunedì 25, ore 8.30.

Nella vecchissima Mitsubishi rossa con i sedili sfondati e il parabrezza con un buco dal quale si dipartono crepe identiche ai raggi del sole, Tito e io sprofondiamo più che altro sorpresi: questa ci mancava, ma è giusto provarla.

Diciamo la verità: a Genova, su una macchina così, non saremmo mai saliti. Non so se più per paura o più per vergogna. Il fatto è che da noi una macchina così potrebbe stare solo da un demolitore, qui sta onorevolmente nella media, fra le auto decenti dei benestanti e le carcasse arrugginite dei loro dirimpettai.

El chofer de confianza l’autista di fiducia trovato da don Paolo, guida con sicurezza in direzione di Juan Dolio, il posto che abbiamo chiesto di vedere e dove alla fine s’è deciso di fare un bagno, perché non si può tornare dai Caraibi senza aver assaggiato il mare e la spiaggia da cartolina.

La nostra guida è sempre Francesco. Sul pick up della missione c’è don Lorenzo: porta i ragazzi, per un giorno è gita anche per loro; Benedetta e Milena vogliono farsi fare le treccine.

Scopriremo che le ragazze haitiane fanno treccine in cambio di 20 dollari. Alla sesta cliente hanno guadagnato quanto in un mese il guardiano notturno conosciuto in cañada, quello che rischia la vita per difendere la stazione di servizio dall’assalto dei tiguere.

Un’altra conferma che le attività turistiche e assimilate viaggiano per conto loro.

Ci guardiamo intorno: gruppi di spazzine puliscono la strada (“Siamo in campagna elettorale”, ci spiega el chofer), il traffico è disordinato ma veloce, a ogni semaforo una dozzina fra ragazzi e adulti, uomini e donne, offrono qualunque cosa, dalla pulizia del vetro alle barrette di cioccolata, dalle bottigliette d’acqua ai sigari, dalle caramelle ai giornali.

Semaforo verde, siamo in seconda o terza fila; l’auto davanti a noi si sposta giusto in tempo per consentire al nostro autista di fare altrettanto, così evitiamo di travolgere la cosa che fa da spartitraffico.

La cosa è una persona. Un ragazzo di colore, avrà al massimo 25 anni.

Cammina sulle mani, aiutandosi con il moncherino della gamba sinistra, che spunta dai jeans tagliati corti. È amputata un po’ sopra il ginocchio. La gamba destra è più corta, dev’essergli stata amputata a metà coscia, forse anche più su.

Muovendosi con fatica, a ogni scatto di semaforo non fa in tempo a mettersi al sicuro, così rimane al centro della strada.

Chissà se si è abituato alle macchine che gli sfrecciano vicino alle orecchie, o se invece gli fanno ancora paura.

9:41 pm

Sbobinando (20)

Dalla cañada alla parrocchia di Santiago el Menor, purtroppo chiusa (causa orario) e allora di nuovo alla cañada, ma da un altro lato e con un percorso che ci offre uno spaccato diverso della realtà dominicana.

Un movimento oltre una grata attira la mia curiosità. Mi avvicino e scopro un panificio semi-industriale: una fila di carrelli alti due metri e pieni di lame a loro volta piene di panini, uguali a quelli che si vendono dappertutto. Saranno migliaia.

Guardo meglio nel buio e vedo un certo numero di bambini, non distinguo che cosa facciano. Uno di loro si affaccia, domando il permesso di fare qualche ripresa, lui va a chiedere a qualcuno. Sento una voce d’adulto che dice di no.

Proseguendo precipitiamo in una scena da film anni ’50.

Frammento di paese, la strada che si apre in due, divisa da un muro largo tre metri; al centro del muro un ragazzino con la mazza tipo baseball aggredisce qualcosa che somiglia a una palla, la colpisce e parte come un proiettile per conquistare la base. Uragano d’entusiasmo.

Un secondo ragazzo, più grande d’età e di statura, si accorge della telecamere e chiede di essere ripreso. Tito fa cenno di sì, lui però non riesce a prendere una palla buona. Poi finalmente l’azzecca e fa quel che deve, ma scatta solo dopo essersi accertato che Tito l’abbia visto.
Altro uragano d’entusiasmo.

Improvvisamente ricordo che nelle pagine sportive del quotidiano che ho visto in missione, prima di pranzo, non avevo trovato una sola riga dedicata al calcio; io stesso ho visto solo baseball, pallavolo e basket. Niente calcio, neanche per sbaglio.

Per ogni cosa c’è sempre una prima volta; questa non mi è dispiaciuta.

1:31 pm

Sbobinando (19)

Tentativo d’intervista.

Dico tentativo perché si vede a occhio quando non c’è speranza: la ragazza dallo sguardo perduto sta proprio pensando ad altro.

Le chiedo della bambina. “Ha quindici giorni, si chiama Liliam”, risponde senza cambiare espressione.

La bimba è un angioletto infilato in una tutina rosa, la testina è protetta da una cuffietta bianca con disegnini di frutta.

La donna anziana ci spiega che la ragazza è preoccupata da un gravissimo problema: la bambina più grande (quella seduta accanto alla mamma), da un mese ha smesso di camminare.

Che cosa è successo? “È caduta dalla sedia e ha battuto la schiena”.

All’ospedale che cos’hanno detto? “Non ce l’hanno portata: la famiglia non ha i soldi”.

Come, la famiglia non ha i soldi: ne servivano così tanti? “No, ma la famiglia è così povera che non ha potuto nemmeno far visitare la bambina”.

Così la piccola rimane lì, senza nessuna cura. Magari bastava poco.

Prova a guardarla Orietta, che è infermiera e come minimo sa come toccarla. Ma che può fare?

Ci chiamano dalla baracca di fronte.

Da una porta di lamiera sbucano una ragazza e una bambina, in un attimo arriva un giovane con la voglia di farsi intervistare: è il terzo (o il primo) membro della famiglia, fa il guardiano di notte a un distributore di benzina.

“È un lavoro pericoloso – mi dice –soprattutto perché è proprio di notte che i tíguere fanno le loro scorribande nel barrio. Sparano, ammazzano anche”.

Hai paura?, gli chiedo. Sorride: “Non posso avere paura: è un lavoretto, ma è l’unica cosa che sia riuscito a trovare”.

Ti pagano bene? “Quattromila pesos al mese”. Centoventi, centotrenta euro, se ho contato bene.

E così adesso sappiamo il valore di una vita nella bella Repubblica Dominicana.

2:58 pm

Sbobinando (18)

Siamo ancora nella cañada.

Dice Francesco: “Peccato non ci sia don Lorenzo, lui questa zona la conosce benissimo”. Carmen e Orietta si guardano intorno sconcertate.

Penso a Milena, Eugenia, Benedetta, Fiammetta e Simone che sono rimasti coi loro coetanei della parrocchia di Amparo, per la sfida a pallavolo: questa sì che sarebbe stata un’esperienza da riportare a Genova, per raccontarla ai loro amici di Castelletto e Bolzaneto.

Penso ai giovani e giovanissimi immigrati che periodicamente vengono scoperti fra i resti della Mira Lanza di Teglia o fra le macerie di qualche altro rudere dell’archeologia industriale genovese.

Giriamo fra casette rivestite di lamiere cascanti, pezzi di legno come pareti, alberi di cocco che spuntano ovunque e almeno danno un poco di ristoro.

Davanti a una baracca c’è un quadretto dominicano che stringe il cuore: su una sedia bianca di plastica è seduta una bambina di un anno, porta solo una collana di palline colorate ed è immobile, accanto alla mamma seduta su una sedia identica e con una bimba piccolissima in braccio.

È una mamma giovane, con lo stesso sguardo senza espressione della figlia maggiore.

È vestita senza passione: gonna azzurrina che in realtà potrebbe essere l’orlo di una sottana, camicia da uomo a rettangoli grigi disposti in verticale, in testa un berretto con la visiera dal quale spunta un fazzoletto rosso con disegnini bianchi.

Accanto a loro c’è una signora che direi anziana, ma probabilmente non supera (o supera di poco) i cinquanta.

Gente della Canada, scrivo sbobinando.

Quando mi accorgo dell’errore mi scappa un sorriso amaro: “Avevo una casetta piccolina in Canadà…”.

10:56 pm

Sbobinando (17)

Ora capisco perché Juan mi aveva chiesto di aspettare: voleva rendersi presentabile prima dell’intervista.

Infatti s’è presentato indossando una bella camicia di cotone pesante, tipo jeans, con quadrettoni davanti.

È sul metro e settantacinque, faccia rotonda, baffetti morbidi. La voce è piena, il tono misurato.

Dice: “Qui abitano persone molto povere, in condizioni che hanno dell’incredibile. Guardate la cañada, il problema igienico è gravissimo: nella fogna si scaricano feci e tutti il resto”.

Mi guardo intorno. Respiriamo la puzza della fogna. Come fanno a viverci?

Mi viene in mente il fiume nero che divide in due la favela di San Josè a Belo Horizonte, in Brasile: quando la vidi, mi colpì la presenza dei maiali e il lento scorrere dall’alto in basso dell’acqua fetente, una ruga maleodorante in una montagna di spazzatura e umanità ferita.

Qui l’acqua fetente attraversa un tratto pianeggiante girando intorno ad alberi che sarebbero bellissimi, e a tratti si apre in squarci di natura che chissà cos’era prima che la cambiassero.

Vedo un giovane al lavoro fra il fiume e il retro della sua casa, sta rinforzando un argine che le ultime piogge hanno indebolito.

Dice Juan Reyos: “Il pericolo di contaminazione è enorme, è stata la povertà a creare questa situazione. Non possiamo difenderci. Non so quanti siano gli abitanti, ma so che la maggior parte non ha di che mangiare e non lavora”.

Mi hanno detto che abitare qui sarebbe proibito.

“Non abbiamo un altro posto. Però abbiamo la speranza che le cose possano migliorare, che le autorità ci aiutino”.

Insisto: vi hanno promesso qualcosa?

La risposta è un capolavoro di educazione: “So che un gruppo di abitanti è andato al Municipio, ma non ho ancora avuto occasione di vedere qualche risultato”.

9:13 pm

Sbobinando (16)

Juan Reyes si è andato a cambiare per fare l’intervista.

L’avevo incontrato sulla scaletta ripida che dalla strada scende nella distesa di baracche lungo la cañada, la versione dominicana delle favelas che ho visto in Brasile; lì (in Brasile) sono impenetrabili a meno di essere accompagnati da persone credibili e conosciute, c’è da farsi ammazzare.

Per non correre rischi, prima di scendere avevo cercato qualcuno con cui parlamentare.

Juan Reyes era in jeans e canottiera, davanti alla prima baracca; mi aveva chiesto in inglese se avessi bisogno di qualcosa, gli avevo risposto che volevo notizie su questo luogo.

È un posto che fa impressione: baracche su baracche lungo un fiume putrido; vedo bottiglie di plastica squarciate, resti di un bambolotto, avanzi di pneumatici; sacchetti lacerati appesi ai rami degli alberi lungo il canale danno la misura del livello dell’acqua nei giorni di piena.

Sacchetti e altri detriti arrivano a due metri, significa che le baracche vengono invase da schifezze d’ogni genere.

Aspettando Juan mi guardo intorno. Da una casetta graziosa, pareti rosa carico con piccole finestre verdi, esce una giovane signora in canottiera rosa, con un bel sorriso aperto.

Signora, non è pericoloso abitare qui?. “Certo che è pericoloso, ma siamo poveri e non possiamo comprare casa da un’altra parte. E allora siamo costretti a restare nella cañada: quando piove stiamo in pericolo”.

È già successo. Succede ogni volta che piove: la fogna si gonfia fino a tracimare, come fanno i piumi in piena.

Chi ha mai visto la piena di una fogna?

9:13 pm

Sbobinando (15)

Ancora la storia delle scarpe, perché non mi va giù.

Percorrendo la via che dalla parrocchia di Amparo porta a una favela che si sviluppa due metri sotto il livello della strada (e dove andremo fra poco), vedo altre scarpe penzolare dai fili della luce.

Tito stringe su queste tracce di vite appese. Dondolano mosse dal vento. Sembrano bandiere a mezz’asta. Penso a come utilizzare queste immagini.

Viste così sono terribili, sembra di vedere degli impiccati.

Forse è la mia immaginazione, ma non posso non vedere come gli aquiloni e le scarpe siano i due capi di un identico filo: c’erano bambini che giocavano con gli aquiloni e poi sono finiti appesi allo stesso modo.

Francesco, succede spesso? “Sì, mi hanno detto che sono 250 i giovani che ogni anno muoiono i questo modo, in un tiroteo con la polizia”.

Quindi ci sono 250 paia di scarpe in più, appese quest’anno? “Penso proprio di sì”.

Come dire: un morto ogni 36 ore, un funerale ogni giorno e mezzo?

“Già. Si vedono tante candele accese lungo le vie che il ragazzo frequentava. Candele accese e scarpe appese esprimono la protesta contro i metodi della polizia: non è detto che tutti i giovani uccisi fossero tiguere, molte volte basta non ubbidire a un alt per essere colpito a morte”.

Per diventare scarpe appese? “Per diventare scarpe appese, sì”.

9:07 pm

Sbobinando (14)

Un bambino perse il suo aquilone che si impigliò nei fili della luce.

Un ragazzo perse le scarpe che si impigliarono nei fili della luce.

Dove sta lo sbaglio?

“Le scarpe appese sono un segno di protesta”, dice Francesco. Cioè? “Sono stati gli amici di un ragazzo ucciso dalla polizia”. Un ragazzo? “Sì, un membro di qualche banda”.

Qui soprattutto di sera è tutta una guerra di bande. La gente normale sta a casa, il barrio diventa territorio di caccia dei tiguere, li chiamano così.

Sono pericolosi? “Molto pericolosi”. E le scarpe? “Sarà andata così: una sera è arrivata la polizia e c’è stato uno scontro a fuoco, oppure più semplicemente gli hanno sparato per chissà quale ragione, non sempre quelle che succede ha una spiegazione lineare”.

Resta la testimonianza. Le scarpe appese urlano la protesta degli amici del morto. Dicono che secondo loro qui è stata fatta giustizia sommaria. Non ne sappiamo di più.

Lungo la strada fra Las Terrenas e Samanà vedremo una decina di paia di scarpe appese nello stesso punto.

Pomeriggio a spasso, vediamo che cosa troviamo. Vediamo se è vero che basta uscire per inciampare nelle notizie: l’ho sempre detto, a volte lo ripeto come se fosse una formula magica.

Ci guida Francesco, un genovese che passa qui buona parte dell’anno. “Sono in pensione, dopo una vita passata in mezzo ai numeri”, racconta.

Lavorava all’Inps (o alla Banca d’Italia?, ndr), anche in missione continua a occuparsi di conti, per esempio quelli della farmacia: “È una formidabile risorsa per la gente del barrio – mi spiega: qui tutto è a carico del paziente, le medicine costano molto, a volte i prezzi sono impossibili. Da noi si possono comprare risparmiando almeno il trenta per cento”.

Non gli chiedo come ciò sia possibile perché la mia attenzione si sposta sull’uomo che sta abbassando la saracinesca, neanche a farlo apposta, di una farmacia. Una gran bella farmacia, a giudicare dalle tre grandi serrande in fila: faranno non meno di cinque-sei metri di vetrine.

L’uomo lavora con calma, posizionando enormi lucchetti e facendoli scattare; poi controlla che siano ben chiusi, sotto gli occhi attenti della signora che gli sta al fianco, alta e bella, vestita con sobria eleganza: maglietta con ampia ma misurata scollatura, giacca beige di buon taglio sopra pantaloni scuri, capelli ramati divisi in mezzo e raccolti da un bel fermaglio.

Lui indossa pantaloni chiari di taglio classico, la camicia azzurra a maniche corte è bene infilata nei pantaloni; se la portasse fuori dai calzoni, la camicia nasconderebbe la pistola infilata nella cintura, ma è chiaro che la pistola, canna d’acciaio e calcio zigrinato nero, è lì per essere vista.

E io un farmacista con la pistola non l’avevo mai visto.

Fossimo a Genova, non mi avrebbe neanche risposto. Io stesso forse non gli avrei neanche fatto la domanda: “Señor, ¿por qué usted tiene la pistola?”.

Come si fa a chiedere a uno con la pistola nei pantaloni come mai tiene la pistola nei pantaloni? A volte si fa. E poiché a Santo Domingo la gente ha la cortesia di rispondere, anche il farmacista con la pistola interrompe le operazioni di messa in sicurezza del suo negozio e mi risponde: “Perché dobbiamo difenderci, non abbiamo alternative”.

Da chi?, gli chiedo, giusto per costruire uno spazio di dialogo. “Dalle bande di delinquenti che infestano le nostre strade”, spiega con garbo, senza alzare la voce.

I suoi trisavoli dovevano essere schiavi portati dall’Africa, chi è venuto dopo s’è incrociato con gente arrivata dall’Europa. Lui è un mulatto piuttosto chiaro, ha i capelli cortissimi e bianchi, porta occhiali senza montatura e stanghette piatte d’oro, è sul metro e settanta, robusto.

Vede le nostre facce perplesse. E domanda: “Quanta polizia ha visto in giro?”. In effetti non molta, ma sono le quattro di domenica pomeriggio e non è che la polizia possa andare dappertutto. “Qui se ne vede poca, mentre di delinquenti se ne vedono tanti”.

Guardo la pistola: le è mai capitato di doverla usare? “No, finora sono stato fortunato”. Chissà se è vero.

9:13 pm

Sbobinando (11)

Nuestra Señora del Amparo è una piccola miniera di sorprese, una specie di dépendance di Genova.

C’è un bellissimo Cristo arrivato da Voltri, con tanto di targhetta che ne ricorda la provenienza (l’avrà portato don Lino, o gliel’avranno mandato a suo tempo i parrocchiani voltresi: mi informerò).

Il pezzo forte è sulla destra, nientemeno che la Madonna della Guardia, proprio quella cui si affidò Papa Giovanni Paolo II quando venne a Genova nel ’90.

Chiedo a Simone di sostituirmi davanti alla telecamera: gli tengo il microfono, facciamo una cosa all’americana (microfono molto basso e intervistato in primo piano, nessun ostacolo fra lui e il telespettatore).

L’esperimento mi sembra buono: come dice Tito, “mettiamolo in macchina”.

Sul grande piazzale davanti alla Chiesa un bel nugolo di ragazzi: chi gioca a pallavolo, chi a baseball, c’è un dj in azione; una mezza dozzina di ragazzine distribuisce dolcetti e bevande, il prezzo è modico: si raccolgono offerte per non so quale attività parrocchiale.

Lo speaker annuncia la presenza de “los hermanos de Genova”, ci accolgono con un applauso e una sfida a pallavolo.

Qualcuno mi chiede: “Giochi anche tu?”. Mostro la pancia. E poi non ero granché neanche da ragazzo.

10:23 pm

Sbobinando (10)

Salutiamo Emiliana e saliamo sul pick-up di don Paolo, destinazione Casa Betania.

Tito azzarda un “camera car”, cioè una ripresa dalla macchina. Il don va un po’ forte, anche il “camera car” viene così così. Forse nel montaggio non potrò utilizzarlo.

Tito me lo dice subito, mugugnando un po’. In ogni caso, gira: nel dubbio, come dice lui, “è sempre meglio mettere in macchina qualcosa”.

Finora ha messo in macchina (nella telecamera) trenta minuti di buone riprese.

Abbiamo appena cominciato.

10:23 pm

Sbobinando (9)

L’intervista a Emiliana la facciamo un po’ troppo di corsa: mi dovrebbe spiegare la storia di una scuola, il cui terreno è stato vigliaccamente ceduto a terzi per una speculazione edilizia la cui consistenza si vedrà più avanti.

Per evitare che la gente del barrio faccia valere i propri diritti, il proprietario (passato o presente, non l’ho capito) ha fatto erigere una parete lunga più o meno un chilometro; la parete parte proprio dal muro della scuola, ed è uno dei diversi muri della vergogna che incontreremo girando per Santo Domingo.

Non so se potrò utilizzare l’intervista fatta a Emiliana. Proverò a salvare qualcosa, almeno la frase conclusiva: “Si sa che i ricchi approfittano sempre della debolezza dei poveri”.

Niente di originale, semplicemente vera.

10:23 pm

Sbobinando (8)

Candido è magro e alto: come a chiunque abbia superato il 40, uomo o donna che sia, ha un’età che non so definire. È magro e alto, dà un certo senso di forza, forse perché parla con calma. Ci offre una curiosa analogia: “La missione di Genova è per noi quello che la batteria è per il cellulare: la inserisci e il cellulare va”.

Prima di parlare con lui ho chiesto un paio di cose a Pastora Arias, che ha risposto con grandi sorrisi e poche parole, trasmettendomi comunque una intensa carica spirituale.

Candido dà soddisfazione: il suo è un ragionamento bene articolato.

“Questo per me è un giorno meraviglioso – dice – perché segna la crescita della nostra comunità: la Cappella dimostra che abbiamo fatto così tanta strada da dover già dividere la Parrocchia, è un risultato straordinario. Stiamo facendo un grande lavoro: siamo orgogliosi di essere dominicani e di condividere questa grande esperienza, che rafforza il nostro spirito, il nostro essere cristiani”.

Perché nessuno può dimenticare l’inizio della storia: “Quando arrivò la missione vivevamo in un’enorme discarica di spazzatura; con lo sviluppo del progetto pastorale e con l’aiuto dei fratelli di Genova stiamo trasformando il nostro barrio in un posto civile, pulito. Certo, siamo poveri, ma abbiamo trovato la voglia di lottare e di avere una speranza”.

Che bella la voglia di avere una speranza.

10:20 pm

Sbobinando (7)

Anche Juana mi sembra un bel tipo. Piccola come Roselina, altrettanto convinta di vivere un’esperienza spiritualmente importante; sorriso aperto, capelli lisci nerissimi, orecchini ad anello di medio diametro, giusti per il suo viso, maglietta bianca a vu, piccoli occhiali da vista senza montatura.

Dice Juana: “Abbiamo condiviso la costruzione di questa Cappella, ci siamo preparati per tanto tempo a comprendere il valore della sorpresa che il Signore ci ha regalato. Per ora è piccola, avete visto quanta gente è rimasta fuori? Siamo sicuri che un giorno sarà una bella Parrocchia, come le altre che i missionari di Genova hanno aperto nel nostro barrio in questi anni”.

Le chiedo notizie di vita quotidiana.

Mancano la corrente e l’acqua potabile, mi spiega: alla sera fa davvero buio presto, e alle dieci di sera il buio totale fa un certo effetto: la centrale che fa orribile mostra di sé accanto alla missione, dunque in pieno barrio Guaricano, è una beffa oltre che una presenza incongrua con il senso comune.

Penso alla gente sfrattata dal Faro a Colón e riparata in Guaricano (ne parleremo più avanti): prima ha faticato a sostituirsi a una discarica (trasferita a Duquesa: parleremo anche di questo), poi si è ritrovata fra i piedi quest’altro orrore.

Prima stavano malissimo quanto alla puzza.

Come stanno a inquinamento elettromagnetico?

Ho dimenticato di chiederlo a don Paolo, che essendo laureato in fisica sicuramente lo sa.

9:33 pm

Sbobinando (6)

(Ficomincio a sbobinare dopo tre giorni di interruzione, causa eccesso di lavoro: oggi finalmente sono di riposo, dunque riprendo)…

La messa è finita. Sarà che mi sento trasferito ad altro tempo e altra dimensione, ma ho l’impressione che la gente sia davvero andata in pace. Gli uomini portano via le panche, restituite alla Parrocchia Santa Margherita, a Casa Betania dove fra un’ora don Paolo celebrerà di nuovo.

La Cappella appena consacrata si svuota rapidamente come s’era riempita, possiamo registrare qualche intervista.

Roselina è piccola e magra. Appesi ai lobi due orecchini lunghi e sottili, i capelli divisi da una riga precisa e riuniti a coda di cavallo dietro la nuca. Indossa una bella camicetta azzurra con righe sottili e molto larghe, il colletto lungo e appuntito.

Non so quale ruolo abbia fra le donne della comunità del Guaricano, ma parla da leader.

“Per noi la chiesa è il nostro incontro e il nostro inizio – mi dice -. Grazie alla Parrocchia molte persone hanno incontrato Dio: è quello che ci tiene uniti e forti, ci fa essere comunità. Lo dobbiamo a Padre Pablo, gliene siamo molto grati”.

Dice che sentono un forte legame con Genova, comunidad hermana capace di trasmettere aiuto e amicizia.

È bello sentirselo dire.

9:43 pm

Sbobinando (5)

Lo scambio del segno della pace è una via di mezzo fra la nostra ritrosia e l’entusiasmo infinito dei brasiliani; lo facciamo da più di trent’anni: noi non ci siamo ancora ancora abituati a viverlo con l’immediatezza e l’intensità che merita, loro non si sono ancora stancati di andarsi a cercare per tutta la chiesa e di abbracciarsi come se non si vedessero da una vita.

I dominicani mi sembrano disposti al sorriso e a gli abbracci almeno quanto i brasiliani, ma il loro segno della pace mi pare più misurato.

E’ stata una bella Messa, vissuta bene.

Per quello che sono riuscito a capire della predica, don Paolo ha valorizzato bene la Cappella come frutto di sacrifici e volontà comuni, il senso della partecipazione: chi ha lavorato davvero si sarà sentito gratificato; chi si è fatto chiamare più del dovuto chissà che non si sia sentito incoraggiato, mettiamola così, a una futura maggiore solerzia.

M’è piaciuto sentire don Roberto leggere in spagnolo (in seguito scoprirò che conosce anche il tedesco: non c’è male, questi nuovi preti hanno un sacco di risorse).

Mi avventuro anch’io, per la prima volta dopo l’ormai lontano esame all’università.

In realtà è una prima volta assoluta perché allora avevo fatto scena muta e mi aveva salvato la pietà della prof, questa volta mi sono preparato con l’aiuto della Scià Hola, la mia vicina di casa señora Amalia Martínez.

Mi profesora mi ha raccomandato di buttarmi “sin tener vergüenza: lo importante es comunicar”.

Chissà se si scrive così. Comunque mi sono buttato. Sin vergüenza.

9:52 pm

Sbobinando (4)

È il momento: don Paolo va a consacrare la Nuova Cappella, che lui o chi verrà dopo di lui sicuramente un giorno dichiarerà Nuova Parrocchia.

È accompagnato da don Roberto, parroco di Mignanego e cappellano a Bolzaneto, prossimo a trasferirsi nel cuore di Sestri Ponente, in Guaricano da un paio di settimane con Eugenia, Milena e Simone.

Con i due don c’è Marcial, il diacono, uno dei testimoni più significativi della missione pastorale svolta in questi anni dagli inviati della Diocesi di Genova.

Penso che è davvero bello condividere la gioia di chi ha voluto e fatto nascere un Tempio.

Questo ha un aspetto pionieristico, sa di lavoro appena cominciato, per quanto sia l’ultimo frutto di un albero portato da Genova tredici anni fa.

Rifletto sull’innegabile patrimonio di gocce di sudore contenute in ogni primo atto. Mi è stato dato il dono di essere figlio, e il privilegio di trasmetterlo ai miei figli, cui spero di saper comunicare le stesse cose. A cominciare dalla gioia di essere qui.

9:52 pm

Sbobinando (3)

Prima hanno recitato il rosario, ora tutti cantano.

La Cappella è gremita ed è bellissimo guardarla da fuori: i ritardatari non hanno trovato posto e sono all’esterno, quasi tutti in piedi tranne qualche signora anziana cui è stata recuperata una sedia di plastica.

I più previdenti si sono accomodati su panche arrivate dalle parrocchia di Betania: mi è piaciuto vederle scaricare da macchine furgoni e camioncini, e poi portate in chiesa dalle braccia forti degli uomini.

I bambini arrivati per ultimi sono seduti sul gradone lungo il lato maggiore sinistro della sala, quello che affaccia sulla campagna. Tutto ha un ché d’altri tempi.

Sono le 7.30 quando Juana apre un foglio bianco, lo piega al contrario per vedere solo le sette righe che deve leggere.

Scandisce bene le parole: “Il Signore ci ha dato una nuova parrocchia, la perla più preziosa, il tesoro nascosto che abbiamo trovato. Pieni di entusiasmo e di allegria, accogliamo il nostro celebrante”.

10:21 pm

Sbobinando (2)

Spalle alla Cappella, sguardo rivolto alla campagna, fra le mani un libro con la copertina nera. Indossa un vestito color acquamarina, un lungo velo blu elettrico le copre testa e spalle, la vita è cinta da un nastro bianco. Quando si gira mi accorgo che non è una suora, non so darle un’età. Guadagna rapidamente la parete che la ripara dai nostri sguardi e da quello, più fastidioso, della telecamera.

Abbiamo appena cominciato le riprese e già abbiamo spaventato qualcuno.

Resterà l’unica: dominicani e dominicane, senza distinzione di sesso, età e condizione sociale, si fanno fotografare e filmare più che volentieri. Infatti sorridono tutti i parrocchiani accorsi all’inaugurazione della Cappella, e nessuno più si nasconde davanti a Tito.

Sono bellissime le bambine con le treccine inanellate di giallo rosso verde blu, fanno simpatia i loro coetanei maschi, spesso più compresi nel ruolo e dunque più distaccati, ma solo in apparenza.

Sono belle e gentili le loro mamme, che esplodono di felice curiosità, come i loro figli, quando si accorgono che le diavolerie della tecnica permettono loro di vedersi in diretta (mentre la telecamera gira) o di rivedersi subito, immortalati nel display della macchina fotografica.

Cambia l’immagine. Compare don Paolo arrampicato su una scala, dietro l’altare, appiccicato alla parete sulla quale misura il Crocifisso. Chi ha messo il chiodo ha sbagliato la mira, confortato da un paio di consiglieri che abbiamo visto all’opera, senza però avere il coraggio di fermare la sciagurata operazione: inchioda più a destra, no… inchioda più a sinistra.

Insomma, si poteva fare meglio. Quel che conta è che Gesù in croce prenda il proprio posto, poi gli farà compagnia la sua bellissima Madre. E don Paolo farà i gesti della consacrazione. Fuori, los monaguillos e il diacono Marcial preparano l’incenso: camera stretta su un grappolo di mani. Voce di donna, parole felici: “Benvenuti nella nostra nuova Cappella”.

9:19 pm

Sbobinando (1)

Nel nostro gergo, sbobinare significa vedere la registrazione (“il girato”) e prendere appunti: li condivido con voi e provo a raccontarvi, una briciola per volta come pollicino, quello che ho visto. Vi ringrazio ora, e procedo.

(1)

Guaricano, 24 luglio 2005. la luce secca del mattino. la telecamera di Tito inquadra donne e uomini che sembrano venirci incontro: alle sette appena passate non si va a passeggio ma alla prima messa. sono tanti, si presentano in perfetto ordine, uno di loro ha un cartellino che lo qualifica responsabile del servizio d’ordine. penso che non ho mai visto niente del genere nelle nostre parrocchie. forse è un segno che qui, come altri posti in cui la gente ha poco, avere un ruolo è già qualcosa.

Oggi è un giorno importante, si inaugura la nuova cappella. come ricorderà don Paolo (padre Pablo) durante la messa, la costruzione in cemento e legno, col tetto di lamiera come quasi tutti i tetti delle case del barrio Guaricano, è frutto del lavoro dei parrocchiani. “Ciascuno di voi – dirà – ha rinunciato a qualcosa pur di mantenere l’impegno”. Non dev’essere stato facile: mi hanno detto che per i dominicani una delle cose più naturalmente negoziabili è l’appuntamento. ho visto che molti di loro non portano l’orologio. Beh, anch’io, soprattutto d’estate, lo porto malvolentieri.

Al mio arrivo in redazione ho trovato cinque dvd sulla scrivania: Santo Domingo 1 e 2, Santo Domingo 3 e 4 eccetera. Tito è stato di parola, non avevo dubbi. così posso anche chiarire, non avendolo scritto ieri, che cassette, dvd e quant’altro servono a realizzare i servizi per il tg della Liguria e dunque il racconto delle attività missionarie in Guaricano.

Per visionare tutto il materiale servirà un po’ di tempo: si tratta di controllare oltre dieci ore di “girato”, in qualche caso più volte, per selezionare poi il materiale da utilizzare.

È un po’ come tuffarsi in un campo di basilico per scegliere le foglioline migliori, sfidando l’ebbrezza da profumo e altre piccole e meno piccole insidie: la voglia di raccontare, l’urgenza di condividere con quante più persone sia possibile la straordinaria esperienza vissuta, il bisogno (a volte fisico) di portare a compimento un lavoro che so essere molto atteso.

La grande insidia è il tempo, che quando è poco alimenta l’impazienza. Ora, il mio tempo è sempre poco, ma per fortuna non sono (più) un ragazzo impaziente. Non essendo più un ragazzo. Ho imparato a conciliare passioni e impegni: alla fine le cose che mi stanno a cuore si fanno un po’ aspettare, però arrivano.

A proposito: una preghierina aiuta.

9:47 am

Pensieri…

Stamattina andando a fare colazione c’era un silenzio e una pace nuova.. ieri sono partiti donfra, la Benny, Tito, Tarcisio, Milena, Simone e Orietta… tra i ragazzi rimaniamo io e la Eugi..

Stamattina mi sarebbe piaciuto andare alla messa delle 7 ma poi il sonno ha prevalso e alle 8 e 15 ero ancora a rigirarmi nel letto…

Ieri nel pomeriggio ho seguito don Paolo che portava la parola di Gesú tra la gente del barrio… ero incantata di come riuscisse a tirare fuori sempre le parole giuste al momento giusto…. quando invece venivo interpellata io, rimanevo come un pesce lesso senza sapere cosa dire…

Quando parlano i bambini o qualche signora un po’ più anziana solitamente non capisco niente o ben poco, altre volte invece capisco quasi tutto.. parlare peró neanche per sbaglio..

Ieri un bambino del centro nutrizionale, Amber (mi sembra), mi ha regalato un cocco e dopo avermelo dato mi é saltato al collo stringendomi fortissimo… È pazzesco come i bambini ti si affezionino e ti dimostrino il loro affetto..

Oggi credo che ci dedicheremo alla pittura dei tetti o delle aule del liceo… che caldo………………..

Sará meglio andare a pulire un po’ la camera ecc che è in condizioni —-…..

10:13 pm

Partiti!

La maggior parte del gruppo che avevamo è partito: se ne sono andati don Chicco e don Roberto, Milena, Benedetta e Simone, e i due amici della RAI, Tarcisio e Tito.

Lorenzo li ha portati all’aeroporto.

Sembrano contenti dell’esperienza vissuta. Grazie al Signore!

1:44 pm

Pensieri sparsi

Le ragazze che sorridono. Le vecchiette che ti guardano. I bambini che ti saltano addosso. “Tíreme una foto, tíreme una foto”. Click. La tecnologia a volte facilita i rapporti umani: schiacci un tasto e compare la foto. Il bambino ride, si volta a cercare qualcuno che lo prenda in giro. “Tíreme una foto” . Un’altra. Arrivano altri bambini, una mamma, una zia, una nonna, qui si dice “abuela”. Gli uomini si scompongono un po’ meno, ma essere fotografati piace anche a loro.

Penso a come siamo ingessati noi. Vado avanti nel barrio, cerco le differenze, incontro emozioni impreviste: “Qui c’è un ragazzo con una grave infermità”, avverte suor Serafina nel suo italiano che non ha molto da invidiare al mio spagnolo: artigianale il suo, artigianale il mio. L’importante è capirsi. Guardo il ragazzo e mi accorgo di non aver capito: da noi starebbe al Cottolengo, qui è in mezzo agli altri. Giusto o sbagliato? Mi chiedo se fotografarlo oppure no. Giusto o sbagliato? Mi chiedo se provare a parlargli oppure no. Giusto o sbagliato? Penso alla distanza fra le mie troppe domande e la loro immediatezza. Non ne vengo a capo.

Alla fine lo fotografo con discrezione e provo a parlargli. Non mi risponde. Gli sorrido (l’ho visto sorridere: forse capisce). Qualcuno mi chiama, vado a vedere un bimbo piccolissimo, penso ad altro. Qualcuno mi chiama: “Tíreme una foto”. Click. Un’altra foto. L’emozione continua. Con un po’ di confusione. Come la tua, amico lettore dei miei pensieri sparsi.

Stasera ci è toccato il giovedì eucaristico a Televita.

È stato particolarmente emozionante avere con noi Simone, Milena, Eugenia, Tarcisio e Tito, i quali si sono integrati molto bene partecipando attivamente nel momento delle preghiere.

Nonostante i occhiali neri anni settanta (i normali si sono rotti ieri sera) sembra che la trasmissione sia venuta molto bene.

La cappella della nuova parrocchia è realtà!

A dir la verità la nuova parrocchia Divina Misericordia non è stata ancora creata dal vescovo, ma l’ausiliare continua a dirmi che è tutto pronto, e quindi ho provveduto ha cominciare con la Messa festiva. Tutte le domeniche celebraremo la Messa delle sette del mattino, in contemporanea con Santa Margarita.

Stamattina oltre all’inaugurazione della cappella avevamo anche la visita di una parte degli amici italiani: don Roberto, Simone, Eugenia e Milena. C’erano con noi anche Tarcisio e Tito, i due inviati della RAI.

Alla fine della Messa, come al solito, si sono presentati, suscitando grande simpatia e contentezza nella gente.

Poi Cándido ha parlato dei lavori che rimangono da fare: mettere le finestre, aggiustare il tetto che fa acqua, pulire il resto del terreno che si è riempito di erbacce, fare una colonnina davanti dove mettere il nome della parrocchia, dare un protettivo e la vernice alle tavole esterne.

La cappella si è riempita, dentro e fuori: ci stanno circa 250 persone dentro, e forse ce n’erano un centinaio fuori.

Mi immaginavo che in Betania la Messa sarebbe rimasta mezza deserta, e invece c’era quasi tanta gente come le altre domeniche! È proprio vero quello che dice il cardinale di qua: bisogna fare più parrocchie: più la chiesa è vicina alla gente, e più la gente va alla chiesa.

Grazie, Signore!

Sono arrivati stasera il secondo gruppo di Amici del Guaricano: don Chicco, Orietta e Carmen, che sono due signore di Geo, e poi Fiammetta e Benedetta, giovani ragazze sui vent’anni, della parrocchia di Castelletto.

Con loro ci sono pure Tarcisio Mazzeo e Tito, che lavorano nella RAI, e sono venuti per realizzare un servizio sulla Missione da trasmettere sulla rete regionale ligure e forse anche sul circuito nazionale.

Si fermeranno fino a lunedì l’altro. Avranno tempo così di vedere l’inizio della Missione Parrocchia d’Agosto, che tutti gli anni è ormai una tradizione consolidata.

Benvenuti alla Missione!