Contributi nella categoria 'Vita della gente'

Oggi qui el il día de la madre, cioè la festa della mamma. Per una qualche ragione invece di celebrarla il 14 maggio qui la celebrano l’ultima domenica del mese.

Ed è una festa ben sentita, al punto che non possiamo mettere nessuna attività di parrocchia perché molta gente va al campo a trovare sua mamma, e comunque la gente se la passa in famiglia, avvolta negli affetti più cari.

Nella messa di stamattina a Santa Margarita abbiamo fatto varie cosette per le mamme presenti: una specie di cartolina, preparata a mano da un gruppetto di signore, con dentro alcune parole dolci per le madri; vari applausi dentro alla messa; una canzone per loro alla fine.

Prima della benedizione ho chiamato davanti le nostre suore, perché anche a loro, come “madri spirituali” nella chiesa, facessero gli auguri. E credo sia stata una cosa bella per far capire che la vita religiosa non è una frustrazione, ma un dono.

E poi all’uscita mi sono messo sulla porta e ho abbracciato le madri una a una. È stato un momento che è durato dieci minuti buoni, non finivano più quelle madri. Di molte so i nomi, ad altre dovevo chiamarle “sorellina”, “mamma bella”, “mia cara”, ecc.

Ho dato loro un po’ di amore. Da loro ne ricevo molto, e dal Padre ancora di più!

I giornali di oggi pubblicano i nomi dei deputati eletti. Undici giorni dopo le elezioni.

Ha vinto ampiamente il partito del governo, PLD Partito della Liberazione Dominicana, con 96 deputati. Il PRD ne avrà 60 e il PRSC 22.

Siamo di nuovo nella stessa situazione della scorso mandato presidenziale, con lo stesso partito che controlla governo e congresso.

Non sono prospettive molto incoraggianti. Anche se, a parole perlomeno, il PLD parla di rendere più solide le istituzioni, di eleggere la JCE (Junta Central Electoral, è l’organismo che organizza e dirige il processo elettorale) in base a regole di trasparenza e di non affiliazione partitica.

Vedremo.

Stiamo facendo le reiscrizioni del liceo. Vanno a rilento. Molte famiglie sono rimaste indietro nel pagamento della retta mensile, qualcuna perché le entra poco, altre perché i genitori danno i soli ai figli e questi se li spendono in altre maniere.

Mi direte: ma non si fa niente per aiutare le famiglie povere? Sì, tutti gli anni con le adozioni a distanza si istituiscono dalle 50 alle 100 borse di studio, alcune intere, altre che coprono la metà del costo. Praticamente queste famiglie pagano l’iscrizione e il primo mese, e il resto lo pagano la metà o niente.

Inoltre quest’anno c’è un fattore nuovo. Abbiamo dovuto mettere una multa a tutti gli studenti di terza, perché in barba alla norma della scuola che non si possono fare attività per raccogliere fondi, se le sono organizzate di nascosto, e alcune di esse sono state feste in discoteca.

Direte: ma cosa c’è di male a fare una festa in discoteca? Beh, varie cose: la prima è che la discoteca è vista dai giovani di qui come un posto dove conquistare pollastrelle e portarsele a letto; la seconda è che la vita delle discoteche è la birra e il rum; la terza è che l’abuso delle bevande alcooliche porta praticamente sempre a risse, liti, feriti, morti. L’anno scorso in una festa dell’Oscus (un politecnico vicino a noi) hanno ammazzato uno studente della stessa scuola.

La festa in discoteca è la cosa che produce più dinero per questi giovani, che alla fine della quarta devono fare la loro festa di graduzione in stile Stati Uniti. Ma come centro educativo non siamo disposti ad accettare che lo guadagnino in questa maniera sporca, e da qui viene la proibizione e la conseguente multa.

La speranza è che, al di là della multa, capiscano il messaggio.

Stamattina abbiamo avuto un incontro diocesano di rinforzo del lavoro del Terzo Piano Pastorale.

C’erano la quasi totalità delle parrocchie, ognuna rappresentata dal suo parroco insieme a due o tre laici.

La nostra presenza è stata entusiasta, grazie a Dio, e anche a me ha messo voglia di portare avanti il lavoro con più entusiasmo!

Il cardinale, che è arrivato quasi alla fine, non ha perso l’occasione per dire una parola chiarificatrice sui problemi che ci sono con le elezioni, e si è lamentato di una triste realtà: che alcuni dei giudici della Junta Central Electoral sono notoriamente indegni di quella funzione. La gente al sentirgli dire questo l’ha spontaneamente applaudito.

Oggi, venerdì, a cinque giorni dalla fine delle elezioni, i voti contati sono meno del 40%! Risulta chiaro, perlomento nella nostra provincia, che ha vinto il PLD, senza ombra di dubbio, ma c’è qualche pastrocchio, per non dire imbroglio, nel meccanismo di conteggio dei voti.

Oggi si è saputo dal presidente della Junta Central Electoral che il problema è venuto dal fatto che un non precisato funzionario avrebbe mandato a dire alle sezioni periferiche della Junta di sospendere il conteggio! Il fantomatico funzionario è stato sconfessato, e qualcosa è tornato a muoversi.

Il problema principale sembra però, secondo la stessa fonte, che nei documenti riassuntivi di conteggio dei voti non tornano i conti: sembra cioè che ci siano più voti che elettori!

Sembra anche che molti delle relazioni che vengono dai seggi non hanno il timbro del seggio (come è possibile?!?), e quindi non vengono prese in considerazioni perché irregolari.

Quest’insieme di cose non stupisce, in questo paese, e il nostro sindaco uscente (che è dell’opposizione) è da due giorni che parla di brogli ad opera del partito del governo. E ci sono anche scappati due morti nei disordini che si sono provocati.

Non so come potranno fare per superare l’impasse che si è creata. Ho l’impressione che a un certo punto dichiareranno vincitore qualcuno senza tante verifiche. Siamo nel Terzo Mondo (il nostro è molto meglio?).

Stasera, a più di 24 ore dalla chiusura dei seggi, abbiamo i risultati di circa il 20% di essi.

I risultati danno per adesso per vittorioso il PLD, l’officialista Partito della Liberazione Dominicana, in testa con un 57%, lo segue il PRD, Partito Rivoluzionario Dominicano, con il 44%.

Ovviamente il PLD sta già festeggiando, mentre gli avversari politici stanno dicendo che hanno vinto perché hanno comprato tutto con i soldi del governo.

4:37 pm

Elezioni

Oggi è il giorno delle elezioni: si eleggono i sindaci con i loro consigli, i deputati e i senatori.

Fondamentalmente ci sono due schieramenti.

Da una parte c’è il Partido de la Liberación Dominicana, che è al governo, e che nella campagna ha fatto sfoggio di abbondanza di mezzi, in maggior parte resi disponibili dal governo.

Dall’altra parte c’è il Partito Rivoluzionario Dominicano alleato con il Partito Riformista. Il Partito Rivoluzionario Dominicano era al governo nel periodo passato, ed è quello che ha generato un’inflazione reale di più del 100%. Il Partito Riformista è quello che ha governato la maggior parte dei periodi passati, ed era guidato dall’estinto leader Balaguer, che era l’uomo di fiducia del dittatore Trujllo.

La chiesa ha invitato a esercitare il diritto di voto, senza sbilanciarsi né da una parte né dall’altra.

I candidati hanno fatto al 90% una campagna elettorale populista, basata in azioni emblematiche (di campagna) più che in programmi e idee.

Qui da noi c’è un candidato deputato che è un giovane (35 anni) che ha sempre lavorato nelle parrocchie, verrebbe da dire che si spera che lo eleggano; o meglio, che si spera che il partito lo lasci eleggere. Dico questo perché nelle elezioni passate molti avevano avuto l’impressione che gli eletti non siano stati determinati dai voti, ma dai soldi e dal loro peso dentro ai partiti.

Alla riunione di quasi fine d’anno dei genitori del nostro liceo abbiamo toccato varie cose importanti.

Da parte di Nidia, la direttrice docente, sono stati trattati vari temi legati alla disciplina, tra cui quelli relativi alla “promozione”, cioè allo sforzo degli studenti dell’ultimo anno (il quarto, qui) per trovare i soldi con cui pagare la festa della graduazione, dove le foto, l’affitto di toghe e berretti, la festa in discoteca, il tutto si porta via circa 2,500 pesos (62 euro) per studente. E qui non sono pochi. Lo stile della quasi totalità dei licei è che gli studenti organizzano feste in discoteca, gite, lotterie, ecc. insomma, tutto quello che può aiutarli a raggranellare soldi. Da due anni siamo arrivati alla decisione di proibire tutto questo, per due motivi: perché tante attività (soprattutte feste e gite) culminano spesso in disastri: i ragazzi di un politecnico vicino a noi hanno fatto una festa in discoteca e c’è scappato il morto, uno di loro; e poi perché i ragazzi mettono la testa più in quelle attività che nello studio. E c’è anche un altro problema legato a queste attività: i ragazzi scelgono un tesoriere, che spesso e volentieri sparisce con il gruzzolo. Adesso, il fatto è che i nostri studenti di terza di quest’anno hanno cominciato a organizzare – di nascosto – attività di raccolta fondi (ricordo che un sabato mattina andando a una riunione del clero un po’ fuori Guaricano me li sono trovati a un semaforo a chiedere un “pedaggio” agli automobilisti: ho visto i ragazzi, e li ho salutati, e si sono nascosti dalla vergogna). Per evitare che la cosa vada avanti gli abbiamo posto una multa di 100 pesos a testa, e lo stesso anche con quelli di quarta per alcune cosette che sono successe anche con loro. Allo stesso tempo abbiamo sensibilizzato i genitori sulla negatività di queste attività, tanto più se fatte di nascosto.

Suor Cristina, da parte sua, ha parlato un po’ della maniera in cui ha fatto la scuola di religione. Il suo lavoro è molto bello, ma esigente. In questo ha tutto il mio appoggio di direttore; da parte di ragazzi, invece, ci sono state delle lamentele, perché anche qui la religione è considerata dagli studenti una materia cuscinetto. A suor Cristina ho chiesto quindi di spiegare il suo lavoro, e l’ha fatto egregiamente. Credo che i genitori hanno percepito che ci sta a cuore la formazione umana e cristiana dei loro figli. Per essere il primo anno che una suora lavora nel liceo, sono contentissimo!!!!

A me è toccata la parte economica, con il bilancio dell’anno uscente e il preventivo dell’anno prossimo. Correlato al preventivo c’è il discorso della quota da pagare, che determiniamo in maniera da coprire le spese, principalmente quelle di personale (sono un 60%), e poi il gasolio del generatore, le riparazioni, ecc. Per il personale spenderemo l’anno prossimo lo stesso di quest’anno, perché il ministero ci ha nominato due maestri e una bidella, ma faremo un aumento del 10% al personale. La quota mensile sarà quindi leggermente più alta, anche perché l’anno scorso avevamo iniziato con un attivo di più di 100,000 pesos, mentre quest’anno la previsione è di finire in parità. E la quota si alza un po’ anche perché aggiungeremo due ore di scuola a ogni classe, rafforzando le materie principali: spagnolo e matematica.

Ho anche presentato una possibilità che è emersa nei giorni scorsi: quella di lasciare la modalità “generale” che stiamo seguendo adesso, e che è una sorta di liceo scientifico italiano senza latino, per muoverci verso uno stile da “politecnico”, cioè da scuola professionale. Quando ho sottoposto la cosa all’assemblea dei genitori, chiedendo loro se volevano continuare come adesso o cambiare verso il politecnico, all’unanimità hanno espresso la preferenza per il politecnico. Segno che c’è un desiderio da parte loro che i figli escono dal liceo più preparati per il mondo del lavoro.

Alla fine, una chicca: abbiamo consegnato dei diplomi di “genitore speciale” a una quindicina di loro, che si sono distinti per l’interessamento eccezionale per la vita scolastica dei rispettivi figli: visitando la scuola spesso, venendo tutte le volte che li si chiamava, partecipando alle riunioni informative e formative. È stato un tocco di classe che Nidia ha proposto, e che ha avuto un solo effetto negativo: molte mamme pensavano che avremmo dovuto darlo anche a loro, perché effettivamente avevano partecipato praticamente come i premiati. Nidia ha dovuto arrampicarsi sugli specchi per spiegare perché a quelli sì e a loro no, e mi ha dato l’idea di non aver convinto quasi nessuno. Ma non importa. L’importante è che abbiamo fatto un gesto di apprezzamento verso le famiglie più presenti nella vita scolastica.

Dalle nove e mezza (di mattina) che è cominciata la riunione abbiamo finito alle undici passate. Ci sarebbe stato bene un turno di domande, ma l’ora tarda e la necessità di mettersi dietro al pranzo da parte delle mamme non ce l’hanno pemesso.

Tutto sommato è stato un momento ben gradevole. Grazie, Signore!


Carmen e Radhamés, poco prima che lui uscisse dalla comunità. Radhamés è senza baffi, perché così prescrive il regolamento di Hogar Crea

Sicuramente ricordate Radhamés, il marito di Carmen, che ha passato quasi due anni in una comunità terapeutica per cercare di liberarsi dalla schiavitù del bere. Bene, sono contento di dirvi che, grazie a Dio, ne è uscito!

Dalla comunità era uscito in maniera tragica: i famigliari si erano resi conto che nonostante le buone intenzioni e la vicinanza alla chiusura del periodo della terapia continuava ad alzare il gomito. Così eravamo stati costretti a segnalare la cosa ai responsabili della comunità, i quali avevano svergognato Radhamés davanti a tutti gli altri ospiti della comunità. Il risultato era stato che Radhamés non aveva sopportato l’umiliazione, ed era uscito. Bevendo, purtroppo, continuamente, tutti i giorni, come prima di estrare in comunità.

Un mese dopo l’uscita dalla comunità la ennesima crisi di salute. L’ultima, sembra, perché da quel momento in poi non è ha più assaggiato una goccia né di rum né di birra.

Adesso sono già passati più di sei mesi da quell’ultima crisi. La salute di Radhamés non è, e purtroppo non potrè essere più, troppo buona, ma lavora, e tutto quello che guadagna lo passa a sua moglie, e insieme lo amministrano oculatamente.

È da parecchio che vedo il cambio.

Lo scorgo nel viso disteso di Carmen, che vedo tutti i giorni per lavoro (è incaricata di ricevere le quote di collaborazione dei nostri studenti) e per la pastorale (è incaricata dei ritiri di evangelizzazione), e che ha fatto un cambio dal giorno alla notte: la si vede sorridere serenamente – prima erano sorrisi dovuti più alla forza di volontà e alla fede. Non ha più il terrore che Radhamés le faccia una scenata o la insulti per qualunque stupidaggine, e come un agnellino se lo porta a Messa quasi tutti i giorni.

L’ho visto, il cambio, anche nella casa. Alcuni mobili erano fatiscenti da tempo, così come le finestre, e durante i black-out rimanevano al buio. All’andare da lei stasera per una faccenda di lavoro ho avuto la sorpresa: i mobili del salotto nuovi, anche se senza lusso; le finestre di legno che erano piene di tarme sostituite da eleganti finestre a vetri; quattro sedie nuove avute dando indietro al negozio una lavatrice vinta in un sorteggio della parrocchia vicina. E, la chicca, un inversore per non rimanere tutte le sere nell’oscurità.

Le cose sono migliorate anche perché i suoi due figli maschi stanno lavorando, e aiutano in casa passando una parte dello stipendio. Insomma, bene su tutti i fronti.

Guardando indietro, alle tante volte che a una Carmen disperata cercavo di dire: “Abbi fede nel Signore, dopo la morte viene la risurrezione”, e alla fiducia posta da lei nella parola del Signore, mi riempie una gioia immensa. Quel Signore che Carmen ama, e di cui si è fatta discepola, le sta facendo assaporare adesso un po’ della sua gioia pasquale.

La fede si fa vita. L’amore di Cristo è più forte della morte. “Di quello che ora stiamo vivendo dobbiamo ringraziare anche lei, dopo del Signore”, mi hanno detto Carmen e Radhamés stasera. Ve lo confesso, gli occhi mi si sono inumiditi. E mi si inumidiscono ancora adesso, al scrivere per voi queste cose.

Ancora una volta, l’ennesima: Grazie, Signore!

10:41 pm

Maicol


Maicol sereno con suor Serafina

Siamo stati con le suore a trovare Maicol (come? vi domandate perché lo scrivo così? perché me lo domandate? sono io che vi domando: perché lo dovrei scrivere diverso?).

Maicol vive in una comunità per bambini con problemi di delincuenza. È una comunità gestita dal governo, questi bambini normalmente rimangono lì un massimo di tre mesi, e oltre a giocare (pallacanestro, baseball, e hanno anche una piscina!) e a vedere un sacco di televisione sono seguiti da otto educatori che si alternano nei quattro turni giornalieri, da un’assistente sociale e da una psicologa.

L’idea di questa comunità è quella di essere un luogo dove i bambini rimangono se lo vogliono: “La legge ci impedisce di tenerli qui con la forza, e comunque non servirebbe: loro cambieranno le decideranno che vogliono cambiare”, ci ha detto Juan, un educatore che segue Maicol con un affetto particolare.

“Con Maicol abbiamo fatto un’eccezione, perché la regola è che quando te ne vai non ti riaccettiamo più di due volte, e per lui sono già tre”. Ma dove vive Maicol quando se ne va dalla comunità? “Per la strada”, ci dice lo stesso Maicol, facendo la fame e passando per tutti i tipi di problemi.

Nella missione è Suor Serafina che sta seguendo Maicol. L’ha conosciuto qualche mese fa, perché lo teneva una famiglia di haitiani – Maicol è figlio di haitiani, e dei suoi genitori non si sa niente -. Una famiglia haitiana che viene a Messa se ne era fatta carico, ma ha dovuto lasciar perdere al vedere che tutti i giorni spariva qualcosa in casa. È così che Maicol è arrivato alla comunità minorile.

“Maicol può cambiare”, ci dice ancora Juan, “perché in questi mesi ha fatto molti progressi. Ma deve essere lui a volerlo, se torna in mezzo alla strada non avrà nessun futuro”. È per questo che adesso suor Serafina lo va a trovare periodamente. Oggi gli ha portato vari oggettini, e anche una torta e varia roba da vestire. Con l’impegno di condividere il tutto con i suoi compagnetti. Il volto di Maicol lasciava trasparire la felicità di ricevere affetto e amore.

Adesso suor Serafina sta cercando una comunità che possa farsi carico di Maicol a lungo termine. Parlerà prossimamente con i salesiani, che qui portano avanti varie opere con i bambini della strada.

Ci sarà una speranza per Maicol!


Il matrimonio di Rafaelito ed Elvira

Stasera abbiamo avuto il matrimonio di Rafaelito ed Elvira. Nonostante il nome, Rafaelito non è né un bambino né un giovincello, ma un uomo maturo sui 35 anni.

Fino a tre anni fa Rafaelito era un bevitore, aveva un rapporto conflittivo con sua “moglie”, la quale ha ammesso candidamente, alla fine del matrimonio, di aver sofferto molto e di aver pregato molto.

Attraverso l’attenzione dei suoi genitori, e, in parte minore, del sottoscritto, Rafaelito ha smesso di bere: lui stesso racconta spesso che, quando si era già allontanato dalla combriccola con cui beveva, i suoi ex amici andavano spesso a casa sua a invitarlo, a portargli birre, dicendogli che non era niente, e che poteva bersi un sorso; la cosa smise il momento in cui lo stesso Rafaelito prese in mano la birra che gli avevano portato e la vuotò per terra; da quel giorno lo lasciarono in pace.

Dopo questo Rafaelito ha fatto il Ritiro di Evangelizzazione, si è integrato al coro, e si è messo a disposizione per il lavoro pastorale in parrocchia e nel suo settore. Ha fatto un cammino di maturazione molto rapido, e vive con molta generosità la sua presenza nella chiesa.

Elvira, è sempre stata una ragazza e una donna di sani valori, ma non è mai stata una persona di troppa vita di chiesa. Dopo il cambio del marito ha cominciato anche lei a sentire il gusto della preghiera e della Messa quotidiana.

Tre mesi fa, Rafaelito ed Elvira hanno deciso di iniziare a ricevere la comunione. Per questo hanno accettato la sfida di tornare a vivere come “fidanzati in casa”: lui nella camera con i maschietti, e lei in quella delle femminucce. Loro stessi hanno riconosciuto che è stato un sacrificio grande, ma che ne è valsa la pena. Sentirsi in comunione con Dio e abbandonare una situazione di peccato era per loro più importante che i piccoli grandi piaceri della loro vita “matrimonionale”.

Nella celebrazione del matrimonio si vedeva la loro contentezza, una gioia serena e piena della presenza del Signore Gesù.

La parrocchia ha prestato loro il salone della scuola, dove la festa è continuata con molti invitati, la maggior parte fratelli e sorelle della comunità parrocchiale. Sono loro la bella famiglia che Rafaelito ed Elvira hanno ricevuto in dono dal Signore.

Oggi il Signore mi ha fatto un regalo bellissimo al permettermi di accompagnare il cammino di liberazione dal peccato di D., una giovane donna che da almeno tre anni vive profondamente la chiesa; ha fatto il Ritiro di Evangelizzazione, e poco a poco il Signore l’ha liberata dall’uomo con cui conviveva, e da più di un anno faceva la comunione.

Da otto mesi aveva un fidanzato, G., un signore giovane, anche lui con qualche figlio e separato dalla “moglie”. D. voleva portare avanti il fidanzamento in maniera seria, senza dover smettere di fare la comunione. Il fidanzato, anche se meno inserito nella vita di chiesa di lei, non le ha mai fatto problemi.

Due settimane fa sono andati a convivere. La ragione sembra fondamentalmente lo stato di necessità di D. e dei suoi figli, dal momento che l’ex marito non passava più da tempo la pensione per il mangiare dei bambini.

Stamattina D. era a Messa, e al termine della celebrazione mi ha chiesto di parlare. È venuta fuori la situazione, che D. ha esposto con un po’ di vergogna (ricordando la sicurezza con cui diceva che non avrebbe lasciato la comunione) ma anche con tanta sincerità. Ho letto in quelle parole, implicita, una richiesta di aiuto per uscire da quello in cui si era messa. L’ho invitata a credere che il Signore le avrebbe potuto restituire la vita di grazia, e, al rendermi conto che lei era disposta a separarsi sessualmente dal convivente, la ho invitata a parlargli francamente. Mi ha promesso che l’avrebbe fatto, da lì a mezz’oretta, il tempo di arrivare a casa. Da parte mia l’avrei sostenuta con la preghiera.

E di fatto ho cercato di presentarla al Signore nella preghiera, nell’orario stabilito, e non solo. D. è una persona molto cara, e avendola un po’ accompagnata nel suo cammino di fede, il Signore mi fa sentire un impegno speciale per stare al suo lato.

Alle tre di pomeriggio D. mi ha portato il convivente. Ho trovato in lui una persona molto equilibrata, e ho potuto subito andare al dunque. Ho visto in lui un cammino interiore molto bello: è passato dal valutare una remota possibilità al pensare che con la forza di Cristo era possibile il passo che proponevo loro. Quando finalmente ha dato la sua disponibilità siamo andati in cappella davanti al tabernacolo, li ho aiutati a fare l’offerta di se stessi al Signore, e insieme abbiamo pregato per chiedere al Signore il dono della fidelità alla sua chiamata.

Il tutto mi ha commosso profondamente, perché ho visto come questi due fratelli hanno capito il significato di “amare Dio sopra tutte le cose”: oggi gli hanno dimostrato un amore più grande della loro cultura, più grande di quella che ormai è un abitudine, più grande dei piaceri del sesso. Ho sentito nei miei occhi lacrime di gioia, e lo stesso ho visto negli occhi di D. e di G. Ho vissuto un momento di felicità profonda!

Prima di lasciarli andare ho regalato a entrambi un rosario, come segno che sarà nella preghiera che troveranno la forza di vivere il loro impegno.

Il Signore poi ha messo ancora la sua mano, perché ha mandato Elvira, un’altra giovane signora che si sposa domenica pomeriggio. Lei e il marito hanno vissuto una “separazione dei letti” di più di tre mesi prima del matrimonio. Elvira, al sapere della decisione di D. e G., ha fatto loro i complimenti e ha dato loro la sua testimonianza che la cosa è possibile.

Devo dire ancora una volta: Grazie, Signore! Grazie per queste decisioni di allontanarsi da una situazione di peccato! Grazie perché sai far intuire che per amore si può vivere il sacrificio!

10:09 pm

In ufficio!

Vario lavoro in ufficio oggi, per cercare di partorire la lettera alle famiglie di aprile. Il tema: “La pasqua è un passaggio – fai un passo verso gli altri”. In realtà in spagnolo suona bene perché passo e passaggio è la stessa parola paso.

In realtà ho lavorato a spizzichi: al mattino abbiamo fatto il giro del liceo e della scuola primaria con don Gianfranco, Gianni, Cinzia e Julia; e al pomeriggio ho parlato un’oretta prima con una madre disperata perché il figlio le porta via i soldi, e poi con la madre e il figlio stesso. Sembra che abbia promesso di cambiare. Speriamo. O meglio: preghiamo!

Sono anche dovuto andare a farmi le foto alle due persone che hanno dato la testimonianza per la lettera, in maniera che accanto alla testimonianza ci metto la foto.

Domani, con l’aiuto del Signore, spero di finire la lettera!

Ieri pomeriggio è morta la mamma di Sila. Sila è la donna che lavora nella nostra cucina.

Era molto anziana. Venti giorni fa si era aggravata ed era stata ricoverata in terapia intensiva. Dopo una settimana l’avevano mandata a casa, e secondo i giorni stava più o meno bene, sempre però dentro a un quadro clinico molto precario.

Cinque giorni fa ero stato a darle la Unzione dei malati, e si era ripresa abbastanza. Purtoppo ieri si è spenta.

La seppelliranno al campo di cui sono originari, vicino a San Cristobal.

È morto domenica prima dell’alba il papà di Julián, il nostro portiere del liceo.

Julián è un uomo che lavora, ma bisogna saperlo prendere. In quasi dieci anni che lavora da noi non c’è stata ancora maniera che lavorasse l’orario che deve lavorare. E visto che è lo stato che lo paga, non si può fare granché. Tra le altre cose avevo avuto un mezzo scontro con lui per questo stesso motivo quindici giorni fa. Così mi è sembrato giusto e doveroso andare a trovarlo al campo, dove suo papà viveva. Un bel numero di professori e altro personale è andato il giorno del funerale, e io con Carmen, Jacinta e Elena siamo andati oggi che era il giorno dopo.

È stato piacevole, non solo perché Julián ha detto chiaramente che gli avevamo fatto un regalo grande andando là, ma anche per l’incontro con questa gente di campo. In quella zona si coltiva cacao organico, e ho avuto modo di conoscere varie cose. Da parte mia poi ho provveduto a chiedere scusa a Julián per i toni che gli avevo usato.

Julián ha non so se nove o undici fratelli e sorelle. La metà sono evangelici, l’altra metà cattolici. il papà era cattolico, ma all’acqua di rosa. Julián era cattolico, si era anche sposato in chiesa, cosa non comune qui, ma poi non so cosa è successo, cinque anni fa è diventato evangelico.

Quello che mi colpisce sempre di questi evangelici è che nella loro mentalità si sono già convertiti, e non sembra che abbiano coscienza del fatto che continuino a peccare. Lo vedo per esempio nelle trasgressioni di Julián al suo lavoro: sa benissimo che non rispetta l’orario, ma non gli passa neanche per la testa che sta facendo qualcosa di male.

Boh, speriamo che lo Spirito Santo gli faccia capire qualcosa di più…

La Via Crucis di stasera alla Divina Misericordia è stata centrata sui problemi del barrio.

Abbiamo fatto solo cinque stazioni, una per ognuno dei settori della Divina Misericordia, e in mezzo ad ogni stazione si è presentato il problema più forte di quel settore e abbiamo pregato perché possa trovare soluzione.

Chi ha parlato della violenza, chi dell’acqua maleodorante, chi della droga… Non è stato difficile trovarli, piuttosto il difficile è stato forse scegliere!

In questa quaresima mi sono preso l’impegno di incontrare i conviventi. Il mercoledì e il giovedì pomeriggio li dedico a vedere questa gente, ogni giorno in un settore diverso. Soprattutto è per offrire un’orientazione che li possa aiutare ad andare verso una situazione più in linea con i comandamenti di nostro Signore: sposarsi, vivere castamente o lasciarsi.

Il pomeriggio di oggi l’ho dedicato alla gente della Mina, che è una delle parti più povere della nostra parrocchia. Ho “lavorato” su un divano posto gentilmente a disposizione da Félix e María, una coppia che si è sposata quattro anni fa, e che ospitano in una tettoia attigua alla loro casa la Celebrazione della Parola del martedì.

Dalle tre e mezza che ho cominciato sono stato sul divano fino alle otto. Ed è stato veramente un “divano della conversione”.

Ho visto abbastanza gente, una metà senza prospettive di cambio di situazione a corta scadenza ma con la volontà di fare qualcosa, un altro quarto con il desiderio e la possibilità di prepararsi alla svelta per il matrimonio, e l’ultimo quarto non conviventi ma che ancora non ricevono la comunione (e la riceveranno presto).

Mi ha colpito soprattutto il dialogo con Salomé e quello che ne è seguito.

Salomé e il suo compagno Bilín hanno meno di quarant’anni, e vivono insieme da venti anni. Un anno fa hanno cominciato insieme il corso di preparazione al matrimonio, ma l’ha finito soltanto lei, perché Bilín a metà corso ci ha ripensato e ha lasciato perdere, ed è tornato ai vecchi amici e alla birra. Oggi pomeriggio ho fatto il dialogo con Salomé, la quale mi raccontava che il marito è insopportabile, e che hanno molti problemi, e che lei se potesse se ne andrebbe da casa. Ho cercato di aiutarla a mettersi in una prospettiva di fede, ma l’impressione era che le cose fossero ben difficili. Alla fine mi sono azzardato a chiederle di mandarmi suo marito. E il marito è venuto, e tra il clima della quaresima, il fatto che per aspettare il suo turno ha partecipato in una specie di momento di preghiera, e la chiamata del Signore, fatto sta che fra tutto questo quando è venuto a sedersi sul divano era un agnellino. Dopo aver parlato un po’ da soli gli ho chiesto di richiamare sua “moglie”, che era lì fuori, e le ha promesso sinceramente di tornare alla vita di chiesa e di lasciare gli amici e la birra.

Per me è stato un momento commovente, così come lo è stato per le varie persone presenti quando, alla fine di tutti questi dialoghi, Bilín ha dato testimonianza del suo desiderio e volontà di cambiare. Insieme abbiamo tutti ringraziato il Signore!

Ognuno dei dialoghi di oggi pomeriggio è stato fruttuoso: in tutti ho visto la voglia di ricominciare. Ed è stato molto edificante anche per me.

Non mi rimane che dire: Grazie, Signore!

Grazie, Signore, per questo ministero in Guaricano!

Grazie, perché non mi fai mancare il calore di tanti fratelli!

Grazie per tutte le persone che vedo che vogliono cambiare e convertirsi a te!

Grazie per questa quaresima così ricca di frutti nella parrocchia!

Grazie perché continui a chiamare uomini e donne a seguirti da vicino!

Sei grande, Signore!

9:38 pm

Un ex cattolico

Ieri sera ho visto per la strada un signore che era un buon cattolico, del terz’ordine francescano. Un anno fa è diventato evangelico, della Chiesa Pentecostale Missionaria.

Predica casa per casa contro la Chiesa Cattolica e contro i sacerdoti, sfoggiando dotte citazioni dai profeti dell’antico testamento che se la prendevano con il sacerdoti del loro tempo.

Sostiene che i cattolici non seguono Cristo, ma un uomo (vuol dire il prete), e non si rende conto che la sua chiesa l’ha fondata un americano all’inizio del secolo scorso.

Che fatica parlare con questa gente!

Per la prima volta, tenendo conto che lui era un cattolico abbastanza ben formato, gli ho buttato in faccia con un po’ di forza che non può essere vero, come dice, che i cattolici adorano la Madonna, che sono pieni di idoli, che non può essere vero che lui adorava idoli quando era cattolico. E di fatto su questo non mi rispondeva. Tornava sempre al fatto che i cattolici vanno a Higüey per adorare la Madonna… e che Gesù Cristo non ha detto a nessuna donna di vestirsi come gli uomini (qui le donne evangeliche non possono portare i pantaloni)… uffa, sono stufo di queste stupidaggini!

Devo pregare di più per lui, ho la speranza che il Signore gli torni a illuminare la mente.

Qualche giorno fa ho saputo di una morte terribile: un giovane di trent’anni, ritardato mentale (quasi non parlava), che è stato barbaramente ucciso in quello che sembra un gioco di delinquenti.

Nella sua discapacità è finito lunedì sera in un barrio più pericoloso del suo Guaricano, di notte, e lì un gruppo di gente che beveva a un bar ha “giocato” con lui, l’ha legato nudo a un palo, gli ha bruciato i piedi con una fiamma, gli ha mutilato i genitali, gli ha dato botte e, dopo varie ore, l’ha finito con tre pugnalate alla pancia.

La sua famiglia è stata in ansia tutta la notte, poi alle cinque di mattina sono usciti a cercarlo e dopo varie ore hanno scoperto il macabro spettacolo.

La cosa più triste per loro, a parte la perdita del figlio e fratello, è stato il fatto che sul giornale è uscito che Nelson (così si chiamava) era parte di una banda di delinquenti. Mentre che tutti quelli del suo quartiere affermano senza ombra di dubbio che non sarebbe stato capace di far male a un gatto.

Ho firmato anch’io una lettera volta a riabilitarlo, ma sembra che chi ha giocano con lui fino ad ucciderlo doveva coprire la sua atrocità mascherandola da atto di “giustizia” verso un delinquente, e sembra che per questo abbia pagato la polizia.

Ieri sera alle 10 sono stato sorpreso da un casotto insolito. Veniva dalla strada: botti, trombette, tamburi. Subito ho pensato che ci fosse stato qualche partita di baseball e che qualche squadra locale avesse vinto, ma non mi risultava, i giornali non parlavano di nessuna partita importante.

Poi mi sono ricordato del batey haitiano che abbiamo di fianco, e del fatto che era venerdì di quaresima. Mettendo insieme tutto la spiegazione era chiara: gli haitiani “festeggiano” a modo loro la quaresima facendo caos per la strada. È il gagà, una danza tipica haitiana.

Se l’interpretazione è giusta, venerdì prossimo si ripeterà.

1:26 pm

Festa nazionale

Oggi qui in Repubblica Dominicana è festa nazionale: il 27 febbraio 1844 il paese si liberava dalla dominazione haitiana.

Questa celebrazione conclude il mese della patria, che si apre un mese prima, il 26 gennaio, giorno natalizio di Juan Pablo Duarte, il padre della patria.

Stasera abbiamo avuto la riunione con i genitori dei bambini che saranno battezzati a Pasqua.

Nella Divina Misericordia sono una settantina. Hanno fatto per lo meno due anni di catechismo, e ora entrano nella preparazione più immediata, che coincide con la quaresima.

Tutti gli anni iniziamo vedendo i genitori, perché si sa che la famiglia deve farsi protagonista del cammino di fede dei suoi figli.

Insieme ai genitori dei bambini che saranno battezzati c’erano anche i genitori di quelli che faranno la prima riconciliazione. I bambini che faranno questo passo sono un centinaio. L’anno prossimo riceveranno la prima comunione.

Una cosa che forse non sono ancora riuscito ad accettare qui è il fatto che la maggioranza di questi bambini vengono al catechismo all’età che gli pare, poi si allontanano, ritornano… In maniera che nel gruppo che si battezza sono rappresentate tutte le età da otto anni fino a 12/13. E poi ci saranno anche i più grandi, ma quelli li prepariamo in un gruppo a parte.

Adesso i bambini che si preparano al battesimo cominciano un cammino più intenso di catechesi e di partecipazione attiva alla Messa. Tutte le domeniche avranno la catechesi specifica sul battesimo, una domenica avremo una convivenza di un giorno intero, e i loro genitori sono invitati al ritiro di quaresima che sarà tra un mesetto.

Vi chiedo una preghiera perché possano prepararsi bene ed essere pietre vive della chiesa!

Ieri avevamo l’attività di settore del giorno dell’amicizia (san Valentino). In ogni settore si sono organizzate due, tre, quattro attività distinte, in vari punti.

Purtroppo la maggior parte di queste attività sono state, almeno umanamente parlando, un mezzo fiasco: poca gente, poca gente nuova. E la cosa che mi ha fatto tristezza è che in strada c’erano tantissime persone, ma occupate in tutt’altra cosa: giocare a domino, bere in qualche bar, ecc.

L’impressione è che l’attività nostra non interessasse più di tanto alla gente. O è che i messaggeri non l’hanno saputa presentare in maniera convincente?

Ci siamo visti stasera con i catechisti dei giovani e degli adulti, per preparare il periodo del catecumenato e la preparazione della prima comunione e della confermazione.

La cosa più difficoltosa è stata realizzare il calendario della preparazione al battesimo: ci sono infatti incontri di catechesi (vari di essi raggruppati in una convivenza) e momenti liturgici (entrada al catecumenato, scrutini, consegna del credo e del Padre Nostro), e non è facile mettere insieme tutto, tenendo presente tra l’altro che continuano ad esserci altre attività nelle parrocchie.

Dal punto di vista concettuale invece quello che ci ha preso più tempo è stato il discorso del battesimo dei conviventi. La chiesa non lo fa, a meno che sia insieme o prossimo al matrimonio, per il semplice motivo che la convivenza è per un cristiano una situazione di peccato; e quindi chi si battezza e non si sposa, di per sé non si è convertito pienamente a Cristo.

La cosa non è difficile da capire, ma diventa di difficile attuazione perché cè un prete vicino a noi che battezza oves et boves, includendo i conviventi, e senza tante cose di preparazione: tre incontri e via il battesimo.

Ovviamente è una prassi deleteria, su più fronti:

  • il battesimo rimane a livello sacramentale, senza una vera e profonda catechesi
  • a parte le due o tre settimane di preparazione, non c’è l’accompagnamento della chiesa né la preoccupazione di aiutare a continuare un cammino
  • è una disobbedienza alla norma della chiesa: da parte di un prete è una cosa abbastanza grave.

Concretamente, molti adulti conviventi vanno a battezzarsi appunto da quel prete. E anche molti genitori vanno là a battezzare i bambini piccoli, “dopo tutto cosa sono tutte queste pretese di venire a messa, andare a una comunità di base, fare tanto corso di preparazione…”. E i catechisti sono lì in mezzo, a sentire le critiche della gente che vuol levarsi di lì il fastidio del battesimo proprio e dei figli, e che impreca perché in parrocchia le cose sono così difficili.

Non è la prima volta che parliamo della cosa, ma è stato utile e opportuno, perché si tratta di prender sempre più coscienza che i sacramenti sono sacramenti della fede e di una vita santa, e non cose da fare per mettersi la coscienza a posto.

Oggi qui è il día de la amistad y del amor, cioè il giorno di San Valentino. A differenza dell’italia, dove la cosa riguarda solo gli innamorati, qui il concetto è più ampio, e tutti si scambiano auguri.

Nelle scuola il desiderio più grande degli studenti è di venire a scuola senza uniforme, per poter sfoggiare vestiti ben colorati, possibilmente rossi.

In molte istituzioni preparano dei cuoricini di cartoncino rosso e se li mettono tutti al petto.

E difatti stamattina sono stato accolto alla cappella dove sono stato a dire messa da una animatrice che mi ha subito messo un cuoricino con uno spillo, e così a tutti quelli che sono venuti a Messa.

Nel pomeriggio, alla riunione degli animatori di comunità hanno fatto lo stesso.

Sono giorno che non si può fare niente di fretta, perché è praticamente obbligatorio abbracciare tutte le persone conosciute che si incontrano.

Ho visitato stasera una signora sui cinquant’anni, o forse meno. Ha una gastrite molto forte, e non si sente di uscire.

Mi ci ha portato Germania, la moglie di Marcial. Io avevo capito che era per darle l’unzione, ma in realtà il caso non era quello, è che Germania voleva vedere se con la mia presenza si decideva ad avvicinarsi un po’ di più alla chiesa.

E sembra che l’effetto sia stato ottenuto. C’è anche stato il marito che ha detto che è disposto a sposarsi quando la moglie lo dica, solo insisteva che lei deve decidersi a frequentare la chiesa.

È stato bello vedere un marito più di fede della moglie!!!

Stasera ho passato mezz’oretta al distaccamento della polizia. Uno studente della nostra scuola serale era uscito un momento in orario di scuola, e quando un poliziotto l’ha fermato con quello che lo portava sulla moto, si è lasciato scappare una parola del gatto.

Siamo andati quindi con Germania, la direttrice docente, per farlo liberare. Erano già le otto passate. Il poliziotto di turno ci ha detto che dovevamo aspettare il sergente. Purtroppo però questi non arrivava.

Alla fine il poliziotto di turno si è deciso di consegnarci il giovane. Mi ha dato l’idea di fare una signorata, anche se ha contravvenuto, coscientemente, alla regola di aspettare il sergente.

Sono stato edificato!

Ormai è quasi sera, riprendo fiato dopo una lunga e intensa giornata.

Penso a tutte le persone che ho incontrato, visto e conosciuto, ma mi distraggo guardando il cielo e vedo i fili della luce a migliaia intrecciati in dei gomitoli indistricabili.

Ci sono anche moltissimi aquiloni, tutti di colori diversi, fatti con i sacchetti di plastica e pezzi di canne, è il gioco preferito dai bambini qui in Guaricano e penso a quei bambini, veramente tanti.

Appesi ai fili della luce, oltre agli aquiloni rimasti incastrati, talvolta trovi anche delle scarpe, infatti è usanza, quando muore un bimbo o un giovane, lanciare le sue scarpe in aria per augurargli “buon viaggio”.

Purtroppo se ne vedono di frequente.

Tutte le bimbe hanno le treccine con tante perline colorate, che risaltano molto sulla loro pelle scura, i maschietti, invece, hanno i capelli cortissimi, sono quasi sempre scalzi e corrono ovunque.

Li vedo molto sorridenti e gioiosi, con tutto quello che manca qui in Guaricano è una felicità per noi vederli così sereni.

Tra molti c’è Amber, un ragazzino di dodici anni, lo abbiamo conosciuto al centro nutrizionale, ci segue sempre e ci accompagna in ogni occasione.

È un bambino molto dolce, solo oggi abbiamo scoperto che non è mai andato a scuola, perché al momento della sua nascita non è stato riconosciuto dal padre e tuttora Amber per la Repubblica Dominicana non esiste.

Non sa leggere e sa scrivere solamente il suo nome.

L’altro pomeriggio ci ha mostrato un cofanetto con spazzole e lucidi da scarpe, che usa per guadagnare qualche soldino.

Molti bimbi qui lavorano per aiutare la famiglia e il “lucida-scarpe” è un lavoro molto comune.

Speriamo per loro un futuro migliore, con più diritti, per primo quello di esistere anche su di una carta, poi quello all’istruzione e speriamo anche che possano vivere con tutto ciò di cui ha bisogno un bambino ed un adolescente…

Perché il bambino di oggi è l’adulto di domani…

A Genova molta neve e qui a Santo Domingo un gran sole caldo con una piccola brezza fresca… si sta benissimo… trascorriamo le nostre giornate conoscendo bambini, ragazzi, adulti e anziani delle varie parrocchie…

La popolazione è davvero tantissima e soprattutto di età molto giovane, moltissimi bambini e ragazzi, moltissime donne in stato di gravidanza… pochi anziani… insomma una situazione demografica opposta a quella italiana, specie genovese…

Girando per le stradine impolverate del Barrio vedi tantissimi bambini che giocano tutti per la strada, con giochi che da noi non esisono più, forse li ricordano solo i nostri genitori, o forse i nostri nonni…

Giocano a tirare una corda, a tirare rami degli alberi, qualcuno gira con una bicicletta mezza rotta e gli altri dietro lo spingono o salgono in tre su di un triciclo senza una ruota (come fanno a farli funzionare non lo so) buttandosi giù dalle discese a gran velocità…

Si gioca scalzi, i più piccoli sono spesso nudi, talvolta solo con le mutandine, forse per il caldo, forse perché sono più comodi così…

Ieri un bimbo, che avrà avuto tre o quattro anni, è entrato in chiesa tutto nudo solo con le mutandine e si è seduto per terra a giocare e i genitori? Probabilmente erano in una casetta vicina, ma non li abbiamo visti; dopo un po’ si é alzato ed è andato via…

Qui i bambini crescono prima, sono più indipendenti ed essendo le famiglie più numerose hanno diverse figure educative di riferimento, spesso sono accuditi dai fratelli e dalle sorelle maggiori.

Le famiglie sono molto numerose, le case con le porte sempre aperte, nel vicinato tutti si conoscono e vivono assieme, è difficile incontrare persone che non sorridano… molto diverso da Genova, basti pensare alle riunioni condominiali dei nostri palazzi…

Fuori dalla missione ci sono due rubinetti che distribuiscono acqua e la gente viene a prenderla con taniche, secchi e bottiglie… fa impressione pensare che nel 2006 ci siano ancora molte persone (la maggior parte della popolazione mondiale) che vivono senza avere in casa acqua corrente, luce 24 ore al giorno, una rete fognaria decente e condizioni igieniche di base.

Come si fa a conservare, con questo caldo, gli alimenti con un frigorifero senza corrente elettrica, a lavarsi tutti i giorni con acqua delle taniche, a vivere tra le acque bianche che scorrono per le strade, d’accordo non sono acque nere, ma non è comunque acqua pulita… e i bambini girano scalzi…

L’ho fatta nel settore San Ramón, e sono venuti anche Erika e Alessandro.

La cappella del Mamey era bella piena. Mi stupisce sempre quando vado là che ci sono parecchi giovani, apparentemente in salute, ma che devono avere qualche problemino.

Quando si fanno le preghiere spontanee c’è sempre qualcuno che dice frasi tipo: “Non riusciamo ad andare dal medico e a comprarci le medicine, Gesù, tu sei il nostro medico”, frase che riflette la povertà di tanta di questa gente. Povertà aggravata in questo caso dal fatto che i prezzi delle medicine sono indicizzati col dollaro (almeno quando il dollaro sale, non sempre quando scende).

Altra cosa che mi ha fatto piacere: oltre agli sposini di Genova sono venuti Ersilia e Consuelo. Quest’ultima è una signora sui 45 anni che si mette tutti i giorni a vendere merende varie davanti al consultorio. Da parecchi mesi ha cominciato ad avvicinarsi un po’ di più alla chiesa, e spero che mi faccia il ritiro di evangelizzazione.

Alla fine della Messa Erika e Alessandro hanno raccontato qualcosa di loro. Con semplicità, hanno di nuovo strappato l’applauso! Bravi!

I nostri giorni qui in Guaricano proseguono intensamente, tante le persone che desiderano conoscerci, salutarci e confrontarsi con noi scambiando qualche parola.

Lunedì mattina siamo passati da una scuola superiore (il Politecnico Oscus San Valero) con don Franco e sia i responsabili della scuola, che gli insegnanti, hanno voluto che visitassimo le classi, per questo ci hanno affiancato a due ragazze, una delle quali parlava molto bene l’italiano.

Io e Alessandro eravamo molto imbarazzati, tante le loro domande; si sono stupiti molto del fatto che siamo sposati da tre anni e mezzo e non abbiamo bambini, volevano sapere quanti anni abbiamo, come è la vita in Italia, se ci piace il loro paese, quali sono i nostri piatti preferiti…

In qualche classe abbiamo chiesto quanti di loro hanno parenti emigrati da Santo Domingo e ci siamo accorti che solo in pochi non hanno qualcuno in un altro paese del mondo…

Ci hanno poi illustrato i principali problemi in Guaricano: la mancanza della luce per molte ore del giorno, l’acqua non presente nella maggior parte delle abitazioni, la delinquenza e la droga.

Don Franco ha poi visitato alcune famiglie, conosciute nei suoi quattro anni che ha trascorso qui e noi l’abbiamo seguito.

Pensavamo di essere invadenti, ma le cose qui sono davvero molto differenti rispetto all’Italia, la gente è contentissima di accoglierti nella sua dimora e ti mette a disposizione tutto quello che ha.

Nel tardo pomeriggio ci è venuta a prendere qui nella casa della missione Francisca, una responsabile della pastorale giovanile nella Parrocchia di Santa Margherita e siamo andati a piedi a casa sua attraversando le strade del barrio. Il gruppo giovani della parrocchia ci ha accolto con canti e danze. Successivamente attraversando il bario tutti assieme siamo andati a visitare un’anziana inferma che ci ha accolto (eravamo una trentina di ragazzi) nel piccolo spazio antistante la sua casa. Lì un ragazzo ha letto un passo del Vangelo e lo ha commentato assieme a tutti gli altri e all’anziana signora.

Non so come riuscire a descrivere al meglio questi momenti, perché è veramente molto difficile… Quello che ti trasmettono questi ragazzi è l’essenza della vita, la loro profonda partecipazione alla lettura e al commento del Vangelo ti fa sentire piccolo piccolo…

…El pueblo de Dios…

La nostra visita qui in Guaricano trascorre in modo molto diverso, in un modo che forse mai avevamo provato, in modo pieno, ricco di emozioni; siamo partiti mercoledí mattina dall’aereoporto di Genova e arrivati a Santo Domingo mercoledí sera alle 18 (ora locale). Oggi é solo domenica ma ci sembra di essere qui giá da una vita.

Una breve sosta a Parigi tra un volo e l’altro di 5 ore che ci ha permesso di visitare la Basilica del Sacro Cuore.

Arrivati all’aereoporto di Santo Domingo la festa è stata tanta da subito: agli arrivi ci aspettavano i ragazzi del coro di una parrocchia del Guaricano, che, con tamburi e cartelloni, intonavano canti animatamente battendo le mani… è stata un’emozione fortissima e, anche se la festa era soprattutto per Padre Paolo e Padre Franco che ritornavano in missione, anche noi ci siamo sentiti accolti in maniera molto calorosa, infatti tutti ci abbracciavano e salutavano dandoci il benvenuto.

Il giorno successivo abbiamo visto il centro medico e il centro nutrizionale della missione, abbiamo fatto una visita nelle varie parrocchie e nel pomeriggio siamo andati nel centro della cittá.

Il lavoro che svolgono qui nella missione è tantissimo e sono tutti impegnatissimi; non ci vuole molto per capire che l’amore che danno i missionari al popolo del Guaricano è immenso e l’amore di Dio si sente immediatamente.

Venerdì siamo stati al Mare a Boca Chica e nel pomeriggio sono stata con don Franco e don Paolo all’ospedale, dove ho consciuto dei colleghi di Santo Domingo e ho visto le apparecchiature radiologiche da loro usate…

Sabato siamo andati ad Higüey per il pellegrinaggio della Madonna dell’Altagracia. C’erano moltissime persone tutte ad venerare la Madonna dell’Altagracia, tanti avevano bivaccato fuori dalla chiesa la notte precedente; un’occasione davvero unica per vedere una festa così importante per il popolo dominicano.

In tutti questi giorni, partecipando alle Messe, abbiamo conosciuto tantissime persone, ci siamo presentati nelle varie parrocchie e tutti ci hanno accolto con un caloroso benvenuto e moltissimi baci e abbracci.

La Messa qui è molto diversa, tutti hanno una gran voglia di partecipare e fare festa, cantare e ballare… quando il parroco fa le domande non rispondono solo i bambini, tutti partecipano attivamente, molti fanno intenzioni di preghiera e ringraziamenti spontaneamente, e tutto ti fa capire che è una fede forte che ha voglia di crescere sempre di piú…

È un’esperienza particolare davvero molto bella… grazie a tutti!!!!

Descrivere una giornata qui in Guaricano credo sia impossibile, il tempo a Santo Domingo cambia in continuazione, ci sono momenti in cui piove e dopo una manciata di minuti, come per magia, spunta il sole caldo come a Genova a ferragosto.

Non so se purtroppo o per fortuna le emozioni che stiamo vivendo sono simili al tempo: momenti di giochi con i ragazzi e bambini, situazioni davvero divertenti con don Paolo, don Lorenzo, don Giulio, don Franco e il piccolo don Mario, e situazioni davvero tragiche come la storia del povero Marcelito.

Marcelito è un anziano, a cui abbiamo fatto visita, cieco e con un piede in cancrena, costretto a vivere in una baracca senza niente: non un letto, non un tavolo, non una luce, niente.

Un’altra cosa che ci colpisce particolarmente qui in Guaricano sono i bambini, disseminati per le strade del Barrio a giocare con sacchetti usati come aquiloni o a rincorrersi per le strette e maleodoranti viuzze.

In tali situazioni gli sguardi sono sempre pieni d’amore e di pace e la mancanza di tutto quello che noi crediamo indispensabile non gli fa mai mancare il sorriso e la voglia di vivere.

Grazie di cuore popolo del Guaricano per questo indimenticabile insegnamento.

Muchas gracias.


La immagine dell'Altagrazia

Oggi, 21 gennaio, è la festa della Madonna dell’Altagrazia, protettrice del popolo dominicano. È una devozione che nasce attorno a una immagine, tra l’altro una immagine molto significativa teologicamente, che raffigura Maria nell’atto di adorare il suo figlio appena nato.

Abbiamo avuto il pellegrinaggio parrocchiale a Higüey, dove c’è il corrispondente Santuario mariano. La gente è partita alle sei e mezza, e io li ho raggiunti dopo la messa delle sette.

Con me sono venuti Erika e Alessandro, don Mario e suor Cristina. È stata una giornata piacevole che abbiamo passato insieme.

Siamo arrivati al santuario alle 11.05, pensando che fosse già finita la messa delle 10 officiata dal vescovo di Higüey, e alla quale partecipava anche il presidente. Invece alle 11 passate erano ancora al vangelo! Con don Mario quello che abbiamo fatto è stato di farci un po’ di largo tra la folla che riempiva completamente la chiesa e arrivare vicino alla balaustra, e abbiamo partecipato alla messa da lì!

Molta gente va a Higüey per soddisfare voti e promesse, e immancabilmente salgono per le scalette dove c’è l’immagine della madonna e fanno un momentino di preghiera davanti a quel quadro.


La basilica di Higüey

Tra Santa Margarita e la Divina Misericordia si sono riempiti tre pullman, meno di quello che speravamo, perché ci si poteva aspettare una partecipazione almeno doppia. Ma non importa!

Marcial è andato su uno dei pullman, e così anche Willy, Miguel Ángel e Brondy, i quali avevano l’incarico di animare la preghiera.

I pullman sono tornati indietro tardi perché due signore hanno pensato bene di sparire fino alle cinque (la partenza era alle due!). Dovrebbero essere già arrivati.

Il pomeriggio l’ho passato con don Franco che ha dovuto farsi alcune visite alla Plaza de la Salud.

Bisogna dire che in ospedale sono stati abbastanza professionali. Rimane da fare un altro esame, ma sarà probabilmente lunedì.

Carissimi amici e benefattori,

approfitto di queste vacanze a Genova, dalla mia famiglia, per scrivervi con più calma questa lettera, che vuole essere innanzitutto un ringraziamento al Signore per tutto quello che la Missione Diocesana di Santo Domingo ha potuto essere e realizzare durante l’anno 2005, e quindi un ringraziamento anche a ciascuno di voi, che, con l’attenzione amorosa, l’offerta del lavoro, del sacrificio e della preghiera, ci siete stati vicini.

È stato un anno intenso, e anche un anno molto particolare. Provo a scrivere le cose principali, perché aiutino me e voi ad amare sempre più quel Signore che ha reso possibile tutto questo.

***

Come già sapete, a fine 2004 avevamo consegnato al vescovo di Santo Domingo le parrocchie di Santiago el Menor e Nostra Signora del Amparo (Guardia). Il cardinale di Santo Domingo aveva subito provveduto alle parrocchie mandando come parroco il padre Federico, che aveva sudiato in Italia, un prete molto amico di don Giulio Boggi. Il padre Federico ha fatto un buon lavoro, portando avanti con amore le comunità che don Franco gli aveva consegnato; e ciò nonostante fosse anche responsabile della radio diocesana. La permanenza del padre Federico non è stata lunga, perché il vescovo l’ha chiamato a diventare formatore in seminario. E così in settembre le due parrocchie hanno ricevuto il loro nuovo parroco nella persona del padre Isidro, un giovane sacerdote dei neo catecumenali. Pieno di entusiasmo, è all’inizio del suo ministero e sta cercando di conoscere la realtà a cui è stato mandato. Lo affianca un diacono permanente.

***

A Santa Margarita c’è stato abbastanza fermento, ma non per cambi di preti, quanto per il nuovo entusiasmo generato dal lancio del Terzo Piano Pastorale Diocesano. Siamo arrivati cioè alla fase operativa di questo Piano Pastorale, che si sta elaborando da circa tre anni, e che è pensato per essere le linee guida della vita diocesana nei prossimi trent’anni. In pratica il 2005 è stato l’anno in cui sono stati chiamati e formati i messaggeri e le equipe di settore. I primi hanno l’incarico di portare alle famiglie della parrocchia una lettera mensile del parroco con un tema uniforme a livello di tutta la diocesi: ogni messaggero si occupa di dieci/quindici/venti famiglie, delle quali si occupa in maniera amorosa e particolare. Invece le equipe di settore hanno la funzione di organizzare nei vari punti della parrocchia attività mensili che aiutino a recepire e interiorizzare i temi del piano pastorale. Grazie a Dio la comunità di Santa Margarita ha risposto molto bene a queste sollecitazioni: i messaggeri svolgono il loro lavoro nella gran maggioranza, e le equipe di settore discretamente bene; purtroppo in qualche settore le persone che sono state chiamate non si sono rivelate in grado di svolgere il compito, speriamo di rimediare in questo 2006.

Naturalmente una parrocchia non può limitarsi a chiedere servizi alla sua gente, deve anche offrire una formazione solida. Per questo è stato portata avanti lungo tutto l’anno la formazione dei candidati ministri. Avevamo già i ministri, ma sono praticamente “scaduti”, e per questo c’è un gruppo che si prepara, in parte “vecchi” in parte “nuovi”. Non si è ancora potuto mandare la lista al vescovo per la dovuta istituzione in quanto per molti candidati è stato difficile recuperare i documenti che la diocesi richiede. Spero di concludere il lavoro nei primi mesi di quest’anno.

Un altro momento di formazione è stato il nuovo Ritiro di Evangelizzazione che si è fatto in giugno, ed i cui partecipanti sono già entrati alle comunità apostoliche. E proprio in questi giorni parte la preparazione per un nuovo Ritiro. Sapete che i Ritiri di Evangelizzazione sono un momento di riannuncio del Vangelo, preceduto e seguito da un cammino di approfondimento catechetico e inserimento comunitario. Hanno fatto molto bene alla nostra parrocchia, e continueremo invitando la gente a passare per questa tappa!

In agosto abbiamo avuto come tutti gli anni la Missione Parrocchiale: due settimane in cui non abbiamo fatto altro che muoverci ai vari settori della parrocchia per portare un annuncio del Vangelo casa per casa. I circa 100 missionari hanno lavorato con entusiasmo, e dalla Missione si sono rivitalizzate le Comunità Ecclesiali di Base. Si è poi resa necessaria una ulteriore missione di tre giorni a Duquesa, che è il paesino più periferico della parrocchia: a causa di un problema molto forte in quella comunità (vedi più avanti) c’era un forte bisogno di riconciliazione, e per questo la parrocchia si è mossa e ha visitato tutte le famiglie di quella comunità per tre giorni consecutivi. Di fatto, grazie a Dio, gli animi si sono rasserenati e adesso la comunità vive meglio.

E in questo 2005 per la prima volta abbiamo fatto la Settimana Biblica. A fine settembre, tutte le sere di una settimana sono state dedicate a una catechesi fondamentale sulla Parola di Dio. L’abbiamo fatta nei vari settori, cioè in sei punti diversi, e i relatori siamo stati io, don Lorenzo, Francesco Zannini sempre molto disponibile, Marcial (che era già diacono) e Juan Luis (candidato diacono). Ho preparato gli schemi della catechesi per tempo, e in tutti e sei i punti è stato fatto lo stesso cammino. La settimana si è conclusa con la processione, portando in alto per le strade del barrio la Bibbia. La partecipazione della gente è stata superiore alle aspettative, circa 400 persone hanno partecipato assiduamente!

Anche a livello giovanile c’è stato fermento. La commissione di pastorale giovanile è uscita dala fase di rodaggio e adesso coordina bene le attività degli otto gruppi di adolescenti e giovani sparsi nei vari punti della parrocchia. Nell’estate abbiamo avuto bivacco dei responsabili, campo adolescenti e campo bambini; praticamente tutto il mese di luglio è passato concentrati nel lavoro con i giovani. In particolare il campo adolescenti ha lasciato il segno, perché alcuni ragazzi un po’ più grandi sono stati colpiti da un incontro dedicato all’aborto, e hanno iniziato a progettare un’attività parrocchiale, che poi si è svolta magnificamente a fine novembre, e che ha permesso di risvegliare le coscienze su questo tema tanto importante (vi preciso che in Repubblica Dominicana l’aborto non è legalizzato, e di fatto la cultura della gente è abbanstanza lontana, grazie a Dio, dalla legalizzazione). Inoltre una giovane della parrocchia ha potuto partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, e il viaggio è stato pagato con i soldi raccolti nei vari gruppi. Poi a inizio dicembre c’è stata la Settimana Giovanile, alla quale hanno partecipato circa 300 giovani: tutte le sere c’era una conferenza, e i temi gravitavano attorno alla sfera sessualità / fidanzamento / matrimonio. Relatore di eccezione, la seconda sera, il card. Nicoĺás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo!

Anche sul versante famiglia c’è stato un buon lavoro: si sono fatti nell’anno due CPM (Corsi di Preparazione al Matrimonio). E a dicembre c’è stata la “mietitura”, con 13 coppie che si sono sposate. Sono tutte coppie “navigate”, con almeno dieci-venti anni di matrimonio sulle spalle. Alcuni avevano fatto il CPM vari anni fa, ma non avevano potuto celebrare le nozze per motivi economici – il paese ha vissuto una crisi economica tremenda da fine 2002 a metà del 2004. Oltre a ciò, il mese di novembre, dedicato alla famiglia, abbiamo avuto la grazia di ricevere un Ritiro di Guarigione Familiare che ha segnato profondamente la vita di molte coppie che hanno partecipato.

E, per finire questa carrellata su Santa Margarita, con gli aiuti venuti da Genova abbiamo potuto comprare una casa che è diventata una nuova cappellina di settore: così il settore Sinaí, che prima doveva chiedere ospitalità in un collegio privato (con molti problemi) adesso ha il suo spazio per la catechesi, le riunioni e l’annuncio della parola!

***

Ma legato a Santa Margarita c’è un fatto ancora più importante: la nascita della nuova parrocchia della Divina Misericordia.

Già da tempo mi rendevo conto che Santa Margarita, con i suoi 40,000 abitanti, era troppo grande. E di fatto il card. Nicolás, arcivescovo di Santo Domingo, vuole che si dividano queste parrocchie grandi perché la chiesa sia più vicina alla gente. Pur capendo l’esigenza, non mi era ancora mosso in questo senso per il timore che la gestione di due parrocchie potesse appesantire eccessivamente i ritmi di lavoro.

La cosa si è fatta possibile invece a partire da giugno, mese in cui il nostro caro Marcial Nova, laico molto impegnato nella parrocchia, ha ricevuto l’ordinazione diaconale. Ha terminato il cammino di formazione, durato tre anni, e il 25 giugno ha ricevuto il diaconato insieme a una ventina di altri uomini più o meno attempati come lui (Marcial ha quasi cinquant’anni). Tra l’altro questa ordinazione è stato un momento molto gioioso di tutta la comunità, che in questi anni è sempre stata molto vicina a Marcial è ha detto presente in tutti i momenti in cui ha fatto i vari passi di avvicinamento all’ordinazione. Così, già due anni fa avevo parlato con il vescovo di Santo Domingo della destinazione di Marcial, e alla mia proposta che lui lavorasse nella futura nuova parrocchia ho trovato perfetta consonanza. Ho iniziato quindi un forte lavoro di sensibilizzazione della comunità parrocchiale sul fatto che dividere la parrocchia in due ci avrebbe aiutato nella missione evangelizzatrice. Se ne è parlato almeno per sei mesi, senza fretta, e la gente si rendeva conto ogni giorno di più che si poteva e si doveva fare la divisione. Si sarebbe celebrata Messa domenicale nella nuova parrocchia, ci sarebbe stato il suo consiglio pastorale, animatori e catechisti si sarebbero riuniti là, ecc. ecc.

Così, in maggio, abbiamo cominciato a costruire una cappella provvisoria sul terreno che già da qualche anno era stato donato per costruire una chiesa. L’opera è stata avviata coinvolgendo la comunità parrocchiale: pulire il terreno, innalzare i pali della struttura, inchiodare le assi, mettere il tetto di lamiera. Il progetto non era ambizioso, anzi, era fatto all’insegna dell’economia, perché l’idea era che la comunità parrocchiale facesse qualcosa di suo, con le sue forze e i suoi soldi. Di fatto la “chiesa” che è nata è provvisoria, può contenere solo 200 persone (più altrettante all’esterno), ed è fatta con materiali economici. A questa maniera, però, è stata alla portata delle forze e delle finanze della comunità. In tutto è costata circa 150,000 pesos (equivalenti a 4,000 euro), ed è pensata per funzionare qualche anno.

Dopo aver fatto la nuova “chiesa”, ci siamo imbarcati nella costruzione dell’ufficio parrocchiale e della casa canonica. Anche qui una cosa piccola, ma necessaria, perché l’apertura della parrocchia-istituzione richiede di mettere in atto tutta una serie di azioni (libri dei sacramenti, conti, archivio documenti, ecc.) che hanno bisogno di una struttura stabile e definitiva. Questa nuova costruzione, fatta al lato della “cappella del barrio”, è stata fatta con criteri costruttivi seri, e di conseguenza il prezzo è stato serio pure lui: è costata circa 500,000 pesos (13,000 euro), che avevamo solo in piccola parte, e che non abbiamo ancora finito di pagare; anzi, siamo nei debiti fino al collo con la parrocchia vecchia e la nuova. Ma siamo nei debiti apposta, perché considero importante che le comunità sappiano che le cose costano e che dobbiamo sforzarci per pagarle. Dopotutto le offerte che molti di voi hanno dato, e danno!, e che hanno reso possibili moltissime cose, non sono forse frutto di sacrifici e rinunce? La chiesa genovese si è sacrificata moltissimo, dando spesso ben oltre il superfluo, e come parroco sento la responsabilità di educare anche la mia gente di là a rinunciare a quello che hanno perché la chiesa possa vivere e lavorare.

Così in luglio è stata terminata e inaugurata la nuova “chiesa” della Divina Misericordia. Abbiamo cominciato a celebrare lì l’Eucarestia alla domenica alle sette di mattina (stessa ora che a Santa Margarita). I piano erano di aggiungere altre messe festive, ma non si è ancora potuto. Fatto sta che, contrariamente alle mie aspettative, quell’inizio della messa domenicale ha significato molto. Io avevo paura di rimanere con la messa di Santa Margarita vuota. Invece quello che è successo è stato che a Santa Margarita mi sono trovato con 200 persone in meno, ma alla Divina Misericordia ne vanno 400!!!! “La chiesa vicino alla gente!” Ho capito perfettamente in quel momento l’insistenza del cardinale per l’apertura di nuove parrocchie! E di fatto la situazione ha gasato tremendamente i parrocchiani “storici” della Divina Misericordia, quelli che hanno lavorato per anni a Santa Margarita: tutti ci siamo resi conto che la mano del Signore era presente in quel momento di vita parrocchiale. E il card. Nicolás ha voluto condividere la nostra gioia: la domenica 11 dicembre ha detto presente, presiedendo l’Eucarestia e dando molto calore alla nuova comunità parrocchiale. La gente ha sentito e apprezzato moltissimo questa presenza del suo vescovo!

Dopo aver cominciato a celebrare l’Eucaristia alla Divina Misericordia, si è sdoppiato anche il Consiglio Pastorale. Gli animatori delle Comunità Ecclesiali di Base hanno cominciato a riunirsi in “casa” loro, e lo stesso i catechisti. Chi porta avanti questo lavoro pastorale è appunto il diacono Marcial, con il quale condividiamo la preparazione delle riunioni e lui le fa alla Divina Misericordia. Anzi, spesso lui partecipa alla riunione che faccio io a Santa Margarita, e la “riproduce” alla Divina Misericordia. E segue con amore la gente di là, visita le comunità, parla con le persone, ecc., tutto quello che farebbe un prete, solo che ovviamente non presiede l’Eucaristia, non confessa e non da l’Unzione dei Malati. Gli è toccato invece battezzare già varie volte e benedire vari matrimoni! Marcial lavora al mattino nel baretto della scuola (da vari anni fa questo lavoro), e il pomeriggio e la sera li dedica alla parrocchia. La comunità, da parte sua, gli dà un piccolo aiuto di 3,000 pesos (quasi 100 euro) al mese per le spese di trasporto e anche per aiutarlo a mantenere la sua famiglia.

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Le nostre parrocchie cercano di vivere intensamente la pastorale diocesana. Come vi dicevo il 2005 è stato l’anno del lancio operativo del Terzo Piano Pastorale. Ciò ha comportato un lavoro parrocchiale di motivazione delle persone e di formazione dei nuovi operatori. L’entusiasmo per questo lavoro è venuto da vari momenti in cui la comunità diocesana si è riunita in massa e il card. Nicolás, pastore di questa porzione del popolo di Dio, ha incoraggiato con unzione dello Spirito Santo preti, diaconi e laici.

Il giorno del Corpus Domini ci siamo riuniti da tutte le parrocchie della Diocesi nel parco del grandioso Faro a Colombo: 50,000 persone, provenienti dalle dodici zone pastorali in cui Santo Domingo è divisa. La giornata era dedicata in particolare ai futuri messaggeri che avrebbero distribuito alle famiglie la lettera mensile correlata al Terzo Piano Pastorale. La partecipazione non è stata massiva solo dal punto di vista numerico, ma anche nella qualità dei presenti e nella decisione a realizzare l’opera che veniva proposta. Della nostra parrocchia hanno partecipato ben duecento cinquanta messaggeri, che a tutt’oggi sono attivi nella consegna puntale della lettera alle loro famiglie.

A livello zonale il momento forte dell’anno è stata la Via Crucis del Venerdi Santo. È ormai una tradizione ben consolidata, essendo già il quinto anno che si svolge. Da ogni parrocchia si parte alle 4/5 del mattino, pregando con le stazioni preparate da un’apposita equipe, e camminando a piedi per circa 15 km. Nel punto finale ci si ritrova tutti, stanchi ma gasati dal vedere tanta gente professare la nostra stessa fede e vivere il nostro stesso amore alla Chiesa.

Meno estusiasmante è stata invece la chiusura dell’Anno Eucaristico, che si è svolta anche lei al Faro a Colombo l’ultimo sabato di ottobre. Il poco tempo a disposizione per prepararla, e il fatto che sia stato sabato e non domenica – qui il sabato è dedicato alle pulizie della casa e soprattutto ai lavaggi, senza contare che molta gente lavora di sabato – ha reso molto meno partecipata, ma non per questo meno significativa, la celebrazione.

E per finire in bellezza con questi momenti diocesani, il giovedi prima di Natale tutti i preti di Santo Domingo siamo stati ospiti del Cardinale per gli auguri natalizi. Non è mancata buona musica, fervidi auguri, e l’immancabile pranzo!

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Venendo alla vita della nostra comunità missionaria, abbiamo avuto un lutto: suor Patrizia, che ha lavorato nella missione dal 1994 al 2002, è mancata il 7 aprile; entrata nelle nostre suore Brignoline dall’età di sedici anni, da due soffriva di un tumore all’utero, era stata operata due volte, e due volte aveva fatto la chemioterapia. Ha lottato, ma alla fine ha dovuto arrendersi e lasciarsi andare nelle braccia di quel Signore che tanto ha amato come cristiana e come consacrata. La gente del Guaricano, che la vedeva al lavoro nella farmacia, e ancora di più le donne che lavorano in casa nostra, che erano a contatto con lei in cucina, e tutti noi della comunità missionaria abbiamo percepito il dolore della sua partenza, insieme alla certezza che il Signore l’ha accolta come “serva buona e fedele”.

La comunità delle suore in compenso già da fine del 2004 si era arricchita con la presenza di suor Serafina, una donna piena di vita che aiuta tutti noi a mantenerci allegri. E si è visto il suo tocco in particolare nella festa di Nostra Signora del Rifugio, che è appunto la patrona della loro congregazione. Quest’anno l’abbiamo celebrata l’11 luglio, lunedì, con la messa nella sala d’attesa del nostro consultorio nuovo fiammante. È stata la prima volta che questa festa l’abbiamo celebrata in questo salone, la qual cosa ha reso questa festa ancora più bella!

Ma la cosa grande di quest’anno di comunità è stata la ricchezza delle visite. Sono stati alla missione il gruppo degli Amici del Guaricano, organizzato dall’attivissimo don Francesco Di Comite (don Fra o don Chicco per gli amici), il quale si è portato dietro vari giovani e adulti, nonché un confratello prete. La cosa bella è stata che quando se ne sono andati ci hanno lasciato due signore di Geo, Carmen e Orietta, che hanno allungato la loro permanenza in missione fino a restare un mese intero. Orietta, che è infermiera, ha dato una mano alle suore, soprattutto visitando in casa loro persone anziane bisognose di piccole medicazioni. Invece Carmen ha dato una mano in vari settori, non ultimo la cucina, dove si è rivelata collaboratrice preziosa e cuoca inimitabile, e anche attraverso un piccolo servizio di taglio dei capelli ai bambini poveri del barrio. Entrambe hanno desiderio di tornare, e chiediamo al Signore che il progetto si possa realizzare presto.

Insieme a loro avevamo due ragazze giovani ma molto in gamba: Eugenia e Fiammetta. Anche loro sono arrivate con il loro don Fra, e come Carmen e Fiammetta hanno passato un mese in missione, dando una mano in tanti piccoli lavoretti: dare l’impermeabilizzante al tetto, preparare il cartello indicante la Divina Misericordia, accompagnare don Lorenzo sull’ambulanza, ecc.; hanno inoltre affiancato i missionari nella missione parrocchiale di agosto, e si sono prese una bella vista della vita della gente del Guaricano. Un’esperienza arricchente e ben formativa. E hanno saputo rendersi ben utili senza mai essere di peso. Veramente brave!

Quasi in contemporanea abbiamo con noi avuto anche Sandra: lei si è dedicata alla cucina, permettendo a don Lorenzo di portare avanti altri lavori che aveva dovuto giocoforza lasciare indietro. Ha rallegrato notevolmente la casa, e nonostante l’età non troppo giovane ha dimostrato una vitalità senza precedenti!

Invece prima dell’estate abbiamo avuto con noi Lara, una giovane di Pegli, laureata in ingegneria ambientale. Al finire la laurea ha voluto donare alla missione un mese, e lo ha fatto con frutto facendo un corso intesivo di inglese, quasi come fosse stata insegnante di madre lingua, a un gruppo selezionato di studenti della nostra scuola. Di lei abbiamo apprezzato il notevole spirito di adattamento, e la capacità di entrare in un’ottima relazione con tanti ragazzi e giovani della parrocchia e della scuola. Bravissima Lara, e ti aspettiamo ancora!

A fine ottobre sono stati con noi vari personaggio molto speciali: i miei genitori con mio fratello e mia zia, e due oculisti.

Chiaramente la visita della mia famiglia è stata speciale per me, e anche per la gente della parrocchia, che desiderava rivederli dopo la prima volta che ci hanno visitato nell’anno 2000.

Invece quella degli oculisti è stata una gradita sorpresa. Carlo Mosci e Massimo Corazza sono venuti, accompagnati da alcuni dei loro figli ventenni, per montare e cominciare a usare le nuove apparecchiature oculistiche che attraverso di loro, di Carlo in particolare, ci erano arrivate in donazione. Si tratta di un “set” completo di strumenti che permettono di visitare in profondità l’occhio, individuando difetti e permettendo un’analisi profonda della cornea, del cristallino e della retina. Ebbene, Carlo e Massimo hanno montato il tutto a tempo di record il giorno dopo il loro arrivo, e poi nei cinque giorni lavorativi che sono rimasti hanno visitato ben 350 pazienti. La maggior parte di loro avevano ben poca cosa, ma l’esperienza è stata importante anche per Carlo e Massimo al fine di rendersi conto delle patologie della di qua, con l’idea di dare continuità alla cosa.

Dovevamo continuare subito il lavoro delle visite, e avevamo trovato un’oculista domenicana che sembrava disponibile a portare avanti il lavoro. Purtroppo però appena Carlo e Massimo se ne sono andati ci ha fatto capire che non aveva tempo, che lavorava già in troppi posti, ecc. Così adesso, al ritorno alla missione, dovrò mettermi sotto per trovare un altro oculista di fiducia, capace, e desideroso di spendersi per i nostri poveri.

Un discorso speciale merita anche la visita dei giornalisti della RAI. Tarcisio Mazzeo, vice capo redattore del TG3, da vari anni gira il mondo raccogliendo testimonianze di missionari e missionarie legati a Genova. Così a inizio del 2005 ha fatto la proposta anche a noi, attraverso il centro missionario, e la cosa si è potuta realizzare nello stesso periodo in cui abbiamo avuto don Chicco e gli Amici del Guaricano. In sostanza sono state fatte da dieci a venti ore di riprese, il tutto in vista di preparare vari condensati: un servizio per il TG1, vari per il TG3 regionale, una videocassetta e un DVD di venti minuti per diffondere nelle parrocchie. La cosa è già uscita alla luce, perché sono stati trasmessi un servizio su RAI 1 nell’ambito di TV7, servizio in cui si evidenziava il contrasto tra l’Isola dei Famosi e l’altro lato dell’Isola, rappresentato appunto dal Guaricano. E poi nella settiamana prima di Natale sono andati in onda vari piccoli servizi nell’ambito del TG3 regionale della sera. Aspettiamo ora il DVD e la cassetta! Grande Tarcisio! La tua opera, che sappiamo ti è costata un bel po’ di lavoro, ha permesso a molti di sentirsi molti più vicini a noi, e ha avvicinato moltissimo il Guaricano a Genova. Inutile dire che il 90% delle persone che ho visto in questi giorni mi hanno detto: “Vi abbiamo visto in televisione”. Non mi sembra vero: il Guaricano è entrato in tutte le case di Genova!!!!

Paola Longhi, che già due volte è stata con noi in Guaricano, ogni volta per vari mesi, quest’anno non ha potuto venire a causa di una rottura di una spalla. Ci assicura però che verso l’estate riuscirà a organizzarsi, precisamente dopo la nascita di un nuovo nipote. Augurissimi, Paola, e… ti aspettiamo!

Quasi mi stavo dimenticando di Francesco Zannini. Credo che lo conoscete, perché affianca il lavoro della missione dal 1998, stando con noi dai sei ai nove mesi all’anno. La sua presenza è quasi istituzionale: al mattino collabora con le suore nella farmacia, dove custodisce la cassa (non ci crederete, ma non ci si può mai fidare…). Al pomeriggio è un punto di riferimento prezioso in casa, dove mantiene una presenza importante, visto che io e Lorenzo abbiamo molti impegni fuori casa. Tra pochi mesi tornerà con noi, lo aspettiamo noi e anche la gente del barrio, che lo conosce e apprezza il suo sorriso e la sua capacità di ascolto.

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Permettemi di dirvi due parole sulla Missione sorella che è nata a Cuba. Nelle prime settimane di Ottobre il nostro card. Bertone ha accompagnato all’isola nostra vicina don Marino Poggi, presbitero genovese molto conosciuto a Genova, e don Federico Tavella, della Diocesi di Chiavari. I due missionari hanno ricevuto dal vescovo della locale Diocesi di Santa Clara due parrocchie. Molte difficoltà li aspettano, e in parte si sono già manifestate: per prima quella del regime di Fidel Castro, che nonostante i restyling di facciata continua a mettere i bastoni tra le ruote al lavoro svolto dalla chiesa. Basti dirvi che don Marino non ha il permesso di fare chiamate internazionali, né può usare la posta elettronica. Per tutto questo deve recarsi alla curia vescovile, e stare molto attento a quello che dice o scrive, perché il regime tiene sotto controllo tutto e tutti. Ma al di là di questi aspetti, vi sto parlando di questa nuova missione perché mi rallegra profondamente vedere come l’impegno missionario della nostra diocesi sta crescendo. Vent’anni fa nessuno immaginava che avremmo avuto una missione, e ora le missioni sono due. Veramente il Signore ci sta facendo fare un cammino molto bello!

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Il dispensario medico che nel 2004 si è trasferito alla nuova sede, continua il suo lavoro sotto la direzione puntuale e attenta delle suore. Come sapete, lavorano in esso un medico generale e un ginecologo (pagati dalla missione), una pediatra (pagata dallo stato). Visitano ognuno circa 25 pazienti al giorno. La gente dà un apporto di cinque pesos (otto centesimi di euro) per la visita, come forma di contribuire, da poveri ma con dignità, al sostentamento del lavoro medico. Inoltre la nostra farmacia vende a prezzo di costo la maggior parte dei medicinali (i nostri prezzi variano dal 50 al 70% dei prezzi delle normali farmacie!), e il laboratorio di analisi con cui ci siamo convenzionati, e che si reca tutti i giorni al dispensario, pratica prezzi attorno all’80% degli altri laboratori di analisi, senza contare che a un certo numero di pazienti realizzano le analisi gratis.

In più, già vi dicevo del nuovo laboratorio di oculistica: ce ne vantiamo anche perché è l’unico del Guaricano. Contiamo sulle vostre preghiere per trovare presto un buon oculista che vi possa lavorare!

E l’ambulanza, iniziata nel 2004 grazie alla perspicacia di don Lorenzo, viaggia a pieno ritmo, realizzando ogni giorno uno o due servizi. Inoltre c’è stata una cosa molto bella: i volontari sono stati trovati molto facilmente, grazie a una locale associazione di protezione civile che si è messa a disposizione con generosità grande. Don Lorenzo ha dovuto cercare gli autisti, e anche lì il Signore ha mandato più di quello che era necessario. Lo stesso don Lorenzo non disdegna di partire lui stesso con l’ambulanza quando chiamano in ore notturne. Insomma, un servizio che ci fa sentire utili: annunciamo il vangelo attraverso la pastorale parrocchiale, e lo rendiamo vita vissuta attraverso queste opere. Benedetto il Signore!

Naturamente continua anche il Centro Nutrzionale per Bambini. Negli ultimi anni c’è stata una variazione nel tipo di intervento. Il Centro era nato per rimettere in sesto i bambini che dai medici erano trovati sotto peso. Grazie a Dio non ci sono più tanti bambini che presentano questa tipologia, ma in compenso sono sempre molte le famiglie al limite della misera. Soprattutto si tratta di donne abbandonate dai mariti (spesso perché malate) insieme ai loro 4/5/6 figli, e che per la responsabilità di stare con i bambini non possono realizzare nessun lavoro. Queste “famiglie” vivono della carità dei vicini, e un certo numero di loro anche dell’aiuto che dà loro la missione sfamando i loro bambini più piccoli. E quest’opera non è nostra, ma vostra: di tutti voi, cioè, che con le vostre offerte ci aiutate a mantenere in vita quest’opera preziosa! Un grazie di cuore a tutti!

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La vita della scuola procede, con i suoi aspetti feriali e con alcune novità.

Cominciando dai primi, quest’anno abbiamo 1,050 studenti nella scuola primaria (elementari e medie). Vanno a scuola metà al mattino e metà al pomeriggio, e sono accompagnati e serviti da un bel gruppo di maestri, una quarantina in tutto. In più abbiamo 250 studenti al liceo, e un centinaio nella scuola serale.

Il liceo è partito nel 2001 come scuola semi-privata: ciò ha permesso mantenerlo più funzionale (non si fanno scioperi in questa modalità), e comunque l’assunzione del pagamento del personale da parte dello stato sarebbe arrivata molto tardi. In definitiva, le famiglie devono pagare una retta mensile perché si possa pagare il personale che lo stato non paga. All’inizio dell’anno scolastico pagavano 270 pesos (circa 7 euro) mensili, e la quota è stata ridotta a 250 (6 euro e mezzo) a partire da novembre perché lo stato ha nominato due dei professori del liceo. Non sono cifre alte in assoluto, ma per molte famiglie diventano difficili da pagare. Per questo da quasi subito con il vostro aiuto abbiamo instituito delle borse di studio, da dare in relazione al merito e alla condizione economica. Attualmente sono un centinaio gli studenti beneficiati, alcuni sgravati nella misura della metà della quota mensile, altri per intero. Credo che nel complesso il lavoro del liceo realizzi una risposta concreta e effettiva al conclamato diritto allo studio che a volte le autorità tanto decantano quanto disattendono. E, ripeto, tutto questo grazie anche a voi e al vostro generoso contributo.

Dicevo dei due maestri del liceo che lo stato ha cominciato a pagare. La buona notizia è ancora maggiore, perché hanno cominciato a ricevere lo stipendio anche altri tre della scuola primaria, e, sembra, anche quattro bidelle. Rimarremmo così con un carico, assunto peraltro dalla comunità delle famiglie della scuola, di aiutare ancora tre maestri e tre bidelle: una riduzione di questo carico di più del 50%! Ciò significherà per il 2006 che le casse della scuola potranno permettersi spese più dirette al miglioramento del servizio. Abbiamo in programma di comprare una televisione grande e un video lettore per poter usare i sussidi audiovisuali nelle aule, di mettere i ventilatori in parecchie aule che non l’hanno mai avuto, di rinnovare cattedre vecchie e piccole che stanno ancora usando una parte dei maestri. Progetti che saranno realizzati con i contributi dei genitori, progetti quindi sostenibili a lungo termine, perché la gente grazie a Dio ha accettato e capito che non si può ricevere sempre tutto regalato, ma che ognuno secondo le sue possibilità deve farsi carico delle spese di gestione delle istituzioni.

Ma l’aspetto più bello della nostra scuola è il lavoro formativo che riusciamo a fare con i maestri e con i genitori.

Con i maestri, quattro volte all’anno facciamo un ritiro, praticamente lasciando a casa gli studenti (non c’è altra maniera!). Questi ritiri portati avanti sistematicamente hanno beneficiato molto il lavoro scolastico e la stessa crescita dei docenti, perché ci permettono di fare una proposta di fede a queste persone che sono disponibili, ma che spesso per pigrizia o per stanchezza non partecipano alla Messa nella parrocchia. Inoltre, ho iniziato già due anni fa a portare avanti un cammino di formazione culturale-teologica, cioè una lezione quindicinale che faccio io stesso ai maestri. Mi costa un po’ di fatica, anche perché cerco di prepararla bene, ma mi permette di incontrarli e di dare loro un qualcosa di più a livello di conoscenza della loro fede. E anche loro sentono che è un momento importante, e se per varie ragioni passano alcune settimane senza farlo subito mi domandano cosa sta succedendo.

Con i genitori, invece, il lavoro formativo che si fa è quello di un incontro mensile. Ci prendiamo quella mattinata per incontrare i genitori invece degli studenti, e poi nel tempo restante si integra con le riunioni dei maestri. La formazione dei genitori ha spaziato, nell’ultimo anno, su temi soprattutto di vita familiare: il dialogo, l’attenzione ai figli, il perdono e la comprensione, la preghiera in famiglia. Normalmente usiamo un sussidio preparato a livello diocesano per le piccole comunità, e invece di usarlo nel corso di un mese lo estendiamo all’anno intero. Ogni maestro introduce e dialoga il tema con i genitori dei suoi studenti. Alla fine dello scorso anno scolastico ho potuto ascoltare testimonianze di genitori che hanno percepito un miglioramento forte nella vita della loro famiglia. C’è stato chi ha ringraziato commosso, perché aveva già perso la speranza di una vita di famiglia serena. Sono cose che anche qui mi commuovono, e sono segni che il Signore mi dà e che mi fanno capire che il cammino è quello giusto.

Sempre a livello di formazione, negli ultimi 15 mesi abbiamo realizzato un piano di finanziamento per l’acquisto di computer da parte dei maestri. Il ministero dell’educazione sta battendo abbastanza perché i maestri imparino le tecnologie informatiche (paradossalmente, poi, in molte scuole mancano ancora i banchi…), e ha proposto in più riprese finanziamenti di computer che però, a un’analisi attenta, si rivelavano quasi truffe per la spesa complessiva che il maestro doveva affrontare. Invece, fatto “in casa”, il finanziamento nostro gli ha dato la possibilità di avere una macchina equivalente a quelle che finanziava il ministero, ma al 50% del prezzo: 15,000 pesos (375 euro) invece di 32,000 (800 euro)! Una bella soddisfazione, e il primo gruppo sta quasi finendo, mentre gli ultimi termineranno di pagarli tra quasi due anni.

Il 2004/2005 è stato segnato dalla decisione del ministero dell’educazione di iniziare le lezioni in anticipo: il 22 agosto invece del 3 settembre. Mentre in altre scuole pubbliche c’è stato un vacillamento, e in pratica è cambiato poco, i nostri maestri hanno collaborato volentieri a un cambiamento che significava per loro un discreto lavoro in più. Speriamo che i ragazzi riescano a recepire effettivamente la maggior quantità di tempo che la scuola mette a loro disposizione!

A livello di strutture e logistica, nell’estate abbiamo rifatto i pavimenti del liceo. Aprofittando di un disavanzo di bilancio, abbiamo risanato alla radice un problema che ci trascinavamo da anni, e che consisteva praticamente in uno sgretolamento dello cemento sotto i colpi dei banchi che spesso si muovono… violentemente!

È stato fatto anche un investimento molto più grande: la costruzione di un piano ulteriore dell’edificio, piano destinato ad alloggiare i laboratori che ancora non avevamo: di educazione artistica, di scienze, e di informatica. Quello di artistica è quello che è ancora più indietro, e che spero si potrà attrezzare nella prossima estate, mentre quello di scienze aveva già una parte del materiale disponibile grazie a una donazione ricevuta a inizio del 2004 da parte del ministero: vari microscopi, provette, reagenti, ecc. che di fatto erano già usati dalla professoressa di chimica del liceo. Adesso sarà a disposizione anche degli studenti della scuola primaria.

È nuovo invece il laboratorio di informatica, che è già attrezzato con 40 computer tutti collegati in rete tra loro. Tra l’altro la tecnologia del tipo “software libero” che ho utilizzato mi ha permesso di fare un’unica spesa grossa per il server, e di comprare 40 clienti leggeri da 80 dollari l’uno! si tratta di tecnologie informatiche popolari nate negli ambienti universitari americane, e che nei prossimi anni sempre più prenderanno campo in tutto il mondo. E tutto questo senza rinunciare a niente di quanto è indispensabile perché i ragazzi imparino a usare il computer. Questo laboratorio è già funzionante a metà tempo, e adesso, al mio ritorno, ho già pronto un nuovo istruttore da mettere a lavorare con gli studenti dalla quinta all’ottava classe.

La costruzione del piano dei laboratori è costata 100,000 dollari (circa 80,000 euro): una bella somma, corrispondente a un investimento duraturo per migliorare la qualità della formazione dei nostri studenti. Da dove sono venuti questi soldi? 37,000 euro dalla Regione Liguria, a cui appunto avevamo chiesto di finanziare il progetto, e il resto… avete idea? sì, non vi sbagliate: da voi! dalla vostra squisita sensibilità, che ha potuto tradursi in un beneficio permanente per migliaia di ragazzi dominicani.

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Il lavoro sociale della missione non si riduce alla scuola e al dispensario medico. Esiste e lavora permanentemente un fondo prestiti con il quale si aiutano le famiglie ad uscire da situazioni difficili (usura, spese mediche) o ad iniziare una nuova attività commerciale. Il fondo è frutto della sollecitudine della parrocchia dell’Immacolata di via Assarotti, e dell’amore di don Mario Terrile, il quale ha saputo sensibilizzare molti e periodicamente ci invia somme notevoli che vengono appunto investite, tra el altre cose, in questo fondo prestiti. Il fondo ha attualmente una consistenza di 1,400,000 pesos (circa 35,000 euro), che vengono prestati da poche migliaia di peso a un massimo di 50,000 pesos in una volta. Viene esigita la restituzione, ma c’è un 20% di prestiti che prima o poi diventano inesigibili. Può sembrare una percentuale alta, ma in realtà è un risultato che considero più che lusinghiero, tenendo conto delle difficoltà che molte famiglie affrontano per sbarcare il lunario tutti i giorni. E continuerà a funzionare, perché ho visto che per molti è stata l’alternativa viabile all’impegnare la casa (con il rischio poi di perdere l’unica cosa che avevano). In Guaricano infatti la disponibilità di denaro per le emergenze è offerta da tutta una rete di “Compravendite”, nelle quali si riceve un prestito quando si impegna un oggetto di valore o appunto la casa stessa. Gli interessi di queste compravendite hanno un livello più che usuraio: un minimo del 10% mensile, per arrivare anche a un 20% quindicinale! Si capisce quindi la necessità di un approccio umano ed economico al grande problema dell’affrontare un’emergenza economica della famiglia.

In termini più congiunturali, ci siamo impegnati varie volte al fianco della gente povera. Due situazioni tra tutte.

A Duquesa ho dovuto dare una mano a lottare, perché il deposito della spazzatura della capitale era arrivato a pochi metri dalle loro case. Ci sono state varie riunioni nel Ministero dell’Ambiente, si è dialogato e litigato con i responsabili del trattamento della spazzatura, e alla fine, grazie a Dio, il luogo di deposito è stato spostato a distanza più cristiana. Se ricordate, Duquesa è il paesino dove l’anno scorso avevamo realizzato la cisterna dell’acqua dopo vari anni che erano rotte le tuberie che portavano l’acqua all’abitato.

L’altra situazione invece è la lotta di un barrio dentro al Guaricano per riavere dei terreni che erano destinati a loro come aree verdi. Purtroppo questa lotta, che ha visto in certo momento anche la partecipazione dei giornali, non è andata, per adesso a buon fine, perché la banca che si è impossessata, ai margini della legalità, di quelle aree comunitarie, ha provveduto a abbreviare i tempi e sta già costruendo dove dovevano esserci parchi giochi e scuole. Ho sperimentato l’impotenza e la rabbia di non poter ottenere quello che era un diritto della cittadinanza. Classicamente e semplicemente, ha vinto il più forte!

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Per andare verso la conclusione, due “chicche”.

La prima è che in questi ultimi anni nelle nostre parrocchie sono “spuntati” sei seminaristi: tre di loro sono al seminario minore, e gli altri tre nell’anno propedeutico alla filosofia; le suore, poi, dopo l’entrata di Cristina nel 2001 (e Cristina è ormai suor Cristina!), hanno adesso due altre ragaze che vogliono entrare con le nostre suore, due ragazze veramente in gamba, che, se il Signore vorrà che continuino, credo che saranno ottime religiose. Sono segni di speranza, questi, che veramente ci fanno sentire amati dal Signore!

E l’altra è stato il “Viaggio della speranza” di Enmanuel. Enmanuel è un ragazzo di dodici anni, nato cerebroleso, con il palato saldato sopra con sotto, senza un occhio e con il cervello fuori dal cranio per la mancanza di una parte del cranio stesso. Ebbene, grazie all’interessamento di Paola, di Francesco e di don Franco ha potuto essere portato a Roma dove nel giro di più di sei mesi gli si è aperto il palato, ricostruito il cranio, messa la protesi dove mancava l’occhio, e tanta fisioterapia. Il risultato: prima Enmanuel poteva ingerire solo liquidi e non si alzava dal letto, adesso può alimentarsi normalmente e riesce a stare seduto su una sedia a rotelle. e non ha più il pericolo di morire perché qualcuno gli urta inavvertitamente la testa. Per lui e per Ydaísa, la madre, è stato un rinascere a una vita nuova. Un grazie grandissimo a tutti quanti hanno lavorato perché ciò potesse essere realtà.

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Già l’anno scorso vi parlavo della visita del nostro vescovo, avvenuta a settembre 2004. Quando il card. Bertone ha visitato la missione, ha voluto guardare in avanti e pensare in grande: metteremo mano anche alla costruzione della chiesa nuova della Divina Misericordia! Il progetto è abbastanza costoso, in quanto si tratta prima di livellare il terreno che è abbastanza scosceso, poi di realizzare i camminamenti, scalette e vie di accesso veicolari, quindi di costruire un salone per riunioni e ritiri, in seguito di fare la chiesa parrocchiale, per terminare con gli uffici e la canonica. Quanti soldi ci vorranno non si sa, un ingegnere sta preparando un progetto ma il costo non è ancora chiaro. Tuttavia, la cosa non ci preoccupa né ci spaventa. Prima di tutto perché è un progetto a lungo termine, che noi cominceremo e che forse altri porteranno a termine, ma poi anche perché la comunità diocesana genovese ha dato segno più volte, anzi, sempre, di sentirsi protagonista nel Guaricano. I vari don Orione, don Giuseppe Cottolengo, non pensavano ai problemi di soldi perché sapevano che la Provvidenza era sempre all’opera, e in questo stesso atteggiamento vogliamo metterci noi, con la certezza che l’opera comincerà e sarà portata a termine, con l’aiuto di Dio. Che ve ne pare?

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Concludo, quindi, questa carrellata. Ci sono state tante cose, più tante altre che non ho riportato per motivi di spazio. Solamente voglio dire ancora una volta: il Signore è grande. Tutto quello che avete potuto leggere è opera sua, è lui che l’ha ispirato e che l’ha reso possibile, suscitando collaborazione in Guaricano e a Genova.

Per questo non solo al Signore, ma anche a tutti voi, dico: Grazie! Grazie! Grazie di cuore, a tutti!

A Pegli, nella mia ex parrocchia, ho partecipato all’incontro con Maddalena Boschetti, una ex parrocchiana che è consacrata nei camilliani e lavora a Haiti.

Ha presentato la situazione del paese, che ha molti punti in comune con la Repubblica Domenicana, salvo un maggior povertà, accentuatasi recentemente con il colpo di stato che ha abbattuto Aristide.

Siamo rimasti d’accordo di visitarci reciprocamente, quando saremo là. Personalmente è da parecchio che desidero visitare Haiti, ma gli avvenimenti di quest’anno me ne trattenevano abbastanza. Tra le altre cose Maddalena raccontava di un prete camilliano che è stato rapito negli ultimi mesi, e che grazie a Dio sono riusciti a liberare. Sembra quindi che l’inestabilità perduri.

Vedremo…

Radhamés, il marito di Carmen, da qualche settimana è a casa, ma non ha finito il programma di recupero dell’alcolismo in Hogar Crea: sua moglie ha detto al direttore che era tornato a bere, così l’hanno umiliato presentando la cosa davanti a tutti e lui si è scocciato e non è più voluto tornare là. E in casa adesso è un inferno più di prima: quando di è assaporata una vita diversa è difficile tornare indietro, e Carmen e i suoi figli non ce la fanno più.

Ieri sera, avvicinandosi la cena della vigilia di Natale (noche buena), il direttore di Hogar Crea ha chiamato Radhamés, e lui si è lasciato “tentare” ed è andato a cenare con la comunità. Vedremo se accetta tornare là, è estremamente necessario perché sta bevendo più di prima.

Uniamoci tutti in preghiera per chiedere al Signore che lo aiuti a prendere questa decisione.

La messa di stamattina è stata una messa in tono minore. Molta gente è andata ai paesi di origine, altri forse patiscono ancora dei bagordi di ieri sera: la tradizione qui non è il pranzo di Natale, quanto la cena della vigilia.

I giovani del coro hanno presentato alcuni canti appropriati e delicati, rendendo molto bella la messa.

Dopo la celebrazione ho salutato quelli che sapevano del viaggio, da molti una richiesta di salutare don Lino, don Giulio e don Franco. Molti si ricordano con affetto dei preti che sono passati per queste parrocchie, e sentono un’amicizia viva e costante.

La tradizionale cena natalizia della scuola è stata stasera. Hanno partecipato un 70% del personale. Inaspettatamente non c’erano vari maestri della scuola serale.

Si doveva terminare alle otto, ma abbiamo tirato, udite udite, fino alle otto e quarantacinque! Vi domanderete perché uso questo tono: è perché tutti hanno paura di andare in giro di notte, specialmente in questo tempo sotto Natale: ci sono molti ubriachi in giro.

La cosa che più mi ha commosso è stato vedere che una coppia che sono lui maestro e lei bidella, non hanno mangiato per portarsi via le vivande e condividerle con i tre figlioletti piccoli.

Un’altra persona, che ogni tanto ha difficoltà con suo marito, non ha mangiato per condividere la cena con la dolce metà: un gesto di distensione, che probabilmente le aiutarà a passare un Natale più sereno.

…è il nome del posto dove avevamo la celebrazione penitenziale stasera alle cinque.

È una parrocchia nuova smembrata dallo Spirito Santo di Villa Mella. Rimane mezza fuori mano, per arrivarci bisogna fare due kilometri di strada sterrata, e mi ha dato l’idea di essere più bisognosa della nostra. Sono 6,000 famiglie sparse su un territorio abbastanza vasto, e la maggior parte sono famiglie che hanno occupato il terreno che è dello stato e si sono fatti la loro casa. Far West domenicano.

Alla celebrazione non c’era tanta gente, l’impressione è che la parrocchia, che necessariamente è situata in uno degli otto settori, è troppo lontata dagli altri sette. In ogni caso dall’anno scorso ad adesso hanno “guadagnato”, perché prima la parrocchia era Villa Mella, che era effettivamente distantissima per chi dovesse andare a piedi, e comunque scomoda, per il traffico impossibile, per chi va con mezzi propri.

9:12 pm

Día del niño

In Repubblica Dominicana l’ultimo giorno prima della vacanze di Natale si celebra il Día del niño, cioè la “giornata del bambino”: in ogni scuola i bambini portano roba da mangiare, musica, giochi, e passano una mattinata (o un pomeriggio) di festa.

In molte classi la maestra compra dei piccoli regalini per gli stessi studenti.

A volte la scolaresca invita una famiglia povera e gli fa omaggio di una cesta di alimenti, in maniera che possano fare una buona cena di Natale.

Sono giornate contraddistinte da un certo casotto: i bambini adottano lo stile festaiolo che vedono nel mondo adulto attorno a loro.

Nella nostra scuola l’abbiamo avuta oggi. Non ho potuto partecipare praticamente niente, perché ho dovuto fare vari giri in città a risolvere questioni che devo lasciare pronte prima che venga il Natale.

9:11 pm

2+3+6 matrimoni

Tra ieri e oggi abbiamo avuto undici matrimoni, cinque alla Divina Misericordia e sei a Santa Margarita.

La cosa che mi ha colpito di più è stata la presentazione impeccabile di sposi, testimoni, paggetti ecc. nei matrimoni di oggi pomeriggio a Santa Margarita. Questa gente, quasi tutti poveri, ci tengono a vivere bene questo giorno, unico nella loro vita, e che considerano così importante.

Il retroscena della cosa è che ci sono molte coppie che per non poter permetterselo rimandano continuamente il giorno in cui celebrano questo sacramento. Attualmente credo che siano almeno una quarantina quelle che hanno fatto il corso di preparazione in questi anni che io sono qui, e che non sono ancora arrivati a sposarsi.

L’ora del matrimonio era alle quattro, ma una coppia è arrivata tardi e abbiamo cominciato quasi alle cinque. La Messa è finita alle sei e un quarto, e poi tra le firme e le foto abbiamo finito alle sette. Tutti i volti esprimevano una sana e santa allegria.

Alla Divina Misericordia sono andati Lorenzo, che ha presieduto l’Eucaristia, e Marcial, che ha benedetto le nozze. Lorenzo mi ha confermato che Marcial se l’è cavata molto bene, sembrava, dice Lorenzo, che non abbia fatto altro nella vita.

In definitiva abbiamo vissuto dei bei momenti di chiesa. Grazie, Signore.

Dei 12 matrimoni che avremo tra oggi, domani e sabato prossimo più della metà hanno delle incongruenze nei documenti.

Un uomo poi non è riuscito a ottenere l’atto di nascita, e quindi il corrispondente matrimonio deve essere ritardato din quando apparirà il documento. Non lo trova perché (gli hanno detto) il libro è andato distrutto non so in che ciclone o calamità, e quindi bisogna cercarlo in un’ufficio centrale, ma cerca che ti cerca ancora non l’anno trovato (e nel frattempo il tipo che gli fa le ricerche gli spilla soldi al malcapitato).

Un’altro uomo ha la cédula senza il cognome del papà, e quindi a tutti gli altri documenti, compreso all’atto di nascita della unica figlia, gli manca questo cognome. Dopo il matrimonio dovrà mettersi sotto, in un processo lungo, noioso e costoso.

C’è da aggiungere che credevo che la segretaria avesse chiari i suoi compiti nella fase di raccolta dei documenti, mentre non era così (si è dimenticata, sembra…), per cui mi sono accorto stamattina di parecchi dati che ci mancavano per redigere gli atti, e quindi mi sono dovuto mettere a chiamare i vari promessi sposi/e per chiedergli quei dati. Vabbé, ogni tanto si regredisce, ma non importa.

Oggi pomeriggio quindi cominciamo con due matrimoni, alla Divina Misericordia. Domani continueremo con tre alla Divina Misericordia e sei a Santa Margarita. E il finale sarà sabato 24, con l’ultimo, a Santa Margarita.

Tra un po’ devo uscire per finire di mettere a posto le ultime cose.

Tra parentesi, i matrimoni di domani alla Divina Misericordia per la prima volta li benedirà Marcial! Lorenzo presiederà la Messa e il diacono il matrimonio. Auguri, Marcial!

Stasera Mercedes Núñez ha fatto vedere ai giovani e meno giovani il documentario “L’urlo silenzioso”, che è un documentario-verità sull’aborto, quello che rappresenta, e come si effettua. L’avevamo già visto con il personale della scuola, ed ora è stata la volta dei giovani.

Vi sono volute peripezie per poter proiettare il filmato: il portatile di Mercedes non riconosceva il formato del dvd a causa della mancanza di un codecs. E poi, dopo che Eladio ci ha installato il codecs, ogni tanto, non si sa perché, la pellicola si bloccava.

Credo che abbiamo ulteriormente “vaccinato” questi ragazzi, spero che nessuno di loro si faccia o consigli mai un aborto!

Per chi è curioso di vedere il video, sul sito kattolico.it c’è una pagina da cui potete scaricarvelo: non è troppo grande, sono solo 32 MB, che significa circa 2 ore con un modem, e meno di 2 minuti con l’ADSL. Vi assicuro che ne vale la pena!

Buona visione!

10:32 pm

Il batterista

Da due o tre mesi abbiamo un batterista, un ragazzo di 17 anni che sembra in gamba, Samuel.

La sua famiglia è evangelica pentecostale, ed anche lui ha frequentato quella chiesa per un certo tempo, portatovi dai genitori, ma poi si è stufato, a sua detta per i pettegolezzi dell’ambiente giovanile.

Ha iniziato a venire a Messa per suonare la batteria, invitato da Gregory, un suo compagno di scuola ben inserito nel gruppo giovani.

La batteria la suona divinamente, e l’impressione è che giorno dopo giorno si stia integrando sempre di più nella vita della parrocchia. Stasera e anche ieri sera era alla settimana giovanile.

Francisca mi dice che sta per diventare formalmente cattolico, che già a livello giovanile ci si trova molto bene.

Personalmente ho parlato con lui varie volte, e lo trovo abbastanza maturo per la sua età.

Mi piacerebbe che continuasse e si battezzasse, è un ragazzo molto in gamba.

E ci toccherebbe anche, perché in questi anni ho visto vari ragazzi cattolici diventare evangelici. Almeno uno che da evangelico diventi cattolico, non ci starebbe male!

Che ne pensi, Signore?

Oggi mi sono fatto un bel po’ di dialoghi prematrimoniali.

La cosa che mi colpisce di più tutte le volte è vedere la gioia che hanno di sposarsi, in confronto con gli anni che ci hanno messo per prendere questa decisione.

Per molti sono 10 o 15 o 20 anni di convivenza prima di capire che vale la pena celebrare il sacramente.

E davvero quando si sposano si sentono di dire a tutti che è la cosa più bella. Ma quanta fatica per arrivarci! e quanti pochi ci arrivano! La maggioranza della gente qui non arriva mai a sposarsi!

Oggi pomeriggio la marcia per la vita ha chiuso la settimana dedicata all’aborto e alla delinquenza.

Le quattro parrocchie di Guaricano hanno partecipato, ognuna di esse ha fatto la marcia per i suoi settori, e poi abbiamo concluso con la Messa in un luogo comune.

La marcia di Santa Margarita è stata bene per un aspetto e meno bene per un altro.

Bene perché i giovani hanno coinvolto due bastón ballet, che per la giovane età delle ballerine e le minigonne astronomiche attira sempre tantissima gente.

Bene anche perché durante la marcia i tamburi del bastón ballet si sono alternati con slogan vari, il più comune “Sì a la vida, no al aborto“, gridati con convinzione da giovani e meno giovani.

Meno bene perché la gente della parrocchia non ha partecipato tanto. Se non fosse stato per il bastón ballet sarebbe stato una vergogna tanto poca era la gente.

E di fatto la presenza del bastón ballet ha suscitato un interesse spropositato.

Nella Messa ho scoperto con piacere che delle altre parrocchie c’erano gruppi ben folti, forse più che di Santa Margarita. Bene! È stato un momento bello, di comunione tra le parrocchie in vista di un bene comune molto importante.

Alla fine della messa ho chiamato i giovani che hanno organizzato il tutto, e li abbiamo ringraziati pubblicamente. Ci siamo sentiti orgogliosi di questi giovani!

Per tutto questo: grazie, Signore!

Stasera abbiamo definito chi e quando si sposa in dicembre.

Ci saranno 5 matrimoni alla Divina Misericordia tra il 17 e il 18 dicembre, e 7 matrimoni in Santa Margarita il 18.

Alla fine, si sposano!

Qualcuno di loro ha fatto il corso di preparazione 4 o 5 anni fa, e solo adesso si sono decisi. Apparentemente, il motivo del ritardo era economico.

Dell’ultimo corso fatto ci sono la maggioranza!

Grazie, Signore!

Mercedes Núñez è venuta oggi due volte, mattina e pomeriggio, per fare una conferenza sull’aborto ai ragazzi delle scuole del Guaricano.

Per ogni scuola primaria abbiamo invitato 5 studenti per classe, con il compito poi di moltiplicare quello che avrebbero imparato nella loro classe.

In generale i ragazzi sono molto sensibili al tema della vita. E credo che con questa chiaccherata si chiariscono molte cose.

La società dominicana sarà più forte e solida!

Domani si continua con i raggazzi dei licei.

Grazie, Signore!, e grazie Mercedes per la tua disponibilità!

6:38 am

Freddo polare

Stamattina siamo a 20 ºC.

È un freddo boia!

Anche perché sono con una mezza influenza e quindi lo senti di più. Non ho quasi di voce, spero che nei prossimi giorni migliori!

Oggi pomeriggio abbiamo iniziato la settimana all’insegna del “Sì alla vita, no all’aborto e contro la delinquenza”.

Entusiasmante la partecipazione della cittadinanza: circa 400 persone. Non credo sia facile che tante persone partecipino a un evento culturale.

Le autorità che hanno presenziato sono state:

  • il deputato Pelegrín Castillo
  • Mercedes Núñez, del Movimento per la Vita dominicano
  • Félix Martínez, direttore del distretto educativo
  • un rappresentante del vicepresidente della repubblica
  • un rappresentante del capo della polizia
  • il responsabile della polizia del Guaricano
  • Il rappresentante del ministero pubblico del municipio.

Tutti si sono espressi chiaramente sul fatto che l’aborto è un delitto e un crimine, e sul versante delinquenza hanno messo in evidenza il fatto che la radice di molte situazioni delinquenziali sta nella famiglia.

Tra gli altri, Pelegrín Castillo ha spiegato dei vari tentativi, grazie a Dio non riusciti, di introdurre legislazioni più permissive sull’aborto nel paese: la prima volta nel 1992 e la seconda volta all’inizio di quest’anno. Entrambe le volte la chiesa cattolica ha parlato chiaramente, e ha potuto fermare un progetto che la cultura dominicana rigetta fortemente, anche se nella pratica i dominicani possono a volte o spesso cadere.

Pelegrín Castillo e anche Mercedes Núñez hanno enfatizzato il fatto che la “battaglia” dell’aborto è portata avanti da organizzazioni statunitensi, che investono capitali cospiqui per “allineare” la Repubblica Dominicana con gli altri paesi “evoluti”.

L’atteggiamento di rifiuto dell’aborto da parte dei dominicani me li fa amare ancora di più, e mi fa riflettere se veramente sono sottosviluppati loro o piuttosto noi in Italia, dove nessuno può dire che l’aborto è l’assassinio di un essere umano innocente perché subito viene “linciato” da tutta l’opinione pubblica. E perché? perché si pretende il rispetto dell’altro, cioè della donna o di chi vuole farla abortire. Invece del bambino nessuno si preoccupa, anzi, come succedeva ai conquistadores spagnoli che non consideravano persone gli indios o i negri, così stanno facendo adesso i paesi “illuminati”: non sono capaci di vedere la persona umana nel bambino nel ventre di sua madre. Al punto che lo si può ammazzare raccontandosi che è qualcosa come togliersi un’appendicite. Che tristezza!

Stasera nella riunione di formazione dei ministri abbiamo riflettuto insieme sulla famiglia, prendendo come traccia una lettera che Benedetto XVI aveva inviato in giugno ai membri di un congresso della diocesi di Roma sulla famiglia.

Ne sono venute fuori riflessioni interessanti.

Siamo finiti a parlare dell’aborto, che qui non è permesso ma che è praticato clandestinamente, molte volte bevendosi (e funziona!) preparati artigianali che si acquistano con estrema facilità. Dany ha parlato di una sua nipote che ha in casa sua, e che doveva essere abortita. Così come Jacinta, che si è fatta carico dell’educazione della figlia di sua cognata, e che già durante la gravidanza l’ha accompagnata in lungo e in largo a tutte le visite ecc., e dopo che la bambina è nata se l’è presa in casa e adesso ha 20 anni e anch’io la conosco benissimo.

Siamo finiti anche a parlare della convivenza, e delle coppie che si preparano al matrimonio. Lì ha dato la sua testimonianza Toca, il quale si è preparato al matrimonio vivendo separato in casa dalla sua convivente per 11 mesi, e raccontava di come in vari momenti gli ha pesato, e del fatto che a volte l’ha sentito un castigo che gli è stato inflitto. E che però adesso (s’è sposato già due anni fa) lo vede come un momento di grazia.

Insomma, una serata che si è fatta profonda grazie alla comunicazione dell’esperienza di tante persone.

Le settimane prossime voglio fare le preparazioni specifiche per i ministri dell’Eucaristia e gli Animatori di Asemblea (o Ministri della Parola).

Domani e dopodomani i maestri fanno due giorni di sciopero.

Sembra che ci siano stati lincenziamenti arbitrari, e che a qualcuno hanno diminuito lo stipendio senza ragione.

I maestri non sanno se guadagneranno qualcosa. Gli studenti sanno (o forse ignorano) che perdono due giorni di scuola.

Secondo me quello dei maestri è un perfetto abuso in questa situazione!

Questa è stata la mia terza volta a Santo Domingo, nella missione genovese del Guaricano.

La prima volta è stata nel 1992, con il cardinal Canestri, come responsabili delle aggregazioni genovesi per conoscere e far conoscere la missione.

La seconda nel 2000, per incontrare mio fratello e portare i miei genitori a conoscere la parrocchia di don Paolo.

La terza questa settimana, per poter ri-incontrare don Paolo, assieme ai miei, e per rivedere questa realtà di chiesa ben diversa dalla nostra.

Il primo bilancio a caldo è largamente positivo, per diversi motivi: l’affetto di tutti, l’accoglienza calorosa dei dominicani, l’incontro con la comunità parrocchiale, la freschezza e gioventù delle espressioni di fede, il sorriso dei bambini e le treccine delle bambine.

Ma questa esperienza, come tutte le esperienze forti, va lasciata decantare qualche giorno, per poter cogliere, in trasparenza, tutta la realtà, fatta di cose positive e di qualche fatica. Avrò quindi occasione di scrivere ancora.

Continuano a ritmo serrato le nostre consultas (visite) oftalmologiche.

Grazie all’aiuto dei nosrti figli Paolo Marta e Lucia, io e Carlo riusciamo a visitare quasi 100 persne al giorno. E’ sicuramente unesperienza emozionante e gratificante venire a contato con una realtà di estrema povertà ma allo stesso tempo per noi di forte arricchimento per lo spirito e per affrontare megio la realtà quotidiana al nostro ritorno in Italia.

Le nostre giornate iniziano presto al mattino con la Messa e poi continuano quasi senza pausa fino alle sera: però lo spirito è quello giusto, positivo, e la stanchezza non si sente.

Ringrazo il Signore per avermi concesso questa opportunità.

Il primo di novembre, a S. Domingo, pur essendo la solennità di Tutti i Santi, non è anche festa civile. E la celebrazione di questa festa è risultata un po’ sotto tono. La messa comunitaria è stata quella delle 7.00 del mattino, celebrata nella parrocchia di Santa Margherita e in una cappella vicino alla parrocchia della Divina Misericordia.

Quello che mi ha meravigliato è stato il numero dei fedeli che ha partecipato alla messa. Pochi sicuramente rispetto alla domenica, ma pochi quasi anche rispetto alla messa feriale, sempre invece molto partecipata. Segno che l’adesione al Signore, sempre viva e gioiosa, deve maturare e necessita di una formazione costante che riesca a coniugare amore al Signore e scelte di vita personali. Segno che questa chiesa è una chiesa giovane, – lo si vede anche dalle espressioni – che deve ancora crescere e diventare cultura, che incide sulla vita.

Oggi Domenica abbiamo partecipato alla messa comunitaria, alle ore 7.00 del mattino. Si, proprio le 7.00 del mattino, in quanto qui in Santo Domingo la giornata comincia presto.

Ed è stata subito una gioia grande. Per diversi motivi.

  • Prima di tutto per l’incontro con il Signore. È proprio vero che, in qualunque parte del mondo e qualunque lingua si parli, la celebrazione eucaristica ci fa gustare l’incontro con il Signore e ci fa sentire in un qualche modo a casa.
  • La seconda annotazione è l’incontro con la comunità. Mi meraviglia, ogni volta che vengo in Guaricano, – è la terza volta ormai – il senso di comunità parrocchiale che si riesce a cogliere guardando come la gente partecipa e vive il mistero della chiesa. È una festa grande di gente che si incontra e si vuole bene ed esprime in maniera corporale questi suoi sentimenti.
  • Il terzo motivo è l’incontro con la gente. Che emozione nel sentirti accolto e in un qualche modo a casa. Tanti benvenuto e benedizioni e strette di mano e soprattutto abbracci, perché questo è il modo più caloroso con cui ci hanno accolto. E ci è “toccato” presentarci, tutti, mamma, papà, zia, i due oculisti e i loro tre figli, in un’attenzione veramente grande da parte della gente.
  • Non ultimo la vivacità e l’allegria della messa. In una partecipazione veramente corale, nell’ascolto della parola, nei canti sempre allegri e animati, nella preghiera che sgorga dal cuore, nell’accostarsi alla mensa eucaristica, nella preghiera per comunià ecclesiale genovese. Quanto avremmo da imparare per poter rendere più umane le nostre celebrazioni eucaristiche e la nostra partecipazione alla vita parrocchiale.

Ieri mattina di buon ora siamo partiti tutti insieme dalla casa della missione per recarci alla parrocchia dove ci siamo riuniti asieme ai porrocchiani di don Paolo per recarci nella sede dove veniva svolta la chisura dell’anno Eucaristico. Tanti bus e tante persone tutti festanti e ansiosi di partecipare.

Arrivati sul luogo il primo impatto è stato molto bello perchè ci siamo ritrovati in mezzo ad una vera moltitudine di persone (circa 10.000) già in piena atmosfera di preghiera che cantavano per prepararsi alla giornata.

La giornata era divisa in due parti: la prima prevedeva l’adorazione Eucaristica mentre la seconda prevedeva la Santa Messa.

Quello che però vi volglio raccontare è come ho vissuto io la giornata. Armato di macchina fotografica e cinepresa sono andato in giro pe riprendere tutto ciò che ritenevo rappresentare i momenti più belli e significativi della giornata stessa. Volti di singoli fedeli o dei gruppi, dei sacerdoti o delle religiose, delle personalità o di coloro che lavoravano per la giornata, tutti lì per lo stesso motivo: l’adorazione del mistero dell’Eucaristia.

È difficile poter comunicare quello che ho visto e ho vissuto proprio per la dimensione e il modo diverso di vivere questi momenti da parte di questa popolazione della Repubblica Dominica. Fondamentalmente la gioa, la consapevolezza di vivere e di essere partecipi di un momento particolare di preghiera e soprattutto il desiderio di comunicarlo agli altri nel modo più festoso.

In barba al servizio d’ordine passavo da un settore all’altro tra la folla e fin sopra all’altare e ciò mi ha permesso di scattare tanta fotografie che nei prossimi giorni inserirò nel diaro per cercare di fare partecipe oltre che con le parole anche con le immagini anche a coloro che non c’erano quello che ho potuto vedere e vivere ieri mattina.

Sono Francesco, il fratello di don Paolo e sono qui a S. Domingo assieme ai miei genitori e alla zia.

Sono ormai passati due giorni completi della nostra esperienza e ci sembra di essere già a casa.

Ci sorprende l’accoglienza, l’amicizia, il calore che le persone della comunità parrocchiale hanno nei nostri confronti. Sempre un sorriso, una buona parola, un abbraccio caloroso, con l’ottimismo di chi prende la vita per il verso giusto nonostante la povertà e le difficoltà.

È un po’ come se la fede diventasse vita vissuta che traspare da ogni incontro. Per contro, il malessere di queste persone è quello di non far diventare morali le scelte che hanno fatto con il cuore. In poche parole, la famiglia e la famiglia regolare sono una fatica grande, concausa anche la grossa povertà.

L’esperienza è sicuramente positiva e coinvolgente, anche se i ritmi che ci vengono dati sono intensi e a volte la stanchezza affiora.

Oggi 9.30 abbiamo partecipato alla messa dei giovani, dove partecipano soprattutto bambini e giovani – anche se si sono visti parecchi adulti.

La prima nota è stata quella dell’allegria. Una festa di gioia per aver incontrato il Signore e per essersi incontrati come comunità. Ma poi anche una festa per la possibilità di esprimere in modo corporale questa allegria. Nel canto, nei movimenti accennati di danza, nel battimano a tempo di musica, negli strumenti musicali (chitarra amplificata e batteria). Guardando i volti della gente e sentendo le loro parole, traspare che quella gioia viene dal cuore e tocca in qualche modo la vita.

Alla fine della messa, la nostra presentazione ai giovani della comunità: mamma e papà con la loro testimonianza di famiglia, io e i figli degli oculisti con la testimonianza della nostra vita e del nostro servizio in parrocchia, gli oculisti con la testimonianza del loro lavoro e delle loro famiglie. È stato proprio bello perché c’è stata una attenzione da parte di tutti. E poi i due oculisti hanno invitato a venire all’ambulatorio per una visita oculistica durante la settimana.

Alla fine della messa abbracci e saluti con tutti.

Con mio fratello Francesco siamo andati a comprare i pezzi per il server del laboratorio di informatica.

Visto che deve reggere 40 terminali abbiamo comprato il non plus ultra, e ce la siamo cavata con 44,000 pesos (circa 1,200 euro), compresi due switch da 4,000 pesos ognuno.

In definitiva il computerone Pentium 4 Intel con 2 GB di ram e HD da 120 GB ci è costato meno di 1,000 euro!

Potenza del fatto che qui le parti di computer non pagano tasse.

Ho messo in alto a destra sul diario un banner per invitare a sottoscrivere la richiesta di supportare il formato OpenDocument da parte di Microsoft.

Per firmare la petizione bisogna andare a http://opendocumentfellowship.org/petition/?lang=it

Cito dal sito di Paolo Attivissimo (http://attivissimo.blogspot.com), che è un riferimento sempre utile per essere aggiornati su quello che bolle nella pentola dell’informatica:

Perché è così importante questa cosa, e perché la meno tanto con OpenDocument? Perché è la soluzione semplice e pacifica a un problema che abbiamo tutti, in un modo o nell’altro, e promette di essere una vera rivoluzione nell’informatica, restituendo libertà a un mercato reso stantio dal monopolio.

Faccio un esempio banale. Microsoft Word è diffusissimo, per cui molta gente genera documenti usando il formato Word. Ma in pratica il formato Word è leggibile e modificabile soltanto con Word.

Siccome Word costa, e anche caruccio (niente di male in questo, è un prodotto commerciale, Microsoft è libera di stabilire il prezzo che le pare), c’è tanta gente che non se lo può comperare. Quindi o se lo pirata, commettendo un crimine, oppure rinuncia a leggere e modificare i documenti Word.

Sembra una rinuncia facile, finché nasce il problema del lavoro, delle scuole e delle pubbliche amministrazioni. Se il mio cliente o la mia PA o la mia scuola mi manda un documento Word, mi obbliga a comperare Word per interagire. Questo è favoritismo verso un prodotto specifico di un’azienda privata e contribuisce a mantenerne il monopolio.

È come se la scuola accettasse soltanto alunni che hanno uno zainetto Invicta. Tutti gli altri? A casa, pezzenti.

C’è una soluzione semplice a questa discriminazione: fare in modo che tutti i programmi di scrittura, commerciali o gratuiti, usino lo stesso formato. In questo modo, chi vuole pagare di più e usare Word, usa Word; chi vuole spendere meno e usare OpenOffice.org o Koffice o AbiWord o altri, li usa; nessuno è obbligato, e nessuno si accorge della differenza. Così tutti possono scambiare documenti con tutti, senza creare cittadini di serie A e di serie B.

Questo formato universale non è fantascienza: esiste già, si chiama appunto OpenDocument ed è stato creato da un’organizzazione (OASIS) di cui fa parte anche Microsoft. OpenOffice.org 2.0 lo supporta già, e non è il solo programma a farlo. Microsoft, invece, finora ha rifiutato di supportarlo, facendo anzi campagne di protesta contro l’adozione di OpenDocument:

http://it.wikipedia.org/wiki/OpenDocument

Ma l’adozione di un formato universale non è una pratica anticommerciale. Tutti i settori dell’industria e della tecnologia vivono di “formati universali”: si chiamano standard. È grazie agli standard che potete montare un’autoradio di una marca a vostra scelta nella plancia della vostra auto invece di sorbirvi quella imposta dal fabbricante dell’auto. È grazie agli standard che potete comperare il telefonino della marca che vi pare, senza essere obbligati a comperare quello di TIM o Vodafone o Wind. È grazie agli standard che potete comperare un CD musicale di qualsiasi casa discografica e suonarlo su un lettore di qualsiasi marca.

In altre parole, gli standard favoriscono il libero mercato e la concorrenza. E allora perché Microsoft punta i piedi e non supporta uno standard emergente? Perché teme di perdere mercato se la gente non è più obbligata a usare i suoi prodotti. È una paura che però non tiene conto dell’inerzia della gente, che non ha voglia di imparare programmi nuovi, ed è sintomo di poca fiducia nelle qualità del proprio prodotto, che invece ci sono eccome.

Potreste chiedervi perché non possiamo adottare il formato Word come standard in tutti i programmi, visto che è già così diffuso. Semplice: perché Microsoft non lo concede. OpenDocument, invece, è usabile liberamente da chiunque (Microsoft compresa) in eterno, senza limitazioni, senza dazi e senza vincoli di alcun genere.

La soluzione semplice e indolore a questa discriminazione è che Microsoft, come gli altri, adotti (anche) il formato OpenDocument nei suoi prodotti.

Forza: diamo una mano a zio Bill a capire cosa vogliamo da lui: vogliamo essere liberi di continuare a usare Word e Office, se ci va, ma perché ci piacciono, non perché siamo obbligati; e vogliamo farlo senza dover imporre i nostri gusti agli altri.

Personalmente sono convinto che dobbiamo intraprendere questo cammino, e aiutare Microsoft a uscire dal monopolio. Firmare la petizione può aiutare tutta l’umanità.

In occasione della tempesta tropicale “Alfa”, che ha attraversato stamattina il paese da sud a nord, le autorità ci hanno chiesto di mettere a disposizione l’ambulanza per qualunque evenienza.

Con molto piacere l’abbiamo mandata, naturalmente con il nostro autista di fiducia, Alejandro.

Sembra che non ci sia stato bisogno per niente di speciale, grazie a Dio.

Oggi ci hanno fatto il filtrante per la scuola.

Tutto bene, prezzo abbastanza modico (5,000 pesos), terreno buono quello che hanno trovato lì sotto.

L’unico inconveniente è stato il fatto che quando hanno finito ci è rimasto da pulire da tutto il fango che hanno lasciato.

Ci sarebbe una soluzione facile, quella di buttarci una camionata d’acqua e far scorrere via tutto.

Non ho voluto farlo, un po’ perché le finanze della scuola non stanno tanto bene adesso, e un po’ perché il fango si sarebbe diffuso abbastanza tutto intorno.

Così mi sono messo con una canna e una scopa a smuovere qualcosa. Non avrei mai potuto finire se non ci fossero stati dei vicini gentilissimi che si sono messi a darmi una mano, senza che io dicessi loro niente.

Di fatto abbiamo lavorato due ore in otto persone, e c’è voluta tutta. Alla fine non ero per niente pentito di non aver scelto la soluzione del camion d’acqua, perché c’è stata questa gara di generosità che non mi ha fatto sentire niente la stanchezza.

Domani voglio andare a casa di queste persone, per ringraziarle più diffusamente una per una. Mi hanno fatto un favore grandissimo!

P.S.: Ho dovuto lottare con me stesso per non arrabbiarmi! Tutte le volte che c’è un lavoro straordinario lo vengono a fare di sabato o di domenica, con il risultato che rimane sul groppone a me. Il principio di arrabbiatura che avevo l’ho superato a) grazie alla recente festa di Santa Margherita, in cui avevo potuto meditare delle frasi della santa attinenti appunto a queste situazioni, e b) grazie al miracolo di solidarietà e attenzione umana che ho visto nei vicini.

Grazie, Signore!

La ADP, Associazione Dominicana di Professori, ha indetto per oggi un’assemblea di tutti i maestri.

Sembra che ci sia una perdita di una grande somma di denaro nella cooperativa dei maestri.

E poi c’è la faccenda dell’orario scolastico: il ministero dell’educazione ha chiesto di applicare quello che i regolamenti dispongono: dalle 8 alle 12 e mezza il turno del mattino, dalle 2 alle 6 il turno del pomeriggio.

Di fatto questo è sempre stato l’orario stabilito, ma i maestri non l’hanno mai voluto applicare, limitandosi a terminare a mezzogiorno al mattino, e alle 5 al pomeriggio.

Soprattutto il caso del pomeriggio è secondo me grave, perché di fatto priva quegli studenti di un’ora di lezione al giorno!

Invece la situazione del mattino è di difficile soluzione, perché la gran maggioranza dei maestri lavorarano anche nel turno del pomeriggio, e con l’orario ufficiale non hanno il tempo neanche di mangiare.

Così nell’assemblea di oggi discutevano la cosa. Speriamo che sia per migliorarla!

Stasera ho visitato una comunità apostolica del settore Nueva Jerusalén (La Mina).

Sono tutti persone abbastanza giovani, molte donne con un solo uomo. L’entusiasmo che ho visto in loro mi ha ricaricato, e mi ha dato voglia di visitare altre comunità.

Mi ha colpito in particolare il racconto di Pedro, al quale ho chiesto come è arrivato alla fede. La sua risposta è stata la seguente: era una persona tranquilla, ma non gli piaceva la vita di chiesa; diceva che sarebbe andato in chiesa quando il Signore lo avesse toccato; al partecipare un giorno in un culto evangelico, ha sentito la presenza dello Spirito Santo, il pastore se ne è accorto e glielo ha fatto notare, e l’ha invitato a impegnarsi di più in quella chiesa; lui ha risposto che non l’avrebbe fatto, perché non gli piaceva quella chiesa evangelica, così ha cominciato a rifrequentare la sua chiesa cattolica che frequentava da piccolo, e poco a poco ha continuato il cammino facendo il Ritiro di Evangelizzazione e arrivando alla comunità apostolica.

Nel suo racconto mi ha colpito soprattutto il particolare che il pastore, al sentire che a Pedro non piaceva la chiesa evangelica, gli ha consigliato allora di andare alla cattolica. Grande pastore! Ben pochi pastori del Guaricano direbbero una cosa così. Io ho l’impressione che quel pastore sia Chico, un ex cattolico che conosco abbastanza bene, che per l’appunto pastorea una chiesa evangelica non lontano da lì. E così Pedro può vivere adesso la sua fede nella sua chiesa cattolica.

Grazie, Signore!

9:59 pm

Malati

Oggi pomeriggio ho visitato e dato l’unzione a tre malati.

Il primo, Tomás, era in fin di vita, e la famiglia sembrava molto serena.

Il secondo, Pedro, era in letto, con il catetere, senza forza per alzarsi. Quando gli ho chiesto sul suo battesimo aveva le idee abbastanza confuse, mi continuava a dire che lo avevano battezzato nel fiume (gli evangelici), ma poi il figlio mi ha chiarito che prima era stato battezzato nella chiesa cattolica. La frase che più mi ha colpito è stata a questa: “Voglio incontrarmi con il Signore, non voglio perdere il dono della salvezza”. Mi ha colpito perché io ero lì che pensavo: stiamo chiedendo al Signore la guarigione, e magari lui non viene guarito e ci rimane male… Questo malato mi ha dato una lezione di fede.

La terza, Nereida, è una donna che ho battezzato l’anno scorso, sembrava in fin di vita, avevo capito (male?) che aveva un tumore terminale. Invece l’ho trovata viva, ed è stato uno stupore per me rendermi conto che era la stessa dell’anno precedente. Era immobile in letto, anche solo per girarsi aveva bisogno che la figlia la aiutasse. Mi dice: “Ho tutti i nervi rigidi, non riesco a muovere niente”. Con fatica muoveva un braccio. Ha fatto la sua confessione e dopo abbiamo celebrato l’unzione. Alla fine ha chiesto che gli mandassi l’ambulanza, perché da parecchio tempo non andava all’ospedale e sentiva il bisogno di andare a farsi un controllo. Domani Lorenzo la porterà, e prima porterà là il medico per verificare a quale ospedale mandarla e per farle la lettera di riferimento.

11:14 pm

Luce record!

La luce c’è stata in maniera praticamente ininterrotta per 47 ore. Il “praticamente” si riferisce a una piccola caduta della linea di dieci minuti stamattina.

Non abbiamo avuto bisogno di accendere il generatore né ieri sera per il concerto né oggi pomeriggio per i cori.

Ringraziamo il Signore, e chiediamo alla compagnia elettrica che adesso non ce lo facciano pagare con un black-out altrettanto lungo!

Non sappiamo cosa pensare, è più di 24 ore che abbiamo la luce senza interruzioni.

Ho paura che domani non ce la daranno niente…

Stasera abbiamo avuto il concerto della vigilia della festa di Santa Margarita.

Non mi sono fermato tutto il tempo per una mezza febbre che avevo.

La gente è arrivata poco a poco, tanti adolescenti e giovani. Musica sfrenata ma che trasmette amore al Signore. La cosa più bella è vedere tutto il “pubblico” cantare e danzare dal suo posto al ritmo di merengue. E le facce sorridenti. Per il dominicano, e forse ancora di più per la dominicana, la musica è tutto!

Ê morto ieri sera Narciso, il direttore docente della scuola Guaricano Afuera.

È stato un uomo retto, nonostante il lavoro nella politica è morto in una casa molto semplice, senza nessun lusso.

Aveva una sorella deputata, ma non ha mai voluto approfittarsi della cosa per arricchirsi o arrivare a qualche posto che gli permettesse vivere meglio.

La moglie e i figli sono evangelici, e a quanto pare anche lui lo è diventato qualche mese fa.

Nel pomeriggio c’è stata una piccola cerimonia nella sua scuola. Hanno partecipato moltissime persone, e la fila di quelli che sono sfilati davanti al suo corpo è durata una mezz’oretta: professori, studenti, genitori. Moltissimi con le lacrime agli occhi.

Ho fatto una piccola celebrazione della parola, cercando di evitare tutto quello che avrebbe potuto urtare la sensibilità della moglie. Ma credo che non era necessario, perché l’impressione è che se ne sono andati quando hanno visto che ero lì con la stola indosso.

Un funzionario del ministero dell’educazione ha portato il saluto della ministro e ha fatto un elogio funebre in stile di altri tempi.

C’erano la maggior parte dei maestri della nostra scuola, e Dany e Mirella hanno aiutato a cantare.

11:05 pm

Sbobinando (32)

Faccio una foto: giovane donna con bambini, due tre quattro cinque sei sette otto, tutti pulitissimi; ne arrivano altri, scatto ancora. Altro scatto, gruppo di famiglia in un esterno, baracca graziosa in un posto qualunque del barrio, ai margini di un acciottolato faticoso da percorrere.

Altra baracca, una giovane donna mi dice qualcosa: le sorrido, “no he comprendido”, sorride anche lei. In braccio ha una bambina biondissima, i capelli a boccoli le cadono sulle spalle. “Qui c’è passato un bastardo”, mi dice Fiammetta: il dono della sintesi è uno dei pregi della gioventù.

Le indico un giocattolo fatto con una bottiglia di latte a cui sono state messe le ruote. Le si illumina lo sguardo. Passiamo oltre. Uno sguardo pieno di luce: un altro pregio della gioventù. Eccone un altro: gli occhi incredibilmente verdi di una giovane mamma, due bambini e un terzo già a buon punto.

Sto per dire che non vedo uomini quando spunta un cappello bianco con le tese ricurve: “¿Dónde están los hombres?”. “Están trabajando”. Forse è vero. Speriamo sia vero. Lo so, sono un po’ prevenuto.

Faccio capolino in una baracca. Soggettiva sulla miseria. Interno della camera da letto: a destra un lettino con le lenzuola arrotolate e dimenticate, a sinistra un letto a castello, sul letto in alto c’è di tutto; la cucina è un disastro.

Suor Serafina e Orietta entrano a portare qualche medicina. Spunta un uomo di mezza età, sembra infilato a forza nella sua sedia a rotelle. Serafina gli misura la pressione, Benny e Fiammetta regalano fermacapelli alle bambine, una ha un’incredibile testa di capelli e si presenta quando elastici e fermagli sono finiti, quasi si mette a piangere, poi spunta un cerchietto e anche i suoi occhi si riempiono di luce.

Mi cade l’occhio sugli enormi piedi dell’uomo infilato nella sedia a rotelle. Serafina finisce di misurargli la pressione. Una delle bambine gli fa una carezza. Martina una volta mi disse: “Papà, tu non sarai mai vecchio”. È bello avere una figlia.

Il governo sta investendo molti soldi nelle classi di asilo infantile, praticamente un solo anno prima della prima elementare.

Tutti i momenti ci sono riunioni, convegni; il ministero distribuisce materiale per le classi dell’asilo, ci sono molte idee e indicazioni su come fare scuola a quell’età…

Però mi domando: e dopo?

In prima elementare il buio. La maggioranza delle scuole pubbliche non hanno banchi a sufficienza. le finestre sono in maggioranza sventrate. Non ci sono cattedre per i maestri. I professori hanno uno stipendio da fame.

La Repubblica Dominicana è il Paese delle Meraviglie, per molti aspetti. Per altri è il paese dei misteri!

10:52 pm

Sbobinando (31)

Ripassiamo davanti a Betania, dove le comunità di base stanno vivendo un pomeriggio di preghiera: è un bel gruppo, rivedo uomini e donne già notati per intensità di partecipazione all’inaugurazione della nuova cappella, è bella e intensa anche la preghiera.

Fuori dalla chiesa rivedo una vecchia che ho fotografato al mattino, mentre preparava il banchetto sul quale espone le sue piccole mercanzìe: un thermos di non so cosa, pochi sacchetti di caramelle, un paio di confezioni di biscotti, qualche banana in condizioni così così.

Impensabile dalle nostre parti, ma una volta di più mi chiedo se questa miseria non sia più umana della nostra civiltà: che ne sarebbe di questa povera vecchia se non potesse provare a vendere qualcosa?

Ripenso a lei più avanti, quando il giro di visite di suor Serafina ci porta dal ragazzo con la testa enorme.

Ho parlato di lui nel primo intervento fatto sul blog di don Paolo, il mio scritto di presentazione messo in rete direttamente dallo studio della missione; ne ho riparlato nell’articolo scritto per MissioGenova, la rivista curata da don Francesco.

L’ho visto entrando nella casa dipinta di rosso, superando la porta marroncina con la parte bassa rinforzata da una lamiera verde marcio: la casa rossa chiude il vicolo d’accesso, con il viottolo che si sdoppia sui due lati; insomma, ci si va a sbattere contro.

Il ragazzo è infermo dalla nascita: ammesso che si potesse fare qualcosa, l’assoluta povertà dei genitori (ma conoscerò solo la madre) ha cancellato ogni speranza alla radice.

Così il collo e la testa sono le uniche parti del corpo che si siano sviluppate normalmente, sembrano un pezzo unico sparato dal tronco verso l’alto; le braccia sono sottili e lunghissime, ripiegano davanti al ventre e finiscono in mani grandi, appoggiate sui piedi senza forma, premuti l’uno contro l’altro: nella mano destra tiene qualcosa, forse un giocattolo, la sinistra è chiusa a pugno.

È seduto su una sedie di plastica arancione, impilata su una sedia dello stesso tipo, azzurra; accanto a lui, sulla sedia rosa accanto, una bambina con due grandi fiocchi rosa legati ai capelli; di fronte, la sedia a rotelle con imbottitura nera su telaio rosso fiammante.

Lo sguardo è intenso, attento; sulla bocca grande e carnosa un accenno di baffo, sul viso, un accenno di sorriso: non so se è vero o se lo vedo solo io, forse perché penso che da noi sarebbe sepolto in un istituto, proprio come la vecchietta sarebbe sepolta, dimenticata?, in una casa di riposo.

10:31 pm

Pioggia e fresco

Grazie alla pioggia di tutto il pomeriggio a Messa c’era poca gente stasera. Il 70% dominicani non escono di casa se piove.

In compenso stasera c’è un bel freschetto. Penso che in letto dovrò usare (per la prima volta da tre mesi a questa parte) il lenzuolo!

La festa liturgica di Santa Margarita Alacoque è l’altra domenica.

Oggi mi sono passato praticamente tutto il giorno preparando il materiale per la settimana.

E anche chiamando i preti: lunedì sera avremo la Celebrazione Penitenziale, mi aspetto almeno 400 persone, e ho trovato 13 preti. Dovremmo farcela.

Gli altri giorni della settimana c’è la Messa anche alla sera nei vari settori rimasti a Santa Margarita. Verrà ogni giorno un prete diverso a celebrare la Messa.

Gli anni scorsi gli dicevo che dicessero qualcosa su santa Margarita, ma poi c’ho rinunciato, non so se non ne sanno niente o non hanno voglia di documentarsi o comunque qui non usa: le messe all’aperto sono soprattutto occasione per dare un po’ di entusiasmo alla gente.

9:22 pm

Sbobinando (30)

Dalle lezioni di informatica alle lezioni di vita: la scuola è il barrio, le aule sono gli squarci che ci si aprono davanti.

Camera stretta su un paio di scarpe appese, ormai sapete di che cosa si tratti: gioventù buttata via; ecco il contrappunto: bambini che fanno il bagnetto nella vasca davanti all’ingresso della missione, ne abbiamo visti e ne vedremo a ogni passaggio.

Sono le 4 del pomeriggio e fa un caldo incredibile; seguiamo suor Serafina e Orietta, con Fiammetta e Benedetta catechizzate da don Francesco: si va a portare aiuti e medicine a poveri e malati del barrio.

La strada è una pietraia che fa male ai piedi. Si arrampica una piccola autobotte di acqua potabile. Un grande portone di ferro spalanca la vista su una distesa di batterie esauste, non ne ho mai viste così tante. Chiedo all’operaio che cosa ne facciano: “Le ripariamo”, mi risponde con un sorriso largo. Non sapevo si potesse.

Suor Serafina saluta una vecchia che stava dormendo davanti casa: le fa festa e la invita a entrare, ne escono quasi subito in quattro, c’è anche una ragazza dal passo malfermo, sostenuta dal padre.

La ragazza non credo abbia 18 anni, ha un colorito terribile, un olivastro tendente al grigio; faccia da india, piccolina, indossa una canottiera azzurra, entrambe le spalline sottili passano su grandi cerotti imbottiti: è lì che le attaccano le macchine per la dialisi.

Ogni passo le costa fatica, ogni gesto la costringe a una sofferenza vanamente dissimulata dal sorriso. Eh già, sorride. È contenta della visita. Sono contenti anche i suoi genitori: suor Serafina consegna un po’ di medicine, Fiammetta fa una carezza al fratellino e prova a dargli un cagnolino di peluche, ma lui non lo vuole.

Mi guardo intorno: la casa è tristissima, il mazzo di rose di plastica che vorrebbe ingentilire il tavolo produce un contrasto che sa di desolazione totale.

Finiamo di consegnare le medicine e andiamo via.

9:22 pm

Cultura zero

Stasera, nell’omelia, il Vangelo sulla parabola degli invitati alle nozze, e quindi sull’universalità della salvezza, mi ha suggerito di ricollegarmi alla scoperta dell’America, che qui è celebrata come il “giorno della razza”: si sono incontrate due razze diverse, la spagnola e la indigena.

Risultato: ho scoperto che dei trenta studenti presenti, dalle elementari al liceo, nessuno di loro si è ricordato cosa è successo il 12 ottobre, e meno in che anno è successo.

Mi sono depresso abbastanza. Ma so che effettivamente il metodo di insegnamento qui non aiuta niente a immagazzinare informazioni: si lavora tutto su cose fatte a braccia, e gli esami sono tutti fatti a test. Risultato: cerchi di indovinare la risposta esatta, ma non sai il perché.

Mi dice Francesco che anche in Italia stanno introducendo i test. Poveri noi!

Da qualche giorno le temperature sono più miti, di notte si dorme bene.

Merito della pioggia che pulisce e rinfresca. E che fa risorgere le puzze di Duquesa, purtroppo!

10:46 pm

Sbobinando (29)

(Scusate l’assenza, causata da insopportabili quanto ineludibili necessità di lavoro: incombe il Salone Nautico).

Riprendo a sbobinare dalle lezioni di computer, che si tengono in un locale di fronte alla scuola.

La stanza è piccola (quattro per sei, più o meno), un grande ventilatore sul soffitto aiuta la decina di aspiranti informatici e l’insegnante, che come spesso accade quando si tratta di computer è assai più giovane dei suoi allievi.

Angelo è un magrolino dall’aria energica, sul metro e sessantacinque, poco più che ventenne, un filo di pizzetto, l’espressione molto sveglia, ha una bella maglietta rossa e un berretto con visiera; i computer lavorano in ambiente Linux, politica di don Paolo, che è orgoglioso di aver abbandonato Windows per risparmiare sui costi e guadagnare in praticità.

Il corso di informatica fa parte dell’insegnamento che si dà ai ragazzi durante l’anno; agli adulti si offre la possibilità di fare un corso più breve, un paio di mesi: bastano, dice Angelo, per consentire a chiunque si trovasse davanti a un computer di sapere quel che deve fare.

Mi viene in mente don Milani e la sua pedagogia così ancorata ai bisogni elementari: cultura è prima di tutto (per esempio) sapersela cavare in un ufficio postale. Dice Angelo: “I ragazzi vengono qui per giocare, ma le persone da 30 anni in su vengono perché sanno che nel 21mo secolo non si può fare a meno dell’informatica”.

E poi c’è un terzo gruppo, le donne che “vengono perché non costa niente e possono dare un esempio ai figli, al marito”.

Dare l’esempio: non sembra anche a voi che il concetto di esempio contenga l’idea della speranza?

Lorenzo sta lavorando sodo con l’ambulanza.

Senza fretta. Perché qui non esiste la nostra tradizione delle pubbliche assitenze.

All’inizio usciva solo lui con l’ambulanza, poi ha cominciato a trovare autisti di fiducia, e allora hanno cominciato a fare i turni.

Infine abbiamo scoperto che c’era un gruppo comunitario che lavora facendo operazioni di salvataggio. Quel gruppo, che si chiama Unità di Prevenzione e Salvataggio Comunitario, stava cercando la maniera di iniziare un’ambulanza. È stato praticamente un invito a nozze.

Così Lorenzo ha cominciato a mettersi d’accordo con il responsabile del gruppo, e alla fine si è fatto un turno di volontari. Attualmente stanno coprendo le ore della sera, dalle 6 alle 9 più o meno.

Ieri Lorenzo ha portato a Nagua (a 300 km da qui) una vecchietta in fin di vita, credo che i suoi la volessero portare a morire al suo paese, è partito alle tre di pomeriggio ed è arrivato alle nove di sera, abbastanza stanco.

E due o tre giorni alla settimana c’è una dializzata di Guaricano che viene portata avanti e indietro dall’ospedale dove le fanno la dialisi.

È un inizio modesto, ma molto promettente!

10:31 pm

Acquazzonazzo

Dalle 5 e un quarto ha iniziato a piovere. Fortissimo per un’ora e mezza. Tutto il traffico era in tilt.

Poi più piano, ha smesso solo alle nove e mezza.

Quando piove così forte qui si fermano tutte le attività.

Con gli animatori di CEBs abbiamo finito la riunione alle cinque e venti, hanno potuto andarsene dalla parrocchia solo più di un’ora dopo.

C’è nel paese un tentativo di far entrare l’aborto.

Grazie a Dio in Repubblica Dominicana non si è ancora legalizzata questa barbarie. Ci sono effettivamente molti aborti clandestini, ed io ho conosciuto, o conosco, abbastanza gente che ha abortito. Ma nel suo complesso la gente è ancora abbastanza legata al valore della vita umana del feto.

A scuola sto cercando di sensibilizzare a questo valore della vita prenatale, e al tempo stesso di far conoscere le maniere concrete in cui si realizza l’aborto nelle cliniche.

A questo riguardo ho trovato un documento su Aciprensa e l’ho stampato, fotocopiato e fatto appendere nelle bacheche della scuola. È talmente realista che mi faceva effetto leggerlo. Spero che aiuti i più giovani a non cadere nella trappola dell’aborto. Un testo equivalente in italiano si può trovare qui e qui.

Oggi poi devo prepare un altro documento che ho trovato e che parla di come il feto ha già una vita autonoma, soffre, sente, partecipa di quello che succede attorno a lui.

Chi sa queste cose può fare un aborto solo se perde completamente il controllo di sé.

Buona domenica a tutti, non potrebbe essere diversamente visto le belle foto che ci mostra don Paolo sotto!

Come vi avevo anticipato ho tenuto i contatti con Suor Serafina che vi saluta sempre e che tra una risata e l’altra ha portato a termine la missione dei pacchi.

A parte che detta così sembra la trasmissione di Bonolis, la verità è che ieri sono partiti da Genova per il Guaricano cinque grossi scatoloni di vestiario da bambini e poi se non ho capito male anche una pianola elettrica o qualcosa del genere (la suora si ostinava a chiamarmelo “organo”, ma io dubito fortemente si possa trattare di quello!) : io a sentire la suora così contenta mi sono emozionata e le ho promesso un articolo sul diario.

P.S.: Incarico don Paolo di farmi sapere quando arrivano se si tratta di una pianola o altro… così vedo se tra l’inglese, lo spagnolo e l’italiano ho capito giusto!!!

Dopo la Messa dei giovani (oggi è stata la Messa di inaugurazione dell’Anno Catechistico) sono andato con un parrocchiano all’Ospedale Centrale delle Forze Armate per dare l’Unzione dei Malati a un suo fratello che ha avuto qualche giorno fa un ictus e che non parla e non muove se non un braccio.

Arrivati là, la moglie ci ha detto che era andato un altro prete il giorno prima.

Dentro di me stava uscendo una voce: “Ma perché allora mi fate fare questi viaggi inutili”. Qualche tempo fa mi sarei arrabbiato troppo!

Di fatto sono riuscito a mantenermi calmo interiormente, e ho offerto la cosa al Signore.

Abbiamo fatto una preghera tutti insieme i parenti che erano lì, attorno al letto del malato. Mi ha colpito la fede della moglie nel fatto che il Signore può curarlo.

Dopo me ne sono andato con il signore che mi accompagnava. E pensavo dentro di me: il ritorno di Ñaña alla Chiesa Cattolica è stata una cosa troppo bella per rovinarla arrabbiandomi.

Il Signore non ha permesso che mi si rovinasse questa giornata così bella! Grazie, Signore Gesù!


Ñaña con Paolo

Stamattina ho avuto la felice sorpresa di vedere Ñaña alla messa dei giovani.

Come vi avevo raccontato precedentemente (vedi questo articolo) Ñaña era diventata evangelica: in una “campagna” che avevano fatto dalle parti di casa sua aveva sentito qualcosa e aveva lasciato la chiesa cattolica per una chiesa evangelica, la Iglesia de los Hermanos. La quale se non mi sbaglio e la stessa che abbiamo a Genova a Pegli in via della Pineta, e che perfino in Italia, dove l’ecumenismo ha fatto tanti passi, sono rimasti ancorati a un fondamentalismo e un’agressività incredibili. Figuratevi qui!

Beh, fatto sta che stamattina Ñaña è venuta a Messa, e dopo la Messa ha voluto riconciliarsi con il Signore nella riconciliazione. Oggi pomeriggio tornerà a ricevere la Eucaristia.

Abbiamo pregato tutti abbastanza, non ci spiegavamo come una persona tanto radicata nella sua Chiesa Cattolica potesse cambiarsi così da un giorno all’altro.

Ma alla fine il Signore è riuscito a penetrare il suo cuore. Grazie, Signore!

La Disco Light di ieri sera è stata brava: hanno smesso alle 10 e mezza. Fa pensare che probabilmente era una festa di un compleanno, qualche padrino pieno di soldi ha pensato di affittare camion con altoparlanti e con tanto di dj.

E stasera non sono tornati, grazie a Dio! Se continuavano, stavamo tre notti senza dormire!

9:40 pm

Disco Light

Sono qui che sto cercando di fare qualcosa, ma mi riesce difficile perché a 100 metri da casa nostra hanno piazzato una Disco Light, cioè un camion carico di altoparlanti che diffondono musica sfrenata a un volume altissimo.

Va be’ che sono ancora le nove e mezza, ma se continuano, come l’esperienza fa pensare, fino alle tre di notte, nessuno dormirà qui.

Oggi pomeriggio ho parlato con due madri, in cui figli sono implicati in una rivalità tra bande.

È cominciato tutto con il fatto che uno dei due aveva una fidanzata. Dopo un certo tempo, la fidanzata lo lascia e si mette con un altro. Il primo non glielo perdona, e diventa nemico del secondo. Gli amici del primo diventano amici del secondo.

Comincia così una minaccia continua, un tirar fuori (e varie volte) usare il machete, o il pugnale.

Finché la madre di uno di questi ragazzi di 17/18 anni si stufa e mette una denuncia contro uno della banda opposta che aveva minacciato suo figlio pochi giorni prima.

La cosa arriva quindi davanti al giudice conciliatore, che convoca le due madri e i due figli, cercando di trovare una soluzione pacifica.

La speranza è che i due giovani riflettano. Di fatto le due madri rimangono molto lontane. Ognuna delle due pensa che l’altra sta proteggendo suo figlio, e pure che l’altra sottostima il genere di vita di banda che fa il figlio dell’altra.

Sto cercando di farle incontrare, ma la vedo dura…

Pensaci tu, Signore!

10:27 pm

Sbobinando (28)

Dopopranzo alla missione: due seminaristi stanno dipingendo la scritta Ambulancia, non perché ci sia da riservare un posto (chi glielo porta via, a don Lorenzo?) ma perché così farà la sua figura; scaletta, scatoletta e pennellino, vedrai che bello.

Io sto guardando il lustrascarpe Pepe: ha la faccia triangolare, un po’ palestinese, la fronte spaziosa e il naso che punta dritto verso le labbra; la bocca piccola contiene parte di una dentatura sgangherata, le orecchie sono grandi e un po’ a sventola; ha il modo di parlare delle persone semplici, con l’espressione un po’ felice e un po’ incerta, la lingua che batte sui denti che mancano.

Sui jeans indossa una felpa bluette con lo stemma di una chiesa, sulla schiena leggo: Hacia El Tercer Plan Pastoral, verso il terzo piano pastorale; la scritta è rotonda e al centro c’è un Gesù Cristo sorridente.

Il lustrascarpe Pepe sa di inestricabili nodi interiori; magrissimo, di media statura, i capelli sono corti e più scuri dei baffi brizzolati, ha una barba non fatta da due o tre giorni; le braccia sono sottili e pelose, le dita magre si muovono con grande abilità: con la mano sinistra prende il lucido nero dalla scatoletta che sringe fra le ginocchia, e con le dita spalma il lucido sul mocassino nero in cui ha infilato la mano destra.

Pepe, da quanti anni fa il lustrascarpe? “Ho cominciato a pulire scarpe da piccolo e non ho mai fatto un altro lavoro: avevo 6 anni, ora ne ho 41. Mi sarebbe piaciuto fare qualcos’altro, studiare per diventare avvocato, ma mi hanno mandato a pulire scarpe e questa è l’unica cosa che ho fatto in vita mia”.

Oggi pomeriggio il liceo serale “Guaricano Adentro” aveva la cerimonia di graduazione (all’americana) dei nuovi bacillieri.

Sono stato invitato, e ho potuto fare un piccolo annuncio della parola di Dio: le beatitudini come invito all’impegno nella chiesa e nel mondo.

Celidio, il direttore, ha detto due parole in cui ha invitato ad affrontare le sfide della vita con fede, insieme al Signore Gesù. Ha cominciato dall’anno scorso a vivere con un po’ più di fedeltà la chiesa, grazie a un gruppo di preghiera carismatica.

Adesso sembra intenzionato a prepararsi per ricevere l’eucaristia (si è battezzato da grande e non ha mai fatto la prima comunione), e mi fa tenerezza l’idea che, spero tra qualche mese, faccia la comunione.

Te lo affido, Signore, attiralo verso di te.

9:41 pm

Sbobinando (25)

Ancora Boca Chica, le ultime dalla spiaggia.

Una cesta di aragoste spettacolari, rosse come non le avevo mai viste. Mio suocero Achille me ne parlava sempre raccontandomi dei suoi viaggi nei Caraibi e dei pesci straordinari che vedeva pescare e vendere per quattro soldi. Lui le cucinava alla grande, quando ne parlava gli brillavano gli occhi. Ora che le vedo capisco.

Niente passa inosservato. Il buttadentro di un famoso bar ristorante di Boca Chica è un metro ottanta per 130 chili, camicione bianco aperto sulla pancia, pizzetto brizzolato, aria da predicatore, eloquio da televenditore. Faccio in tempo a chiedergli che cosa ci sia nel menu. Scrivo come capisco, e poiché parla a raffica capisco la metà.

Dice: “Questa è l’università del marisco, abbiamo il pesce fresco, aragosta, polpo, lambì, gamberi, pesce freschissimo, arroz, habichuela, la carne, insalata, la migliore piña colada dominicana. Tranquillità, onestà e sicurezza per voi. Tutti gli italiani vengono qui. È il nostro motto: onestà e sicurezza”.

Intorno, ragazze vestite alla marinara che ballano, baristi e camerieri indaffaratissimi, e poi capannelli di giocatori di domino, chiacchiere multilingue, un enorme americano legge l’ultima di Harry Potter, un fruttivendolo espone frutta strepitosa, un gigantesco poliziotto ci guarda con interesse.

Sembra Denzel Washington, l’attore. No, è il suo sosia dominicano: alto e massiccio, stemma di riconoscimento sul berretto scuro calato sugli occhiali scuri e a specchio, divisa di un bianco impeccabile, mostrine da sergente sui pizzi del colletto.

“Appartengo alla Politur, la Polizia turistica. Siamo qua per garantire la sicurezza degli ospiti, per orientarli e per proteggerli. Noi diamo appoggio al turista affinchè non abbia problemi e al suo ritorno in patria dica a tutti che si è trovato bene. Il turismo per noi è una risorsa importante”.

Non male l’idea del Politur. Voi che ne dite?

In occasione del Mese della Bibbia (settembre), ho replicato con i ministri la catechesi fatta quindici giorni fa ai maestri sul canone della Bibbia.

Il discorso si è allargato alle sette evangeliche, le quali non riconoscono come canonici i sette libri “deuterocanonici” dell’Antico Testamento che non erano riconosciuti come ispirati dalle comunità giudaiche di lingua ebrea.

L’accoppiata Bibbia+protestantesimo è sempre vincente qui, perché entrambe le cose “bruciano” ai dominicani: la Bibbia, perché la amano e la leggono più che noi italiani, i protestanti perché è la lotta di tutti i giorni.

Ñaña è una signora sui cinquantacinque anni, molto cara e molto attaccata alla chiesa. Suo marito era andato quattro anni fa a Miami per cercare di mandare qualcosa a casa, se la guadagnava come venditore ambulante di hot dog. Tre mesi fa è morto improvvisamente di un infarto, là en los Países, come dicono qua. Il travaglio del rimpatrio della salma, tanto dolore. La fede che si era manifestata viva e forte.

Un mese fa, durante una “campagna” degli evangelici della chiesa di fronte a casa sua, Ñaña ha sentito qualcosa. “La mia vita è diversa, sono una creatura nuova”, dice sorridendo, una frase che qui è tipica per indicare una decisione di vita, un cambio radicale.

Le domando se prima non amava il Signore. “Sì, lo amavo, ma adesso sono diversa”. E con tanta leggerezza lasci la chiesa in cui hai amato il Signore per tanti anni? “Ho scoperto adesso che la Parola di Dio mi dice cose che prima non capivo. Ho scoperto tante piccole bugie e me ne sto liberando”.

Questo delle bugie mi puzza. Risulterà che è il discorso delle immagini, che da parte degli evangelici di qua è un cavallo di battaglia contro la chiesa cattolica, forti anche del fatto che nell’afrocristianesimo caraibico esiste la santería simile a quella cubana, nella quale gli spiriti della tradizione vudú sono rivestiti delle apparenze dei santi cristiani, e quindi c’è tutta una religiosità sommersa che “lavora” con altari su cui si collocano decine di immagini di santi.

Provo a parlare a Ñaña dell’Eucaristia che adesso riceverà solo una volta al mese (quella chiesa per lo meno ha un ritmo mensile per la “santa cena”, altre chiese la celebrano una sola volta all’anno). Sembra che non le importi più di tanto. Le parlo del fatto che ha sempre vissuto in obbedienza al papa, non sa cosa rispondermi, ma si accorge che si avvicina (per caso?) una sorella della sua chiesa e mi mette a discutere con lei. Ho tagliato corto e me ne sono andato, con il sorriso sulle labbra e con l’amarezza nel cuore.

9:19 pm

Apagones

Ci risiamo con i black-out lunghi. Ieri ci si sono scaricate le batterie dell’inversore. Era da un po’ che non succedeva. Si scaricano perché il black-out dura sulle dieci ore.

Stasera di nuovo. Oggi abbiamo avuto luce dall’una alle sette e mezza del mattino, e dalle otto e mezzo fino all’una del pomeriggio.

Dovrebbero essere dovuti al fatto che il petrolio è aumentato troppo e il governo non ce la fa a pagarlo.

9:17 pm

Sbobinando (22)

Alla spiaggia di Juan Dolio si arriva percorrendo una superstrada ampia e veloce, una mezz’ora abbondante dopo l’uscita dal centro di Santo Domingo; a un certo punto si svolta a destra e ci si trova in un posto identico a tanti altri.

Almeno qui, i Caraibi, come aveva detto un tizio a proposito dell’Italia, sono un’espressione geografica: gli stradoni sono uguali dappertutto, quelli che corrono paralleli al mare fanno ancora più impressione.

Vedendo le palme, finalmente un sussulto: stiamo per entrare nella cartolina. C’è un bar-capanno, siamo i primi clienti, c’è anche una signora italiana un po’ volgare: chi l’ha detto che solo gli uomini fanno turismo sessuale? Dice che viene spesso. Buona vacanza.

Il posto è “telegenico”, ma non ridete se dico che la spiaggia di Arenzano, alla stessa ora, con la sabbia stirata dalla risacca non è meno attraente; in più, l’acqua sa di mare e il mare libera uno sapore di iodio che qui non riesco a sentire.

Il posto mi sembrerebbe finto se un recente ciclone non avesse seminato un po’ di danni, costringendo il titolare di un albergo a svenderlo nonostante sia in buone condizioni generali.

Da una villa ben protetta esce il guardiano e ci spiega che centomila dollari, qualcosa di più qualcosa di meno, bastano per comprare un posto da sogno come quello in cui sta facendo lavori di manutenzione.

Ci guardiamo intorno, tutti vendono qualcosa: un monolocale, un esercizio commerciale, una casa con piscina.

La spiaggia è maltrattata: rami, tronchi d’albero, arbusti: ma l’ha fatto il ciclone di metà luglio? “No, señor, è stato l’anno scorso”. L’anno scorso? Vabbè.

Tito gira a lungo, trova perfino una sorta di prato davanti al mare, ed è bello il gioco della telecamera, che sale dalle piantine alla classica panoramica sulle palme inchinate verso gli ombrelloni e le sdraio.

I ragazzi fanno il bagno, don Lorenzo va a fare la spesa per il pranzo (consumeremo ottimi panini), Francesco stupisce tutti con un formidabile cappellaccio a tesa larga e floscia: uno spettacolo che non mi avventuro a descrivere.

Milena non resiste alle ragazze haitiane che le propongono una testa di treccine, altrettanto la Benny: per lei (Milena aveva già concordato la tariffa) ingaggio una trattativa che vale uno sconto di 5 dollari e un’accusa. “Tu non sei italiano”, mi dice una delle parrucchiere.

Un po’ più in là Tito sta riprendendo una barca carica di pesce fresco; Francesco accetta l’invito di un venditore di noci di cocco e in pochi minuti abbiamo anche il dessert.

L’apertura delle noci è spettacolare, a colpi di machete, la lama che sfiora le dita che tengono il cocco, lui sicuro di sé e noi col fiato sospeso. Il conto è onesto.

La troupe (Francesco, Tito e io) dichiara finita la gita e parte per Boca Chica.

Al mattino te ne rendi conto: il maiale come urla quando lo ammazzano. Lo appendono a testa in giù e gli bucano l’arteria del collo, in maniera che muoia dissanguato.

Nel minuto che dura l’agonia urla a tutto spiano, o meglio, comincia urlando a tutto spiano, poi la voce si fa via via più flebile finché non si sente più.

Due o tre volte alla settimana partecipiamo a questo “lutto”, alle sei di mattina. Oggi poi ne stanno ammazzando una serie, tutti qui vicino a noi.

Eppure noi la carne di questi maiali di Guaricano non l’abbiamo mai assaggiata. La macellano all’aperto, sulla strada, tra la polvere e i cani, e la vendono su tavolini sudici di sangue di molte macellazioni.

Alla riunione del clero della zona di stamattina tutti i preti abbiamo espresso preoccupazione per una nuova chiesa che è arrivata vicino a noi.

Si tratta della Iglesia Universal del Reino de Dios, ed è una denominazione “cristiana” nata in Brasile nel 1977 dal tronco pentecostale. Ha un sito anche in italiano, centroaiuto. In Italia si è rivestito dell’immagine delle nuove religioni senza corpo, molto soft e si direbbe new age, e lo stesso sito web è accompagnato da una musica dolce e suadente.

Invece qui, come in Brasile, l’immagine è quella della sanazione interiore. Il loro lemma dice Pare de sufrir, “smetta di soffrire”. Ai poveri oppressi da situazioni economiche e umane tremende offrono la guarigione interiore distribuendo, per molti vendendo, pietre del Getsemani, pezzi della croce di Gesù, olii da ungere alle foto dei propri cari. La cosa che più colpisce sono le rose di terrasanta, rosse per i problemi sentimentali, bianche per quelli familiari, gialle per quelli economici. Distribuiscono sacchettini di plastica da appendere dietro della porta della casa (ricordano le piante di sávila che qui si usano alla stessa maniera, cioè come amuleto).

E insieme a tutto questo chiedono soldi: la decima, ma non di quello che si guadagna, quanto di quello che si vorrebbe guadagnare, assicurando che Dio benedirà quelli che danno generosamente e li libererà da tutti i loro mali. Al contrario, una guarigione che non avviene è spiegata senza ombra di dubbio con una mancanza nel dare la decima.

Insomma, una azienda travestita da religione. Conforta questa interpretazione il fatto che in tutti i paesi ha ricevuto denunce forti per truffa, riciclaggio di soldi sporchi, ecc.

Stamattina abbiamo preso coscienza del problema, ma il mese prossimo manderemo a tutte le famiglie una piccola lettera mettendole in guardia da questo evangelismo di bassa lega e molti soldi.

Da varie settimane vari fedeli della mia parrocchia mi avevano avvisato di gente che va a quella setta e poi fa la comunione, e la cosa è veramente preoccupante, perché sembra che si facciano credere cattolici, e sfruttando la superstizione della gente attirano molti adepti.

Da qualche giorno Miguel, il direttore docente della primaria, viene a piedi a scuola.

Sembra che con gli ultimi aumenti della benzina il costo sia diventato insostenibile per lui.

Il problema è che mi arriva alle otto e mezza invece che prima delle otto. Ho chiesto a Matilde di parlargli, per evitare di richiamarlo io. Matilde mi ha spiegato che ha sua moglie mezza malata, e che deve fare vari lavoretti di casa prima di uscire. Vediamo se lunedì mi dice qualcosa.