Ñaña è una signora sui cinquantacinque anni, molto cara e molto attaccata alla chiesa. Suo marito era andato quattro anni fa a Miami per cercare di mandare qualcosa a casa, se la guadagnava come venditore ambulante di hot dog. Tre mesi fa è morto improvvisamente di un infarto, là en los Países, come dicono qua. Il travaglio del rimpatrio della salma, tanto dolore. La fede che si era manifestata viva e forte.

Un mese fa, durante una “campagna” degli evangelici della chiesa di fronte a casa sua, Ñaña ha sentito qualcosa. “La mia vita è diversa, sono una creatura nuova”, dice sorridendo, una frase che qui è tipica per indicare una decisione di vita, un cambio radicale.

Le domando se prima non amava il Signore. “Sì, lo amavo, ma adesso sono diversa”. E con tanta leggerezza lasci la chiesa in cui hai amato il Signore per tanti anni? “Ho scoperto adesso che la Parola di Dio mi dice cose che prima non capivo. Ho scoperto tante piccole bugie e me ne sto liberando”.

Questo delle bugie mi puzza. Risulterà che è il discorso delle immagini, che da parte degli evangelici di qua è un cavallo di battaglia contro la chiesa cattolica, forti anche del fatto che nell’afrocristianesimo caraibico esiste la santería simile a quella cubana, nella quale gli spiriti della tradizione vudú sono rivestiti delle apparenze dei santi cristiani, e quindi c’è tutta una religiosità sommersa che “lavora” con altari su cui si collocano decine di immagini di santi.

Provo a parlare a Ñaña dell’Eucaristia che adesso riceverà solo una volta al mese (quella chiesa per lo meno ha un ritmo mensile per la “santa cena”, altre chiese la celebrano una sola volta all’anno). Sembra che non le importi più di tanto. Le parlo del fatto che ha sempre vissuto in obbedienza al papa, non sa cosa rispondermi, ma si accorge che si avvicina (per caso?) una sorella della sua chiesa e mi mette a discutere con lei. Ho tagliato corto e me ne sono andato, con il sorriso sulle labbra e con l’amarezza nel cuore.

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