Se ieri è stato il matrimonio di due giovani, oggi pomeriggio ho avuto la gioia di visitare in casa loro una coppia mezza matura di ciechi.
Josefa, la moglie, la conosco da più tempo. Da quando abbiamo iscritto nella nostra scuola tre fratellini ciechi, lei ci è stata assegnata da un’istituzione apposita per orientare i maestri che hanno a che fare con i tre fratelli. Così ci conosciamo da almeno sei o sette anni, anche se è solo da uno o due anni che siamo entrati più in confidenza. Josefa ha una laurea in educazione. Crede in Dio, e cerca di venire a Messa, ma, forse anche a causa dell’handicap, è molto incostante.
Raúl, il marito, cieco anche lui, non ha studiato. Lavora di pomeriggio in un’istituzione statale (credo che sia una forma di lavoro protetto), e dà l’idea di essere meno maturo umanamente della moglie. Sicuramente lo è nella vita di fede, perché per esempio in casa nessuno lo vede mai pregare, ed apparentemente è molto pigro per venire a Messa.
Sono stato a casa loro perché qualche giorno fa avevo avuto l’occasione di parlare a tu per tu con Josefa, e avevo visto una possibilità di avvicinarmi al marito. Tanto più che il loro figlio (che vede) aveva la tappa della prima riconciliazione, e non ha potuto farla perché il papà non si è fatto vedere. Così durante la visita ho approfittato anche per cercare una soluzione e fare in modo che il bambino faccia il passo della confessione.
In più, siamo rimasti d’accordo che uno di questi giorni parleremo di matrimonio. Sì, perché nonostante i dieci anni che stanno insieme e i due figli che hanno generato, non si sentono sicuri. È la “lotta” tremenda che bisogna portare avanti con tutti. La situazione che nessuno si sposa genera una paura fortissima al matrimonio, impedendo di fare il passo a quelli che di fatto sono perlomeno in una situazione che non si separeranno più.
Così ho speranza che Josefa e Raúl siano uno dei cento matrimoni che ho chiesto in dono al Signore in quest’anno. Signore Gesù, so che non mi deluderai!