Visita_Paolo_Fabrizio_Elena_Tiziana_2013-08-16--19.38.13Sono di nuovo in Guaricano, insieme a Fabrizio, Elena e Tiziana. Siamo ospiti dalle suore Brignoline. Rimaniamo qui in tutto una decina di giorni.

Io ho il mio lavoro, che puntualmente p. Lorenzo Vargas, il nuovo parroco, mi assegna: Messa tutti i giorni nei vari centri e settori, incontri, riunioni con le comunità, ecc.

Fabrizio, Elena e Tiziana invece si dedicano soprattutto ai bambini del centro di nutrizione: ogni mattina svolgono con loro un’attività di animazione e lavoretti manuali (colorare, pitturare, palloncini, bolle di sapone, ecc.), alla stessa maniera come l’avevano fatto Elena, Gabriele e altri due giovani nell’estate 2011 (purtroppo non c’è il contributo sul sito perché lo stesso era giù in quel periodo). E naturalmente partecipano alla vita liturgica e di preghiera delle parrocchie insieme con me.

Le suore come sempre sono ospitalissime, ci hanno messo a nostro perfetto agio e non ci fanno mancare niente!

Spero che Fabrizio, Elena e Tiziana scrivano qualcosa anche loro!!

A presto!

11:51 am

Ritorno faticoso

Stiamo ritornando a Genova, la permanenza al Guaricano è terminata. Stiamo scontando il basso prezzo del biglietto aereo con 12 ore di attesa della coincidenza Madrid-Genova, e non vediamo l’ora di tornare a casa. Grazie, comunque, Signore, per i bei incontri di questi giorni!


Stasera con gli amici genovesi abbiamo vissuto l’Eucaristia a Duquesa. L’accoglienza è stata superiore a quella degli altri posti.

Per cominciare, Selenia ha letto una poesia in rima composta apposta per il nostro arrivo.

La celebrazione è stata animata da un coro giovane e che sembrava abbastanza preparato.

Nell’omelia abbiamo meditato insieme sul fatto che un cieco non può guidare un altro cieco, e ho fatto leva sul fatto che a tutti noi fa piacere aiutare gli altri, ma per aiutarli veramente dobbiamo essere preparati.

Alla fine la proposta di una foto insieme è stata accolta con una festa unica. Purtroppo la macchina ha fatto un po’ le bizze, per cui ho dovuto ripetere varie volte la foto del gruppo, e tra tutte vi propongo la migliore.

Grazie, Signore, per la gente di Duquesa!

gruppo agosto 2009Hola toditos! Ciao a tutti!

Sono qui al Guaricano da qualche giorno con alcuni fratelli e sorelle di Genova: Pino, Lena, Lina, Sandra e Mina, la mamma di una persona specialissima che conoscete, Lara.

Ci fermiamo ancora qualche giorno, poi, lunedì, ripartiremo per Genova. Sandra però si fermerà qui fino all’inizio di ottobre, per stare un po’ con le suore e dar loro una mano, soprattutto in cucina. Sandra è alla sua terza permanenza qui nel Guaricano, e tutte le volte porta tanta gioia!

I sei giorni che abbiamo già passato qui sono trascorsi molto alla svelta: Messe, confessioni, visite a malati, incontri con comunità apostoliche… ogni volta che incontriamo un gruppo di persone è una festa: la gioia di rivedere il loro vecchio parroco e la gioia di ricevere visite.

Per quello che mi rendo conto il cammino della comunità è andato avanti. Le comunità apostoliche sono state accorpate per portare avanti un cammino di Lectio Divina simile a quello che fanno le comunità neocatecumenali, e le responsabilità all’interno della comunità sono condivise da più persone, in maniera che tutti sono più stimolati a prepararsi e a dare il meglio di sé.

Una volta al mese tutte le comunità apostoliche e d’altro tipo si incontrano, vivono un piccolo ritiro e organizzano il seguito del cammino con la turnazione dei responsabili.

Viene portata avanti anche la Missione Continentale, che è un’iniziativa di tutte le chiese latinoamericane: è stata realizzata in alcuni dei settori, e alle persone che si sono lasciate toccare dall’amore di Dio è stato offerto un cammino di crescita e l’ingresso a comunità che ora vengono chiamate “nuove” e “nuovissime” secondo il loro grado di avanzamento. Ovviamente il portare avanti le comunità suppone un gran lavoro di animazione e di formazione dei responsabili, cosa che portano avanti i diaconi e le persone più in gamba.

I tre preti dominicani che portano avanti il lavoro qui sono molto in gamba, e ho fiducia che aiuteranno vivamente la comunità.

Ho aggiornato finalmente il programma del diario, c’è qualche cambiamento soprattutto per chi scrive, ma spero che le cose siano abbastanza intuitive. Se qualcuno non capisce qualcosa mi chiami e gli spiego.

Sabato 27 settembre si sposerà la nostra cara Lara, multifacetica e attivissima volontaria del Centro Missionario Diocesano e animatrice del Movimento Giovanile Missionario, nonché visitatrice della Missione.

Fin da adesso un augurio sincero e la promessa della nostra preghiera!

Stasera il card. Bagnasco ha presieduto a Oregina la Messa di trigesima della morte di don Lorenzo.

La chiesa era strapiena. Molta gente, di Oregina, delle parrocchie vicine, di San Sisto, di Valleregia. Presenti molti anche di coloro che hanno visitato la missione in questi anni: Lara, Riccardo, Giulia, Gabriele, Alice, Carmen, Paola, Francesco,… sicuramente dimentico moltissimi!

C’erano anche suor Valeria, suor Roberta e suor Susanna, mentre non ha potuto venire Taína, ormai novizia.

Generosa la partecipazione dei preti, almeno una quarantina: suoi compagni di seminario, e molti che l’abbiamo conosciuto e stimato.

Don Giandomenico Torre ha rievocato la vita di Lorenzo, mentre è toccato a me dire qualcosa della morte, dei funerali, dei nove giorni di celebrazioni. E il card. Bagnasco ha indicato alla gente l’esempio dei fratelli dominicani, con la loro partecipazione attiva alle Messe del novenario, con l’accostarsi al sacramento della riconciliazione, con l’amore e l’affetto dimostrato a Lorenzo.

Peccato che non c’erano le immaginette per distribuire a tutti. Sono state date solo ai preti presenti.

Una bella manifestazione d’affetto per Lorenzo, anche qui a Genova!

Mercoledì 27 agosto alle 18 si celebrerà nella parrocchia di Oregina la Messa di Trigesima di don Lorenzo. Ci saremo, per ricordarlo e pregare per lui.

Sono arrivato a Genova, si è conclusa la piccola avventura della missione dovuta al decesso del caro don Lorenzo.

Sono arrivato sconvolto: l’influenza degli ultimi giorni, il viaggio sull’aereo strapieno (e quindi quasi senza dormire) e il cambio di fuso orario mi hanno buttato a terra. Poco a poco mi tirerò su, con l’aiuto di Dio. In parrocchia al Lagaccio è un periodo tranquillo, e ne approfitterò per riposare.

I giorni trascorsi al Guaricano sono stati per me una grazia di Dio. A livello umano, il rivedere tante persone care, abbracciarle, sentire il calore del loro affetto ed esprimere loro il mio. A livello spirituale, il clima di preghiera e di conversione che la partenza di don Lorenzo ha suscitato, e la vicinanza di tanti fratelli preti e laici dominicani.

Ancora una volta, il grido accorato di tanti: “Non ti dimenticare di noi!”. Rimane per me l’impegno di coltivare tante relazioni di amicizia e di fede nate in tutti questi anni. Ad agosto prossimo, se il Signore vorrà, la mia prossima visita.

In occasione dell’onomastico di Lorenzo, oggi 10 agosto, domenica, abbiamo celebrato di nuovo vicino alla tomba la Messa della sera.

Ed è stata un’occasione in più perché la comunità si riunisse ricordando il dono che Lorenzo è stato per il Guaricano.

4:48 pm

Gita ad Haiti

Ieri siamo andati con le suore a fare una gita ad Haiti. Ho preso contatto con Madda (Maddalena Boschetti), una signorina consacrata originaria di Pegli, che conoscevo dai tempi in cui ero curato là, e che lavora in una missione dei camilliani a Port-au-Prince, la capitale. Madda è stata ben contenta di riceverci, e avrebbe anche voluto che ci fermassimo, ma abbiamo dovuto fare un tocca e fuggi partendo da Santo Domingo al mattino e rientrando la sera tardi.

Le mie condizioni di salute non erano buone, perché ho ancora l’influenza, ma non erano abbastanza cattive da non farci partire. Anche perché per le suore non sarà facile avere un’altra occasione per visitare Haiti e avere qualcuno che gliela faccia vedere.

Partiti quindi alla mattina presto, verso le 11 entravamo a Haiti attraverso Jimaní. Dall’altra parte della frontiera, un po’ più in giù, ci siamo incrociati con la jeep di Madda che ci veniva incontro. Con lei, sul veicolo, sette bellissimi bambini del centro dove lavora. Al mio “comment sa va?” hanno risposto un elegantissimo “sa va bien” in perfetto francese che studiano a scuola (tra di loro parlano il creol, un incrocio tra francese, spagnolo e dialetti africani).

Con la scorta di Madda siamo quindi arrivati alla capitale Port-au-Prince. In realtà non ci siamo neanche resi conto di arrivare alla capitale, perché lungo il cammino niente ci ha fatto pensare che entravamo in una città: soltanto le case sono diventate più fitte, ma poi nessun cartello, nessun cambiamento nella strada. E difatti poi Madda ci ha spiegato sia la strada che viene dalla Repubblica Dominicana, sia la strada più importante del paese, quella che porta dalla capitale al nord del paese, sono entrambe della larghezza di una strada di città.

Il barrio dove i camilliani e Madda lavorano è alla periferia nord di Port-au-Prince. Inutile dire che appena siamo usciti dalla strada che veniva dalla frontiera è sparito anche l’asfalto. In quella zona della città non ci sono strade asfaltate. E i buchi metto a dura prova non solo i pedoni (perché quando piove diventano fango) ma anche i guidatori, che rischiano di arrivare a sera senza reni.

I padri camilliani della missione sono tre, e hanno lì un grosso dispensario medico con tanto di maternità e il noviziato. La situazione di Madda è particolare, perché lei ha fatto una consacrazione come “affiliata” ai camilliani, e di fatto è lì appoggiata a quella comunità dove pensa che rimarrà tutta la vita. Il suo lavoro è quello di seguire un centro per bambini handicappati e abbandonati. A volte le famiglie “scaricano” loro i figli con handicap, altri sono loro ad accoglierli, mentre altri li seguono a domicilio. E poi ci sono vari minori che non hanno handicap ma che non hanno o non avevano una famiglia che desse loro calore. Madda tiene insieme tutto questo, coordinando il personale infermieristico e di appoggio, che è tutto locale.

Arrivati alla missione che era quasi l’ora di pranzo (ma c’era un’ora di fuso orario di cui né noi né Madda sapevamo), abbiamo potuto rinfrescarci. Dopo il pranzo, Madda ci ha portati in centro, facendoci vedere per la strada i residui della guerra civile del 2004 – case crivellate di proiettili – e portandoci ai limitare della bidonville dove né la polizia né l’ONU si arrischiano ad entrare.

A Port-au-Prince, capitale di HaitiPiù significativo turisticamente è il quartiere vicino al Palazzo Presidenziale. Di notevole importanza culturale il monumento allo schiavo che proclama la libertà: ancora legato a una catena, sta suonando la conchiglia per chiamare a raccolta i suoi fratelli negri. Allusione all’indipendenza dalla Francia ottenuta nel 1804, quando i ribelli negri, sconfitto l’esercito francese, requisì tutte le proprietà dei bianchi e passò a fil di spada tutti i colonizzatori.

Con Madda davanti al Palazzo Presidenziale di Port-au-PrinceLa grande piazza dove c’è questo significativo monumento ospita anche il palazzo presidenziale, e lì attorno c’è tutta la zona di rappresentanza diplomatica. Lo spazio di rappresentanza è molto limitato, appena ci si allontana si rivedono i mercatini e il brulicare di gente tipici delle zone povere.

Facendo un paragone con la Repubblica Dominicana, si nota un’arretratezza sociale, igienica e culturale più che evidente. Il che spiega perché gli haitiani fanno carte false per venire a Santo Domingo.

Madda ci ha poi parlato dei problemi politici, che non sono ancora risolti, e che forse non si risolveranno mai, se le dinamiche sono le stesse che in Repubblica Dominicana.

Il giro per la capitale, breve, ci ha permesso tuttavia di vedere tutte o quasi le mete turistiche. Già verso le 4.30 locali eravamo in viaggio sulla via del ritorno.

Con Madda e i padri camilliani siamo rimasti d’accordo di fare una visita più pacata, se il Signore ci aiuta in occasione di una delle mie prossime puntate alla Repubblica Dominicana.

Alle 11 di sera siamo arrivati a casa. Abbastanza stanchi!

Avendo rispettato la volontà di don Lorenzo di essere seppellito qui, stiamo preparando la sua tomba. È seppellito ai piedi della statua della Madonna dell’Altagracia che lui stesso ha posto nel giardino.

Le dimensioni della bara hanno costretto ad ampliare l’aiuola davanti alla Madonna, e sto dandomi da fare per far fare la lapide di marmo. Avrà dimensioni due metri per uno, e avrà una grande croce sotto alla quale c’è una frase dove si dice che Lorenzo donò la vita per il Signore Gesù e per il popolo del Guaricano.

Purtroppo i tempi tecnici per preparare e incidere il marmo faranno sì che la lapide arrivi dopo la mia partenza. Pazienza. Lascio alle suore le consegne di tutto il lavoro.

L’ultima celebrazione del novenario di don Lorenzo è stata molto partecipata e sentita. Se gli altri giorni c’erano due/trecento persone, oggi ce ne sono state un migliaio.

Il nuovo nunzio, mons. Józef WesolowskiLa Messa è stata presieduta dal Nunzio Apostolico, che in gennaio è cambiato, adesso è un polacco, certo mons. Józef Wesolowski. E c’era anche il parroco di Santiago el Menor e Nuestra Señora del Amparo. Si è fermato a cena, e dopo cena ho approfittato per trasferirgli i documenti delle sue due parrocchie, che dal tempo di don Giulio erano nell’ufficio della Missione.

Naturalmente non potevano mancare i nostri diaconi, Marcial e Juan Luis.

Da parte mia anche oggi ho celebrato abbondantemente il sacramento della Riconciliazione. Credo che in tutti questi giorni si sono confessate circa trecento persone! (a Genova non le confesso in un anno). Nonostante influenze e mal di gola ce l’ho fatta, ed è stata una grazia per me!

L'ultima foto bella di Lorenzo con il personale del dispensario medicoIl 30 gennaio, poco prima che io partissi, suor Blessila ha organizzato una festicciola di saluto per me e per Lorenzo, e abbiamo anche fatto una foto carina, che vi rimetto qui, perché Lorenzo c’è rimasto molto bene.

Stiamo facendo i nove giorni di lutto per don Lorenzo.

Tutti i giorni si celebra l’Eucaristia qui in casa, dove è stato sepolto. Ogni giorno un prete diverso presiede la Messa.

Da parte mia, oltre a concelebrare, dedico tutto il tempo prima e dopo la Messa a confessare. Praticamente dalle 16.30 alle 20:30, con l’interruzione per la Messa dalle 18 alle 18.30. È questa per me una benedizione grande. Ho lanciato l’amo alla comunità quando c’è stato il funerale, e la risposta è stata ed è fantastica. Oggi, in particolare, lo spazio delle confessioni è dedicato ai giovani, e spero di avere molto lavoro!!!!

Nel frattempo abbiamo saputo che giovedì la Messa dell’ultimo giorno del novenario sarà presieduta dal Nunzio Apostolico. Oggi l’ho sentito, e dal momento che non ha conosciuto don Lorenzo se non di striscio gli ho presentato la sua figura e il suo lavoro a Genova e qui.

Da tre giorni siamo accompagnati anche dalla pioggia, che inizia verso le 16 e continua in maniera intermittente ma ogni tanto fragorosa fino a sera. Ma neanche questo ha fatto diminuire le presenze. Ogni giorno ci sono dalle 200 alle 300 persone, di tutte le cinque parrocchie del Guaricano. È un tributo di stima e di preghiera molto significativo verso Lorenzo. La decisione della sorella di rispettare la volontà del defunto e di seppellirlo qui viene valorizzata al 100%!

Sto aiutando Miguel e Nidia a organizzare l’anno scolastico, in particolare nell’assegnare ad ogni maestro il lavoro: classi e materie da insegnare.

Il liceo ha perso due professori: Ana Marlemny, che insegnava matematica, e Ányelo, che insegnava informatica.

Per quanto riguarda il secondo è stato sostituito dai due giovani che insegnavano informatica nella primaria (e per là si troverà qualcuno che faccia il loro lavoro).

Invece per Ana Marlemny le cose sono più difficili, perché qui c’è ben poca gente che sappia la matematica. Nidia e Miguel erano già d’accordo con Agustin, un maestro che insegnava matematica nella primaria, perché passasse al liceo, ma alla fine non ha accettato, sembra come una forma di pressione perché lo si paghi di più, ed ho l’impressione che alla fine lo lasceremo a casa, perché nel frattempo abbiamo dovuto passare la professoressa Nieve dal liceo alla primaria, per il motivo che vi dirò nel prossimo paragrafo. Rimane quindi il buco della matematica nel liceo, che al momento non sappiamo come risolvere, ma ho fiducia che il Signore ci aiuterà a trovare una soluzione.

Il discorso di Nieve è abbastanza… triste. Questa maestra, che ha più di trent’anni ma che non si è mai sposata, ha scoperto di avere delle formazioni tumorali benigne all’utero, e i medici le hanno detto che dopo che si sarà operata non potrà più avere figli. Così ha concepito due gemelli “per opera dello Spirito Santo”. La cosa è venuta alla luce da poche settimana, ed è anche precipitata, perché entrambi i gemelli sono morti cinquemesini pochi giorni fa. E una valutazione morale della faccenda impedisce di tenerla a far scuola nel liceo. Così Nieve porterà avanti due classi di prima elementare (mattina e pomeriggio), e questo farà sì che avanzi un maestro nella primaria, cioè il buon Agustín, che rimarrà a casa.

Comunque spero di lasciare tutto a posto prima di andarmene.

Stamattina ho potuto presiedere l’Eucaristia alla Divina Misericordia. La gente mi sembrava meno del solito, ma forse è perché siamo in estato e ci può essere gente in vacanza. Accoglienza festosa, tanti abbracci pieni d’affetto.

Poi, alle 9.30, la Messa dei giovani a Santa Margarita. Come sempre, inizio Messa con poca gente, ma alla predica ce n’erano molti di più. Il Vangelo parlava della moltiplicazione dei pani, e da noi c’è stata invece la moltiplicazione della gente!

Stasera avremo la Messa dei nove giorni di lutto di Lorenzo in casa, la presiederà padre Cecilio Sosa, che è nostro amico (mio, di Lorenzo, delle suore) fin da quando era in seminario. E si fermerà a cenare e a dormire da noi.

Yohana e Anyelo nel giorno delle loro nozzeLa dipartita di Lorenzo è stata per me l’occasione di benedire le nozze di Yohana, la segretaria della scuola.

A differenza dei più, si è sposata in maniera diretta, senza cioè passare per convivenze o matrimoni civili.

È una ragazza molto in gamba e ben formata, è catechista dei giovani, ed è abbastanza attiva nella comunità.

Anyelo, il suo (ormai) marito, è un ragazzo di pochissime parole, ma che viene da una famiglia di fede sincera, la madre, Teresa, è ministro straordinario della comunione.

Quando a marzo mi avevano scritto per posta elettronica del loro matrimonio mi avevano chiesto se ci sarei stato, e non avevo detto di no, perché in fondo non si sa mai. E il Signore ha voluto che ci fossi. Grazie, Signore! Sono stato felice di benedire questo matrimonio!

Auguri, Yohana e Anyelo, ad multos annos!

La tomba provvisoria di LorenzoIn attesa di fare la tomba definitiva, vari giovani hanno aiutato a sistemare con un minimo di decenza il luogo della sepoltura di Lorenzo.

Oggi spero di vedere un’architetto che conosceva Lorenzo, per vedere se ci aiuta a fare una tomba semplice ma carina.

Il corteo funebreAl termine dell’ultimo funerale si è snodato il corteo funebre verso la Casa della Missione, dove Lorenzo sarà seppellito.

Il trasporto della bara

La bara è stata portata a mano dai ministri delle cinque parrocchie. Con orgoglio hanno voluto “servire” colui che per tanti anni ha servito loro presiedendo l’Eucaristia e amministrando la Penitenza e l’Unzione dei Malati.

La polizia ha dovuto scortarci, perché la folla occupava interamente la strada.

La bandiera davanti al corteo funebreDavanti il cero pasquale, simbolo di Cristo risorto, nostra speranza, e subito dopo la bandiera dominicana, nella quale Lorenzo si era avvolto il 3 gennaio, alla fine della Messa di saluto mio e suo. Lorenzo aveva fatto questo gesto per esprimere la sua identificazione con il popolo dominicano, e il fatto è stato ricordato durante i funerali. Con orgoglio, quindi, i guaricaneros hanno portato solennemente questa bandiera davanti al feretro.

Prima della sepolturaNel giardino della Missione la fossa era pronta. L’ultima benedizione, evocativa della presenza del Signore Gesù nel cammino di Lorenzo verso l’eternità.

La sepoltura di LorenzoIl feretro è stato deposto nella nuda terra, come lui aveva sempre desiderato ed espresso. Come un piccolo seme è stato depositato nella terra, in attesa della risurrezione dell’ultimo giorno.

Stasera c’è stato l’ultimo funerale di don Lorenzo.

A Betania c’era tantissima gente. C’erano le cinque comunità parrocchiali nate dal lavoro della Missione: Santiago el Menor e Nuestra Señora del Amparo, delle quali Lorenzo è stato parroco per tre anni, Santa Margarita, la Divina Misericordia e Santa Virginia, le tre di cui io ero parroco e Lorenzo curato nei seguenti sei anni.

Al termine del funerale i rappresentanti delle cinque parrocchie hanno ringraziato il Signore per Lorenzo e per i doni del Signore con i quali ha svolto il suo ministero. Anche il padre Guarionex, attuale parroco si Santiago e Amparo, ha fatto presente la disponibilità che Lorenzo ha avuto verso di lui tutte le volte che aveva bisogno.

Questo momento delle testimonianze è stato il più toccante, moltissime persone piangevano a dirotto, anche io mi sono commosso.

Dopo la Messa di stamattina si è definito anche che Lorenzo rimarrà qui. La sorella ha chiesto che venisse rispettata la volontà di Lorenzo, e l’arcivescovo ha voluto anche lui accettare questa indicazione. Da parte sua, la chiesa dominicana è ben contenta di tutto ciò.

La statua dell'altagracia vicino alla quale sarà seppellito LorenzoAbbiamo allora chiesto al municipio il permesso di seppellire Lorenzo nel giardino della casa della Missione, ai piedi della statua della Madonna dell’Altagracia che Lorenzo ha posto due anni fa, e ci è stato accordato.

Tra poco ci saranno gli ultimi funerali, ai termine dei quali porteremo Lorenzo processionalmente al luogo della sua sepoltura.

Stamattina mons. Pablo Cedano, vescovo ausiliare di Santo Domingo, ha celebrato il terzo funerale di don Lorenzo.

Ha avuto parole di sincero affetto e di riconoscenza per Lorenzo, ricordando lavoro svolto da lui insieme al resto della missione: don Lino, don Giulio, don Franco, il sottoscritto, le suore.

I quasi dieci anni che Lorenzo ha passato in terra dominicana, ha detto, sono stati fruttuosi, sono stati un seme che ha fatto germinare e crescere una comunità cristiana.

La salma di LorenzoA Miami ho saputo che Lorenzo è mancato questa mattina. Durante tutta la giornata di ieri i medici dell’ospedale non avevano sciolto la prognosi.

Si sapeva cosa c’era. Ischemia cerebrale ed edema polmonare. La morte è sopraggiunta nelle prime ore del mattino.

Se n’è andato in punta di piedi, come desiderava. Il Signore gli ha concesso il riposo delle sue fatiche.

Già ieri tutta la comunità si era raccolta in una preghiera fervente. E oggi ancora di più. A Santa Margarita c’è stata tutto il giorno moltissima gente. Domenica pregando, cantando, supplicando il Signore perché Lorenzo potesse farcela. Oggi aspettando il traslado della salma. Questa stessa assemblea di fede lo ha accolto in mattinata. Secondo quanto ho raccolto, con molto dolore, ma animata dalla speranza.

In tarda mattinata la prima Messa di corpo presente, presieduta da vari parroci della zona pastorale. Poi, nel pomeriggio, è stata la volta del cardinale Nicolás López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo: anche lui ha celebrato l’Eucarestia per Lorenzo.

Io sono arrivato in parrocchia verso le 19.30. Molti abbracci per me. “Non pensavamo che saresti dovuto tornare così presto”. E realmente, neanch’io pensavo di visitare così presto la missione che ho lasciato a febbraio.

Il viso di Lorenzo appare composto. Attorno a lui varie corone di fiori, delle parrocchie e del comune. Molta gente in preghiera. Lo veglieranno tutta la notte.

Adesso bisogna pensare se lasciare qui la salma di Lorenzo o portarla a Genova. Lorenzo aveva espresso ripetutamente il desiderio di essere seppellito qui. Domani mattina sentirò mons. Palletti per sapere che idea ha il nostro arcivescovo.

Lorenzo, riposa in pace, il Signore Gesù custodisce la tua anima in vista della risurrezione dei morti.

La situazione di salute di don Lorenzo richiede che parta per Santo Domingo. Il vescovo ha considerato bene che io vada là, anche per essere il punto di riferimento dei nostri superiori.

Nonostante sia altissima stagione, ho trovato un volo, passando per Miami. Parto domattina alle sette, e dovrei arrivare alle sei-sette di sera a Santo Domingo.
In realtà non ho ancora il biglietto Miami – Santo Domingo, ma il Signore mi aiuterà ad arrivare. Tutte le coincidenze sono abbastanza strette, negli aeroporti dovrò correre abbastanza. Ho fiducia nel Signore che arriverò, e la speranza è di arrivare che Lorenzo sia ancora vivo.

Una preghiera!

Ho appena ricevuto una telefonata dalle suore di Santo Domingo, don Lorenzo non sta niente bene.

Stamattina doveva andare alla Divina Misericordia per la Messa delle sette, ma non è arrivato, e quando suor Modesta e Juan Luis sono arrivati in camera sua l’hanno trovato disteso sul letto senza coscienza. Apparentemente era andato in bagno, e stava riassettandosi, quando un malore improvviso lo ha costretto a tornare immediatamente in letto.

La corsa alla Plaza de la Salud, dove è stato subito posto in terapia intensiva.

Attendo ulteriori notizie.

Gli siamo vicini con la preghiera.

Vi presento il testo di una relazione che farò il prossimo settembre al corso diocesano di formazione per catechisti.

Ho avuto la grazia di lavorare nella Missione Diocesana del Guaricano, a Santo Domingo. Il card. Tettamanzi mi ha inviato per rimanervi due cicli di tre anni ognuno, ma le circostanze e, io credo, la Provvidenza del Padre, hanno voluto che vi rimanessi tre cicli, per un totale di nove anni. Mi sono serviti tutti: i primi tre per rendermi conto di dov’ero, brancolando quasi nel buio di un ambiente che stavo imparando a conoscere; i secondi tre per impostare il lavoro di evangelizzazione; gli ultimi tre per consolidare quanto impostato.

L’esperienza missionaria mi ha aiutato a maturare una visione e una pratica più profonda di alcuni aspetti, che voglio condividere con voi.

Anzitutto, ho interiorizzato il dato tante volte affermato anche qui da noi, anche se difficile da attuare: che “prima” dei bambini bisogna evangelizzare e catechizzare gli adulti. Questa presa di coscienza è passata attraverso due esperienze: la pratica del catecumenato dei giovani e degli adulti, e l’implementazione di percorsi di rievangelizzazione degli adulti.

1. Il catecumenato

Come funziona il catecumenato nell’arcidiocesi di Santo Domingo? La diocesi non ha ancora dato indicazioni definite sui tempi di formazione, ma a livello liturgico le cose sono semplici, perché il RICA è lì, per loro come per noi, e si tratta di studiarlo e di applicarlo. Chi ha interesse può trovarlo sul web sul sito maranatha.it. Ma la vera difficoltà a Santo Domingo è lo scollamento tra la vita e la fede, e in particolare tra la fede e la famiglia.

A Santo Domingo c’è almeno un 30% di persone che si considerano cattolici (potremmo dire per tradizione più che per una fede viva) ma non sono battezzati, e la stragrande maggioranza sono conviventi senza nessuna intenzione di sposarsi. La Chiesa intende che non ha senso battezzarsi e continuare a convivere, ma la gente non lo capisce, e anche vari preti sostengono che il battesimo è un diritto, e che quindi i conviventi si possono battezzare.

Questa situazione comportava una battaglia senza fine per far capire che si deve fare insieme la preparazione al Battesimo e al Matrimonio, e che chi convive si battezzerà quando sarà disposto a sposarsi. E poi, dei cento catechisti che nel corso degli anni sono riuscito ad avere, almeno tre o quattro non sono mai riusciti a comprendere neanche loro tale questione, e quindi di fronte agli adulti che esprimevano loro la “difficoltà” per battezzarsi non erano in grado di offrire una risposta chiara, e a volte peggioravano ancora di più le cose.

Al di là di queste difficoltà, avevamo ogni anno una decina di adulti e una ventina di giovani che si battezzavano. Seguivano la catechesi per lo meno dal mese di settembre; verso gennaio i catechisti facevano il discernimento di chi era maturo per battezzarsi, e con la quaresima iniziava la preparazione liturgica e quella catechetica specifica, con sei/sette incontri dedicati a sviscerare il battesimo e il suo significato.

Nella solenne vigilia pasquale la celebrazione del battesimo. Ho avuto la gioia di poter allestire nella chiesa parrocchiale la piscina battesimale secondo l’uso antico. Ha una profondità di circa un metro, ed è dotata di tre scalini per scendere nell’acqua. Il catecumeno scende gli scalini, e si immerge tre volte nell’acqua con tutto il corpo, mentre il sacerdote pronuncia la formula del battesimo. La simbologia della morte e risurrezione di Cristo è plasticamente resa dalla triplice immersione ed emersione. La prima volta che abbiamo fatto i solenni battesimi per immersione molti fedeli della parrocchia si sono avvicinati a me e mi hanno chiesto: “Posso battezzarmi di nuovo?”. Ovviamente la mia risposta era un chiaro “no”, e tuttavia mi colpiva l’entusiasmo che quella modalità aveva stimolato.

L’implementazione del battesimo per immersione in rapporto alla modalità per infusione – che peraltro era richiesta in soggetti malati o in donne mestruate – ha la stessa valenza della comunione sotto le due specie rispetto a quella al solo Corpo di Cristo. Nulla manca nella modalità più “povera”, ma nell’altra il segno viene espresso in tutta la sua ricchezza.

La cosa più difficile, con i nostri catecumeni, era la perseveranza. In Repubblica Dominicana c’è di sottofondo una percezione superstiziosa del battesimo, percezione che illustro con un curioso aneddoto. Il parroco di una parrocchia viciniore stava battezzando vari giovani che i suoi catechisti gli avevano preparato; i giovani si avvicinavano al battistero senza nessun documento in mano; tra di loro c’era un delinquente, che non apparteneva al gruppo, ma che si era introdotto nella fila dei battezzandi; e questo perché? Perché la nonna, donna “di fede”, gli aveva suggerito che, se fosse stato battezzato, il Signore l’avrebbe protetto nel suo “lavoro”, e gli sbirri non gli avrebbero messo le mani addosso! Il parroco in questione non sapeva niente di tutto ciò, e fidandosi dei suoi catechisti, battezzò tutti i giovani, compreso il delinquente. Venne a conoscenza della cosa solo dopo alcuni mesi, perché gli dissero che il tizio era morto in uno “scambio di spari” con la polizia.

In questa cultura, quindi, la perseveranza dopo il battesimo non era per niente scontata. Posso dire che la maggioranza dei giovani e degli adulti che si battezzavano spariva dalla chiesa il giorno dopo la domenica in Albis. Mi aveva poi colpito fortemente il rendermi conto che una di queste giovani, che a me pareva una ragazza veramente in gamba, un anno dopo il battesimo era già diventata evangelica!

2. I percorsi di rievangelizzazione degli adulti

Il secondo aspetto che il Signore mi ha condotto a privilegiare durante il mio lavoro a Santo Domingo è stato la rievangelizzazione degli adulti. Basandomi sull’ottimo lavoro svolto da don Lino Terrile, che ho sostituito, ho potuto organizzare in maniera più organica alcuni aspetti che grazie a lui erano già diventati tradizione nella parrocchia: le missioni parrocchiali e i ritiri di evangelizzazione.

Don Lino aveva fatto nel 1994 la prima missione parrocchiale d’agosto. Per quindici giorni la parrocchia non faceva altro che percorrere tutte le strade e presentarsi a tutte le case. Opportunamente preparati, i laici andavano due a due, realizzando una visita nella quale avevano spazio un breve annuncio del kerigma, una piccola testimonianza della propria conversione al Signore, e l’invito a iniziare un cammino nella Chiesa; concretamente, si invitava a una Messa o celebrazione serale nello stesso settore. Tali missioni si erano ripetute tutti gli anni, e la gente le viveva con gran entusiasmo.

Don Lino aveva organizzato anche vari Ritiri di Evangelizzazione. Si trattava di esperienze di annuncio di Cristo e dello Spirito, qualcosa di simile ai Cursillos de Cristianidad che conosciamo. Tutti gli anni se ne faceva almeno uno, e molta gente vi aveva trovato la grazia della conversione.

Dopo alcuni anni in cui avevo continuato a fare più o meno le stesse cose, mi stavo chiedendo se non si poteva fare il tutto in maniera migliore. In realtà non avevo ancora presente il nocciolo della questione, che invece mi sarebbe diventato chiaro più avanti. Il Signore volle che andassi a cercare la comunità che aveva portato alla Repubblica Dominicana i ritiri di evangelizzazione, e la trovai nella Fraternidad de los Misioneros de la Cruz. Questi risultarono essere un movimento apostolico nato in Messico. Il fondatore, un certo padre Alfonso Navarro (morto nel 2003), aveva messo insieme in un piano pastorale organico le esperienze migliori che aveva conosciuto attorno a sé. Ne era nato il piano pastorale che egli chiamò SINE, Sistema Integrale di Nuova Evangelizzazione. Di tale Sistema era un elemento chiave il ritiro di evangelizzazione che già conoscevo, ma esso era inserito in un percorso che voleva portare il cristiano “principiante” a vivere la pienezza della vita cristiana.

Ringrazio il Signore che le persone che la Fraternità mi mandò e che mi accompagnarono nell’implementazione di tale sistema furono molto rispettose del mio ministero di parroco. Ero personalmente convinto che non aveva senso prendere un “prodotto pastorale” e implementarlo a scatola chiusa; al contrario, era necessario un discernimento per vedere cosa e come applicare alla nostra realtà parrocchiale. Fu così che iniziammo questo nuovo piano pastorale, nella maniera che vi spiegherò adesso in dettaglio. Parlerò non al passato ma al presente, perché tale processo continua ancora nella parrocchia. La comunità lo sente suo.

Il punto fondamentale è che bisogna incamminare le persone a un processo che li faccia maturare.

Si inizia con l’annuncio entusiasta dell’amore del Signore. Esso ha luogo nella missione parrocchiale annuale: in ogni missione quanti dimostrano interesse e volontà vengono invitati a preparasi al ritiro di evangelizzazione. Oltre a ciò, le persone già evangelizzate visitano sistematicamente una ventina di famiglie ognuna, e anche qui dove c’è la sensibilità sufficiente invitano a prepararsi per il ritiro di evangelizzazione.

E di fatto con quanti si lasciano “pescare” si inizia un piccolo cammino di preparazione, circa due mesi, con incontri settimanali fatti in varie case vicino a dove vive la gente. In questi incontri un fratello evangelizzato introduce, con piccole pennellate, i temi che verranno sviluppati nel ritiro di evangelizzazione. L’intento è duplice: preparare i cuori a ricevere il messaggio di Cristo salvatore, e saggiare la capacità di perseveranza.

Così si arriva al ritiro di evangelizzazione. Tutta la comunità parrocchiale è coinvolta, chi nelle varie equipe del ritiro, chi nell’adorazione eucaristica continuata durante tutto il tempo del ritiro. E il ritiro prende due domeniche intere, iniziando con la Messa comunitaria delle sette di mattina della prima domenica e terminando con la Messa d’orario delle sette di sera della seconda. La prima domenica è dedicata ai temi cristologici: dopo l’annuncio dell’amore del Padre, la presa di coscienza del peccato, l’annuncio di Cristo vincitore del peccato, l’esigenza di convertirsi e di vivere nella fede e nella comunità cristiana. La seconda domenica inizia con la liturgia penitenziale, ma dopo si snoda nell’annuncio dello Spirito Santo, donato nella Pentecoste, nella storia della Chiesa, e nel nostro oggi. E si fa l’esperienza dello Spirito, invocandone la venuta su ognuno dei presenti. Nella celebrazione eucaristica finale si riassume il tutto e i partecipanti sono accolti dalla comunità parrocchiale e dai loro familiari.

Il ritiro di evangelizzazione ha un’appendice il sabato o la domenica seguente: si ascoltano le testimonianze, spesso commoventi, di quanti hanno partecipato, e si lancia il “cammino di perseveranza”, che consisterà in una catechesi di dodici settimane incentrata soprattutto sulla vita di comunità.

Al termine di tale catechesi si formano le comunità apostoliche. Sono comunità praticamente chiuse, composte cioè soltanto da quanti hanno realizzato il percorso, e che si riuniscono settimanalmente in una casa per un incontro di tre ore fatto di preghiera, di studio di una catechesi scritta, e di condivisione di vita. In queste comunità si genera un legame affettivo molto forte tra i membri, legame che aiuta a mantenersi nel cammino. Al tempo stesso la rete dei responsabili di tali comunità diventa in maniera naturale un veicolo sia di comunicazione con le persone impegnate della comunità, sia di coinvolgimento nelle iniziative parrocchiali.

Oltre al cammino nella comunità apostolica, gli “evangelizzati” ricevono un “fratello maggiore” che fa loro una sorta di leggera direzione spirituale mensile, e versano la “decima” delle loro entrate. A livello di pastorale vengono loro affidate venti famiglie da visitare mensilmente (la “decima del tempo” che danno al Signore). In questa visita mensile, oltre che nelle missioni parrocchiali, viene lanciata continuamente la rete dei pescatori di uomini.

Abbiamo iniziato con questo processo evangelizzatore continuo nel 2001. I primi ad essere coinvolti sono stati coloro che erano già impegnati nella parrocchia. Dopo di loro il Signore non ha mai smesso di chiamare, e al momento in cui ho lasciato la missione erano passati per questo processo di rievangelizzazione circa seicento persone. Riiniziavamo una o due volte all’anno il processo, ogni volta con un minimo di cinquanta e un massimo di duecento persone (tenere presente che la parrocchia aveva diecimila famiglie). La maggior parte di loro ha perseverato, qualcuno ha cambiato casa, qualcuno si è stancato, qualcuno di loro è addirittura diventato evangelico (sic!). E per me il vedere che il processo ha funzionato, e che con il tempo si è rafforzato, ha fatto capire che è possibile realizzare qualcosa di simile in tutte le situazioni.

Certo, non prima di aver conosciuto a fondo la comunità, le sue potenzialità, le sue esperienze, i suoi gusti. Nel caso mio del Guaricano ho impiegato tre anni per arrivare a questa conoscenza. E ho fiducia nel Signore che anche dove il Lui mi ha mandato ora riusciremo a mettere insieme qualcosa di grande e bello.

3. La catechesi “vicino alla gente”

Il terzo aspetto di cui vi vorrei brevemente parlare è il fatto che al Guaricano la catechesi si faceva “vicino a dov’era la gente”. Trovandomi a lavorare in una realtà di diecimila famiglie, sparse su una superficie di cinque chilometri quadrati, non era possibile il modello nostro della catechesi in parrocchia. Ho dovuto quindi puntare a una catechesi decentrata.

In pratica in ognuno dei settori in cui era suddivisa la parrocchia c’erano uno o più centri di catechesi. Ogni centro aveva il suo gruppo di catechisti, che in genere abitavano nello stesso settore; tra di essi uno era il responsabile del Centro di catechesi, ed era il mio primo referente per sapere l’andamento della catechesi nel settore, per far arrivare notizie e per far partire iniziative.

La parrocchia vive dei momenti di incontro di tutti i catechisti, soprattutto all’inizio e alla fine dell’anno catechistico. In entrambi i momenti portavo avanti un percorso di formazione sistematica, sia metodologica che teologica. Poi avevamo gli incontri mensili, dedicati a questioni organizzative e alla pratica dell’incontro. Ma a parte questi momenti, e a parte l’Eucaristia domenicale, tutto il resto si svolgeva nei settori. Una responsabile parrocchiale mi aiutava visitando le sedi della catechesi, e mi faceva da trait d’union con i singoli catechisti e i responsabili di settore.

Il carattere decentrato portava varie difficoltà, perché a volte non ero in grado di valutare l’efficacia dell’incontro di catechesi, o per lo meno diventava più difficile rispetto alla situazione di tutta la catechesi in parrocchia. D’altro lato, ho presentato fortemente tale modalità come uno sforzo della Chiesa per avvicinarsi alla gente. Nella nostra situazione, e forse anche in Italia, le famiglie avevano bisogno di sentirsi cercate, di sentire che la Chiesa le metteva in condizione di rendere facile la catechesi ai loro figli.

La differenza che ho visto passando dalla catechesi in parrocchia (i primi due anni che ero lì) alla catechesi nei settori (gli anni successivi) è stata fortissima. Da un lato, i bambini iscritti sono passati da duecento a mille. I catechisti, invece, sono aumentati, negli anni, da trenta a cento, anche perché in agosto facevo sempre inviti accorati a prepararsi per diventare catechisti. Un po’ perché c’era bisogno, un po’ per l’entusiasmo di essere una chiesa giovane, ho mietuto dei bei frutti. Dei quali ringrazio il Signore di cuore.

Oggi pomeriggio alle 17 Taína ha iniziato il noviziato.

L’ho sentita al telefono in mattinata, è molto serena, e contenta di questa nuova tappa della sua vita.

Accompagniamola tutti con la preghiera.

8:25 pm

Auguri Marcial!

Oggi Marcial compie tre anni di ordinazione diaconale.

Augurissimi!!! Il Signore ti conceda sempre, Marcial, di servirlo con amore come lo stai facendo adesso!

Forse non ve l’ho ancora detto, ma da quando me ne sono andato Marcial sta facendo tutto il mio lavoro!

Infatti il nuovo parroco non è ancora arrivato, e nel frattempo è lui che ha in mano le redini delle due parrocchie e della scuola. E lo sta facendo molto bene, chiaro, senza inventare nulla di nuovo, ma portando avanti bene quanto abbiamo fatto negli ultimi anni.

Ad agosto dovrebbe arrivare il parroco e due curati giovani, e sicuramente Marcial ritornerà a fare una vita un po’ più tranquilla. O forse no. Perché ha una bella generosità, e il lavoro se non ce l’ha se l’inventa.

Ad multos annos, Marcial!

7:40 pm

Da suor Roberta

con suor Roberta e le sue sorella della comunità della casa di riposo di SoriHo avuto la gioia di passare oggi alcune ore con suor Roberta, andando da lei nella casa di Riposo di Sori dove è stata mandata come superiora.

Ho ritrovato quella donna sincera e in gamba che avevo conosciuto in Guaricano, con la sua stupenda spiritualità della “valigia pronta”, disponibile dovunque il Signore la voglia mandare. E con lo stesso amore con cui è stata in Guaricano lavora adesso lì con gli anziani che sono stati messi nelle sue mani.

Ha ancora nel cuore il Guaricano: Sila e i suoi figli, il dispensario, Tago, Teresa, oltre naturalmente alle sue sorelle suore. E mi ha reso molto contento vedere come tiene presenti tutti nel suo cuore.

Grazie, Signore!

Stasera ho avuto la gioia di sapere che nella scuola il lavoro continua con lo stesso amore di prima.

Sono iniziati i ritiri con le classi del liceo, oggi c’è stato il primo. Don Lorenzo ha fatto un superbo lavoro con le confessioni.

E venerdì prossimo sarà la volta di tutto il personale della scuola con il ritiro di Quaresima. Lo guideranno Teófilo e altri fratelli del Sine.

Dietro tutto questo c’è Marcial, ma anche Carmen, Nidia, Miguel, Matilde. Sono orgoglioso di loro e del lavoro che continuano.

Grazie, Signore !

Serata molto significativa, quella di stasera al Quadrivium. Ha visto la presenza di tutti i missionari e le suore che hanno lavorato al Guaricano in questi sedici anni di missione. Assente soltanto don Lorenzo, ancora al Guaricano.

Don Lino Terrile ha ricordato gli inizi, veramente difficili, per la logistica da inventare e per l’assenza totale di servizi in Guaricano. Ma tutto questo, ha affermato, non gli ha impedito di amare veramente la gente di là.

don Franco e Francesco al QuadriviumDon Giulio Boggi ha messo in evidenza la capacità di accoglienza della comunità cristiana e la loro fede. Così come don Franco Buono, sottolineando come al di là di tutte le carenze, sempre ha trovato gente che viveva con piena fiducia nel Signore.

Il sottoscritto ha cercato di far vedere qualcosa delle grandi direttrici pastorali portate avanti: scuola, consultorio, battesimi, comunità, ministri, formazione dei laici, condendo il tutto con materiale fotografico illustrativo. Alla fine mi sono fermato su una foto di Taína, e lì l’ho chiamata a continuare.

Taína e don Lino al QuadriviumL’intervento di Taína ha realmente sorpreso tutti, ed è stato il clou della serata. Sfoggiando una bella sicurezza nell’italiano, notevole in relazione al poco tempo vissuto in Italia, ha espresso il ruolo svolto dalla missione nella sua vita di fede e nella sua scelta vocazionale, così come in quella di molti Guaricaneros. Ha ringraziato il Signore per la presenza e l’opera della Diocesi di Genova in mezzo a loro.

Anche Francesco Zannini ha messo in evidenza il significato della sua presenza come laico nel tessuto della missione, valorizzando l’importanza dell’ascolto di tanti fratelli domenicani da lui realizzato.

Suor Daniela ha ricordato a tutti che la presenza delle suore in Guaricano continuerà, e ha invitato Genova a non lasciarle sole. E suor Valeria ha trasmesso, con gioia, il senso della presenza delle suore là: preghiera, lavoro medico, visita delle comunità rurali.

Il futuro della presenza delle suore in Guaricano ha anche il nome dell’ultima parrocchia nata: Santa Virginia Centurione. Il cardinal Nicolás ha accettato il suggerimento di intitolare alla loro fondatrice la parrocchia della parte di campos, ormai iniziata formalmente come parrocchia. E là sarà dove le suore realizzeranno buona parte del loro lavoro pastorale. Con molto frutto, sicuramente.

La serata si è conclusa con un forte applauso ai molti “Amici del Guaricano”, le centocinquanta e passa persone che in questi anni si sono alternate nella visita alla missione. Molti di loro erano presenti in aula. I loro viaggi hanno reso concreto l’amore di Genova al Guaricano, e sono sempre stati apprezzati dalla gente delle parrocchie. Questa esperienza ha raggiunto il punto finale? forse no: tra una settimana Carmen Moro partirà per Santo Domingo. Anche se la missione è formalmente chiusa, il cuore di Genova continua a battere per il Guaricano. Nel segno di una collaborazione che durerà per molti anni ancora.

La serata è il frutto del cuore missionario di don Francesco Di Comite, affiancato da molti collaboratori, dal Movimento Giovanile Missionario, in primo luogo da Lara, ed è stato reso vivo dalla performance musicale del complesso “Musica dal mondo”.

Grazie, Signore, per questa Chiesa genovese, che ha ormai imparato ad amare l’esperienza missionaria!

don Lorenzo con i malati che hanno partecipato alla Messa per loro dell'11 febbraioL’11 febbraio è ormai una tradizione fare la Messa per i malati con il sacramento dell’unzione.

In mia assenza (sono ormai a Genova), Lorenzo ha provveduto a realizzare questa celebrazione suggestiva nelle due parrocchie. Le suore hanno provveduto a immortalare l’evento.

9:05 pm

Aeroporto

Sono ormai a Genova.

Il saluto all’aeroporto mi ha fatto sperimentare ancora una volta l’affetto di tanta gente. Di don Lorenzo e delle suore, anzitutto, ma anche di moltissimi parrocchiani. Più di cinquanta persone sono venute all’aeroporto, ed ho avuto la gioia di dare loro l’ultimo abbraccio.

Ho approfittato l’occasione anche per fare a ognuno l’ultima esortazione, perché sia più forte e costante, quasi per “sigillare”, il loro amore al Signore e alla Chiesa. Ho visto molte lacrime, e sono certo che non tradiranno le aspettative che ho espresso loro.

Sono nelle tue mani, Signore!

Sono con l’acqua alla gola, tra poche ore ho l’aereo e ci sono ancora un sacco di cose da mettere a posto.

Mattina e pomeriggio ho fatto i saluti al liceo (classe per classe) e nella scuola primaria (il gruppo del mattino, e quello del pomeriggio). Tra gli studenti vari di loro mi hanno espresso l’augurio di un felice lavoro a Genova. Sono certo che mi accompagneranno con la preghiera.

Sembra che siano ormai definiti i preti dominicani che sostituiranno me e don Lorenzo.

Dovrebbero essere tre: un prete preparato e maturo, insieme a due preti giovani. E probabilmente uno di loro sarà un prete novello.
Saranno tre perché il primo ha già abbastanza impegni, e spesso è fuori parrocchia i fine settimana, sarà il coordinatore dell’équipe, mentre i due preti giovani saranno presenti in maniera più diretta, e soprattutto assicureranno le Messe nei giorni feriali e festivi.

Il sapere queste cose mi ha lasciato molto più tranquillo. Sono sicuro che parrocchia e centro educativo saranno in buone mani.

Riguardo ai tempi, le cose sono più incerte, però sono ottimista e confido che la cosa si possa definire nei prossimi trenta giorni.

Grazie, Signore!

Con alcuni fedeli della Divina Misericordia dopo l'ultima MessaLa mattinata di stamattina ha rappresentato il momento delle ultime Messe a Santa Margarita e alla Divina Misericordia. Domani presiederò l’Eucaristia nel consultorio, e martedì nella nuova parrocchia Santa Virginia, intitolata alla fondatrice delle nostre suore.

Alla fine ho dato e ricevuto abbracci a molte persone. Molti mi hanno espresso parole di apprezzamento per il lavoro svolto (suppongo che se qualcuno non l’ha apprezzato non me l’ha detto…), e tutti mi hanno pregato di ritornare a trovarli, cosa che, con l’aiuto di Dio, ho intenzione di fare, a suo tempo.

Ancora una volta ho fatto l’esperienza di vedere che conoscevo i nomi di molte persone, ma di più della metà non si sapevo, segno che c’è gente nuova che continua a unirsi alla comunità, e motivo ulteriore di consolazione per me!

Alla Divina Misericordia, poi, ho avuto la gioia di riaccogliere nella Chiesa Cattolica Freddy, un giovane di 18 anni che tre o quattro anni fa era diventato evangelico. Sua madre è catechista, e ha vissuto con molta sofferenza la cosa. Ieri, vedendola, le avevo suggerito che invitasse suo figlio per la Messa di oggi, così, con l’idea di salutarlo. Così stamattina Freddy mi si è presentato prima della Messa, e al vedere che c’era una certa disponibilità mi sono azzardato a chiedergli se ritornava alla Chiesa, e mi ha detto di sì, si è confessato e ha partecipato alla Messa come se non se ne fosse mai allontanato. Per me è stata una gioia grande.

Paola con la sua famigliaCosì come è stata una gioia confessare Paola (nome che qui si dice con l’accento sulla “o”, per quanto vi possa sembrare strano; e anche a me molti mi chiamano Paòlo, cosa che all’inizio mi strideva, ma che adesso mi è entrata nelle orecchie e lo sento come che mi hanno fatto loro), che era una giovane del gruppo Ciempiés, e che a sedici anni si era sposata in comune con un giovane che non era di Chiesa, e ha vissuto lontana dalla Chiesa per tutti questi sei anni. Stamattina anche per lei c’è stata la riaccoglienza e la confessione, con il desiderio di continuare il cammino cristiano. Un altro bel regalo che il Signore mi teneva riservato per questo giorno. Nella foto la potete vedere insieme a sua madre e a suo figlio.

Sei grande, Signore Gesù!

Le segretarie hanno fatto straordinario, oggi, per cercare di agilizzare il riordino dei documenti di scuola e parrocchia. Mi hanno fatto un regalo grande, abbiamo potuto avanzare un po’ di più!

Grazie, Yohanna e Edilenia!

Ho finito i conti delle parrocchie, e lunedì li manderemo alla curia. Ero rimasto indietro di tre anni e mezzo, c’è voluto un po’ di lavoro ma ce l’ho fatta!

Grazie, Signore

Oggi abbiamo festeggiato santa Blessila (o non so come si chiami questo santo o santa).

La gente a Messa le ha detto parole molto carine, oltre a cantarle una canzone di auguri.

Nel consultorio le hanno fatto una bella festicciola pure.

L'onomastico di suor BlessilaE poi a tavola, a mezzogiorno, abbiamo continuato i festeggiamenti.

Augurissimi, di santità, suor Blessila!

Don Lorenzo dice Messa a JacaguaVari mesi fa don Lorenzo ha dedicato tempo ed energie per installare una pompa dell’acqua in una parte di Jacagua dove non arriva l’acqua dell’acquedotto.

Hanno fatto un pozzo con una pompa sommergibile; un recipiente riceve l’acqua dalla pompa e l’immagazzina per l’uso delle famiglie, che in quella parte di Jacagua sono una cinquantina.

Don Lorenzo inaugura con la Messa la pompa di JacaguaIl lavoro era concluso già da tempo, ma solo adesso hanno fatto la Messa di inaugurazione, alla presenza di tutta la comunità, ed è stato un bel momento di festa. Una cosa semplice, forse, ma adesso cinquanta famiglie hanno risolto il problema dell’acqua.

La comunità presente alla Messa di JacaguaE ditemi che è poco! Grande Lorenzo! E grande Signore che permetti che si dedichi a queste cose!

(fotografie fatte dalle suore: complimenti!)

9:20 pm

Dietro ai conti

Sono dietro ai conti delle due parrocchie. Devo preparare i resoconti da presentare alla curia di Santo Domingo. Sono rimasto indietro al 2005 (sic!), per cui il lavoro non è poco. Coraggio!

Stasera ho celebrato l’Eucaristia nella cappella del Chimbú, la cappella Padre Misericordioso, nata nell’Anno del Padre, che era il 1999.

Ho visto una comunità ben viva, probabilmente, per l’occasione, accresciuta dal fatto che era la mia ultima presenza in quella cappella.

Ma non è stato l’ultimo saluto. Sarà domenica, alle nove del mattino, che celebrerò l’ultima Eucaristia nella Divina Misericordia.

Ho in mano il biglietto di ritorno in Italia. Partirò martedì 5 febbraio e arriverò il giorno dopo a Genova verso le sei di sera.

Più si avvicina la data di questa partenza e più mi sento “agitato”, sento che si chiude una fase importante della mia vita e se ne apre un’altra.

Sto pregando già per la comunità che riceverà il mio servizio, e spero che anche loro facciano lo stesso nei miei confronti.

Oggi ho presentato formalmente la rinuncia all’incarico di direttore della scuola al padre Pazos, vicario di educazione della Curia. Provvederà lui a gestionare con il Ministero dell’Educazione gli aspetti concreti della questione, e in particolare la “sostituzione” nell’incarico, per mettere il parroco che verrà.

La comunità della missione a Higüey con il pellegrinaggio zonaleTutte le parrocchie della nostra zona pastorale eravamo oggi in pellegrinaggio a Higüey, il santario nazionale della Madonna dell’Altagrazia.

Ogni parrocchia ha portato dai cento ai trecento fedeli. Molti di loro sono persone impegnate in una vita di chiesa attiva, altri sono persone che vanno al santuario a “compiere” una promessa fatta: per esempio, c’è chi ha promesso portare a Higüey suo figlio se fosse guarito; chi lo ha promesso per trovare lavoro; ecc. C’è tutta una varietà di situazioni che esprimono una ricchezza di fede del popolo, una fede da purificare, certamente, ma un valore grande da mantenere.

Il settore che ha risposto più di tutti è stato il settore San Ramón, che è la zona dove è nativa suor Cristina, e che ormai è la nuova parrocchia di Santa Virginia. Di là sono andate più di cento persone!

L’organizzazione pratica è stata in mano dei due diaconi, Marcial, alla Divina Misericordia, e Juan Luis, a Santa Margarita. Direi che entrambi se la sono cavata bene!

I parroci della zona presenti a HigüeyE un altro aspetto buono di questo pellegrinaggio è quello della solidarietà: con una parte di quanto è avanzato della vendita dei posti degli autobus si finanzieranno alcune necessità primarie delle parrocchie della zona più povere, tipicamente le parrocchie più nuove. Dovrebbero raccogliersi circa sessanta mila pesos (circa 1,250 euro), che non sono molti, ma che aiuteranno a risolvere qualcosa di necessario. Aiutanto la chiesa locale a crescere.

Devo prendere la decisione di quando partire. So che il primo di marzo entro nel nuovo incarico a Genova, e non posso arrivare qualche giorno prima.

Se aspetto di essere pronto per partire non parto più! Deov fissare la data e basta, e poi cercare di fare tutto quello che posso prima di partire!

Esattamente. Due settimane fa ci sono arrivati tre lavandini (un po’ piccoli, a dire il vero), e adesso ci arrivano cinque cessi. Da tenere lì per quando qualcuno si romperà.

Nel pomeriggio sono stato a Duquesa, per celebrarvi l’ultima Eucaristia.

La partecipazione è venuta crescendo durante la celebrazione, e alla fine c’erano una ventina di adulti e altrettanti bambini piccoli.

L’impressione che ho ricevuto è stata quella di trovarmi di fronte a metà delle persone sconosciute. Voglio dire che non conoscevo la maggior parte delle persone. La cosa mi rallegra, perché significa che sono gente che si sta avvicinando alla chiesa.

Al tempo stesso ho sentito una certa frustrazione, perché palesemente non avevano una nozione di cosa fosse la Messa. E ciò si notava nel fatto che non rispondevano ai dialoghi liturgici, e anche nel fatto che i bambini si muovevano molto e la cosa era normale, nessuno diceva niente.

Alla fine Selenia, che è la signora che è stata più costante nella sua vita di chiesa in tutti questi anni, ha espresso un ringraziamento a nome di tutti leggendo una poesia molto carina. E anche in questo si vedeva che c’era molto lavoro da fare, perché si percepiva che era cosa più sua che di tutti.

Chi verrà ha qui un bel terreno da continuare a dissodare!

Come vi avevo scritto in altra occasione, una banca a partecipazione statale ha donato alla comunità dei terreni destinati a uno stadio, un liceo e un centro comunitario.

L’aspetto formale (il contratto di donazione) è di due mesi fa. Oggi pomeriggio si è fatto invece l’atto pubbico, con la presenza di due funzionari della banca, e dei rappresentanti di molte organizzazioni comunitarie del Guaricano. La gente ha interesse che si realizzino le cose prospettate in questa donazione, anche se ci sono settori della comunità che vogliono mettere le mani in maniera individuale su questa terra. Per questo abbiamo scelto la strada di realizzare la donazione alla comunità attraverso la chiesa, che si fa garante quindi del fatto che i terreni siano destinati effettivamente a quello che devono essere destinati.

Il mio successore dovrà mostrare i muscoli e rivendicare l’appartenenza alla comunità del terreno.

Messa pomeridiana a Los Cazabes, in quella che è ormai la Parrocchia Santa Virginia, anche se non si è visto ancora nessun documento di approvazione. L’abbiamo celebrata in una cappellina dedicata alla Madonna dell’Altagrazia di Higüey. È tanto piccola che venti persone le riempiono.

Terminando la celebrazione ho raccontato qualcosa di quello che ho visto a Cuba. La gente è rimasta meravigliata all’ascoltare i disagi e le difficoltà di quella gente.

A Santa Margarita è stata una solennità dell’Altagrazia molto speciale, per la celebrazione di tre matrimoni, uno per ognuna delle tre Messe.

Floirán e Germania al termine del loro matrimonioAlle sette di mattina, il matrimonio di Floirán e Germania, maestri (lei è anche direttrice nella serale) della nostra scuola. Un matrimonio pensato da vari anni, e che solo ora si è potuto concretizzare. Hanno sui cinquant’anni entrambi.

Il matrimonio di Willy e BeneluxAlle nove Willy e Benelux. Willy è figlio di Bilma, animatrice e ministro. Questo matrimonio mi ha riempito di soddisfazione perché ho visto come un anno e mezzo fa Willy si è riavvicinato alla chiesa dopo molti anni di allontanamento, e con lui anche la sua convivente, e adesso non si perdono una Messa insieme ai loro due bambini. Wiily e Benelux hanno intorno ai venticinque anni, e da cinque o sei convivevano.

E di sera Puro e Carmela, una coppia attempata de La Mina. Anche il loro è un tormentone, hanno avuto problemi con i documenti, e anche molti problemi economici. Pur con molte difficoltà familiari si sono mantenuti attivi nella chiesa, e la speranza è che il matrimonio sia per crescere ancora di più e continuare a seminare il seme del vangelo.

Nel pomeriggio un’aereo di Cubana mi ha riportato a Santo Domingo, dove la mia comunità, Lorenzo e le suore, mi ha accolto con molto calore e affetto.

Ho davanti gli ultimi quindici giorni, e poi si rientra in Italia.

6:10 am

All’Habana

Spostamento all’Habana, oggi, in vista del viaggio di rientro di domani.

Ho approfittato per vedere qualcosa della città. Mi ha colpito lo stile coloniale della cattedrale e la bellezza della costruzione del seminario.

Il Capitolio, nato come sede del parlamento, e oggi adibito a edificio di rappresentanza e convegni, è con il suo stile neoclassico uno dei gioielli della capitale.

Le suore brigidine mi ospitano con mille attenzioni.

Una felice scoperta, per chi visita la chiesa cubana, è la presenza nelle parrocchie dei gruppi de la Infancia misionera, l’Infanzia Missionaria.

Sono gruppi di bambini caratterizzati da una forte spiritualità missionaria: il loro scopo è aiutare il bambini a pensare in maniera missionaria, e a farsi missionari dei loro coetanei. La cosa ha un forte senso qui a Cuba, dove i quasi cinquanta anni di rivoluzione hanno fatto cadere nel dimenticatoio la presenza di Dio.

Questi gruppi sono abbastanza recenti. Sono cominciati negli anni ’90, in una parrocchia di Camagüey, e da lì si sono diffusi, prima nella rispettiva diocesi, e poi in tutte le diocesi del paese. E gli stessi bambini che vi partecipano la sentono come una cosa molto importante per la loro vita di cristiani. Ho toccato con mano questo domenica: al termine della Messa con i bambini ho dato loro la possibilità di farmi qualche domanda sulla vita dei bambini dominicani, e la prima cosa che mi hanno chiesto è stata: “C’è a Santo Domingo l’Infanzia Missionaria?”.

Questi gruppi dell”Infanzia Missionaria arriveranno anche in Repubblica Dominicana? La distanza non è molta, la spiritualità della gente è simile. C’è la speranza che succeda!

Tutti i giovedì don Federico va a fare la catechesi a varie comunità nuove sparse tra i campi di canna da zucchero.

È una vera e propia epopea. A bordo di un camion dei primi anni ottanta senza più finestrini e che non riesce a fare più dei quaranta all’ora ci si muove lungo strade sterrate che spesso e volentieri sono in mal stato. Il camion stesso solleva una nuvola di polvere, e se ci si trova con un camion davanti si è condannati a seguirlo a distanza per non affogarsi nella polvere.

Dalle sette e mezzo di mattina che si parte si arriva alla prima comunità alle nove, un po’ perché il camion va adagio, un po’ perché si raccolgono vari “missionari” (laici catechisti) che vengono con noi e che ci aiuteranno nel lavoro.

Ognuna delle quattro comunità che abbiamo visitato raggruppa una media di venti/trenta case, o forse qualcuna di più. A ricevere la catechesi c’è ogni volta una quindicina di persone, quasi tutte donne, molte di loro abbastanza giovani. La maggior parte non si sono ancora battezzate.

A mezzogiorno, a metà del lavoro, ci fermiamo sotto un albero per consumare qualche panino, e poi immediatamente la visita alle comunità seguenti.

Le comunità che abbiamo visitato oggi sono visitate ogni quindici giorni, alternate con altre. Davvero è un lavoro che si sta iniziando. Fino a un anno e mezzo fa la chiesa non aveva potuto dar loro nessuna attenzione. D’ora in avanti, con l’aiuto di Dio, continueranno a crescere e a diventare solide, e la speranza è che da essere stesse nascano catechisti in grado di portare avanti il lavoro in loco.

Ho avuto la gioia stamattina di conoscere il vescovo di Santa Clara. L’abbiamo incontrato con don Marino.

Mons. Arturo è una persona umananamente squisita. Ci ha parlato della visita del card. Bertone, a fine febbraio, e del fatto che in quella circostanza si inaugurerà un monumento a Giovanni Paolo II, edificato nella piazza dove nel 1998 tenne un incontro con i cristiani della diocesi.

La venuta del card. Bertone è un ritorno, perché è stato lui ad inviare don Marino e don Federico come missionari qui, quando era arcivescovo di Genova. I vescovi cubani lo conoscono molto bene e sono contentissimi della sua visita.

Ho avuto la gioia oggi di accogliere (come se fossi io il padrone di casa) don Marino e don Federico, di ritorno dalla Colombia. Con loro ci sono anche il fratello di don Marino e sua moglie.

Benvenuti a casa vostra!!

Stasera avevo in programma la catechesi degli adulti in una delle parrocchie di don Federico. La chiesa è veramente piccola, e in fondo alla stessa si è tenuto l’incontro di catechesi.

Erano presenti circa dodici signore, la maggior parte abbastanza avanti negli anni, e qualcuno più giovane. C’era chi si stava preparando alla cresima, chi ha in programma di sposarsi, chi viene unicamente con il desiderio di conoscere meglio il Signore.

Ho  visto molto interesse, e una discreta capacità di muoversi con la Bibbia (usano la latinoamericana come in Repubblica Dominicana), e tutte sapevano leggere meglio di come leggono in Repubblica Dominicana.

L’analisi del brano della Trasfigurazione è stato occasione per ritornare a riflettere sul significato della croce nella nostra vita, e sulla prospettiva della resurrezione che è per tutti. Uno sguardo di speranza alle nostre vite!

Un’altra cosa che mi ha colpito è stata il desiderio di queste sorelle di coinvolgere nella vita di chiesa i loro mariti e figli. I quali, lo stesso che in Repubblica Dominicana, sono lenti da questo punto di vista. Ma qualcuna di loro ha già visto frutti concreti, e hanno la speranza che attraverso la preghiera e con la pazienza li conquisteranno al Signore. E anch’io le accompagno con la mia preghiera perché questo loro sogno diventi realtà.

4:47 pm

Vescovo padre

Una bella sorpresa, oggi a mezzogiorno. La sacrestana mi telefona e mi dice che che durante una delle Messe il vescovo è passato e ha lasciato un pacco per me. Sono sorpreso e mi domando cosa mi ha lasciato.

Al scendere in sacrestia scopro un sacchetto con varie confezioni di cibo in scatola: tonno, aringhe, mais, verdure varie. Bene! Mi aiuteranno a sopravvivere in questi giorni in cui mi cucino da solo.

Di fatto mons. Arturo riesce a tenere una vicinanza molto bella con i preti e con la gente. Una Messa di quelle di oggi è venuta a celebrarla lui, sostituendo don Marino!

E ieri mi ha chiamato al telefono, per darmi il benvenuto e per assicurarmi che ci saremmo visti i giorni prossimi
Grazie, Signore, per questa squisita attenzione del vescovo!

Stamattina ho celebrato due Messe in parrocchia.

Alla prima, iniziata alle 9.15, la metà erano bambini e alcuni adolescenti. Prima della Messa, una suora di una congregazione colombiana ha preparato la liturgia insieme a loro, e ha dato qualche pennellata di preparazione alla liturgia propria di questa domenica. Un bel lavoro, che aiuta i bambini a partecipare attivamente. E di fatto alla Messa hanno letto loro, purtroppo con risultati liturgicamente scarsi, anche se la sicurezza della loro lettura è superiora a quella dei maestri della nostra scuola del Guaricano.

Alla seconda Messa, delle 10.30, c’erano i giovani, principalmente organizzati nel coro, e molti adulti. Tra le due messe saranno state circa duecentocinquanta persone.

Nel pomeriggio, invece, Messa in due comunità rurali. La prima in una cappella molto piccola, della dimensione della metà di una casa, la seconda in una vera e propria chiesa. In questa c’erano quattro battesimi di bambini piccoli. Li abbiamo fatti nella Messa, e si sono svolti bene, a parte l’inconveniente che le quattro famiglie se ne sono andate dalla chiesa al momento del segno di pace. Visto che il momento si è protratto qualche minuto, probabilmente hanno pensato che la celebrazione fosse finita. E alla fine una signora che sembrava essere una persona impegnata a livello di chiesa mi ha chiesto scusa per questo disordine che non si è riuscito a evitare. Che ci si può fare? Se succedono queste cose significa propio che c’è bisogno del lavoro dei missionari!

Oggi, sabato, ho celebrato tre Messe “prefestive” in tre comunità rurali. Sfatando il mito dell’afrocristianesimo cubano, in questi luoghi di “campo” la gente è lontanissima dalla discendenza africana tipica de La Habana. Il 95% della popolazione è bianchissima, con i capelli assolutamente lisci e tendenti al chiaro.

La cosa che più si nota, arrivando qui come prete, è l’affetto che la gente ti dà sin dal primo istante. Tutti i bambini si avvicinano per darti o ricevere un bacino sulla guancia, e anche con le donne ci si bacia, mentre con gli uomini è una stretta di mano o un abbraccio. Stesso gesto al segno di pace della Messa.

L’accoglienza più bella l’ho ricevuta in una località dove si produce ananas in gran quantità. Alla Messa tutti i bambini avevano in mano un fiore, e si sono avvicinati uno a uno a me per consegnarmelo. Alcuni adulti mi hanno invece fatto l’omaggio di ananas e guayabas.

In generale quello che si vede è che queste comunità stanno poco a poco riscoprendo il cristianesimo. Grazie a Dio, secondo quanto mi hanno detto, c’è più libertà religiosa che dieci anni fa, quando chi faceva vita di Chiesa era messo da parte nella vita sociale e lavorativa. Adesso non c’è più quell’ostilità, ma la gente è da rievangelizzare poco a poco. In realtà si vede che molti stanno tornando, e tutti mi esprimono parole di riconoscenza per i missionari e per il lavoro che portano avanti di celebrazioni, di catechesi, di vicinanza spirituale.

A prima vista la situazione della famiglia non sembra molto diversa da quella della Repubblica Dominicana. Quasi nessuno si sposa in chiesa, qualcuno in comune, e la maggior parte convivono.

Ci sono parrocchie dove l’ultimo matrimonio di una coppia di fidanzati risale a 10 anni fa. Si vedono vari matrimoni di coppie attempate, ma di giovani niente. C’è la paura di prendersi un impegno che non si sa se si sarà capaci di portare avanti.

Per i figli che crescono la prospettiva di formarsi una famiglia loro non è semplice. Farsi una casa costa troppo, il costo del cemento è uguale a quello in Repubblica Dominicana, ma qui a Cuba i salari sono troppo più bassi. E ricevere una casa dal governo non è immediato. La prospettiva più semplice per la giovane coppia è vivere nella casa dei genitori di uno dei due.

Uscita dopo cena, oggi, per un incontro di catechesi serale. Nella comunità dove siamo andati si radunano settimanalmente i bambini (con i loro catechisti), gli adolescenti/giovani (con i loro catechisti) e gli adulti (con il prete).

Vista la particolarità della circostanza (un prete in visita) la catechesi si è fatta tutti insieme, e ho dovuto inventare qualcosa che potesse arrivare ai bambini come ai grandi.

Dopo l’incontro i catechisti mi hanno spiegato che tra gli adulti la maggioranza seguono la catechesi per battezzarsi o per sposarsi. Tra di loro ho visto un interesse molto vario, alcuni molto attenti, altri abbastanza assenti. Visto che il tema era la carità concreta, in particolare verso chi non ci va giù, con la parabola del buon samaritano, alla fine ho provato a chiedere qual era secondo loro la difficoltà più grande dei cubani a vivere questo vangelo, e con semplicità un uomo sui quarant’anni mi ha risposto che è il carattere rancoroso, abbastanza tipico dei cubani. Lui stesso riconosceva di esserlo, e ammetteva di dover fare un lavoro grande con se stesso per essere vero discepolo di Gesù. Mi ha colpito la sincerità con cui ha manifestato questa sua fragilità, e mi sento impegnato a accompagnarlo con la preghiera perché superi questo aspetto del suo temperamento.

Ieri dunque il primo impatto con Cuba.

L’autopista che attraversa tutto il paese, costruita dopo la rivoluzione del 1959, è ben ampia, tre corsie per senso di marcia, ma è praticamente vuota. Il fondo è abbastanza irregolare, a 120 all’ora dà un certo fastidio. Non ci sono protezioni laterali, ogni tanto c’è la protezione tra le due corsie. più o meno ogni 50 km si vede una pattuglia della polizia o un posto di controllo, e bisogna passarlo adagio. Da entrambi i lati della strada ti vendono aglio e cipolla, ingredienti fondamentali del condimento cubano. Qualcuno vende anche una specie di torrone di noccioline americane.

Molto scarso il traffico, costituito da categorie di veicoli ben precise: ci sono le auto noleggiate ai turisti, sono macchinette piccole ma ben nuove e ben tenute; ci sono le Lada simil-124, sono dei funzionari delle aziende statali; ci sono le fuoristrada più belle e nuove, sono dei manager delle aziende più importanti; e ci sono i veicoli privati, al 90% macchine di fabbricazione statunitense dei tempi del regime di Batista: la rivoluzione le ha lasciate ai loro legittimi proprietari, e a qualche maniera, magari cambiando il motore, continuano a fare il loro lavoro.

A metà tragitto lasciamo l’autopista e ci spostiamo alla carretera central, un’altra strada che dall’Habana arriva alla punta est del paese. È stata costruita negli anni trenta, e da quel tempo non ha ricevuto molte attenzioni. Ha due corsie (ma non si vede la linea centrale). All’inizio dovevano essere quattro, mi spiega la gente, ma la corruzione del governo di Batista si è mangiata la metà dei soldi e alla fine l’ampiezza della strada è rimasta ridotta della metà. L’essere in zona agricola significa che tutti i momenti ci troviamo davanti qualche trattore o altro mezzo molto lento, e spesso dobbiamo andare a passo d’uomo in attesa che ci sia lo spazio per sorpassare.

A livello di mezzi pesanti, sono tutti veicoli vecchissimi, lo stile inconfondibile degli anni ’70. Sono migliori i pullman interprovinciali, che appaiono nuovi e ben tenuti. Ma a parte questi, il resto del trasporto è “d’epoca”. La rivoluzione ha lasciato ai loro legittimi proprietari i camion posseduti prima del cambio di regime, e questi sono stati trasformati in mezzi di trasporto per persone: alla parte di carico del camion è stata aggiunta una tettoia, dei sedili in ferro, una scaletta, e si sono trasformati in autobus. E nonostante la mancanza di confort il prezzo è elevato, troppo alto per quanto guadagna la gente.

9:22 pm

Arrivo a Cuba

Oggi pomeriggio un volo Cubana de Aviación mi ha portato a Cuba, dove passerò dieci giorni nella nostra missione. Vi lavorano don Marino Poggi, prete genovese, e don Federico Tavella, prete della diocesi di Chiavari.

L’aereo, un IL-62, colpisce per lo stato trasandato in cui si trova. Gli arredi di bordo hanno la vernice scrostata, nei bagni i dispensatori di sapone liquido sono vuoti, un’antigienica saponetta cerca di supplire senza riuscirvi. Non ci sono salviette di carta, un solo rotolo di carta igienica in uno solo dei due bagni. E pensare che per due ore di volo paghi poco meno della metà di quello che costa un viaggio a Genova, otto ore sorvolando l’Atlantico più un’ora e mezza di volo in Europa. Per quello che ho pagato mi aspettavo molto di più!

All’aeroporto non c’erano né don Marino né don Federico, perché entrambi si trovano qualche giorno in Colombia, ma mi raggiungeranno presto. Un parrocchiano era incaricato di venirmi a prendere.

Sono in partenza per Cuba, dove rimarrò fino al giorno 20, ospite (e sositututo i primi giorni) di don Marino e don Federico.

Ci rileggiamo tra dieci giorni. Vi racconterò qualcosa della missione di là.

A presto!

Il Progetto di Centro Educativo nella sua versione aggiornata era in cantiere dal mese d’agosto. Era rimasto lì, in attesa di dedicarci un po’ di tempo e di amore, e di mettere a posto le varie modifiche suggerite principalmente dai maestri.

Adesso, grazie a qualche oretta dedicatagli nelle vacazioni natalizie, è a posto. C’è più soltanto bisogno di fare le fotocopie e di rilegarlo, in tre esemplari, uno per la primaria, altro per la serale e l’ultimo per il liceo.

Inoltre giovedì della settimana prossima (in mia assenza, ma pazienza) si farà una “cerimonia di promulgazione” dello stesso, presenti i direttori, i maestri, il resto del personale, l’Associazione dei genitori, e le rappresentanze degli studenti.

L’idea è che questo gesto rafforzi il protagonismo di tutti nella scuola, li faccia sentire che li si tiene in conto tutti, e non solo all’ora di esigere il lavoro. Miguel, Matilde, Nidia e Germania si incaricheranno di mettere a punto i dettagli della celebrazione. A me riferiranno al mio ritorno da Cuba.

… devo dire che finalmente riusciamo a comprare la casa da mettere a disposizione della signora malata de La Mina.

Ci abbiamo messo tanto un po’ per la lentezza dell’avvocato, un po’ per tante altre cose da fare, un po’ per capire bene in che maniera si poteva redigere il contratto.

Spero che domani mattina risolviamo tutto.

Tenendo presente che avevamo del riso donato da far arrivare al seminario prefilosofato, ho approfittato per accompagnarvi Heriberto, il mio figlioccio.

È stata un’occasione bella per chiaccherare un momento con il padre Cecilio de los Santos, che è l’attuale rettore di quel seminario. È un fratello prete che stimo tantissimo, perché esprime con la bocca e realizza nella vita una disponibilità molto bella al Signore, un’obbedienza concreta al vescovo che in nove anni di ministero l’ha già portato a cambiare cinque realtà diverse, e non per voler cambiare lui, ma perché il vescovo glielo chiedeva. Tutte le volte ha detto un sì pieno di generosità al Signore.

È un prete che considero un prete modello. Un prete al quale c’è da augurare che diventi vescovo!

Sono dietro a riordinare l’ufficio parrocchiale. Sulla scrivania in questi ultimi mesi si sono accumulate tante scartoffie, o meglio, tanti documenti da riordinare. Poco a poco li sto mettendo a posto, così come sto seguendo il processo di immissione dati del Fondo Prestiti. Siamo a buon punto, al ritorno da Cuba devo fare la messa a punto finale.

Mi manca ancora preparare i conti delle due parrocchie da mandare alla curia di Santo Domingo, così come i conti della missione dell’ultimo anno (o degli ultimi due anni?).

La festa della beata Maria RepettoFesta bella della beata Maria Repetto, stamattina, al consultorio.

La foto non è gran che a causa di un settaggio sbagliato della macchina fotografica (sensibilità 800 asa, l’ideale per metterci un sacco di rumore)

10:15 pm

L’Epifania

Per l’Epifania ai gruppi liturgici piace inscenare l’arrivo dei magi e la presentazione dei doni a Gesù bambino. E anche quest’anno i magi sono arrivati davvero, all’offertorio, portando a Gesù oro (alcune gioie di qualche animatore di comunità), incenso (in pezzi di corteccia, non so dove l’anno preso, o se erano rametti di cannella) e mirra (non so cosa era).

A riceverli una veridica Maria quindicenne, con in braccio un non altrettanto veridico Gesù bambolotto. Alle sue spalle Francisco, il portiere della scuola, nei panni di San Giuseppe.

Questo a Betania (Santa Margarita).

Invece a Jacagua non c’è stato niente di speciale da parte loro. Ho provveduto io a inventare un gesto simbolico per tutti i bambini: lasciarsi togliere il cuore ed andarlo a deporre sull’altare, per offrirlo a Gesù: un gesto di maggior valore di quello che hanno fatto gli stessi magi. E la cosa bella è stata poi che i bambini si sono lasciati inviare dagli adulti, e hanno ricevuto il cuore di ognuno di loro e l’hanno portato pure quello sull’altare. Il gesto ha commosso tutti, e spero che rimanga nel cuore di tutti come un ricordo che li aiuti (o ci aiuti) a vivere davvero il dono del nostro cuore a Gesù.

3:05 pm

Acqua e freddo

Un fronte freddo piovoso, proveniente da Cuba e annunciato dai servizio metereologici da qualche giorno, da ieri è sulla nostra isola, dove ci porta temperatura “fredde” (18 gradi di notte) e piogge abbondanti. Anche se non c’è paragone con la quantità di acqua piovuta in occasione delle due ultime tormente tropicali.

Sembra che domani smetterà di piovere, ma la temperatura si abbasserà ulteriormente a causa del sistema di alta pressione che sostituirà le nuvole. Siamo tutti ben attrezzati con giubbotti e giacchette!

A Puerto Plata, tutti insiemeSpenti ormai i riflettori della folla della Messa di Consegna, il giorno di oggi ha avuto un carattere comuntario, o meglio, “familiare”.

Abbiamo preso su con le suore e ci siamo diretti verso Puerto Plata, dove la teleferica di costruzione italiana ci ha portato a un parco naturale soprelevato di 800 metri da cui si domina (se non ci sono le nuvole basse e una pioggia insistente come quelli che abbiamo trovato noi) tutto il litorale del centro turistico di Puerto Plata.

In pratica, come avrete capito, la vista non ce la siamo goduta. Anche il momento del pranzo, preparato con tanto amore dalle suore prima di partire, è stato in un posto umido dove non ci si poteva quasi sedere, ma ciò non ha impedito che la gita sia stata per ognuno di noi un momento molto bello e piacevole.

A differenza degli ultimi tempi, in cui non riuscivo neppure a concepire l’idea di mettermi in viaggio, oggi il Signore mi ha messo un desiderio bello di condividere questo momento con don Lorenzo e con le nostre care suore. Tra l’altro è stata la prima volta che siamo usciti con la presenza di suor Paolina, che è qui solo da alcuni mesi ma che si è già fatta amare tanto, e non solo da noi, ma anche da tutti quanti l’hanno conosciuta.

Le suore nel parco in cima alla teleferica di Puerto PlataLa teleferica è effettivamente qualcosa di bello, merita prenderla nonostante le condizioni non siano state per noi buone. E in cima c’è un ambiente al tempo stesso selvaggio e ben curato, nel cuale abbiamo passato buona parte dell’ora di mezzogiorno.

Suor Cristina con l'L’ultima parte della giornata è stata dedicata al malecón di Puerto Plata, dove si alternano tratti di spiaggia e roccie coralline simili a quelle presenti sul litorale vicino alla capitale. Ed è stato bello anche giochicchiare agli effetti speciali con la macchina fotografica.
Prima del ritorno la visita d’obbligo alle suore del monastero della Visitazione. Con loro la nostra comunità missionaria ha un rapporto bellissimo. Dal 1999, anno in cui io e le suore siamo stati da loro per un ritiro di quattro giorni, fino all’estate scorsa, in cui suor Serafina ha passato una settimana con loro in silenzio, tutti gli anni hanno ricevuto nostre visite. E è stata la Missione che ha regalato loro la campana che scandisce i loro ritmi di preghiera.
Con le suore del monastero della Visitazione di Puerto PlataL’incontro è stato quindi una cosa molto bella e significativa. Soprattutto suor Modesta, suor Blessila e suor Cristina hanno con loro un rapporto estremamente vivo e attento, e da parte loro le monache ci hanno accolto, come sempre, con grande gioia. Una cosa bella che abbiamo trovato è che rispetto all’ultima visita la comunità è più piccola: ed è una cosa bella (checché possiate pensare) perché la ragione è che hanno aperto una fondazione a Higüey, e per questo la comunità si è sdoppiata.

Il ritorno in macchina è stato ancora sotto l’acqua, ma grazie a Dio non ha avuto inconvenienti. È stato, come tutti gli altri momenti di questo viaggio, un condividere sereni e contenti la gioia di essere comunità unita in Cristo!

Grazie per questa comunità, Signore! Mi mancherà quando sarò a Genova!

P.S.: In molte foto suor Cristina non si vede perché è dietro alla macchina fotografica!!!

Con mons. Cedano nella Messa di Consegna e SalutoDopo il saluto del Nunzio, ieri sera in cattedrale, oggi è toccato a me e a don Lorenzo.

In una Santa Margarita ben piena di gente delle due parrocchie, mons. Pablo Cedano, vescovo ausiliare, ha effettuato l’atto di ricezione delle due parrocchie di Santa Margarita e della Divina Misericordia da parte della Missione Genovese.

Questa Messa ha segnato quindi la conclusione “formale” del lavoro della Missione della nostra Arcidiocesi di Genova in Guaricano.

Ho usato l’aggettivo “formale” perché in realtà né io né Lorenzo ce ne andiamo domani, sarà probabilmente verso fine mese. Io ho da finire di mettere a posto un bel po’ di cose, soprattutto a livello di resoconti economici e altre faccende amministrative. Mentre che a livello della pastorale mi ero organizzato perché in questi giorni potesse già lavorare il successore o i successori, che saranno del clero diocesano di Santo Domingo.

In realtà i nuovo preti non ci sono ancora. Nella Messa mons. Cedano ha detto che probabilmente uno di loro è stato individuato, ma che bisogna risolvere il problema di chi lo va a sostituire, e di chi sostituisce il sostituto, ecc. E che però ha fiducia che per la domenica 13 possa essere già in parrocchia.

Il gruppo dei preti e diaconi presenti alla Messa di SalutoCi ha accompato il padre Ramón Suero, vicario zonale, il padre Abraham insieme a un amico francese che era in visita da lui. C’erano Marcial e Juan Luis, i nostri diaconi, due diaconi transitori e molti chierichetti sull’altare. Non mancavano i nostri seminaristi, sempre attenti e presenti nei momenti importanti così come in quelli meno significativi.

Mons. Cedano ha parlato della riconoscenza dell’Arcidiocesi di Santo Domingo per il lavoro portato avanti dalla missione, prima con don Lino e don Giulio, per continuare con il sottoscritto, don Lorenzo e don Franco.

Al momento della presentazione dei doni è stata portata all’altare una bandiera dominicana, che è stata subito dichiarata di mia proprietà perché in un gesto istintivo me ne sono fasciato il corpo, come segno di affetto per questo popolo in mezzo al quale ho lavorato per nove anni. E lo stesso ha fatto don Lorenzo alla fine della Messa, strappando l’applauso dei fedeli commossi.

Alla fine ho avuto modo di chiedere scusa per tante piccole e grandi situazioni dove ho mancato verso questo o quello.

Molti abbracci dopo la Messa, per molti venati dalle lacrime. Personalmente in questi momenti non sento tanto la tristezza quanto la gioia di continuare a servire da un’altra parte.

Marcial ha provveduto a preparare un piccolo rinfresco per i due consigli pastorali delle due parrocchie, e con questo si è conclusa in bellezza la serata.

Ho sentito, e credo che pure Lorenzo l’ha sentito, il calore umano del popolo del Guaricano. L’hanno espresso, con la loro presenza e con vari piccoli segni tangibili. Partirò da qui con il cuore gonfio di affetto ricevuto e dato, segno entrambi dell’affetto del Signore verso di me.

La Messa di saluto del Nunzio ApostolicoIl nunzio apostolico in Repubblica Dominicana, mons. Timothy Broglio, è stato nominato Ordinario Militare negli Stati Uniti, e presto partirà da qui.

La comunità cattolica del paese gli si è stretta attorno stasera nella cattedrale, presenti tutti i vescovi dominicani, una trentina di preti di tutte le diocesi e un buon numero di laici.

Le cose che più mi hanno colpito sono state due:

  • La predica di mons. De la Rosa, arcivivescovo di Santiago, che ha messo in evidenza la duplice funzione svolta da mons. Broglio: nunzio presso lo stato dominicano e delegato apostolico presso la conferenza dell’episcopato dominicano. Mons. De la Rosa ha fatto emergere il lavoro che come delegato apostolico mons. Broglio ha realizzato dietro le quinte, e che l’episcopato tutto ha molto apprezzato.
  • Le parole di saluto finale del nunzio, semplici, ma dette col cuore, chiedendo anche perdono per le infedeltà con cui ha realizzato la sua missione. Lo stile semplice e familiare è arrivato al cuore di tutti, e ha strappato un applauso scrosciante.

L'abbraccio affettuoso a mons. Timothy BroglioE di fatto anche la nostra missione si è sentita molto vicina a questo nunzio. Don Franco amava ripetere che mons. Broglio è una persona che riconcilia con le istituzioni. Di fatto anch’io posso dire che se la parola “nunzio” non è più per me solo una funzione si deve alle attenzioni e alla disponibilità che mons. Broglio ha avuto verso le nostre parrocchie: è venuto molte volte in questi sei anni del suo ministero, a volte per le cresime, altre per feste patronali, altre per celebrazioni particolari, come quando l’anno scorso in novembre ci ha accompagnati nella marcia per la vita contro l’aborto e ha celebrato la Messa conclusiva.

Un grazie grande a te Signore, per questo tuo servo e per quanto ci hai fatto amare la Chiesa attraverso di lui!

Da qualche giorno il mio intestino è popolato da “abbondanti batteri”, secondo quanto recita l’esame che mi sono fatto.

Auguro loro di poter ricevere presto un funerale, se possible cristiano, di essere seppelliti nella loro amata terra domenicana e di lasciarmi in pace. Riposeranno, loro in pace e io in piedi, e staremo meglio tutti. Grazie!

Le chiese rimangono mezze vuote qui il primo dell’anno (probabilmente come in Italia…).

La sera prima si vedono faló nelle strade, e i ragazzi tirano petardi. C’è parecchia gente che si passa la notte nel colmado, tra birra e rum e al ritmo della bachata.

La gente di chiesa magari non se la passa bevendo, ma molti aspettano l’anno in casa, anche senza la tradizione della cena.

Così da anni a Santa Margarita non facciamo la Messa delle sette del primo dell’anno, e la gente si concentra in quella delle nove e mezza. E alla Divina Misericordia l’orario slitta dalle sette alle otto. Per qualcuno c’è ancora la possibilità di partecipare a quella della sera. Ma la cosa triste è che la metà della gente in giorni come questi perde la Messa.

Don Franco picchiava duro sulla disinvoltura con cui la gente perdeva Messa e continuava a fare la comunione, io vado un po’ più morbido ma tutte le volte che posso faccio un richiamo.

E per noi, in casa, sono giorni sereni, con un bel clima di festa, la nostra piccola comunità fatta di due preti e quattro brave suore.

Grazie per loro, e grazie per tutta la gente di qua, Signore!

Come di tradizione, stasera abbiamo ringraziato il Signore dell’anno trascorso.

Qui non si parla di Te Deum. Può essere che in qualche parrocchia ricca della città facciano il canto latino, ma qui da noi è improponibile. Quello che facciamo è un’ora di adorazione centrata soprattutto nel ringraziamento, e un momento di ringraziamento un po’ più corposo del solito al termine della Messa.

La gente sente la bellezza di questo momento, che quest’anno per molti aveva una vena di tristezza a causa della prossimità della partenza della missione, ma la partecipazione non arriva neanche lontanamente a quella della Messa dominicale.

Don Chicco e gli Amici del Guaricano sono ripartiti stamattina per Genova.

La loro visita è stata oltremodo significativa. È stato per noi sentire come in questo momento prossimo alla partenza Genova ci viene a dire che sta con noi.

Grazie quindi a loro, ma anche a tutti i genovesi che loro hanno rappresentato e che ci hanno mandato espressioni di saluti e di preghiere.

E grazie a te, Signore!

Le nozze di Héctor e GlennysGlennys, professoressa della nostra scuola, si è sposata stasera.

Il matrimonio non è stato pienamente “secondo le regole”, perché si erano sposati in comune già un anno fa. In questi mesi Héctor ha maturato in maniera molto bella la decisione che il loro fosse un matrimonio nel Signore.

Complimenti a questa nuova famiglia cristiana!

Oltre alle liceali che immettono i dati nel programma del Fondo Prestiti, a partire da oggi ci lavora anche Aracelis, una giovane che da lezioni di contabilità alla omonima sezione del liceo. Le ho chiesto che mi riveda il lavoro delle studenti.

Nel frattempo io continuo a implementare le funzioni che mancano. Siamo quasi a posto.

Purtroppo nei prossimi giorni non avrò al mio fianco Edilenia, la segretaria della parrocchia, il cui lavoro è preziosissimo, soprattutto in questi giorni. O meglio, non so se potrà venire e lavorare. Ma ho fiducia nel Signore che le cose si risolvano.

Don Chicco e i vecchi Amici del Guaricano con mogli e fidanzateUn caloroso benvenuto a don Francesco Di Comite e ai giovani che l’accompagnano, e che sono arrivati oggi pomeriggio al Guaricano.

Tre di loro sono “veterani”:

  • Stefano Belfiore, che aveva passato al Guaricano un mese quando era appena laureato in medicina nel 1999 e che poi è ritornato due anni dopo con il gruppo.
  • Stefano Marsili e Gino Repetto, entrambi venuti con il primo gruppo degli Amici del Guaricano, trasformatosi poi in Movimento Giovanile Missionario.

Tutti e tre sono accompagnati dalla fidanzata (Stefano Belfiore) o moglie (gli altri due). Per le tre ragazze è la prima permanenza, vedono con gli occhi della realtà ciò di cui avevano fino ad adesso solo sentito parlare.

Si fermeranno con noi fino al 31, pochi giorni, ma giorni che saranno vissuti con amore, per portare ancora una volta il calore e l’affetto di Genova alle comunità di qui.

Un abbraccio di benvenuto a tutti!

Sembra che vada in porto finalmente l’acquisto del terreno di fianco a Santa Margarita, dove fino al 2004 era situato il consultorio.

Alcune settimane fa ho mandato una lettera alla proprietaria, facendo presente che la missione se ne andava, e che quindi se voleva venderlo (a noi, ma realisticamente data la posizione non ci sono moltre altre alternative) doveva farlo subito.

E di fatto sembra che il prezzo che lo pagheremo sia un po’ inferiore a quello che si sarebbe pagato in passato. Per i soldi ci sono quelli che dovevamo usare per costruire la chiesa della Divina Misericordia, che non si è potuta fare per ragioni che vi ho spiegato a suo tempo.
Per la parrocchia di Santa Margarita è un acquisto necessario, perché la “chiesa”, che in realtà è ancora una tettoia, anche se ben accogliente, è “stretta” da quel terreno, e per qualunque sviluppo futuro (canonica, opere parrocchiali, ecc.) c’era bisogno dello sbocco offerto dal terreno che stiamo comprando.
Vi saprò dire!

9:00 pm

Foto ricordo

Oggi, giorno di natale, ho portato la macchina fotografica a Santa Margarita, e dopo le Messe ho invitato la gente (chi voleva) a farci una foto insieme. Me le porterò in Italia, e se ce la faccio le stampo per i diretti interessati. Qualcuno mi ha chiesto la foto, ad altri la regalerò di mia iniziativa, chiederò loro di accompagnarmi con la preghiera.

Natale con la famiglia di Laura e MarioA molti ha fatto molto piacere la cosa, e una buona parte di queste persone sono amici e famiglie carissime, che mi sarà più facile continuare ad amare al ritornare a vedere le foto con loro.

La statua dell'Altagracia pitturata da LorenzoIn occasione del Natale qui si rende più bello tutto, e anche Lorenzo ha fatto un lavoretto molto carino pitturando, in maniera molto delicata, la statua dell’Altagrazia che abbiamo in giardino.

Le suore posano con don Lorenzo di fianco alla statua dell'AltagraciaLe foto parlano da sole.

Complimenti, Lorenzo!

Il coro dei giovani della Divina MisericordiaLa Messa del Gallo (così si chiama qui la Messa di Mezzanotte) della Divina Misericordia l’ho trovata quest’anno un po’ moscia.

Non c’era tanta gente, e soprattutto mancavano completamente i segni della notte di Natale: i campanelli da suonare al Gloria, e soprattutto il bambinello da venerare alla fine della celebrazione. Speriamo che ci possano essere per l’anno prossimo!

Non per questo però non me la sono goduta. Personalmente sento molto il fascino del mistero di Dio che si fa uomo, che ci accompagna, che fa sua la nostra umanità.

Un buon Natale a tutti!!!

La vigilia di Natale qui tutti sono indaffarati: a preparare la cena, che è il momento dell’anno più forte di incontro della famiglia, sia a pitturare la casa o a mettere a posto qualcos’altro.

A Betania i nostri seminaristi hanno pitturato il presbiterio, facendo sparire alcune macchie di umido che si erano generate in occasione della tormenta Noel di Novembre.

Alla Messa delle nove di oggi abbiamo avuto due battesimi di bambini piccoli, nipoti di Dany, la responsabile del settore Betania.

Fatti nella Messa con la presenza della comunità assumono un carattere marcatamente più ecclesiale, e diventano una chiamata alle rispettive famiglie a vivere una vita cristiana più intensa.

Uno dei bambini è figlio di Kenia, la segretaria del liceo, e l’altro è una cuginetta. Kenia vive una bella vita di chiesa, seguita (ma con meno entusiasmo) dal marito. La sorella di Kenia un po’ meno, e il marito della sorella ancora meno.

Alle due famiglie gli auguri più vivi di una vita cristiana piena!

P.S.: questi due battesimi mi rinfrancano un po’ sul versante di questo sacramento, perché a Santa Margarita, a differenza della Divina Misericordia, ultimamente non se ne fanno molti. E non è che non ci siano bambini! La mia impressione è che si sia generata una percezione che esigo troppo. E di fatto cerco di chiedere alle famiglie di impegnarsi nella vita di chiesa. Potrebbe essere che ho passato i limiti, e la gente aspetta che me ne vada per battezzare i figli con meno difficoltà. Se ciò è vero la mia partenza sarà “provvidenziale”. Nella mia preghiera chiedo al Signore che la gente possa battezzare con gioia i propri figli!

Il nostro ultimo “impegno” festaiolo è stata la cena della Zona Pastorale di Villa Mella (qui si chiama zona pastorale l’equivalente dei vicariati di Genova), che era per i preti (come sempre), per i diacono permanenti con le rispettive mogli (come già da qualche anno), e quest’anno anche per i ci coordinatori parrocchiali del piano pastorale.

Don Lorenzo e Carmen alla cena della Zona PastoraleIl “risultato” è stato il seguente: i diacono c’erano tutti (o quasi), con le rispettive mogli; i laici coordinatori del piano pastorale c’erano (quelli delle parrocchia che le anno, in pratica ce n’erano sette o otto su ventisei parrocchie che ha la zona); i preti erano praticamente assenti: oltre al vicario di zona e il suo curato c’eravamo io, don Lorenzo, il padre Hipólito, e quasi alla fine sono arrivati i padri Nelson e Candelario, in tutto sette, assenti quattordici. Mancavano tutti i neo catecumenali (sono cinque nella zona), che celebrano l’Eucarestia delle loro comunità a partire dalle otto di sera, e altri preti diocesani che apparentemente non si sono scusati.

Alla cena natalizia della Zona Pastorale con il padre Nelson e il padre CandelarioIn prospettiva pastorale è stato una cosa abbastanza deprimente. Personalmente l’ho vissuto come un momento bello che ho condiviso con i nostri diaconi e mogli e con Carmen e Cristino, incaricati del piano pastorale delle due parrocchie.

Adesso, in effetti, ricordo che anche l’anno scorso la partecipazione di preti fu molto scarsa: si era preparato per trenta persone e c’eravamo solo dodici, e la maggior parte del cibo se l’è portata a casa la gente.
L’impressione è che per il futuro la zona dovrà cercare formule diverse, se vuole che a questi momenti partecipino i preti.

Per terminare in bellezza la preparazione al Natale la Pastorale Giovanile ha organizzato un ritiro per i responsabili.

E di fatto c’erano quasi tutti. Non è durato molto, per la concomitanza con l’aguinaldo, stamattina all’alba, in sostanza è durato dalle undici e mezza fino quasi alle cinque, ma è stato bello e, spero, utile.

L'istruzione di suor Cristina al ritiro della Pastorale GiovanileIn quello che rimaneva della mattinata suor Cristina ha presentato il senso delle varie festività natalize. Nel pomeriggio poi è stata la volta mia con una catechesi sul mistero dell’incarnazione, a cui è seguito un momento di deserto.

La ragnatela, con le relazioni che diventano esplicite tra i membri della pastoraleAbbiamo poi concluso con una dinamica di gruppo (la ragnatela) che aveva lo scopo di farci scoprire in che maniera siamo gli uni per gli altri rivelazione di Dio, e quale sogno ha Dio su ciascuno di noi. Ultimissima cosa, poi, c’è stato lo spazio per alcuni dialoghi personali volti a permettere a chi aveva avuto scontri di riconciliarsi con l’altro. E credo che con questo si sia concluso in bellezza.

Vi voglio scrivere i nomi di questi giovani, ognuno di essi ha una ricchezza grande, e io sono sicuro che anche dopo la mia partenza continueranno a lavorare per i giovani del Guaricano: sono Rosanna, l’attuale responabile della pastorale giovanile, Francisca, Ladys, Yúdith, che per alcuni mesi aveva fatto cammino vocazionale con le nostre suore, José, Willy, Silvia, Joselín, Virginia, e i nostri seminaristi: Miguel Ángel, Heriberto ed Elvis.

Non erano presenti, ma sono ben attivi, Yónatan, Raquel, Noni e Yoel.

Il prossimo appuntamento con loro sarà una pizza preparata da don Lorenzo nei giorni dopo Natale.

Questi giovani sono una ricchezza grande delle parrocchie, che con gioia continueranno a lavorare con il parroco che venga qui.

8:38 am

Aguinaldo

C’è stato stamattina l’aguinaldo nelle due parrocchie.

Settore per settore, la gente si è riunita a partire delle cinque e ha cominciato a girare per le strade, cantando canti natalizi e accompagnandoli con il ritmo di percussioni improvvisate: tamburi casarecci, bastoni, güiras, e quanto altro potesse far rumore.

Alcuni settori hanno potuto coinvolgere gruppi di giovani di bande, che hanno prestato il loro “servizio” aggiungendo ancora più rumore, grazie soprattutto a tamburi ben grandi. Questi giovani sono arrivati alla chiesa, dove si sarebbe poi celebrata la Messa, accompagnati dalla loro bottiglietta di rum, alcuni di loro probabilmente avevano passato la notte in festa e bevendo. Non si sono fermati alla Messa, ma per lo meno hanno partecipato in qualcosa che era della Chiesa, e la speranza è che si siano identifiicati un po’ di più con essa.

La partecipazione della gente è stata buona, perché se si fossero fermati a Messa i gruppi di tigres non sarebbe bastato lo spazio de la chiesa.

Ancora un pranzo! Della scuola: liceo, primaria, e serale, tutti insieme (quelli che c’erano, mancavano una ventina di persone).

La gente era stata convocata per mezzogiorno, ma a quell’ora c’eravamo in quattro di cento che dovevano arrivare. Poco a poco sono arrivati gli altri, e verso l’una e mezza c’eravamo quasi tutti.

il gruppo dei Mariachi al pranzo di Natale della scuolaCon gli ultimi sono apparsi anche un gruppo di persone che in realtà non si aspettavano, o non si sapeva se sarebbero venuti: i Mariachi, un gruppo musicale di Santo Domingo che canta musica ranchera messicana. Sono stati portati da un poliziotto che abbiamo in assignazione alla scuola, e che abbiamo messo a insegnare musica agli studenti che lo desiderano. È membro di quel gruppo, dove suona la tromba. Quando Miguel gli ha parlato della festa e l’ha invitato, ha invitato il suo gruppo, ed è stata festa grande.

Sì, perché hanno cantato varie canzoni di musica molto dolce e ballabile, hanno dedicato a me una canzone che parla di un caro amico (in vista della mia partenza), e hanno continuato con vari pezzi, tutti molto belli e ben realizzati. Il tutto rivestito dei tipici costumi messicani, in tinta nera, e con un altrettanto nero e vistoso sombrero in testa.

Pepe, premiato!Il resto della festa, a parte il mangiare, è stato occupato dalla consegna di diplomi personalizzati a tutto il personale, e di targhe ai direttori docenti. Ai membri dell’Associazione dei Genitori è stato consegnato un regalino, segno della gratitudine per tanto lavoro svolto con amore tutti i giorni. Anche a me hanno consegnato un regalino, che sarà certamente utile (camicia e pantaloni ben eleganti).

Edilenia ringrazia a nome di tuttiNon sono mancati i discorsi di rito, vari di essi allusivi alla mia partenza, e con tutti ci siamo dati appuntamento per giovedì 3 gennaio, che sarà il giorno in cui mons. Cedano, il vescovo ausiliare, verrà a ricevere la parrocchia, e che quindi sarà la data in cui ufficialmente terminerò il mio servizio qui.

Probabilmente voi non potrete esserci fisicamente, ma conto sulla vostra vicinanza spirituale e sulla vostra preghiera.

Un abbraccio a tutti!

9:06 pm

Altre nozze

È toccato stasera sposarsi a una coppia mezza matura, Dionisio e Magdalena. Lui è professore nell’Oscus, e viene da un passato di catechista (quando era giovane), e lei è avvocata. Non hanno figli e sembra che non ne possano avere, ma in compenso hanno una fede grande un vivo desiderio di mettersi al servizio del Signore.

Grazie, Gesù, per il loro entusiasmo!!!

Sono stato stamattina al Ministero dell’Educazione, convocato da una funzionaria del dipartimento dei collegi privati, da cui dipende il nostro liceo.

Da quanto ho capito non possiamo continuare ad essere un collegio privato semiufficiale come siamo adesso, perché la percentuale di personale pagato dallo stato è troppo alta.

Mi sono state proposte due cose: o “restituire” allo stato una parte dei maestri che paga, nel senso di metterli a lavorare in qualche scuola pubblica, la qual cosa equivarrebbe a allontanarli dal nostro centro educativo, oppure cambiare il nostro status da quello di collegio privato con aiuto dello stato a quello di centro pubblico.

Di fatto la prima ipotesi implicherebbe che la quota di personale pagato sarebbe più grande, e a questa maniera sarebbe molto più alta la contribuzione pagata dalle famiglie. E nessuno vuole che questo succeda, perché, nonostante le borse di studio che le generose donazioni di molti ci rendono possibili, il carico diverrebbe insopportabile per molti.

Rimane quindi la soluzione di passare alla modalità pubblica, cioè con tutto il personale pagato dallo stato. La cosa che fa paura in questa soluzione è che da parte soprattutto dei maestri ci si accodi agli standard dei licei pubblici, con scioperi, assemblee, e altre cose che alla fine fanno perdere un sacco di tempo utile per le lezioni. Ma sembra che i professori non siano dell’idea di rinunciare all’impostazione che si è data finora, e che  possa essere possibile assumere l’impegno di mantenere lo stesso standard di qualità.

Con l’aiuto della preghiera di tutti sono sicuro che ce la faremo. Anche se necessariamente il processo dovrà essere guidato da qualchedun’altro. In bocca al lupo, dunque, io sarò dietro le quinte con la preghiera!

L'équipe completa del consultorio presente al pranzo di NataleDa un pranzo all’altro. Dopo quello del Centro di Nutrizione, oggi è toccato al personale del consultorio.

Da parte mia ho faticato ad arrivarci, perché sono stato in città vi ho incontrato il traffico bestiale dei giorni prima di Natale. Ma sono riuscito a divincolarmi e ad arrivare entro il tempo massimo.

C’erano tutti i medici, l’infermiera, la farmacista, la segretaria e, naturalmente, le suore e don Lorenzo. Non mancavano le donne delle pulizie e le cuoche, e la cara Yajaira, che don Lino ha salvato da una vita di violenza e di cui Elba, una delle cuoche, si è fatta madre amorosa.

Le nostre suore dopo la festa del consultorioAlla fine lo scambio dei regali, reso più vivo e allegro dallo stile di scherzo che le suore hanno saputo dare a questo momento.

Abbiamo passato un momento sereno, in famiglia. Grazie, Signore!

Alcuni dei bambini presenti al pranzo di Natale del Centro NutrizionaleAnche quest’anno i bambini del Centro Nutrizionale hanno festeggiato il Natale, con una festicciola in cui al mangiare si sono uniti alcuni regalini e la presenza festosa di Babbo Natale.

Le suore posano con Babbo NataleLe suore già da ieri erano tutte indaffarate per preparare l’ambiente e i regali, e perché soprattutto non mancasse il “sacchetto” con gli alimenti da portare a casa per supplire alle vacanze natalizie del Centro.

Abbiamo sentito la mancanza di Taína, che l’anno scorso aveva interpretato con tanto amore la figura di babbo Natale, e che è stata assunta questa volta da uno degli ospiti più grandi del Centro. In compenso suor Paolina, la nuova arrivata, ha sparso amore a piene mani.

Don Lorenzo e suor Modesta alla festa del Centro di NutrizioneAnche don Lorenzo non ha mancato di dare amore ai bambini, condividendo con loro questo momento bello e sereno.

10:10 pm

Najayo

Najayo è una carcere abbastanza vicina a Santo Domingo, situata nei pressi di San Cristobal.

C’è lì dentro un signore della parrocchia, accusato da una ragazzina di averla violentata quando aveva sette anni. Ovviamente lui si proclama innocente, ma altrettanto ovviamente la giustizia l’ha rimandato a giudizio, ed è recluso in attesa del processo.

Il tipo è abbastanza sereno, e spera di riuscire in qualche maniera ad evitare il processo. Ha preso la sua permanenza in carcere con fede, e il suo atteggiamento moralmente ineccepibile gli sta attirando la simpatia e il rispetto dei compagni di cammino.

Ma quello che mi ha colpito di più in questa visita è stata la condizione della carcere. La cella dove dorme questo signore è abitata da più di cento (sic!) persone. La cella ha dimensioni approssimate di dieci metri per otto. Colpisce, all’entrarvi, che lo spazio che si vede disponibile è soltanto un corridoio di un’ampiezza di due o tre metri. Ai lati del corridoio, dentro alla cella, delle pareti di playwood delimitano dei cubicoli dove hanno la loro “stanza” la maggior parte di reclusi di quella cella. Gliel’hanno comprata a quelli che c’erano prima, e all’andarsene la venderanno a qualcuno di quelli che rimangono. Che fino ad allora dovranno probabilmente accontentarsi di essere parte del gruppo di 30 persone che tutte le sere dorme per terra nel corridoio centrale.

Da parte sua, il nostro amico vive in una “stanza” di un metro e mezzo per due. Ha le pareti di cartone. Dentro ci sta un solo letto, nel quale lui dorme testa contro i piedi con un compagno. Un altro compagno dorme per terra su un pezzo di stuoia. Il nostro amico paga un “affitto” di 100 pesos (2 euro) al mese a quello che gliel’ha messa a disposizione. Invece se un giorno si comprerà qualcosa di più decente lo pagherà sui quattromila pesos (circa 80 euro), e sarà (sic!) suo!

All’interno del carcere colpisce la presenza di luoghi di preghiera: in vari angoli del carcere ci sono gruppi di evangelici che predicano, con un altoparlate a pile, accompagnati da tamburi e güiras. Ma non sono predicatori che vengono da fuori, sono degli stessi reclusi. Mi è stato spiegato che a livello cattolico non c’è nulla di equivalente. C’è solo un diacono che da più di trent’anni visita la carcere quasi tutte le settimane, e la domenica fa una celebrazione della parola.

Questa visita mi ha scosso abbastanza. Davvero sono condizioni disumane. Ti domandi perché non si investono un po’ più di soldi per migliorare loro la vita. Ma probabilmente me ne andrò dal paese senza ricevere risposta.

A differenza della celebrazione penitenziale di Santa Margarita, quella della Divina Misericordia ha sofferto il vizio opposto: a confessare c’eravamo solo io e Lorenzo, mentre la gente è venuta abbastanza numerosa.

Dico “abbastanza” perché in realtà non è che ci fosse la folla. C’erano un centinaio di persone (fate conto che a Messa ne vengono circa trecento), ma per esserci solo in due a confessare erano quasi troppe. Da prima delle sei abbiamo finito quasi alle nove!

Da parte mia ho cercato di approfittare dell’occasione che era l’ultima mia celebrazione penitenziale per dare molto calore e affetto a tutti quelli che venivano a confessarsi. E ho riscontrato un apprezzamento sentito per questi piccoli gesti. Ho sentito l’affetto del nucleo più vivo della comunità.

Sul versante negativo, è stata ridotta la presenza degli adolescenti e dei giovani. Quelli che sono arrivati sono arrivati tardi, una confessione quasi rubata. A Santa Margarita era stato ancora peggio. È vero che vari di loro si sono confessati nel ritiro di ieri, ma sono stati solo una piccola parte. La maggior parte farà Natale senza riconciliarsi nel sacramento.