Oggi, sabato, ho celebrato tre Messe “prefestive” in tre comunità rurali. Sfatando il mito dell’afrocristianesimo cubano, in questi luoghi di “campo” la gente è lontanissima dalla discendenza africana tipica de La Habana. Il 95% della popolazione è bianchissima, con i capelli assolutamente lisci e tendenti al chiaro.
La cosa che più si nota, arrivando qui come prete, è l’affetto che la gente ti dà sin dal primo istante. Tutti i bambini si avvicinano per darti o ricevere un bacino sulla guancia, e anche con le donne ci si bacia, mentre con gli uomini è una stretta di mano o un abbraccio. Stesso gesto al segno di pace della Messa.
L’accoglienza più bella l’ho ricevuta in una località dove si produce ananas in gran quantità. Alla Messa tutti i bambini avevano in mano un fiore, e si sono avvicinati uno a uno a me per consegnarmelo. Alcuni adulti mi hanno invece fatto l’omaggio di ananas e guayabas.
In generale quello che si vede è che queste comunità stanno poco a poco riscoprendo il cristianesimo. Grazie a Dio, secondo quanto mi hanno detto, c’è più libertà religiosa che dieci anni fa, quando chi faceva vita di Chiesa era messo da parte nella vita sociale e lavorativa. Adesso non c’è più quell’ostilità, ma la gente è da rievangelizzare poco a poco. In realtà si vede che molti stanno tornando, e tutti mi esprimono parole di riconoscenza per i missionari e per il lavoro che portano avanti di celebrazioni, di catechesi, di vicinanza spirituale.