Contributi del mese di Gennaio 2008

Oggi abbiamo festeggiato santa Blessila (o non so come si chiami questo santo o santa).

La gente a Messa le ha detto parole molto carine, oltre a cantarle una canzone di auguri.

Nel consultorio le hanno fatto una bella festicciola pure.

L'onomastico di suor BlessilaE poi a tavola, a mezzogiorno, abbiamo continuato i festeggiamenti.

Augurissimi, di santità, suor Blessila!

Don Lorenzo dice Messa a JacaguaVari mesi fa don Lorenzo ha dedicato tempo ed energie per installare una pompa dell’acqua in una parte di Jacagua dove non arriva l’acqua dell’acquedotto.

Hanno fatto un pozzo con una pompa sommergibile; un recipiente riceve l’acqua dalla pompa e l’immagazzina per l’uso delle famiglie, che in quella parte di Jacagua sono una cinquantina.

Don Lorenzo inaugura con la Messa la pompa di JacaguaIl lavoro era concluso già da tempo, ma solo adesso hanno fatto la Messa di inaugurazione, alla presenza di tutta la comunità, ed è stato un bel momento di festa. Una cosa semplice, forse, ma adesso cinquanta famiglie hanno risolto il problema dell’acqua.

La comunità presente alla Messa di JacaguaE ditemi che è poco! Grande Lorenzo! E grande Signore che permetti che si dedichi a queste cose!

(fotografie fatte dalle suore: complimenti!)

9:20 pm

Dietro ai conti

Sono dietro ai conti delle due parrocchie. Devo preparare i resoconti da presentare alla curia di Santo Domingo. Sono rimasto indietro al 2005 (sic!), per cui il lavoro non è poco. Coraggio!

Stasera ho celebrato l’Eucaristia nella cappella del Chimbú, la cappella Padre Misericordioso, nata nell’Anno del Padre, che era il 1999.

Ho visto una comunità ben viva, probabilmente, per l’occasione, accresciuta dal fatto che era la mia ultima presenza in quella cappella.

Ma non è stato l’ultimo saluto. Sarà domenica, alle nove del mattino, che celebrerò l’ultima Eucaristia nella Divina Misericordia.

Ho in mano il biglietto di ritorno in Italia. Partirò martedì 5 febbraio e arriverò il giorno dopo a Genova verso le sei di sera.

Più si avvicina la data di questa partenza e più mi sento “agitato”, sento che si chiude una fase importante della mia vita e se ne apre un’altra.

Sto pregando già per la comunità che riceverà il mio servizio, e spero che anche loro facciano lo stesso nei miei confronti.

Oggi ho presentato formalmente la rinuncia all’incarico di direttore della scuola al padre Pazos, vicario di educazione della Curia. Provvederà lui a gestionare con il Ministero dell’Educazione gli aspetti concreti della questione, e in particolare la “sostituzione” nell’incarico, per mettere il parroco che verrà.

La comunità della missione a Higüey con il pellegrinaggio zonaleTutte le parrocchie della nostra zona pastorale eravamo oggi in pellegrinaggio a Higüey, il santario nazionale della Madonna dell’Altagrazia.

Ogni parrocchia ha portato dai cento ai trecento fedeli. Molti di loro sono persone impegnate in una vita di chiesa attiva, altri sono persone che vanno al santuario a “compiere” una promessa fatta: per esempio, c’è chi ha promesso portare a Higüey suo figlio se fosse guarito; chi lo ha promesso per trovare lavoro; ecc. C’è tutta una varietà di situazioni che esprimono una ricchezza di fede del popolo, una fede da purificare, certamente, ma un valore grande da mantenere.

Il settore che ha risposto più di tutti è stato il settore San Ramón, che è la zona dove è nativa suor Cristina, e che ormai è la nuova parrocchia di Santa Virginia. Di là sono andate più di cento persone!

L’organizzazione pratica è stata in mano dei due diaconi, Marcial, alla Divina Misericordia, e Juan Luis, a Santa Margarita. Direi che entrambi se la sono cavata bene!

I parroci della zona presenti a HigüeyE un altro aspetto buono di questo pellegrinaggio è quello della solidarietà: con una parte di quanto è avanzato della vendita dei posti degli autobus si finanzieranno alcune necessità primarie delle parrocchie della zona più povere, tipicamente le parrocchie più nuove. Dovrebbero raccogliersi circa sessanta mila pesos (circa 1,250 euro), che non sono molti, ma che aiuteranno a risolvere qualcosa di necessario. Aiutanto la chiesa locale a crescere.

Devo prendere la decisione di quando partire. So che il primo di marzo entro nel nuovo incarico a Genova, e non posso arrivare qualche giorno prima.

Se aspetto di essere pronto per partire non parto più! Deov fissare la data e basta, e poi cercare di fare tutto quello che posso prima di partire!

Esattamente. Due settimane fa ci sono arrivati tre lavandini (un po’ piccoli, a dire il vero), e adesso ci arrivano cinque cessi. Da tenere lì per quando qualcuno si romperà.

Nel pomeriggio sono stato a Duquesa, per celebrarvi l’ultima Eucaristia.

La partecipazione è venuta crescendo durante la celebrazione, e alla fine c’erano una ventina di adulti e altrettanti bambini piccoli.

L’impressione che ho ricevuto è stata quella di trovarmi di fronte a metà delle persone sconosciute. Voglio dire che non conoscevo la maggior parte delle persone. La cosa mi rallegra, perché significa che sono gente che si sta avvicinando alla chiesa.

Al tempo stesso ho sentito una certa frustrazione, perché palesemente non avevano una nozione di cosa fosse la Messa. E ciò si notava nel fatto che non rispondevano ai dialoghi liturgici, e anche nel fatto che i bambini si muovevano molto e la cosa era normale, nessuno diceva niente.

Alla fine Selenia, che è la signora che è stata più costante nella sua vita di chiesa in tutti questi anni, ha espresso un ringraziamento a nome di tutti leggendo una poesia molto carina. E anche in questo si vedeva che c’era molto lavoro da fare, perché si percepiva che era cosa più sua che di tutti.

Chi verrà ha qui un bel terreno da continuare a dissodare!

Come vi avevo scritto in altra occasione, una banca a partecipazione statale ha donato alla comunità dei terreni destinati a uno stadio, un liceo e un centro comunitario.

L’aspetto formale (il contratto di donazione) è di due mesi fa. Oggi pomeriggio si è fatto invece l’atto pubbico, con la presenza di due funzionari della banca, e dei rappresentanti di molte organizzazioni comunitarie del Guaricano. La gente ha interesse che si realizzino le cose prospettate in questa donazione, anche se ci sono settori della comunità che vogliono mettere le mani in maniera individuale su questa terra. Per questo abbiamo scelto la strada di realizzare la donazione alla comunità attraverso la chiesa, che si fa garante quindi del fatto che i terreni siano destinati effettivamente a quello che devono essere destinati.

Il mio successore dovrà mostrare i muscoli e rivendicare l’appartenenza alla comunità del terreno.

Messa pomeridiana a Los Cazabes, in quella che è ormai la Parrocchia Santa Virginia, anche se non si è visto ancora nessun documento di approvazione. L’abbiamo celebrata in una cappellina dedicata alla Madonna dell’Altagrazia di Higüey. È tanto piccola che venti persone le riempiono.

Terminando la celebrazione ho raccontato qualcosa di quello che ho visto a Cuba. La gente è rimasta meravigliata all’ascoltare i disagi e le difficoltà di quella gente.

A Santa Margarita è stata una solennità dell’Altagrazia molto speciale, per la celebrazione di tre matrimoni, uno per ognuna delle tre Messe.

Floirán e Germania al termine del loro matrimonioAlle sette di mattina, il matrimonio di Floirán e Germania, maestri (lei è anche direttrice nella serale) della nostra scuola. Un matrimonio pensato da vari anni, e che solo ora si è potuto concretizzare. Hanno sui cinquant’anni entrambi.

Il matrimonio di Willy e BeneluxAlle nove Willy e Benelux. Willy è figlio di Bilma, animatrice e ministro. Questo matrimonio mi ha riempito di soddisfazione perché ho visto come un anno e mezzo fa Willy si è riavvicinato alla chiesa dopo molti anni di allontanamento, e con lui anche la sua convivente, e adesso non si perdono una Messa insieme ai loro due bambini. Wiily e Benelux hanno intorno ai venticinque anni, e da cinque o sei convivevano.

E di sera Puro e Carmela, una coppia attempata de La Mina. Anche il loro è un tormentone, hanno avuto problemi con i documenti, e anche molti problemi economici. Pur con molte difficoltà familiari si sono mantenuti attivi nella chiesa, e la speranza è che il matrimonio sia per crescere ancora di più e continuare a seminare il seme del vangelo.

Nel pomeriggio un’aereo di Cubana mi ha riportato a Santo Domingo, dove la mia comunità, Lorenzo e le suore, mi ha accolto con molto calore e affetto.

Ho davanti gli ultimi quindici giorni, e poi si rientra in Italia.

6:10 am

All’Habana

Spostamento all’Habana, oggi, in vista del viaggio di rientro di domani.

Ho approfittato per vedere qualcosa della città. Mi ha colpito lo stile coloniale della cattedrale e la bellezza della costruzione del seminario.

Il Capitolio, nato come sede del parlamento, e oggi adibito a edificio di rappresentanza e convegni, è con il suo stile neoclassico uno dei gioielli della capitale.

Le suore brigidine mi ospitano con mille attenzioni.

Una felice scoperta, per chi visita la chiesa cubana, è la presenza nelle parrocchie dei gruppi de la Infancia misionera, l’Infanzia Missionaria.

Sono gruppi di bambini caratterizzati da una forte spiritualità missionaria: il loro scopo è aiutare il bambini a pensare in maniera missionaria, e a farsi missionari dei loro coetanei. La cosa ha un forte senso qui a Cuba, dove i quasi cinquanta anni di rivoluzione hanno fatto cadere nel dimenticatoio la presenza di Dio.

Questi gruppi sono abbastanza recenti. Sono cominciati negli anni ’90, in una parrocchia di Camagüey, e da lì si sono diffusi, prima nella rispettiva diocesi, e poi in tutte le diocesi del paese. E gli stessi bambini che vi partecipano la sentono come una cosa molto importante per la loro vita di cristiani. Ho toccato con mano questo domenica: al termine della Messa con i bambini ho dato loro la possibilità di farmi qualche domanda sulla vita dei bambini dominicani, e la prima cosa che mi hanno chiesto è stata: “C’è a Santo Domingo l’Infanzia Missionaria?”.

Questi gruppi dell”Infanzia Missionaria arriveranno anche in Repubblica Dominicana? La distanza non è molta, la spiritualità della gente è simile. C’è la speranza che succeda!

Tutti i giovedì don Federico va a fare la catechesi a varie comunità nuove sparse tra i campi di canna da zucchero.

È una vera e propia epopea. A bordo di un camion dei primi anni ottanta senza più finestrini e che non riesce a fare più dei quaranta all’ora ci si muove lungo strade sterrate che spesso e volentieri sono in mal stato. Il camion stesso solleva una nuvola di polvere, e se ci si trova con un camion davanti si è condannati a seguirlo a distanza per non affogarsi nella polvere.

Dalle sette e mezzo di mattina che si parte si arriva alla prima comunità alle nove, un po’ perché il camion va adagio, un po’ perché si raccolgono vari “missionari” (laici catechisti) che vengono con noi e che ci aiuteranno nel lavoro.

Ognuna delle quattro comunità che abbiamo visitato raggruppa una media di venti/trenta case, o forse qualcuna di più. A ricevere la catechesi c’è ogni volta una quindicina di persone, quasi tutte donne, molte di loro abbastanza giovani. La maggior parte non si sono ancora battezzate.

A mezzogiorno, a metà del lavoro, ci fermiamo sotto un albero per consumare qualche panino, e poi immediatamente la visita alle comunità seguenti.

Le comunità che abbiamo visitato oggi sono visitate ogni quindici giorni, alternate con altre. Davvero è un lavoro che si sta iniziando. Fino a un anno e mezzo fa la chiesa non aveva potuto dar loro nessuna attenzione. D’ora in avanti, con l’aiuto di Dio, continueranno a crescere e a diventare solide, e la speranza è che da essere stesse nascano catechisti in grado di portare avanti il lavoro in loco.

gruppo.JPGScrivo qualche giorno dopo la partenza dalla missione (31 gennaio), ma ho avuto così il tempo di sedimentare le sensazioni.

Sono tornato in Guaricano dopo le visite del 2000 e 2001, l’ultima volta che sono stato li non ero ancora laureato e non conoscevo nemmeno Francesca, ora sono laurato e sposato!

Le sensazioni che provo filtrano quindi attraverso uno Stefano diverso, ma rimane la stessa consapevolezza di aver fatto un’esperienza importante: di vita, di vita cristiana e quest’anno anche di vita famigliare dato che sono tornato qui come famiglia.

Certo a tratti è difficile cercare di trovare certezze nella fede qui, apoteosi della contraddizione e dove la gente muore tra legno e lamiere guardando la televisione e ascoltando la musica in stereo moderni attaccati per non so quale miracolo alla corrente elettrica.

Certo capire dove è la giustizia in un ragazzo paraplegico dalla nascita, con le gambe storte e anche ustionato per un incendio della sua baracca è davvero difficile, e magari noi ci lamentiamo di pagare 25 euro all’anno per parcheggiare la macchina…

Lo so che i nostri mondi sono talmente diversi da non poter essere paragonati, ma esistono entrambi, ed è giusto che ognuno si occupi dei problemi di quello i cui vive, ma certe esperienze ti fanno ridimensionare un poco il valore delle proprie cose.

Certo accettare il fatto che Dio è proprio in quelle baracche è difficile, ma come ha detto don Francesco nella messa che abbiamo celebrato nella cappella delle suore della Missione, il nostro premio non è qui e allora pensando anche all’assurdità umana della stessa croce forse è più facile, spero che questa esperienza a me e a noi famiglia appena nata serva per il nostro lungo e difficile cammino verso Lui.

Dopo le riflessioni i ringraziamenti:

  • A don Paolo per la gioia, l’energia e la fiducia che ha avuto negli Amici del Guaricano nei progetti andati a buon fine e quelli abortiti, per averci sostenuto sia in Guaricano che nelle sue visite a Genova.
  • A don Lorenzo per la sua umile gentilezza, il suo servizio, le sue parole a voce bassa ma calorose.
  • Alle suore Brignoline che ancora una volta ci hanno letteralmente viziato, un in bocca al lupo per il vostro proseguio in Guaricano alla dolce suor Modesta, alla timida suor Blessilla, alla incontenibile suor Paolina e a suor Cristina, simbolo concreto di quello che ha seminato la missione in questi 16 anni.
  • Infine un grazie a tutti quelli che hanno condiviso con me quest’avventura degli Amici del Guaricano, da quelli che hanno iniziato e ora hanno preso altre strade a quelli che sono passati per qualche tempo, a quelli che sono arrivati in fondo, tutti hanno reso ricca la mia esperienza.
  • A Francesca che ha voluto vivere anche lei con me questa esperienza.
  • Grazie infine a don Fra, che ha ideato, sotenuto in tutti i sensi questo progetto e non ha mai mollato!

Ho avuto la gioia stamattina di conoscere il vescovo di Santa Clara. L’abbiamo incontrato con don Marino.

Mons. Arturo è una persona umananamente squisita. Ci ha parlato della visita del card. Bertone, a fine febbraio, e del fatto che in quella circostanza si inaugurerà un monumento a Giovanni Paolo II, edificato nella piazza dove nel 1998 tenne un incontro con i cristiani della diocesi.

La venuta del card. Bertone è un ritorno, perché è stato lui ad inviare don Marino e don Federico come missionari qui, quando era arcivescovo di Genova. I vescovi cubani lo conoscono molto bene e sono contentissimi della sua visita.

Ho avuto la gioia oggi di accogliere (come se fossi io il padrone di casa) don Marino e don Federico, di ritorno dalla Colombia. Con loro ci sono anche il fratello di don Marino e sua moglie.

Benvenuti a casa vostra!!

Stasera avevo in programma la catechesi degli adulti in una delle parrocchie di don Federico. La chiesa è veramente piccola, e in fondo alla stessa si è tenuto l’incontro di catechesi.

Erano presenti circa dodici signore, la maggior parte abbastanza avanti negli anni, e qualcuno più giovane. C’era chi si stava preparando alla cresima, chi ha in programma di sposarsi, chi viene unicamente con il desiderio di conoscere meglio il Signore.

Ho  visto molto interesse, e una discreta capacità di muoversi con la Bibbia (usano la latinoamericana come in Repubblica Dominicana), e tutte sapevano leggere meglio di come leggono in Repubblica Dominicana.

L’analisi del brano della Trasfigurazione è stato occasione per ritornare a riflettere sul significato della croce nella nostra vita, e sulla prospettiva della resurrezione che è per tutti. Uno sguardo di speranza alle nostre vite!

Un’altra cosa che mi ha colpito è stata il desiderio di queste sorelle di coinvolgere nella vita di chiesa i loro mariti e figli. I quali, lo stesso che in Repubblica Dominicana, sono lenti da questo punto di vista. Ma qualcuna di loro ha già visto frutti concreti, e hanno la speranza che attraverso la preghiera e con la pazienza li conquisteranno al Signore. E anch’io le accompagno con la mia preghiera perché questo loro sogno diventi realtà.

4:47 pm

Vescovo padre

Una bella sorpresa, oggi a mezzogiorno. La sacrestana mi telefona e mi dice che che durante una delle Messe il vescovo è passato e ha lasciato un pacco per me. Sono sorpreso e mi domando cosa mi ha lasciato.

Al scendere in sacrestia scopro un sacchetto con varie confezioni di cibo in scatola: tonno, aringhe, mais, verdure varie. Bene! Mi aiuteranno a sopravvivere in questi giorni in cui mi cucino da solo.

Di fatto mons. Arturo riesce a tenere una vicinanza molto bella con i preti e con la gente. Una Messa di quelle di oggi è venuta a celebrarla lui, sostituendo don Marino!

E ieri mi ha chiamato al telefono, per darmi il benvenuto e per assicurarmi che ci saremmo visti i giorni prossimi
Grazie, Signore, per questa squisita attenzione del vescovo!

Stamattina ho celebrato due Messe in parrocchia.

Alla prima, iniziata alle 9.15, la metà erano bambini e alcuni adolescenti. Prima della Messa, una suora di una congregazione colombiana ha preparato la liturgia insieme a loro, e ha dato qualche pennellata di preparazione alla liturgia propria di questa domenica. Un bel lavoro, che aiuta i bambini a partecipare attivamente. E di fatto alla Messa hanno letto loro, purtroppo con risultati liturgicamente scarsi, anche se la sicurezza della loro lettura è superiora a quella dei maestri della nostra scuola del Guaricano.

Alla seconda Messa, delle 10.30, c’erano i giovani, principalmente organizzati nel coro, e molti adulti. Tra le due messe saranno state circa duecentocinquanta persone.

Nel pomeriggio, invece, Messa in due comunità rurali. La prima in una cappella molto piccola, della dimensione della metà di una casa, la seconda in una vera e propria chiesa. In questa c’erano quattro battesimi di bambini piccoli. Li abbiamo fatti nella Messa, e si sono svolti bene, a parte l’inconveniente che le quattro famiglie se ne sono andate dalla chiesa al momento del segno di pace. Visto che il momento si è protratto qualche minuto, probabilmente hanno pensato che la celebrazione fosse finita. E alla fine una signora che sembrava essere una persona impegnata a livello di chiesa mi ha chiesto scusa per questo disordine che non si è riuscito a evitare. Che ci si può fare? Se succedono queste cose significa propio che c’è bisogno del lavoro dei missionari!

Oggi, sabato, ho celebrato tre Messe “prefestive” in tre comunità rurali. Sfatando il mito dell’afrocristianesimo cubano, in questi luoghi di “campo” la gente è lontanissima dalla discendenza africana tipica de La Habana. Il 95% della popolazione è bianchissima, con i capelli assolutamente lisci e tendenti al chiaro.

La cosa che più si nota, arrivando qui come prete, è l’affetto che la gente ti dà sin dal primo istante. Tutti i bambini si avvicinano per darti o ricevere un bacino sulla guancia, e anche con le donne ci si bacia, mentre con gli uomini è una stretta di mano o un abbraccio. Stesso gesto al segno di pace della Messa.

L’accoglienza più bella l’ho ricevuta in una località dove si produce ananas in gran quantità. Alla Messa tutti i bambini avevano in mano un fiore, e si sono avvicinati uno a uno a me per consegnarmelo. Alcuni adulti mi hanno invece fatto l’omaggio di ananas e guayabas.

In generale quello che si vede è che queste comunità stanno poco a poco riscoprendo il cristianesimo. Grazie a Dio, secondo quanto mi hanno detto, c’è più libertà religiosa che dieci anni fa, quando chi faceva vita di Chiesa era messo da parte nella vita sociale e lavorativa. Adesso non c’è più quell’ostilità, ma la gente è da rievangelizzare poco a poco. In realtà si vede che molti stanno tornando, e tutti mi esprimono parole di riconoscenza per i missionari e per il lavoro che portano avanti di celebrazioni, di catechesi, di vicinanza spirituale.

A prima vista la situazione della famiglia non sembra molto diversa da quella della Repubblica Dominicana. Quasi nessuno si sposa in chiesa, qualcuno in comune, e la maggior parte convivono.

Ci sono parrocchie dove l’ultimo matrimonio di una coppia di fidanzati risale a 10 anni fa. Si vedono vari matrimoni di coppie attempate, ma di giovani niente. C’è la paura di prendersi un impegno che non si sa se si sarà capaci di portare avanti.

Per i figli che crescono la prospettiva di formarsi una famiglia loro non è semplice. Farsi una casa costa troppo, il costo del cemento è uguale a quello in Repubblica Dominicana, ma qui a Cuba i salari sono troppo più bassi. E ricevere una casa dal governo non è immediato. La prospettiva più semplice per la giovane coppia è vivere nella casa dei genitori di uno dei due.

Uscita dopo cena, oggi, per un incontro di catechesi serale. Nella comunità dove siamo andati si radunano settimanalmente i bambini (con i loro catechisti), gli adolescenti/giovani (con i loro catechisti) e gli adulti (con il prete).

Vista la particolarità della circostanza (un prete in visita) la catechesi si è fatta tutti insieme, e ho dovuto inventare qualcosa che potesse arrivare ai bambini come ai grandi.

Dopo l’incontro i catechisti mi hanno spiegato che tra gli adulti la maggioranza seguono la catechesi per battezzarsi o per sposarsi. Tra di loro ho visto un interesse molto vario, alcuni molto attenti, altri abbastanza assenti. Visto che il tema era la carità concreta, in particolare verso chi non ci va giù, con la parabola del buon samaritano, alla fine ho provato a chiedere qual era secondo loro la difficoltà più grande dei cubani a vivere questo vangelo, e con semplicità un uomo sui quarant’anni mi ha risposto che è il carattere rancoroso, abbastanza tipico dei cubani. Lui stesso riconosceva di esserlo, e ammetteva di dover fare un lavoro grande con se stesso per essere vero discepolo di Gesù. Mi ha colpito la sincerità con cui ha manifestato questa sua fragilità, e mi sento impegnato a accompagnarlo con la preghiera perché superi questo aspetto del suo temperamento.

Ieri dunque il primo impatto con Cuba.

L’autopista che attraversa tutto il paese, costruita dopo la rivoluzione del 1959, è ben ampia, tre corsie per senso di marcia, ma è praticamente vuota. Il fondo è abbastanza irregolare, a 120 all’ora dà un certo fastidio. Non ci sono protezioni laterali, ogni tanto c’è la protezione tra le due corsie. più o meno ogni 50 km si vede una pattuglia della polizia o un posto di controllo, e bisogna passarlo adagio. Da entrambi i lati della strada ti vendono aglio e cipolla, ingredienti fondamentali del condimento cubano. Qualcuno vende anche una specie di torrone di noccioline americane.

Molto scarso il traffico, costituito da categorie di veicoli ben precise: ci sono le auto noleggiate ai turisti, sono macchinette piccole ma ben nuove e ben tenute; ci sono le Lada simil-124, sono dei funzionari delle aziende statali; ci sono le fuoristrada più belle e nuove, sono dei manager delle aziende più importanti; e ci sono i veicoli privati, al 90% macchine di fabbricazione statunitense dei tempi del regime di Batista: la rivoluzione le ha lasciate ai loro legittimi proprietari, e a qualche maniera, magari cambiando il motore, continuano a fare il loro lavoro.

A metà tragitto lasciamo l’autopista e ci spostiamo alla carretera central, un’altra strada che dall’Habana arriva alla punta est del paese. È stata costruita negli anni trenta, e da quel tempo non ha ricevuto molte attenzioni. Ha due corsie (ma non si vede la linea centrale). All’inizio dovevano essere quattro, mi spiega la gente, ma la corruzione del governo di Batista si è mangiata la metà dei soldi e alla fine l’ampiezza della strada è rimasta ridotta della metà. L’essere in zona agricola significa che tutti i momenti ci troviamo davanti qualche trattore o altro mezzo molto lento, e spesso dobbiamo andare a passo d’uomo in attesa che ci sia lo spazio per sorpassare.

A livello di mezzi pesanti, sono tutti veicoli vecchissimi, lo stile inconfondibile degli anni ’70. Sono migliori i pullman interprovinciali, che appaiono nuovi e ben tenuti. Ma a parte questi, il resto del trasporto è “d’epoca”. La rivoluzione ha lasciato ai loro legittimi proprietari i camion posseduti prima del cambio di regime, e questi sono stati trasformati in mezzi di trasporto per persone: alla parte di carico del camion è stata aggiunta una tettoia, dei sedili in ferro, una scaletta, e si sono trasformati in autobus. E nonostante la mancanza di confort il prezzo è elevato, troppo alto per quanto guadagna la gente.

9:22 pm

Arrivo a Cuba

Oggi pomeriggio un volo Cubana de Aviación mi ha portato a Cuba, dove passerò dieci giorni nella nostra missione. Vi lavorano don Marino Poggi, prete genovese, e don Federico Tavella, prete della diocesi di Chiavari.

L’aereo, un IL-62, colpisce per lo stato trasandato in cui si trova. Gli arredi di bordo hanno la vernice scrostata, nei bagni i dispensatori di sapone liquido sono vuoti, un’antigienica saponetta cerca di supplire senza riuscirvi. Non ci sono salviette di carta, un solo rotolo di carta igienica in uno solo dei due bagni. E pensare che per due ore di volo paghi poco meno della metà di quello che costa un viaggio a Genova, otto ore sorvolando l’Atlantico più un’ora e mezza di volo in Europa. Per quello che ho pagato mi aspettavo molto di più!

All’aeroporto non c’erano né don Marino né don Federico, perché entrambi si trovano qualche giorno in Colombia, ma mi raggiungeranno presto. Un parrocchiano era incaricato di venirmi a prendere.

Sono in partenza per Cuba, dove rimarrò fino al giorno 20, ospite (e sositututo i primi giorni) di don Marino e don Federico.

Ci rileggiamo tra dieci giorni. Vi racconterò qualcosa della missione di là.

A presto!

Il Progetto di Centro Educativo nella sua versione aggiornata era in cantiere dal mese d’agosto. Era rimasto lì, in attesa di dedicarci un po’ di tempo e di amore, e di mettere a posto le varie modifiche suggerite principalmente dai maestri.

Adesso, grazie a qualche oretta dedicatagli nelle vacazioni natalizie, è a posto. C’è più soltanto bisogno di fare le fotocopie e di rilegarlo, in tre esemplari, uno per la primaria, altro per la serale e l’ultimo per il liceo.

Inoltre giovedì della settimana prossima (in mia assenza, ma pazienza) si farà una “cerimonia di promulgazione” dello stesso, presenti i direttori, i maestri, il resto del personale, l’Associazione dei genitori, e le rappresentanze degli studenti.

L’idea è che questo gesto rafforzi il protagonismo di tutti nella scuola, li faccia sentire che li si tiene in conto tutti, e non solo all’ora di esigere il lavoro. Miguel, Matilde, Nidia e Germania si incaricheranno di mettere a punto i dettagli della celebrazione. A me riferiranno al mio ritorno da Cuba.

… devo dire che finalmente riusciamo a comprare la casa da mettere a disposizione della signora malata de La Mina.

Ci abbiamo messo tanto un po’ per la lentezza dell’avvocato, un po’ per tante altre cose da fare, un po’ per capire bene in che maniera si poteva redigere il contratto.

Spero che domani mattina risolviamo tutto.

Tenendo presente che avevamo del riso donato da far arrivare al seminario prefilosofato, ho approfittato per accompagnarvi Heriberto, il mio figlioccio.

È stata un’occasione bella per chiaccherare un momento con il padre Cecilio de los Santos, che è l’attuale rettore di quel seminario. È un fratello prete che stimo tantissimo, perché esprime con la bocca e realizza nella vita una disponibilità molto bella al Signore, un’obbedienza concreta al vescovo che in nove anni di ministero l’ha già portato a cambiare cinque realtà diverse, e non per voler cambiare lui, ma perché il vescovo glielo chiedeva. Tutte le volte ha detto un sì pieno di generosità al Signore.

È un prete che considero un prete modello. Un prete al quale c’è da augurare che diventi vescovo!

Sono dietro a riordinare l’ufficio parrocchiale. Sulla scrivania in questi ultimi mesi si sono accumulate tante scartoffie, o meglio, tanti documenti da riordinare. Poco a poco li sto mettendo a posto, così come sto seguendo il processo di immissione dati del Fondo Prestiti. Siamo a buon punto, al ritorno da Cuba devo fare la messa a punto finale.

Mi manca ancora preparare i conti delle due parrocchie da mandare alla curia di Santo Domingo, così come i conti della missione dell’ultimo anno (o degli ultimi due anni?).

La festa della beata Maria RepettoFesta bella della beata Maria Repetto, stamattina, al consultorio.

La foto non è gran che a causa di un settaggio sbagliato della macchina fotografica (sensibilità 800 asa, l’ideale per metterci un sacco di rumore)

10:15 pm

L’Epifania

Per l’Epifania ai gruppi liturgici piace inscenare l’arrivo dei magi e la presentazione dei doni a Gesù bambino. E anche quest’anno i magi sono arrivati davvero, all’offertorio, portando a Gesù oro (alcune gioie di qualche animatore di comunità), incenso (in pezzi di corteccia, non so dove l’anno preso, o se erano rametti di cannella) e mirra (non so cosa era).

A riceverli una veridica Maria quindicenne, con in braccio un non altrettanto veridico Gesù bambolotto. Alle sue spalle Francisco, il portiere della scuola, nei panni di San Giuseppe.

Questo a Betania (Santa Margarita).

Invece a Jacagua non c’è stato niente di speciale da parte loro. Ho provveduto io a inventare un gesto simbolico per tutti i bambini: lasciarsi togliere il cuore ed andarlo a deporre sull’altare, per offrirlo a Gesù: un gesto di maggior valore di quello che hanno fatto gli stessi magi. E la cosa bella è stata poi che i bambini si sono lasciati inviare dagli adulti, e hanno ricevuto il cuore di ognuno di loro e l’hanno portato pure quello sull’altare. Il gesto ha commosso tutti, e spero che rimanga nel cuore di tutti come un ricordo che li aiuti (o ci aiuti) a vivere davvero il dono del nostro cuore a Gesù.

3:05 pm

Acqua e freddo

Un fronte freddo piovoso, proveniente da Cuba e annunciato dai servizio metereologici da qualche giorno, da ieri è sulla nostra isola, dove ci porta temperatura “fredde” (18 gradi di notte) e piogge abbondanti. Anche se non c’è paragone con la quantità di acqua piovuta in occasione delle due ultime tormente tropicali.

Sembra che domani smetterà di piovere, ma la temperatura si abbasserà ulteriormente a causa del sistema di alta pressione che sostituirà le nuvole. Siamo tutti ben attrezzati con giubbotti e giacchette!

A Puerto Plata, tutti insiemeSpenti ormai i riflettori della folla della Messa di Consegna, il giorno di oggi ha avuto un carattere comuntario, o meglio, “familiare”.

Abbiamo preso su con le suore e ci siamo diretti verso Puerto Plata, dove la teleferica di costruzione italiana ci ha portato a un parco naturale soprelevato di 800 metri da cui si domina (se non ci sono le nuvole basse e una pioggia insistente come quelli che abbiamo trovato noi) tutto il litorale del centro turistico di Puerto Plata.

In pratica, come avrete capito, la vista non ce la siamo goduta. Anche il momento del pranzo, preparato con tanto amore dalle suore prima di partire, è stato in un posto umido dove non ci si poteva quasi sedere, ma ciò non ha impedito che la gita sia stata per ognuno di noi un momento molto bello e piacevole.

A differenza degli ultimi tempi, in cui non riuscivo neppure a concepire l’idea di mettermi in viaggio, oggi il Signore mi ha messo un desiderio bello di condividere questo momento con don Lorenzo e con le nostre care suore. Tra l’altro è stata la prima volta che siamo usciti con la presenza di suor Paolina, che è qui solo da alcuni mesi ma che si è già fatta amare tanto, e non solo da noi, ma anche da tutti quanti l’hanno conosciuta.

Le suore nel parco in cima alla teleferica di Puerto PlataLa teleferica è effettivamente qualcosa di bello, merita prenderla nonostante le condizioni non siano state per noi buone. E in cima c’è un ambiente al tempo stesso selvaggio e ben curato, nel cuale abbiamo passato buona parte dell’ora di mezzogiorno.

Suor Cristina con l'L’ultima parte della giornata è stata dedicata al malecón di Puerto Plata, dove si alternano tratti di spiaggia e roccie coralline simili a quelle presenti sul litorale vicino alla capitale. Ed è stato bello anche giochicchiare agli effetti speciali con la macchina fotografica.
Prima del ritorno la visita d’obbligo alle suore del monastero della Visitazione. Con loro la nostra comunità missionaria ha un rapporto bellissimo. Dal 1999, anno in cui io e le suore siamo stati da loro per un ritiro di quattro giorni, fino all’estate scorsa, in cui suor Serafina ha passato una settimana con loro in silenzio, tutti gli anni hanno ricevuto nostre visite. E è stata la Missione che ha regalato loro la campana che scandisce i loro ritmi di preghiera.
Con le suore del monastero della Visitazione di Puerto PlataL’incontro è stato quindi una cosa molto bella e significativa. Soprattutto suor Modesta, suor Blessila e suor Cristina hanno con loro un rapporto estremamente vivo e attento, e da parte loro le monache ci hanno accolto, come sempre, con grande gioia. Una cosa bella che abbiamo trovato è che rispetto all’ultima visita la comunità è più piccola: ed è una cosa bella (checché possiate pensare) perché la ragione è che hanno aperto una fondazione a Higüey, e per questo la comunità si è sdoppiata.

Il ritorno in macchina è stato ancora sotto l’acqua, ma grazie a Dio non ha avuto inconvenienti. È stato, come tutti gli altri momenti di questo viaggio, un condividere sereni e contenti la gioia di essere comunità unita in Cristo!

Grazie per questa comunità, Signore! Mi mancherà quando sarò a Genova!

P.S.: In molte foto suor Cristina non si vede perché è dietro alla macchina fotografica!!!

Con mons. Cedano nella Messa di Consegna e SalutoDopo il saluto del Nunzio, ieri sera in cattedrale, oggi è toccato a me e a don Lorenzo.

In una Santa Margarita ben piena di gente delle due parrocchie, mons. Pablo Cedano, vescovo ausiliare, ha effettuato l’atto di ricezione delle due parrocchie di Santa Margarita e della Divina Misericordia da parte della Missione Genovese.

Questa Messa ha segnato quindi la conclusione “formale” del lavoro della Missione della nostra Arcidiocesi di Genova in Guaricano.

Ho usato l’aggettivo “formale” perché in realtà né io né Lorenzo ce ne andiamo domani, sarà probabilmente verso fine mese. Io ho da finire di mettere a posto un bel po’ di cose, soprattutto a livello di resoconti economici e altre faccende amministrative. Mentre che a livello della pastorale mi ero organizzato perché in questi giorni potesse già lavorare il successore o i successori, che saranno del clero diocesano di Santo Domingo.

In realtà i nuovo preti non ci sono ancora. Nella Messa mons. Cedano ha detto che probabilmente uno di loro è stato individuato, ma che bisogna risolvere il problema di chi lo va a sostituire, e di chi sostituisce il sostituto, ecc. E che però ha fiducia che per la domenica 13 possa essere già in parrocchia.

Il gruppo dei preti e diaconi presenti alla Messa di SalutoCi ha accompato il padre Ramón Suero, vicario zonale, il padre Abraham insieme a un amico francese che era in visita da lui. C’erano Marcial e Juan Luis, i nostri diaconi, due diaconi transitori e molti chierichetti sull’altare. Non mancavano i nostri seminaristi, sempre attenti e presenti nei momenti importanti così come in quelli meno significativi.

Mons. Cedano ha parlato della riconoscenza dell’Arcidiocesi di Santo Domingo per il lavoro portato avanti dalla missione, prima con don Lino e don Giulio, per continuare con il sottoscritto, don Lorenzo e don Franco.

Al momento della presentazione dei doni è stata portata all’altare una bandiera dominicana, che è stata subito dichiarata di mia proprietà perché in un gesto istintivo me ne sono fasciato il corpo, come segno di affetto per questo popolo in mezzo al quale ho lavorato per nove anni. E lo stesso ha fatto don Lorenzo alla fine della Messa, strappando l’applauso dei fedeli commossi.

Alla fine ho avuto modo di chiedere scusa per tante piccole e grandi situazioni dove ho mancato verso questo o quello.

Molti abbracci dopo la Messa, per molti venati dalle lacrime. Personalmente in questi momenti non sento tanto la tristezza quanto la gioia di continuare a servire da un’altra parte.

Marcial ha provveduto a preparare un piccolo rinfresco per i due consigli pastorali delle due parrocchie, e con questo si è conclusa in bellezza la serata.

Ho sentito, e credo che pure Lorenzo l’ha sentito, il calore umano del popolo del Guaricano. L’hanno espresso, con la loro presenza e con vari piccoli segni tangibili. Partirò da qui con il cuore gonfio di affetto ricevuto e dato, segno entrambi dell’affetto del Signore verso di me.

La Messa di saluto del Nunzio ApostolicoIl nunzio apostolico in Repubblica Dominicana, mons. Timothy Broglio, è stato nominato Ordinario Militare negli Stati Uniti, e presto partirà da qui.

La comunità cattolica del paese gli si è stretta attorno stasera nella cattedrale, presenti tutti i vescovi dominicani, una trentina di preti di tutte le diocesi e un buon numero di laici.

Le cose che più mi hanno colpito sono state due:

  • La predica di mons. De la Rosa, arcivivescovo di Santiago, che ha messo in evidenza la duplice funzione svolta da mons. Broglio: nunzio presso lo stato dominicano e delegato apostolico presso la conferenza dell’episcopato dominicano. Mons. De la Rosa ha fatto emergere il lavoro che come delegato apostolico mons. Broglio ha realizzato dietro le quinte, e che l’episcopato tutto ha molto apprezzato.
  • Le parole di saluto finale del nunzio, semplici, ma dette col cuore, chiedendo anche perdono per le infedeltà con cui ha realizzato la sua missione. Lo stile semplice e familiare è arrivato al cuore di tutti, e ha strappato un applauso scrosciante.

L'abbraccio affettuoso a mons. Timothy BroglioE di fatto anche la nostra missione si è sentita molto vicina a questo nunzio. Don Franco amava ripetere che mons. Broglio è una persona che riconcilia con le istituzioni. Di fatto anch’io posso dire che se la parola “nunzio” non è più per me solo una funzione si deve alle attenzioni e alla disponibilità che mons. Broglio ha avuto verso le nostre parrocchie: è venuto molte volte in questi sei anni del suo ministero, a volte per le cresime, altre per feste patronali, altre per celebrazioni particolari, come quando l’anno scorso in novembre ci ha accompagnati nella marcia per la vita contro l’aborto e ha celebrato la Messa conclusiva.

Un grazie grande a te Signore, per questo tuo servo e per quanto ci hai fatto amare la Chiesa attraverso di lui!

Da qualche giorno il mio intestino è popolato da “abbondanti batteri”, secondo quanto recita l’esame che mi sono fatto.

Auguro loro di poter ricevere presto un funerale, se possible cristiano, di essere seppelliti nella loro amata terra domenicana e di lasciarmi in pace. Riposeranno, loro in pace e io in piedi, e staremo meglio tutti. Grazie!

Le chiese rimangono mezze vuote qui il primo dell’anno (probabilmente come in Italia…).

La sera prima si vedono faló nelle strade, e i ragazzi tirano petardi. C’è parecchia gente che si passa la notte nel colmado, tra birra e rum e al ritmo della bachata.

La gente di chiesa magari non se la passa bevendo, ma molti aspettano l’anno in casa, anche senza la tradizione della cena.

Così da anni a Santa Margarita non facciamo la Messa delle sette del primo dell’anno, e la gente si concentra in quella delle nove e mezza. E alla Divina Misericordia l’orario slitta dalle sette alle otto. Per qualcuno c’è ancora la possibilità di partecipare a quella della sera. Ma la cosa triste è che la metà della gente in giorni come questi perde la Messa.

Don Franco picchiava duro sulla disinvoltura con cui la gente perdeva Messa e continuava a fare la comunione, io vado un po’ più morbido ma tutte le volte che posso faccio un richiamo.

E per noi, in casa, sono giorni sereni, con un bel clima di festa, la nostra piccola comunità fatta di due preti e quattro brave suore.

Grazie per loro, e grazie per tutta la gente di qua, Signore!