Il forte rumore di una moto sgangherata al di là del muro. Il sordo continuo ronzio della centrale elettrica a pochi metri di distanza. Un colpo di clacson dalla strada polverosa e piena di buche. Il canto ininterrotto di decine di uccellini. Un altro rauco rombo di motore. Il fruscio di migliaia di foglie di ogni forma scosse da un vento caldo. Musica caraibica in sottofondo sparata a tutto volume da qualche cassa enorme in una baracca non lontana. Alzo la testa. Pali della luce, fili dell’alta tensione che si aggrovigliano in intricati gomitoli che portano energia ad ogni baracca e dai quali pendono inermi ed arresi aquiloni.
Colori vivaci… il verde, l’azzurro, il bianco abbagliante delle nuvole accese dai raggi del sole, fortissimo anche a dicembre. Sono ancora una volta seduto nel cortile della missione. Guaricano. Santo Domingo. Ritorno dopo qualche anno dall’ultima visita, nel 2001 con gli Amici del Guaricano, ed a 8 anni dalla prima, nel 1999, quando ero venuto da solo per conoscere una realtà missionaria. I ricordi si affollano nella testa e nel cuore. Mi sento un po’ strano e un po’ a casa, per tutte le volte che il pensiero è volato fin qui.
Il Guaricano ha cambiato il mio cuore, mi ha aiutato a capire che cosa è importante. Mi ha guidato a scoprire l’umanità che si nasconde nella fatica, nella contraddizione, nella sofferenza che sembra senza uscita e la voglia di vita che spera, che cerca un senso, qualsiasi sia la difficoltà che incontra.
È bello essere tornato in Guaricano, tra questi rumori, questi colori, queste sensazioni, queste persone e questi ricordi. Anche se solo per pochi giorni e per un qualcosa di semplice ma tanto prezioso come un saluto, qualche passo di cammino insieme ed un abbraccio forte.