Oggi si è conclusa la 13ª Missione Parrocchiale della Parrocchia Santa Margarita, e la prima (da dopo la divisione) della Parrocchia della Divina Misericordia.
Don Lino Terrile aveva cominciato a realizzare queste missioni di agosto a tutto il territorio parrocchiale nel 1994, e da quell’anno tutti gli anni la comunità aspetta con gioia il tempo della missione.
Come si realizza la Missione?
L’esperienza ci ha aiutato a dare una forma tipica, che si ripete uguale tutti gli anni, a questa attività.
Si comincia un mese prima annunciando alla comunità che ci avviciniamo al tempo della Missione.
Quindici/venti giorni prima della data di inizio si tengono gli incontri di formazione per i missionari e per gli oranti. Con i secondi faccio sempre un momento di insegnamento sulla preghiera, sia nelle sue basi bibliche che sul modo di viverla. Con i primi, c’è sempre una catechesi sulla missionarietà nel Nuovo Testamento, poi l’esplicitiazione dell’annuncio del kerigma, che è centrale nella visita missionaria, e infine l’istruzione pratica (con tanto di prova) sulla maniera di realizzare la visita alla famiglia.
Si arriva così all’ultima domenica di luglio o alla prima di agosto – quest’anno è stato il 30 luglio – nella quale alla Messa principale si fa la benedizione dei missionari.
A partire dal lunedì seguente, ogni giorno ci dedichiamo a visitare le famiglie di un settore o di una parte di esso. Fino all’anno scorso eravamo una sola parrocchia di nove settori, e quindi i dieci giorni di missione (due settimane da lunedì a venerdì) si dedicavano in pratica uno ad ogni settore. A partire da quest’anno la divisione delle parrocchie ha fatto sì che ogni parrocchia abbia meno settori, e di conseguenza ogni giorno si visitava solo metà di un settore. Con la metà dei missionari, naturalmente, perché ogni parrocchi lavorava nel suo territorio. Quest’anno avevano un massimo di sessantaquattro missionari a Santa Margarita e altrettanti alla Divina Misericordia; in pratica le presenze sono oscillate tra un massimo di sessanta e un minimo di quarantotto.
Alle tre del pomeriggio di tutti i giorni di missione ci ritroviamo quindi in una cappella o altro punto adatto dentro al settore che si visiterà, e lì si realizza la preparazione pratica (piegare e contare i fogli del messaggio che si consegnerà a tutte le famiglie; stabilire le coppie di missionari) e un momento di preghiera. Tutti i giorni si invoca innanzitutto lo Spirito Santo, si medita un passo evangelico correlato all’evangelizzazione, si intercede chiedendo al Signore la fecondità del lavoro che si realizzerà; infine i missionari ricevono la benedizione e vanno verso la parte di settore dove tocca loro visitare, accompagnati da laici che vivono nel settore e conoscono bene il territorio: questi ultimi hanno la funzione di dire a ogni coppia di missionari dove realizzare la visita; devono anche rendersi conto se ci sono famiglie che non vengono visitate, e cercare i primi missionari liberi per inviarli là.
Subito dopo l’invio dei missionari vengono inviati anche gli oranti: sono fratelli anziani o non ancora in piena comunione con Cristo e che quindi non possono evangelizzare, e che si dedicano a mantenere viva la preghiera nei centri di accoglienza a cui i missionari invitano la gente.
Normalmente ogni coppia di missionari visita dieci/quindici o in qualche caso venti famiglie, dipendendo dal numero di coppie presenti e dalla grandezza del territorio che si visita.
Durante la visita i missionari iniziano presentandosi; poi un breve momento di familiiarizzazione; quindi la parte centrale, cioè l’annuncio del kerigma, che si raccomanda venga presentato accompagnato da qualche esperienza personale; dopo di ciò invitano a pregare un momento insieme, la famiglia visitata e i missionari; terminano invitando alla Messa di accoglienza che si tiene verso sera nella cappella di settore o in un altro punto più vicino alla gente.
E di fatto verso le sei-sei e mezza la gente comincia ad avvicinarsi al punto indicato. Si vede gente che va a Messa la domenica, ma anche gente nuova, desiderosa di cominciare un cammino, o forse solo curiosa. Sta di fatto che la cosa di fare la Messa è un richiamo che la gente sente. Qualche anno, pensando di attirare di più, invece della Messa facevamo un riannuncio del kerigma, ma poi siamo ritornati alla Messa perché vedevamo che non funzionava.
Nella Messa cerco sempre di presentare il kerigma partendo dalle letture: far vedere cioè come l’amore di Dio, pur offuscato dal peccato, vince il peccato nella morte e risurrezione di Cristo, e diventa chiamata alla conversione e alla fede, alla vita nello Spirito e nella Chiesa. Tutte le sere ho fatto l’esperienza di annunciare questi elementi fondamentali della vita cristiana. Lo stesso hanno fatto nella Divina Misericordia don Lorenzo e il nostro diacono Marcial, che portavano avanti le due celebrazioni di ogni giorno. A Santa Margarita la seconda celebrazione la faceva un ministro laico.
Alla fine della Messa, una o più testimonianze. Tra le cose che mi hanno più colpito c’è stata quella di un uomo che poi mi hanno detto che è il capo di un punto di spaccio di droga; la tentazione è di pensare che erano parole legate al buon vivere, ma voglio credere che il Signore ha cominciato a fare qualcosa in quel cuore, e mi riprometto di andarlo a trovare a casa sua. Così come mi ha colpito la testimonianza di una donna sulla quarantina che era preda della droga e che sei mesi fa è stata liberata, e ha ringraziato pubblicamente il Signore.
Prima della benedizione finale, l’invito a entrare alle Comunità Ecclesiali di Base (CEB): nelle nostre parrocchie sono come il punto di entrata alla chiesa, varia gente vi partecipa anche se non si è ancora decisa a partecipare con costanza alla Messa. I responsabili di settore hanno presentato le CEB presenti nel loro settore, con il posto, il giorno e l’ora in cui si riuniscono. La speranza è che dopo la missione le CEB acquistino più vita.
Nei pomeriggi, mentre i missionari visitavano casa per casa, ho potuto andare da vari malati gravi, ai quali il Signore mi ha aiutato a portare parole di conforto e di fede, e con i quali abbiamo pregato. Ho approfittato anche per visitare persone che prima erano attive nella parrocchia e che per varie cause si sono allontanate un po’, e ho avuto segnali positivi di un desiderio di reintegrarsi. Sono rimasto molto contento anche della Riconciliazione che abbiamo celebrato con una mia maestra che da molti anni non si confessava.
Un aspetto molto bello della missione di quest’anno è stata la partecipazione di Deivy, un ragazzo di diciotto anni che da tre è nel seminario minore dei salesiani. Non avevo mai avuto l’occasione di vederlo con calma, anche perché lo stile di seminario dei salesiani non lascia tanti spazi per la presenza in parrocchia. Il lunedì della seconda settimana sono stato a casa sua a trovarlo, mi sono fatto raccontare varie cose, gli ho raccontato qualcosa di me, e alla fine l’ho invitato a unirsi con noi nella missione. Cosa che ha accettato con entusiasmo e che ha realizzato da lì in poi senza mai mancare. Tutti i giorni lo mettevo in coppia con qualcuna delle persone più impegnate, perché potesse farsi conoscere e conoscere le persone più influenti della comunità parrocchiale. L’ultimo giorno di missione la responsabile di settore ha chiesto a lui di fare la testimonianza alla fine della Messa, ed è stata una cosa molto bella e commovente, perché ha parlato di come ha scoperto la sua vocazione, delle velate prese in giro dei compagni di scuola, e della perseveranza che ha potuto vivere fino ad oggi e che è deciso a mantenere, fino al giorno (tra quindici anni, ma la cosa non lo spaventa) in cui diventerà prete.
Stamattina, poi, abbiamo avuto l’appendice della missione con la visita a Duquesa. Duquesa è un villaggio un po’ ritirato, ed è il posto dove nel 2004 abbiamo realizzato il progetto per far arrivare l’acqua alla comunità. È anche un posto pericoloso per la delinquenza organizzata, hanno una Nazione che fa il bello e il brutto tempo lì. Avevamo lasciata Duquesa indietro a causa della delinquenza, pensando che non era opportuno venire via di là con lo scuro. Questa mattina, quindi, ci siamo andati con quindici coppie di missionari. La gente di Duquesa ha risposto bene, qualcuno ha contato una sessantina di persone alla Messa (una ventina erano bambini), e si è visto un desiderio di vivere la Chiesa, praticamente con il battesimo dei bambini piccoli e il catechismo.
Alla missione hanno partecipato anche Willy e Miguel Angel, i nostri seminaristi che tra pochi giorni entreranno al Seminario Maggiore. La loro presenza è stata però mezza frammentaria, sia perché avevano vari impegni che impedivano loro di essere presente tutti i giorni, sia perché hanno fatto i jolly tra Santa Margarita e Divina Misericordia. Nel complesso la loro partecipazione è stata positiva.
Nelle prossime settimane si vedrà il frutto concreto della Missione. Qualcosa si è già visto: stamattina a Messa c’era più gente del solito, qualcosa come trenta o quaranta persone in più; la media è sui quattrocento alla Messa principale.
Spero che ci sia frutto anche nelle CEB, e che la gente che si unisca possa crescere nella vita di Chiesa: Messa, Ritiro di Evangelizzazione, gruppi di preghiera, impegno di animazione, catechesi, sacramenti. Non è facile sapere quanto la Missione ha aiutato o non ha aiutato; ma quello che so è che con questa missione abbiamo obbedito alla parola di Gesù: “Andate e fate miei discepoli di tutte le nazioni” (Matteo 28). Frutti o non frutti, il frutto dell’obbedienza e dell’amore a Cristo è lì, esperienza vissuta di comunità parrocchiali vive nel Signore.
Ne sono orgoglioso, e dico con gioia: Grazie, Signore Gesù