Contributi del giorno mercoledì 24 Agosto 2005


Paolo e Suor Serafina

Stasera suor Serafina è andata in Italia.

Ha da rinnovare il permesso di soggiorno, e si fermerà là tre mesi.

Ci mancherà il suo sorriso, la sua positività con cui vede e apprezza tutte le cose, i suoi scherzi sempre sereni.

Oggi pomeriggio sono andato al campo per la riunione con i catechisti.

Non sono molti, una decina in tutto, e ho dovuto andare là perché per loro è molto più difficile venire alla parrocchia.

Mancavano quasi la metà, non so perché.

Con quelli che c’erano ho lavorato sulle stesse cose lavorate con gli altri: attenzione pastorale ai genitori dei bambini, educazione alla formalità (richiedere l’atto di nascita), importanza della formazione dei catechisti.

Venendo via ho parlato con Palón, il quale mi ha comunicato che la sua famiglia è disposta a regalare una tarea di terra (375 metri quadrati) per fare una chiesa vera e propria.

Da quasi una settimana in parrocchia e a scuola siamo solo con la luce de la calle come si dice qui, cioè “della strada”, cioè quella che dà la compagnia elettrica.

Il generatore ha sofferto ultimamente due surriscaldamenti dovuti al fatto che è rimasto senz’acqua nel radiatore, e questo ha fatto rigare pistoni, cilindri, albero motore.

Risultato: cambiare camicie, pistoni, anelli, retificare albero motore, valvole, ecc.

Solo che in materiali abbiamo già speso 20,000 pesos, che gravano sul bilancio del liceo (attualmente è il bilancio meno minacciato…), e ci dovrebbero essere circa 5,000 pesos di mano d’opera, in totale 715 euro.

Per domani sera dovrebbe essere tutto aggiustato, Dios mediante, “con l’aiuto di Dio”, come dicono qui.

9:43 pm

Sbobinando (5)

Lo scambio del segno della pace è una via di mezzo fra la nostra ritrosia e l’entusiasmo infinito dei brasiliani; lo facciamo da più di trent’anni: noi non ci siamo ancora ancora abituati a viverlo con l’immediatezza e l’intensità che merita, loro non si sono ancora stancati di andarsi a cercare per tutta la chiesa e di abbracciarsi come se non si vedessero da una vita.

I dominicani mi sembrano disposti al sorriso e a gli abbracci almeno quanto i brasiliani, ma il loro segno della pace mi pare più misurato.

E’ stata una bella Messa, vissuta bene.

Per quello che sono riuscito a capire della predica, don Paolo ha valorizzato bene la Cappella come frutto di sacrifici e volontà comuni, il senso della partecipazione: chi ha lavorato davvero si sarà sentito gratificato; chi si è fatto chiamare più del dovuto chissà che non si sia sentito incoraggiato, mettiamola così, a una futura maggiore solerzia.

M’è piaciuto sentire don Roberto leggere in spagnolo (in seguito scoprirò che conosce anche il tedesco: non c’è male, questi nuovi preti hanno un sacco di risorse).

Mi avventuro anch’io, per la prima volta dopo l’ormai lontano esame all’università.

In realtà è una prima volta assoluta perché allora avevo fatto scena muta e mi aveva salvato la pietà della prof, questa volta mi sono preparato con l’aiuto della Scià Hola, la mia vicina di casa señora Amalia Martínez.

Mi profesora mi ha raccomandato di buttarmi “sin tener vergüenza: lo importante es comunicar”.

Chissà se si scrive così. Comunque mi sono buttato. Sin vergüenza.

Stamattina ho incontrato varie giovani donne che battezzeranno i loro figli.

Da qualche anno chiedo a tutti quelli che vogliono battezzare i figli piccoli che passino per il mio ufficio per parlare brevemente, conoscerci un po’. Lì approfitto sempre per motivarli al matrimonio, o per lo meno a pensare in maniera diversa la loro unione.

Gli effetti a breve termine non si vedono, ma sono sicuro che è uno sforzo necessario, per aiutare questa cultura a pensare il matrimonio con più serietà.

La cultura del matrimonio qui è: ci sposeremo quando ci conosceremo, che tradotto dal dominicano significa (da parte dell’uomo) ti sposerò quando non avrò più la tentazione o la possibilità di andare con un’altra donna, o (da parte della donna) ti sposerò quando smetterai di andare dietro a tutte le donne del quartiere.

Il matrimonio è considerato sacro, e per questo non ci si sposa, perché si sa che verrà sicuramente profanato.

C’è dietro un’abitudine a vivere il matrimonio alla giornata, e alla prima difficoltà molte coppie si lasciano, facilemente così come facilmente si erano messe insieme.