La nostra undicesima missione parrocchiale è già arrivata a metà: in 5 giorni abbiamo “evangelizzato” metà della parrocchia. Perché le virgolette? Perché “evangelizzare” suppone un cammino e un processo ben lungo, e di fatto noi in questa missione dedichiamo a ogni famiglia una visita a casa sua di un massimo di 10 minuti e una celebrazione di accoglienza nel suo barrio.
Nonostante questi limiti, vivere queste missioni mi entusiasma sempre moltissimo. Perché tutti gli anni si vede come le famiglie e le persone si avvicinano un po’ di più. La maggioranza dicono il “sì, vado” (alla celebrazione di accoglienza), come il famoso figlio della parabola di Gesú, e poi non vanno. Ma, sull’altro versante, si vedono nei centri di accoglienza persone che sembravano indifferenti.
A me ha colpito la presenza nel centro di accoglienza di Consuelo. Consuelo è una donna che conosco di vista da quando sono qui, perché da sempre si mette tutte le mattine fuori del cancello del consultorio per vendere dolcetti vari che i dominicani mangiano di colazione. In passato ho anche litigato con lei varie volte, perché per mettersi in una posizione più favorevole occupava in maniera maldestra il marciapiede o l’entrata del consultorio. Beh, lunedi sera è venuta al centro di accoglienza, e di lei mi ha colpito il sorriso che le vedevo sulla faccia. Deve essere una donna provata dalla vita, perché ha sempre una faccia molto seria. Ma invece quella sera le si vedevano gli occhi brillare di gioia. Quello che so è che da quella sera non la saluto più allo stesso modo, la sento già più sorella in Cristo.
La stessa sera, in un altro centro, è arrivato un uomo sui 45 anni con una camicia da notte da donna. Appena l’ho visto mi è venuto istintivamente da sorridere. “È un frocio”, ho pensato dentro di me, ma subito dopo qualcosa mi ha fatto tornare sui miei passi, e allora ho pensato “è un fratello che il Signore sta chiamando”. Ha assistito a tutto l’incontro, in piedi (c’era da sedersi, ma non ha voluto), da una parte. Non so se lo rivedrò, ma mi ha colpito il fatto che quella sera il Signore ha chiamato anche lui.
Due giorni dopo, la missione era nel barrio della Mina, che è uno dei più caldi. Lì ho visto una partecipazione della gente ai centri di accoglienza superiore agli altri settori. E sono stato molto contento perchè c’era anche Zaccaria, il marito di Biemba, una nostra bidella della scuola. La moglie è una donna di fede, ma il rapporto con il marito non è facile, è il tipico “maschio” che è tutto lui e non lascia libertà alla donna. Bene, il Signore mi ha aiutato a incontrarlo nella sua casa, abbiamo parlato, e mi ha promesso che si sarebbe integrato nella vita della parrocchia. Ne sono stato molto contento, e sono ancora più contento pensando alla vita di Biemba che adesso può migliorare, con l’aiuto del Signore.
La stessa sera ho incontrato una giovane donna, madre di una nostra studente, e nella semioscurità che stava cadendo, ha trovato il coraggio di aprirsi e di comunicare per la prima volta a qualcuno un sentimento che la faceva sentire in colpa. È stato molto bello per me cercare di darle fiducia in se stessa e nel Signore, e credo di esserci riuscito.
Oggi, nei campos, quello che mi ha colpito di più è stata la celebrazione di Duquesa: non c’era molta gente, ma mi ha colpito quando ho chiesto chi partecipa costantemente in un incontro di preghiera o in una comunità. Mi hanno alzato la mano almeno una ventina di persone! Ho approffittato per invitarli a prepararsi per il Ritiro di Evangelizzazione, che sarà tra qualche mese. Ho visto un fermento e un desiderio di impegnarsi nel cammino del Signore. Ho sognato que Duquesa non è più il regno del rum e della musica sfrenata dei bar, dove nascono tutte le corna e i tradimenti.
Bene, lunedì continuiamo, con la parte bassa della parrocchia.